Cass. civ., sez. V trib., sentenza 25/11/2022, n. 34726

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. V trib., sentenza 25/11/2022, n. 34726
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 34726
Data del deposito : 25 novembre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

ale la società non era né parte né oggetto. in violazione degli artt. 2909 cod. civ. e 7 d. Igs. 546/1992, e per inesistenza del fatto probatorio perché contrario al contenuto dell'avviso di accertamento ed al contenuto del pvc. Con il settimo motivo la società - in relazione all'art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. - denuncia la violazione e falsa applica- zione degli artt. 19, d.P.R. 633/1972 e 167, 168, lettera a), 178, lettera a), 220, punto 1, e 226 della Direttiva 2006/112 UE per l'abnorme diniego del diritto di detrazione.

6. I motivi suddetti, connessi in quanto incentrati sul meccanismo dell'onere della prova e dell'esercizio del diritto di detrazione anche alla luce del diritto eurounitario, sono affetti da concorrenti profili di inam- missibiltà e di infondatezza. Il Collegio reitera che per costante giuri- sprudenza della Corte di Giustizia, il diritto dei soggetti passivi di de- trarre dall'IVA di cui sono debitori VIVA dovuta o versata a monte per i beni acquistati e per i servizi ricevuti ai fini delle loro operazioni sog- gette ad imposta costituisce un principio fondamentale del sistema co- mune dell'IVA istituito dalla normativa dell'Unione. Come ripetuta- mente dichiarato dalla Corte, il diritto a detrazione previsto dagli arti- coli 167 e seguenti della direttiva IVA costituisce parte integrante del meccanismo dell'IVA e, in linea di principio, non può essere soggetto a limitazioni (cfr. sentenza Corte Giustizia UE del 16 ottobre 2019, Glen- core Agriculture Hungary, C-189/18, punto 33 e giurisprudenza ivi ci- tata;
sentenza 4 giugno 2020 SC C.F. SRL, nella causa C-430/19). 7. «Il sistema comune dell'IVA garantisce, in tal modo, la perfetta neu- tralità dell'imposizione fiscale per tutte le attività economiche, indipen- dentemente dalle finalità o dai risultati delle medesime, purché siffatte attività siano, in linea di principio, esse stesse soggette all'IVA (sen- tenza del 3 luglio 2019, The Chancellor, M and Scholars of the University of Cambridge, C-316/18, EU:C:2019:559, punto 22 e giuri- sprudenza ivi citata). Ciò posto, la lotta contro frodi, evasione fiscale ed eventuali abusi co- stituisce un obiettivo riconosciuto e incoraggiato dalla direttiva IVA, e la Corte ha più volte dichiarato che i soggetti dell'ordinamento non possono avvalersi fraudolentemente o abusivamente delle norme del diritto dell'Unione. Pertanto, è compito delle autorità e dei giudici na- zionali negare il beneficio del diritto a detrazione ove sia dimostrato, alla luce di elementi oggettivi, che lo stesso diritto è invocato fraudo- lentemente o abusivamente (sentenza del 16 ottobre 2019, Glencore Agriculture Hungary, C-189/18, EU:C:2019:861, punto 34). Tale situazione, così come ricorre nel caso di una frode commessa dal soggetto passivo stesso, ricorre altresì quando il medesimo sapeva o avrebbe dovuto sapere che, con il proprio acquisto, partecipava ad un'operazione che si iscriveva in una frode relativa all'IVA. Pertanto, il beneficio del diritto a detrazione può essere negato a un soggetto pas- sivo solamente qualora si dimostri, alla luce di elementi oggettivi, che detto soggetto passivo, al quale sono stati ceduti i beni o prestati i servizi posti a fondamento del diritto a detrazione, sapeva o avrebbe dovuto sapere che, acquisendo questi beni o servizi, partecipava ad un'operazione che si iscriveva in un'evasione dell'IVA commessa dal fornitore o da un altro operatore intervenuto a monte o a valle nella catena di tali cessioni o prestazioni (sentenza 16 ottobre 2019, Glen- core Agriculture Hungary, C-189/18, EU:C:2019:861, punto 35). Incombe alla competente amministrazione tributaria nazionale dimo- strare, alla luce di elementi oggettivi e senza esigere dal destinatario della fattura verifiche che non gli incombono, che tale destinatario sa- peva o avrebbe dovuto sapere che l'operazione invocata a fondamento del diritto a detrazione si iscriveva in un'evasione dell'IVA, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare (v., in tal senso, sentenza del 22 ottobre 2015,

PPUH

Stehcemp, C-277/14, EU:C:2015:719, punto 50).» (Corte di Giustizia UE, SC C.F. SRL, ult. cit., punti 41-44).

