Cass. civ., sez. V trib., sentenza 19/05/2023, n. 13909
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Testo completo
La contribuente Banca F. Spa impugnava il silenzio rifiuto posto dall'ufficio alla sua richiesta di rimborso dell'addizionale Ires pari all'otto, 5% applicata per il periodo d'imposta 2013 a carico dei soggetti appartenenti ai settori bancario, finanziario e assicurativo in base al D.L. n. 133 del 2013, art. 2, comma 2. I gradi di merito erano sfavorevoli alla contribuente che ricorre quindi per Cassazione svolgendo due articolati motivi, cui replica l'avvocatura generale dello Stato con tempestivo contro ricorso.
Motivi della decisione
Vengono proposti due articolati motivi.
1. Con il primo motivo si prospetta censura ex art. 360 c.p.c., n. 4, per motivazione apparente, nella sostanza lamentando che non siano stati presi in esame i variegati profili della vicenda.
Dall'esame della sentenza impugnata non emergono omissioni di accertamento in fatto, essendo incontroverso che la contribuente è imprenditore afferente al comparto creditizio/finanziario, riducendosi la controversia alla portata e rilevanza costituzionale dell'imposizione straordinaria Ires disposta con il menzionato D.L. n. 133 del 2013, su cui la sentenza in scrutinio si è ampiamente confrontata.
Più in generale, occorre ricordare che è ormai principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte l'affermazione secondo la quale (Cass. VI-5, n. 9105/2017) ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorquando il giudice di merito ometta ivi di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un'approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull'esattezza e sulla logicità del suo ragionamento. In tali casi la sentenza resta sprovvista in concreto del c.d. "minimo costituzionale" di cui alla nota pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte (Cass. S.U, n. 8053/2014, seguita da Cass. VI - 5, n. 5209/2018). In termini si veda anche quanto stabilito in altro caso (Cass. Sez. L, Sentenza n. 161 del 08/01/2009) nel quale questa Corte ha ritenuto che la sentenza è nulla ai sensi dell'art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, ove risulti del tutto priva dell'esposizione dei motivi sui quali la decisione si fonda ovvero la motivazione sia solo apparente, estrinsecandosi in argomentazioni non idonee a rivelare la ratio decidendi (cfr. Cass. V, n. 24313/2018).
La sentenza qui in scrutinio si pone ben al di sopra di tale "minimo costituzionale", donde il primo motivo è infondato e va disatteso.
2. Con il secondo motivo si prospetta censura ex art. 360 c.p.c., n. 3 per violazione del D.L. n. 133 del 2013, art. 2, comma 2, anche con riferimento agli artt. 3, 53, 41, 47 e 77 della Carta repubblicana, nella sostanza contestando sub a) il principio di capacità contributiva e, sub b), la decretazione d'urgenza in tale materia. Conclude per l'accoglimento del ricorso e, in subordine, per la remissione degli atti alla Corte costituzionale.
La questione è già stata oggetto di decisioni di questa Corte (da ultimo Cass. T., n. 10165/2023), cui si intende qui dare continuità, non offrendo il ricorso motivi nuovi per discostarsene Occorre premettere che il D.L. n. 133 del 2013, art. 2, comma 2, prevede: "2. In deroga alla L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 3 per il periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2013, per gli enti creditizi e finanziari di cui al D.Lgs. 27 gennaio 1992, n. 87, per la Banca d'Italia e per le società e gli enti che esercitano attività assicurativa, l'aliquota di cui al testo unico delle imposte sui redditi, di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 77 è applicata con una addizionale di 8,5 punti percentuali. L'addizionale non è dovuta sulle variazioni in aumento derivanti dall'applicazione dell'art. 106, comma 3, del suddetto testo unico".
La Corte costituzionale, con la