Cass. pen., sez. VII, ordinanza 22/12/2022, n. 48825
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a seguente ORDINANZA sul ricorso proposto da: NASSIRI YASSINE nato il 13/09/1994 avverso la sentenza del 16/05/2022 del TRIBUNALE di LODIthate-avviso-alie_paril;__ udita la relazione svolta dal Consigliere FILIPPO CASA;RILEVATO che Y N ricorre, a mezzo del difensore, avverso la sentenza in epigrafe, con la quale il Tribunale di Lodi, in composizione monocratica, ha applicatò, su concorde richiesta delle parti ai sensi dell'art. 444 cod. proc. pen., la pena di anni 1 e mesi 4 di reclusione;che, con l'unico motivo di ricorso, si deduce carenza di motivazione in ordine alla congruità della pena irrogata ed alla qualificazione giuridica del fatto contestato;CONSIDERATO che, in base a quanto previsto dal comma 2-bis dell'art. 448 cod. proc. pen., introdotto dall'art. 1, comma 50, legge del 23 giugno 2017, n. 103, in vigore dal 3 agosto 2017 e applicabile ratione temporis al caso di specie, la deduzione del vizio di motivazione non è consentita nella presente sede, in quanto la citata disposizione limita l'impugnabilità della pronuncia di "patteggiamento" alle sole ipotesi in essa tassativamente indicate, e cioè: "per motivi attinenti alla espressione della volontà dell'imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all'erronea qualificazione giuridica del fatto e all'illegalità della pena o della misura di sicurezza" (Sez. F, n. 28742 del 25/8/2020, M, Rv. 279761;Sez. 6, n. 1032 del 7/11/2019, P, Rv. 278337;Sez. 2, n. 4727 dell'11/1/2018, Ooroceanu, Rv. 272014);che lo stesso può dirsi relativamente alla (motivazione sulla) qualificazione giuridica del fatto, tenuto conto che, se detta censura è in astratto ammissibile, l'impugnazione resta inammissibile nel caso, come quello in esame, in cui l'erronea definizione giuridica sia prospettata in modo assolutamente generico ed assertivo;RITENUTO pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, de plano, a norma dell'art. 610, comma 5-bis, cod. proc. pen., introdotto dalla citata legge n. 103 del 2017, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in assenza di ipotesi di esonero, della somma di euro tremila, stimata equa, in favore della Cassa delle ammende;
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