Cass. civ., sez. V trib., sentenza 14/12/2021, n. 40049
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In tema di redditi di impresa, in caso di opere, forniture e servizi ultrannuali, ai sensi dell'art. 93, comma 2, del d.P.R. n. 917 del 1986 (già art. 60, comma 2, del d.P.R. n. 917 del 1986), costituiscono maggiorazioni di prezzo, assoggettabili a tassazione in misura non inferiore al 50 %, già al momento della richiesta, stante la certezza della pretesa, in quanto sorte dalla legge o dal contratto, i redditi derivanti da proventi accessori al contratto (vendita di materiali non impiegati), i corrispettivi per servizi aggiuntivi e gli aumenti o le diminuzioni del costo dei materiali o della manodopera, tali da determinare un aumento o una diminuzione superiore al decimo del prezzo complessivo convenuto, ex art. 1664 c.c.; non possono essere, invece, assoggettate a tassazione nell'anno della richiesta, in misura non inferiore al 50 %, non rientrando tra le maggiorazioni di prezzo, in assenza del requisito della certezza, le pretese relative alle "riserve di cantiere", sia quelle per maggiori compensi fondate su "varianti" in corso d'opera, che si sostanziano in mere proposte di modifica del negozio, sia quelle di carattere risarcitorio, che mirano unicamente alla reintegrazione del patrimonio dell'appaltatore.
Sul provvedimento
Testo completo
1.La Commissione tributaria regionale della Puglia accoglieva parzialmente l'appello principale proposto dall'Agenzia delle entrate mentre rigettava l'appello incidentale articolato dalla società S.M. s.p.a. in relazione alle spese per regali ai dipendenti, avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Bari (n. 140/24/2011), che aveva accolto parzialmente il ricorso presentato dalla contribuente contro l'avviso di accertamento emesso nei suoi confronti dalla Agenzia delle entrate, per l'anno 2003, ai fini Irap, con riferimento a costi indeducibili per Euro 1.883.632,15, a componenti positivi di reddito non contabilizzati per Euro 4.456.977,06, oltre che a riserve di cantiere che l'Ufficio ha ritenuto di contabilizzare nell'anno 2003, ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 93, comma 2, come maggiorazioni di prezzo, per l'importo di Euro 21.331.147,96. In particolare, il giudice d'appello, dopo aver evidenziato che l'Agenzia delle entrate aveva annullato in autotutela alcune riprese fiscali per l'importo di Euro 12.471.084,09, di cui Euro 11.802.999,57 relative alle "riserve di cantiere", e che la Commissione provinciale, dopo l'espletamento di una CTU, aveva riconosciuto la legittimità solo delle riprese a tassazione delle spese per regalie e rimanenze lavori in economia per Euro 49.578,00, ha valutato, in concreto, ogni singola pretesa relativa alle riserve di cantiere, escludendo solo quelle che non rivestivano il carattere di mere pretese, ma erano assistite da un elevato grado di certezza e determinabilità (uffici giudiziari di Pescara;
Ospedale Bonomo di Andria;
porto di Monopoli;
statale 16 Adriatica Polignano-Bari;
Strada regionale 6 Canosa;
IACP).
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione la società contribuente.
3. L'Agenzia delle entrate ha resistito con controricorso, proponendo anche ricorso incidentale.
4. La società ha depositato controricorso al ricorso incidentale dell'Agenzia delle entrate.
5. All'udienza dell'11 luglio 2019 questa Corte ha rinviato la causa a nuovo ruolo, in quanto il difensore della società ha allegato l'intervenuta conclusione della transazione fiscale con l'Agenzia delle entrate ai sensi della L. Fall., art. 182-ter (concordato preventivo con transazione fiscale), chiedendo il rinvio dell'udienza per il deposito della transazione.
6. All'udienza dell'8 dicembre 2021 la causa è stata trattenuta in decisione.
Motivi della decisione
1. Anzitutto, si rileva che, nonostante la concessione del rinvio dell'udienza per consentire al difensore della società di depositare l'eventuale transazione fiscale sottoscritta dalle parti ai sensi della L. Fall., art. 182-ter, nessuna delle parti in giudizio ha presentato l'istanza di discussione orale nè ha depositate memoria scritta. Inoltre, nè dalla stampa del SIC (Sistema Informativo Cassazione) di questa Corte nè dal prospetto del "Ruolo Udienza con Atti", risulta il deposito di alcun documento da parte della società o dell'Agenzia delle entrate. Entrambe le parti hanno ricevuto la comunicazione di fissazione dell'udienza pubblica a mezzo pec il 9 ottobre 2021. Negli atti del fascicolo sono presenti: la domanda di transazione fiscale L. Fall. ex art. 182-ter, presentata dalla società del 19 giugno 2014: l'integrazione della domanda di transazione fiscale del 18 maggio 2015;
il provvedimento di accoglimento della Agenzia delle entrate, con la previsione di condizioni e clausole di risoluzione di diritto della transazione al verificarsi di determinati eventi (tardivi pagamenti;
rigetto della omologazione del concordato preventivo;
annullamento del concordato in caso di sottrazione o dissimulazione di parte rilevante dell'attivo L. Fall. ex artt. 186 e 138);
richiesta del difensore della società alla stessa S.M. in data 5 giugno 2019 per conoscere "lo stato e il contenuto di eventuali atti di transazione fiscale".
