Cass. pen., sez. VI, sentenza 03/11/2021, n. 39537
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta
Segnala un errore nella sintesiTesto completo
la seguente SENTENZA sul ricorso proposto dalla parte civile L T F nato a Giulianova il 22/03/1978 nel procedimento a carico di: F G nato a Giulianova il 04/07/1962 avverso la sentenza del 22 febbraio 2021 della Corte di Appello di L'Aquila;visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;udita la relazione svolta dal Consigliere D T;udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale C A, che ha concluso per l'annullamento con rinvio al Giudice civile competente per valore in grado di appello;udito il difensore di G F, Avv. E R che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso o, in subordine, per il suo rigetto. RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza n. 512 del 22 febbraio 2021 la Corte di appello di L'Aquila - riformando la decisione con cui il 4 settembre 2017 il Tribunale di Teramo aveva condannato G F per i reati di cui agli artt. 393, secondo e terzo comma 582, 61, n. 2 e 635, comma 2, nn. 1 e 3 cod. pen. decritti nelle imputazioni (rispettivamente capi A, B e C), nonché al risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile, F L T, da liquidarsi in separata sede - ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di F in ordine ai reati ascritti ai capi A e B - esclusa la circostanza aggravante ex art. 61, n. 2, cod. pen. - perché l'azione penale non poteva essere iniziata per difetto della querela, mentre lo ha assolto dal reato ascritto al capo C perché il fatto non è previsto dalla legge come reato. 2. Nel ricorso presentato dal difensore della parte civile F L T si chiede l'annullamento della sentenza deducendo quattro motivi di seguito riportati nei limiti strettamente necessari per la motivazione (art. 173 disp. att. cod. proc. pen.). 2.1 Con il primo motivo di ricorso deduce i vizi di violazione dell'art. 122 cod. proc. pen. e di manifesta illogicità della motivazione. La Corte di appello ha ritenuto irrituale la procura speciale rilasciata dal L T ai propri difensori di fiducia in considerazione dell'omessa indicazione dell'oggetto cui si riferiva. L'oggetto era in realtà ben determinato con riferimento all'imputato, considerato anche che la procura speciale era stata rilasciata il giorno successivo ai fatti. 2.2 Con il secondo motivo di ricorso deduce i vizi cumulativi di violazione dell'art. 61, n. 2, cod. pen. e di mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione al capo B dell'imputazione. Non si comprende la ragione per cui l'improcedibilità del reato di cui al capo A, travolga anche la fattispecie in esame, atteso che l'eliminazione dell'aggravante poteva conseguire solo all'accertamento negativo della sussistenza del fatto storico contestato al capo A. 2.3 Analoghi vizi vengono dedotti con il terzo motivo di ricorso in relazione all'esclusione dell'aggravante di cui all'art. 635, comma 2, n. 1 cod. pen. contestata al capo C dell'imputazione. La Corte afferma che la fattispecie non è più prevista dalla legge come reato in quanto «la condotta di violenza alla persona e minaccia descritta da L T non era finalizzata al danneggiamento dell'autovettura del medesimo». L'art. 635 cod. pen. nella formulazione vigente all'epoca dei fatti, prevedeva la contestata circostanza aggravante in relazione alla commissione del fatto con violenza alla persona o con minaccia la cui sussistenza è stata accertata nel corso dell'istruttoria dibattimentale di primo grado, ma ricondotta dalla Corte di appello a mera «ipotesi accusatoria». Con il quarto motivo si deduce l'omessa pronuncia sulla responsabilità civile dell'imputato e sulle spese sostenute dalla parte civile in grado di appello. 3. Con memoria pervenuta il 17 settembre 2021 l'imputato G F ha dedotto, in via preliminare, l'inammissibilità del ricorso per tardività e per carenza di interesse;nel merito, e in subordine, ha chiesto il rigetto del ricorso per infondatezza dei motivi. In particolare, quanto al capo B, anche ove si ritenesse sussistente la circostanza aggravante di cui all'art. 61, n. 2, cod. pen., il reato non sarebbe, comunque, procedibile d'ufficio non essendo stata contestata l'aggravante di cui all'art. 61, n. 11 -octies, cod. pen. CONSIDERATO IN DIRITTO 1.In via preliminare, devono essere esaminate le eccezioni sollevate dall'imputato in merito alla tardività del ricorso ed alla carenza di interesse ad impugnare delle parte civile ricorrente. 1.1. La prima eccezione è infondata. Nel dispositivo della sentenza impugnata è stato indicato il termine fino al 20 aprile 2021 per il deposito della motivazione che risulta avvenuto il 14 aprile 2021. In detta ipotesi, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, da cui il Collegio non intende discostarsi, il termine per la proposizione dell'impugnazione decorre dalla scadenza del termine autodeterminato, ancorché il deposito della sentenza sia avvenuto anticipatamente (Sez. 3, n. 35149 del 23/02/2017, P, Rv. 271188;Sez. 6, n. 42785 del 25/10/2001, B, Rv. 220425). Ne consegue che nella fattispecie concreta il termine in questione scadeva il 4 giugno 2021 cosicché l'impugnazione, proposta il precedente 31 maggio, risulta tempestiva. 