8. In punto di onere della prova in caso di riprese per operazioni con- testate come soggettivamente inesistenti, come nel caso di specie, nella cornice eurounitaria sopra richiamata la Sezione ha più volte af- fermato che «In tema di IVA, l'Amministrazione finanziaria, se contesta che la fatturazione attenga ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell'ambito di una frode carosello, ha l'onere di pro- vare, non solo l'oggettiva fittizietà del fornitore, ma anche la consape- volezza del destinatario che l'operazione si inseriva in una evasione dell'imposta, dimostrando, anche in via presuntiva, in base ad elementi oggettivi e specifici, che il contribuente era a conoscenza, o avrebbe dovuto esserlo, usando l'ordinaria diligenza in ragione della qualità pro- fessionale ricoperta, della sostanziale inesistenza del contraente;
ove l'Amministrazione assolva a detto onere istruttorio, grava sul contri- buente la prova contraria di avere adoperato, per non essere coinvolto in un'operazione volta ad evadere l'imposta, la diligenza massima esi- gibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non as- sumendo rilievo, a tal fine, né la regolarità della contabilità e dei paga- menti, né la mancanza di benefici dalla rivendita delle merci o dei ser- vizi.» (Cass. Sez. 5 - , Sentenza n. 9851 del 20/04/2018 - Rv. 647837 - 01;
conforme Sez. 5 - , Ordinanza n. 27555 del 30/10/2018 - Rv. 651004 - 01).

9. La CTR, a differenza di quanto prospetta la contribuente, da ultimo nella memoria illustrativa, si è attenuta al canone giurisprudenziale so- pra richiamato, pienamente conforme alla giurisprudenza della Corte di Giustizia, ragionando sulla fittizietà del fornitore e poi della consa- pevolezza, intesa come conoscibilità. Si legge infatti a p.5 della moti- vazione che, una volta accertata l'inesistenza soggettiva circa gli «ele- menti soggettivi e oggettivi» delle operazioni riportate nelle fatture e, dunque, della fittizietà del fornitore e della conoscibilità della frode, adempimenti rimessi all'Agenzia («alla società appellante è stato con- testato il concorso in frode IVA anche relativamente agli anni d'imposta precedenti a quelli oggetto del presente processo con altre società im- portatrici e tutti con sentenze prodotte in atti che hanno confermato la pretesa dell'Ufficio, nel caso di specie si deve osservare che gli indizi raccolti sono articolati ed ampi (...)», cfr. sentenza impugnata, ibidem), la CTR ha rimesso a parte ricorrente «dimostrare di non essere stato a conoscenza della frode o che non avrebbe potuto la stessa usando la dovuta diligenza (...)» (cfr. sentenza d'appello, ibidem), onere accer- tato non essere stato assolto. E' poi irrilevante a tal fine il riferimento insistito in ricorso e in memoria ai valori di mercato, perché non conta «la mancanza di benefici dalla rivendita delle merci o dei servizi» (cfr. sentenza Cass. ult. cit.). Per il resto, come eccepito in controricorso, i mezzi di impugnazione in disa- mina sono meritali, perché chiedono una indebita rivalutazione dei fatti alla base delle presunzioni dietro lo schermo della violazione di legge, facendo riferimento alla natura di simulazione - non pertinente nel caso di specie come accertato dalla CTR secondo cui si tratta di operazioni soggettivamente inesistenti -, dell'applicazione del valore normale - elemento eccentrico in quanto i prezzi praticati in rapporto al mercato non rilevano come sopra visto -, nonché delle qualità di gravità preci- sione e concordanza delle presunzioni ecc.. fatti tutti coperti dall'accer- tamento fattuale e adeguatamente motivato compiuto dalla CTR. 10. Il terzo motivo di ricorso - ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. - lamenta la violazione o falsa applicazione degli artt. 24, comma 2 Cost. (diritto di difesa), 111, comma 2 Cost. (diritto al con- traddittorio) e dei principi base sottesi al giusto processo, nonché degli artt. 2909 cod. civ. e 7 d. Igs. 546/1992. 