1.1. Con il primo motivo di impugnazione la società deduce la "nullità della sentenza d'appello per l'omessa pronuncia sull'eccepita e pregiudiziale inammissibilità dell'appello dell'Ufficio per l'acquiescenza parziale e/o il giudicato interno già formatosi su un autonomo capo della sentenza di primo grado". In particolare, la ricorrente aveva dedotto, sin dal ricorso introduttivo, che le enunciazioni degli avvisi di accertamento non esoneravano l'Ufficio dall'onere di provare in giudizio gli elementi sui quali quelle enunciazioni erano fondate;
la Commissione tributaria provinciale aveva dichiarato la completa infondatezza della verifica per la mancanza di prova;
l'Ufficio, non avrebbe impugnato l'autonoma ratio decidendi della decisione di prime cure, sicchè ne deriverebbe l'inammissibilità dell'appello, che non avrebbe censurato le diverse ed autonome ragioni sottese alla decisione. Il giudice d'appello avrebbe omesso ogni pronuncia su tale questione, relativa alla formazione di un eventuale giudicato interno.
2. Con il secondo motivo di impugnazione la ricorrente lamenta il "vizio di motivazione dell'impugnata sentenza sul fatto decisivo riguardante l'acquiescenza parziale dell'Ufficio appellante e/o il giudicato interno già formatosi su un autonomo capo della sentenza di primo grado non oggetto di contestazione". Ove, dunque, non si ravvisasse l'omessa pronuncia sulla questione relativa alla formazione del giudicato interno, sarebbe omessa la relativa motivazione.
3. Con il terzo motivo di impugnazione la società si duole del "vizio di violazione o falsa applicazione di norme di diritto e, in particolare, dell'art. 329 c.p.c., comma 2 e dell'art. 346 c.p.c., nonchè del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 49, in relazione all'omesso rilievo dell'eccepita inammissibilità dell'appello dell'Ufficio per l'acquiescenza parziale e/o il giudicato interno già formatisi su un autonomo capo della sentenza di primo grado".
3.1. I primi tre motivi di impugnazione, che vanno trattati congiuntamente per ragioni di stretta connessione, sono infondati.
3.2. Invero, il giudice d'appello, nell'accogliere parzialmente il gravame principale presentato dall'Agenzia delle entrate, reputando che talune delle riserve relative a contratti di appalto pubblici, avevano le caratteristiche della certezza e della determinabilità, sicchè correttamente l'Agenzia delle entrate le aveva riprese a tassazione nell'anno 2003, ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 93, comma 2, sia pure nella ridotta somma del 50%, ha evidentemente superato l'eccezione preliminare sollevata dalla società contribuente nelle controdeduzioni depositate nel giudizio di appello, poi reiterate anche nelle memorie illustrative. Avendo il giudice d'appello deciso il merito della controversia, è evidente che ha ritenuto superata la preliminare eccezione di inammissibilità dell'appello principale per l'intervenuto giudicato interno, non avendo, secondo la prospettazione della contribuente, l'Agenzia impugnato una autonoma ratio decidendi della pronuncia di prime cure.
3.3. Peraltro, per questa Corte la mancanza di motivazione su questione di diritto e non di fatto deve ritenersi irrilevante, ai fini della cassazione della sentenza, qualora il giudice del merito sia comunque pervenuto ad un'esatta soluzione del problema giuridico sottoposto al suo esame. In tal caso, la Corte di cassazione, in ragione della funzione nomofilattica ad essa affidata dall'ordinamento, nonchè dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo, di cui all'art. 111 Cost., comma 2, ha il potere, in una lettura costituzionalmente orientata dell'art. 384 c.p.c., di correggere la motivazione anche a fronte di un "error in procedendo", quale la motivazione omessa, mediante l'enunciazione delle ragioni che giustificano in diritto la decisione assunta, anche quando si tratti dell'implicito rigetto della domanda perchè erroneamente ritenuta assorbita, sempre che si tratti di questione che non richieda ulteriori accertamenti in fatto (Cass., sez. un., 2 febbraio 2017, n. 2731;
Cass., sez. 5, 28 giugno 2017, n. 16171;
per analoga possibilità per la Corte anche con riferimento alla motivazione apparente vedi Cass., sez. L, 1 marzo 2019, n. 6145). Nella specie, è evidente che l'Agenzia delle entrate, a fronte della decisione della Commissione provinciale che aveva accolto quasi integralmente le doglianze della società contribuente, con esclusione della posta relativa alle spese sostenute per regalie ai dipendenti (rilievi nn. 9, 11 e 13, in parte, per la somma totale di Euro 49.578,20), ha chiesto la riforma integrale di tale sentenza, evidenziando che le riserve iscritte dalla società contribuente, appaltatrice, in relazione ai contratti di appalto pubblico, oggetto di controversia, dovevano essere sottoposte a tassazione, nella misura del 50%, ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 93, comma 2, in tal modo contrastando efficacemente il percorso argomentativo seguito dal giudice di primo grado, che aveva escluso completamente dalla tassazione tutte le riserve iscritte dalla società nei vari contratti di appalto pubblico. Non è possibile, dunque, distinguere all'interno della decisione del giudice di prime cure una pluralità di autonome rationes decidendi, avendo, invece, ritenuto la Commissione tributaria che tutte le iscrizioni di riserve apposte sui relativi contratti pubblici costituivano solo mere pretese e non avevano le caratteristiche di certezza e di determinabilità necessarie per la tassazione nell'anno 2003.
E', comunque, necessario riportare in sintesi i rilievi contestati dalla Agenzia delle entrate nell'avviso di accertamento relativo all'anno 2003: costi indeducibili a) rilievi 2, 10 e 30: prestazioni professionali di competenza di diversi esercizi per i rispettivi importi di Euro 861.325,30, Euro 542.850,09 ed Euro 466.151,76;
b) rilievo n. 9: spese di rappresentanza (acquisti di omaggi natalizi) dedotti in misura superiore a quella consentita, per un importo recuperato a tassazione pari ad Euro 13.305,00 (questo è l'unico rilievo