1.2. Quanto alla dedotta carenza di interesse ad impugnare della parte civile, l'imputato ha richiamato nella memoria il principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite secondo cui la parte civile è priva di interesse a proporre impugnazione avverso la sentenza di proscioglimento dell'imputato per improcedibilità dell'azione penale dovuta a difetto di querela, trattandosi di pronuncia penale meramente processuale priva di idoneità ad arrecare vantaggio al proponente ai fini dell'azione civilistica (Sez. U., n. 35599 del 21/06/2012, Di Marco, Rv. 253242). Tale deduzione, benché suggestiva, non coglie nel segno.Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte l'interesse richiesto dall'art. 568, comma 4, cod. proc. pen., quale condizione di ammissibilità di qualsiasi impugnazione, deve essere correlato agli effetti primari e diretti del provvedimento da impugnare e sussiste solo se il gravame sia idoneo a costituire, attraverso l'eliminazione di un provvedimento pregiudizievole, una situazione pratica più vantaggiosa per l'impugnante rispetto a quella esistente (Sez. U, n. 42 del 03/12/1995, dep. 1996, Tampini, Rv. 203093). Inoltre, l'interesse deve essere attuale e concreto, cioè volto a conseguire effetti processuali diretti vantaggiosi o ad evitare conseguenze extrapenali pregiudizievoli ovvero ad assicurarsi effetti extrapenali più favorevoli, come quelli che l'ordinamento fa derivare dal giudicato delle sentenze di condanna o di assoluzione dell'imputato nei giudizi di danno o in altri giudizi civili o amministrativi (Sez. 6, n. 6989 del 30/3/1995, Rv. 201953;Sez. 4, n. 18343 del 5/2/2019, Catalini, Rv. 275760), In particolare, l'interesse ad agire della parte civile è ravvisabile in relazione a tutte le conseguenze configurabili, anche extrapenali, che possono, comunque, influire, in modo a lei favorevole, nel giudizio di accertamento della responsabilità civile del prevenuto. Proprio alla luce di tali coordinate ermeneutiche va letto il principio di diritto affermato dalla sentenza delle Sezioni Unite Di Marco sopra citata. Nella fattispecie concreta, infatti, con la sentenza di primo grado era stato dichiarato non doversi procedere nei confronti dell'imputato per mancanza della querela e il successivo appello proposto dalla parte civile era stato dichiarato inammissibile per carenza di interesse. Tale valutazione è stata ritenuta corretta dalle Sezioni Unite in considerazione sia della carenza di alcun effetto preclusivo o pregiudizievole della decisione (art. 652 cod. proc. pen.) che dell'impossibilità per la parte civile di ottenere «con l'impugnazione, l'affermazione di responsabilità dell'imputato sia pure in riferimento agli effetti civili, in mancanza di impugnazione sul punto del p.m. e comunque di precedente accertamento sul fatto», atteso che la cognizione penale si era limitata al riconoscimento della ricorrenza della pregiudiziale di rito. Il principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite va, dunque, circoscritto alle ipotesi in cui, essendo mancato un precedente accertamento sul fatto, la parte civile non potrebbe trarre alcun vantaggio dall'impugnazione. Infatti, come rilevato dalle stesse Sezioni Unite Di Marco - richiamando, peraltro, le argomentazioni già espresse dal Supremo Consesso nella sentenza n. 40049 del 29/5/2008, G - proprio l'esistenza di tale precedente accertamento costituisce il presupposto per riconoscere, in caso di assoluzione dell'imputato con la formula "il fatto non costituisce reato", l'interesse ad impugnare della parte civile, avendo questa «interesse giuridico ad ottenere in sede di appello una statuizione incidentale di responsabilità della controparte con una rinnovata valutazione del fatto reato, in modo difforme rispetto all'accertamento assolutorio del primo giudice». Una ulteriore progressione ermeneutica sul tema è stata successivamente impressa dalle Sezioni Unite con la sentenza Massaria in cui la Corte ha ritenuto ammissibile l'impugnazione della parte civile contro la sentenza di primo grado che abbia dichiarato l'estinzione del reato per intervenuta prescrizione, così come contro la sentenza di appello che tale decisione abbia confermato, ove con la stessa si contesti l'erroneità di detta dichiarazione (Sez. U n. 28911 del 28/03/2019, Massaria, Rv. 275953). Nella sentenza è stato precisato che la legittimazione della parte civile ad impugnare detta decisione deriva direttamente dalla previsione dell'art. 576, comma 1, cod. proc. pen. laddove fa riferimento a tutte le sentenze di proscioglimento, fra le quali, alla stregua della definizione ricavabile dal codice di rito (artt. 529-531 cod. proc. pen.) deve sicuramente ricomprendersi anche la sentenza di non doversi procedere per estinzione del reato. In tal caso, la Corte ha ravvisato l'interesse ad impugnare della parte civile considerando il vantaggio correlato al ribaltamento della prima pronuncia e all'affermazione di responsabilità dell'imputato, sia pure ai soli fini delle statuizioni civili, e, in caso di ricorso in cassazione, all'annullamento della sentenza con rinvio al giudice civile in grado di appello, ex art. 622 cod. proc. pen., senza la necessità di iniziare "ex novo" il giudizio civile.
Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi