Cass. pen., sez. III, sentenza 26/09/2018, n. 41722

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. III, sentenza 26/09/2018, n. 41722
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 41722
Data del deposito : 26 settembre 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: S G, nato a Pimonte (Na) il 25 luglio 1950;
avverso la ordinanza del Tribunale di Torre Annunziata del 12 gennaio 2018;
letti gli atti di causa, la ordinanza impugnata e il ricorso introduttivo;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. A G;
letta, altresì, la requisitoria scritta del Procuratore generale, in persona della dott.ssa M F L, la quale ha concluso per la inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

Con atto del 26 gennaio 2018, S G, per mezzo del proprio difensore fiduciario, ha proposto ricorso per cassazione avverso la ordinanza con la quale, in data 12 gennaio 2018, il Tribunale di Torre Annunziata, in funzione di giudice dell'esecuzione, aveva rigettato la istanza con la quale era stata chiesta la restituzione al medesimo dell'immobile già oggetto di sequestro preventivo in data 11 novembre 2010. La edificazione di tale immobile era stato l'oggetto di una imputazione penale, definita con sentenza di prescrizione dal Tribunale di Torre Annuziata;
con tale sentenza il Tribunale aveva disposto il dissequestro del manufatto e la sua restituzione all'avente diritto;
quest'ultimo era stato individuato nel Comune di Massa Lubrense in ragione della circostanza che il Santarpia non aveva provveduto ad ottemperare alla ingiunzione emessa dalla Autorità amministrativa di demolizione delle opere abusive, sicché il bene doveva essere considerato acquisito al patrimonio indisponibile del Comune. Come detto/avverso il provvedimento del Tribunale ha interposto ricorso per cassazione il Sttarpia, articolando un unico motivo di impugnazione, con il quale egli ha lamentato la violazione di legge nonché il vizio di motivazione del provvedimento impugnato, per non avere il Giudice della esecuzione considerato che il provvedimento amministrativo con quale era stata ordinata la demolizione del manufatto abusivo era stata oggetto di ricorso di fronte al Tar della Campania che, al momento della presentazione del ricorso) era tuttora pendente. Le opere oggetto di sequestro, peraltro, erano state oggetto di istanza di accertamento di conformità che si era conclusa positivamente sia sotto il profilo ambientale che sotto quello urbanistico. Sulla base dei dati illustrati il ricorrente deduceva la intervenuta inefficacia dell'ordine di demolizione amministrativo e, pertanto, la irrilevanza della sua mancata esecuzione ai fini della acquisizione del manufatto al patrimonio indisponibile del Comune ingiungente. Con successiva memoria del 7 maggio 2018 il ricorrente ha segnalato come la più recente giurisprudenza del Consiglio di Stato, nella specie individuata nella sentenza n. 2337 del 2017, abbia rilevato, innovando rispetto al precedente orientamento, che la acquisizione sanzionatoria del manufatto abusivo al patrimonio del Comune in caso di omessa ottemperanza all'ordine amministrativo di demolizione del manufatto abusivo non potesse considerarsi ammissibile allorché l'immobile in questione era stato oggetto, come avvenuto nel caso in esame, di sequestro in sede penale, in quanto la intangibilità del bene da parte del soggetto nei cui confronti era stato eseguito aveva reso in sostanza non materialmente attuabile l'ordine di demolizione contenuto nella ingiunzione amministrativa e, pertanto, ingiustificata la sanzione ablatoria derivante dalla mancata ottemperanza ad esso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso,, risultato infondato, non è, pertanto, meritevole di accoglimento. Osserva il Collegio come, secondo la dominante giurisprudenza di questa Corte, il Tribunale di Torre Annunziata, a scioglimento della riserva assunta nel corso della udienza camerale del 25 settembre 2017, abbia correttamente rigettato la istanza di restituzione dell'immobile oggetto di sequestro in data 11 novembre 2010. Invero, premesso che incontestatamente all'odierno ricorrente è stato notificato un provvedimento del Sindaco del Comune di Massa Lubrense con il quale gli era stato ingiunto di procedere alla demolizione del predetto immobile, in quanto abusivamente edificato, e che a tale ingiunzione non è stata data esecuzione da parte del Santarpia, va considerato che, come ancora nel recente passato affermato da questa Corte, l'ingiustificata inottemperanza all'ordine di demolizione ed alla rimessione in pristino dello stato dei luoghi, entro 90 giorni dalla notificazione della ingiunzione a demolire emessa dall'Autorità amministrativa, determina l'automatica acquisizione gratuita al patrimonio comunale dell'opera e della pertinente area di sedime (Corte di cassazione, Sezione III penale, 11 gennaio 2017, n. 1163);
da tale automatica acquisizione deriva che, intervenuto il dissequestro del bene in sede penale, lo stesso deve essere restituito non all'originario proprietario ma all'autorità comunale (Corte di cassazione, Sezione III penale, 8 aprile 2016, n. 23718), non essendo più legittimato a richiederne la restituzione chi era stato indagato per la commissione del reato edilizio (Corte di cassazione, Sezione III penale, 11 gennaio 2017, n. 1163). Si tratta, a questo punto, di verificare se sulla stabilità di siffatto indirizzo possa avere inciso la sentenza del Consiglio di Stato n. 2237 del 2017, pubblicata lo scorso 17 maggio 2017, richiamata dal ricorrente nella sua memoria del 7 maggio 2018.Deve, preliminarmente, rilevarsi la astratta ammissibilità del motivo aggiunto dedotto da parte ricorrente con la citata memoria. Infatti, la ammissibilità dei motivi aggiunti di impugnazione è subordinata al fatto che gli stessi costituiscano uno sviluppo - collegato ad essi con un rapporto di connessione funzionale - dei motivi già tempestivamente presentati in sede di ricorso principale (in tal senso: Corte di cassazione, Sezione VI penale, 10 febbraio 2015, n. 6075;
idem Sezione VI penale, 30 ottobre 2014, n. 45075). Nel caso di specie, avendo comunque il ricorrente lamentato la inefficacia dell'ordine di demolizione emesso dal Comune di Massa Lubrense, è ravvisabile nella doglianza avente come suo presupposto la ineseguibilità di detto ordine in pendenza del sequestro penale, il nesso funzionale fra le due doglianze che giustifica la ammissibilità del motivo aggiunto di impugnazione. Come detto l'argomentazione spiegata dal Santarpia con tale motivo si fonda sulla esistenza di un recente pronunciamento del Consiglio di Stato il cui principio informatore - costituente, per esplicita ammissione del Collegio allora giudicante, una novità rispetto ai precedenti orientamenti applicativi ivi formatisi al riguardo - può essere compendiato nei seguenti termini: poiché - finché perdura la efficacia del provvedimento di sequestro penale gravante sull'immobile in ipotesi abusivamente realizzato - è inibita qualunque modificazione dello stato del bene in questione, se non debitamente autorizzata dalla Autorità giudiziaria che il sequestro ha disposto, la efficacia dell'ordine di demolizione (laddove non si voglia ritenere, come pure i giudici di Palazzo Spada paiono adombrare, la radicale nullità del provvedimento in questione, stante la sua ineseguibilità allo stato degli atti) emesso in sede amministrativa, evidentemente tale da comportare, se messo in pratica, la completa modificazione del bene, è sospesa e, pertanto, durante tutto tale periodo di sospensione non decorre il termine di 90 giorni entro il quale - a pena della gratuita acquisizione del manufatto e dell'area su cui esso insiste al patrimonio del Comune ove è l'immobile si trova - il destinatario della ingiunzione dovrebbe ottemperare all'ordine in esso contenuto. Dalla ritenuta sospensione del termine in questione deriverebbe, secondo la impostazione della sentenza in questione fatta propria dal ricorrente, la mancata acquisizione al patrimonio del Comune del bene predetto e, per quanto ora interesserebbe alla presente questione, la perdurante legittimazione dell'originario proprietario a chiederne la restituzione laddove sia intervenuto il dissequestro del bene medesimo.Ha aggiunto il massimo organo della Giustizia amministrativa che neppure sarebbe legittimo considerare il soggetto che ha subito il sequestro onerato di un dovere di collaborazione al fine di dare corso alla ottemperanza dell'ordine di demolizione disposto in sede amministrativa, chiedendo alla Autorità giudiziaria il dissequestro del bene in quanto finalizzato proprio a tale adempimento demolitivo, sia perché in tal modo sarebbe rimesso alla discrezionalità di un soggetto terzo, la Autorità giudiziaria ordinaria, la possibilità di dare materiale attuazione ad un dovere gravante sul soggetto che sarebbe, in ipotesi, penalizzato, dall'inadempimento di esso;