11. La censura, ulteriormente rielaborata nella memoria illustrativa con riferimento alla giurisprudenza della Corte di giustizia e in particolare alla sentenza Glencore (CGUE, Glencore, C-189/18, 16 ottobre 2019, ECLI:EU:C:2019:861) è inammissibile in quanto incongruente con la decisione impugnata. Il mezzo infatti non prospetta una questione di contraddittorio violato nella fase del procedimento amministrativo in- staurato con la società ai fini della richiamata giurisprudenza eurouni- taria, contraddittorio peraltro intervenuto nel caso di specie dal mo- mento che, oltre alla redazione del p.v.c. del 16.7.2009, non risulta posta alcuna questione di violazione del termine dilatorio di cui all'art.12 comma 7 della I. n.212/2000. Inoltre, il motivo non è neppure incentrato su una questione di moti- vazione dell'atto impugnato che, pure, a sua volta escluderebbe la ri- levanza della invocata giurisprudenza della Corte di Giustizia Glencore relativa al diritto di difesa. Infatti, nel corpo della censura la ricorrente non solo lamenta in modo generico la mancata allegazione del p.v.c. redatto nei confronti di M e non integralmente conosciuto dalla Autodante senza indicare in che cosa concretamente sarebbe stato leso il suo diritto di difesa, ma anche estende la censura al fatto che la sentenza impugnata abbia tratto argomento di convincimento, all'in- terno di un ampio compendio istruttorio, anche dalla definitività di altri atti impositivi spiccati nei confronti della società e dalla sentenza pe- nale n.564/14 emessa dal Tribunale di Gorizia nei confronti del legale rappresentante. A riguardo la Corte richiama il pacifico principio se- condo cui il titolo giudiziale proveniente dal giudice ordinario può es- sere valutato dal giudice tributario, ferma restando l'autonomia del processo tributario rispetto a quello penale attesa l'autonomia dei due giudizi, la diversità dei mezzi di prova acquisibili e degli stessi criteri di valutazione. Quest'ultima questione è, oltretutto, attinente alla moti- vazione della sentenza, profilo del tutto diverso e estraneo al tema del diritto di difesa di cui all'art.24 Cost., come pure al diritto del contrad- dittorio ex art.111 Cost. alla stregua dei quali è impostata la parte ini- ziale e la rubrica della censura, ulteriore profilo di inammissibilità per intrinseca contraddittorietà. 12. Con il quarto motivo la ricorrente - in rapporto all'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. - prospetta la violazione o falsa applica- zione dell'articolo 14, 3 comma, del d.P.R. n. 633 del 1972, per aver la sentenza della CTR assunto come un dato provato il fatto che gli ac- quisti compiuti da parte della contribuente fossero sotto valore di mer- cato fuori dai presupposti normativi prescritti dalla norma. 13. Il motivo è inammissibile per difetto di rilevanza, perché, come sopra visto, in materia di prova con riferimento alle operazioni sogget- tivamente inesistenti sulla base delle contestazioni oggetto di causa, il canone giurisprudenziale consolidato ritiene irrilevante (cfr. le già ci- tate Cass. Sez. 5 - , Sentenza n. 9851 del 20/04/2018 - Rv. 647837 - 01;
conforme Sez. 5 - , Ordinanza n. 27555 del 30/10/2018 - Rv. 651004 - 01)11 riferimento ai prezzi praticati nel caso concreto in rap- porto a quelli di mercato, né il giudice d'appello basa il proprio convin- cimento solo su tale aspetto. 14. Con il quinto motivo la società - agli effetti dell'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. - censura la violazione o falsa applicazione dell'art. 1414 cod. civ. per aver la CTR riconosciuto l'esistenza di una interposizione soggettiva, senza che fosse stata dedotta la partecipa- zione all'accordo trilatero in capo al venditore tedesco da cui M ha acquistato le vetture rivenute ad Autodante. 15. La doglianza è destituita di fondamento, in quanto in tema di eva- sione dell'IVA a mezzo di frodi carosello, quando l'operazione sogget- tivamente inesistente è di tipo triangolare, poco complessa e caratte- rizzata dalla interposizione fittizia di un soggetto terzo tra il cedente comunitario ed il cessionario italiano, l'onere probatorio a carico della Amministrazione finanziaria, circa la consapevolezza da parte del ces- sionario che il corrispettivo della cessione sia versato al soggetto terzo non legittimato alla rivalsa né assoggettato all'obbligo del pagamento dell'imposta, è soddisfatto dalla dimostrazione che l'interposto sia privo di dotazione personale e strumentale adeguata alla prestazione fattu- rata, mentre spetta al contribuente-cessionario fornire la prova contra- ria della buona fede con cui ha svolto le trattative ed acquistato la merce, ritenendo incolpevolmente che essa fosse realmente fornita dalla persona interposta (Cass. Sez. 5 - , Sentenza n. 10120 del 21/04/2017, Rv. 644043 - 01;
conforme Cass. Sez. 5 - , Ordinanza n. 27629 del 30/10/2018, Rv. 651219 - 01). E' dunque da respingere la doglianza incentrata sulla violazione dell'art. 1414 cod. civ., essendo irrilevante la disciplina civilistica circa gli effetti della simulazione tra le parti, dal momento in concreto che non di simulazione ma di operazioni soggettivamente inesistenti si tratta, sulla base di un accertamento fattuale motivato condotto dal giudice del merito. 16. Il sesto motivo della ricorrente - ai fini dell'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. - deduce la falsa applicazione dell'art. 2727 e 2729 cod. civ. per violazione del divieto di doppia presunzione. 17. La censura è inammissibile. In riferimento al tema generale delle presunzioni, mette conto richiamare che in sede di legittimità è possi- bile censurare la violazione degli artt. 2727 e 2729 cod. civ. solo allor- ché il giudice di merito, dopo avere qualificato come gravi, precisi e concordanti gli indizi raccolti li ritenga, nondimeno, inidonei a fornire la prova presuntiva oppure qualora, pur avendoli considerati non gravi, non precisi e non concordanti, li reputi, tuttavia, sufficienti a dimostrare il fatto controverso (cfr. Cass. Sez. 6-3, 13/2/2020, n. 3541). Infatti, qualora il giudice di merito sussuma erroneamente sotto i tre caratteri individuatori della presunzione (gravità, precisione, concor- danza) fatti concreti che non sono invece rispondenti a quei requisiti, il relativo ragionamento è censurabile in base all'art. 360, n. 3, cod. proc. civ. e non già alla stregua del paradigma del n. 5, competendo alla Corte di cassazione controllare se la norma dell'art. 2729 cod. civ., oltre ad essere applicata esattamente a livello di declamatone astratta, lo sia stata anche sotto il profilo dell'applicatone concreta (Cass. Sez. L, 30/6/2021, n. 18611), ma entro limiti circoscritti. Per restare nell'ambito della violazione di legge, la critica deve concentrarsi sull'in- sussistenza dei requisiti della presunzione nel ragionamento condotto nella sentenza impugnata, mentre non può svolgere argomentazioni dirette ad infirmarne la plausibilità. Più in generale, non è configurabile nel sistema processuale un divieto di presunzioni di secondo grado, non essendo lo stesso riconducibile agli artt.2729 e 2697 cod. civ., né ad altre norme (cfr. Cass. Sez. 5, Ordinanza n.23860 del 29/10/2020). Pertanto, a differenza di quanto ritiene la contribuente con riferimento alla natura di cartiera della for- nitrice, è ben possibile che il fatto noto, accertato in via presuntiva, costituisca la premessa di un'ulteriore presunzione, ferma restando la necessità di valutare in concreto l'attendibilità del risultato, in termini di gravità, precisione e concordanza idonee a fondare l'accertamento del fatto ignoto, come fatto dalla CTR. 18. Con l' ottavo motivo di ricorso - ex art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. - viene prospettata la falsa applicazione dell'art. 57 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 "disposizioni sul processo tributario", per dichiarazione di inammissibilità di una "domanda" che era invece una mera difesa, in violazione dell'art. 113 cod. proc. civ.. 19. La doglianza è inammissibile. E' certo vero che è sempre possibile per il giudice assegnare una diversa qualificazione giuridica ai fatti e ai rapporti dedotti in lite, nonché all'azione esercitata in causa, ricercando le norme giuridiche applicabili alla concreta fattispecie sottoposta al suo esame e ponendo a fondamento della sua decisione principi di diritto diversi da quelli erroneamente richiamati dalle parti, tuttavia la domanda dichiarata inammissibile perché tardiva ri- guarda l'applicazione dell'art.60-bis del d.P.R. n.633/72, pacificamente per la prima volta articolata dalla contribuente in appello. L'art.60-bis citato fa riferimento all'obbligazione solidale al pagamento dell'IVA qualora il cedente non versi all'Erario l'imposta relativa ai beni venduti a un prezzo inferiore al loro "valore normale" e, dunque, l'istanza suddetta non è qualificabile come mera difesa perché indivi- dua un nuovo titolo di responsabilità. In altri termini, essa non è un mero argomento tendente ad inficiare la sentenza della CTP sotto un profilo logico ulteriore rispetto a quello esposto in primo grado (cfr. Cass. Sez. 5 - , Ordinanza n. 2413 del 03/02/2021) e, come tale, resta soggetta alla regola posta dall'art. 57 del d.lgs. n. 546 del 1992, cor- rettamente applicata dalla CTR. 20. Il nono motivo, articolato in subordine con riferimento all'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., deduce la violazione e falsa appli- cazione degli articoli 7, primo comma, 12, comma 5, del d.lgs. n. 472 del 1997. 21. La censura è affetta da concorrenti profili di inammissibilità e di infondatezza. Premesso che la CTR ha accertato a pag.5 della sen- tenza, in calce, che è contestata la recidiva per i periodi di imposta oggetto di ripresa e, dunque, anche per il 2006, in ogni caso la giuri- sprudenza della Corte afferma che in tema di sanzioni amministrative per violazioni di norme tributarie per più anni di imposta, la recidiva di cui all'art 7, comma 3, del d.lgs. n. 472 del 1997, postula un definitivo accertamento della violazione antecedente della stessa indole per ef- fetto di una pronuncia giurisdizionale ovvero della mancata impugna- zione della contestazione (Cass. (cfr. Cass. Sez. 5 - , Sentenza n. 13742 del 22/05/2019. Coerentemente con tale impostazione condi- visa dalla Sezione, la CTR nella sua motivazione ha logicamente dato peso alla circostanza secondo cui non vi è certezza del fatto che le sanzioni irrogate per violazioni della stessa indole commesse in periodi di imposta diversi siano dovute, perché i procedimenti relativi alle im- poste relative non sono oggetto di pronuncia giurisdizionale definitiva. 22. Al rigetto del ricorso segue il regolamento delle spese di lite, liqui- date come da dispositivo.
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