sia perché tale richiesta potrebbe essere in contraddizione con la strategia difensiva che si intende perseguire;
sia, infine, perché - si ritiene - apparirebbe ingiustificato, in assenza di una espressa previsione di legge, che "il cittadino impieghi tempo e risorse economiche per ottenere la restituzione di un bene di sua proprietà, ai soli fini della sua distruzione". Gli argomenti, pur suggestivamente ed autorevolmente svolti, non appaionoituttavia, tali da giustificare il superamento del radicato orientamento giurisprudenziale di questa Corte sul punto. Infatti, sebbene possa convenirsi, in via astratta, sulla non decorrenza del termine per provvedere alla demolizione sulla base della intervenuta ingiunzione sindacale laddove tale incombente sia inibito dalla esistenza di un contemporaneo provvedimento che inibisce la modificazione del bene stesso, deve rilevarsi che siffatta sospensione troverebbe una sua logica ragion d'essere ove il destinatario dell'ingiunzione non avesse alcun mezzo legale per rimuovere la condizione di "inagibilità" derivante dal provvedimento di sequestro. Ma, come segnalato dallo stesso Consiglio di Stato, il destinatario dell'ordine di demolizione ben può chiedere alla Autorità giudiziaria, onde dare corso a detto ordine, la revoca del sequestro. Né può dirsi che tale onere di attivazione non trovi una sua fonte legale, trattandosi, invece, appunto, dello strumento normativamente previsto al fine di impedire il verificarsi degli effetti pregiudizievoli derivanti dalla inottemperanza all'ordine di demolizione. Peraltro va ancora considerato che, laddove il destinatario della ingiunzione volesse paralizzare gli effetti scaturenti dall'inadempimento all'ordine contenuto nella ingiunzione a demolire - pretesa che trova una sua logica premessa nella ritenuta illegittimità della ingiunzione stessa, non essendo diversamente tutelabile il, sia pur temporaneo, interesse privato alla paralisi di un provvedimento amministrativo questi ha la possibilità di impugnare detto provvedimento sindacale di fronte agli organi della Giurisdizione amministrativa, chiedendone anche, ricorrendone le condizioni, la sospensione cautelare della efficacia. Si tratta, come è evidente, di un ulteriore strumento che nella panoplia giudiziaria è posto a disposizione dell'interessato onde evitare che la inottemperanza all'ordine di demolizione abbia l'automatico effetto di comportare l'acquisizione del manufatto abusivo al patrimonio comunale. Peraltro, va aggiunto che, diversamente da quanto parrebbe avere ritenuto il Consiglio di Stato con la ricordata decisione n. 2237 del 2017, la richiesta di dissequestro del bene presentata dal soggetto attinto dalla ingiunzione sindacale a demolire, istanza •It- a per dare corso alla demolizione de qua, noni: g ett.,kst _ ucono so ne rendere materialmente possibile la distruzione di un bene di proprietà del destinatario della ingiunzione;
infatti l'ottemperanza all'ordine di questione, oltre ai verosimili effetti attenuanti che la stessa potrebbe avere in sede penale, ove si consideri che in tal modo il soggetto avrebbe determinato se non la elisione certamente la diminuzione degli effetti dannosi del reato in ipotesi commesso, avrebbe altresì l'effetto di impedire la acquisizione al patrimonio comunale della area di sedime ove il manufatto abusivo insisteva, con evidente vantaggio patrimoniale per il soggetto che si sia in tal modo adoperato. Non pare, pertanto, corretto affermare che, attraverso la richiesta di dissequestro del bene interessato dall'ordine di demolizione, l'ordinamento imporrebbe al cittadino un costoso comportamento dal compimento del quale egli non ricaverebbe la soddisfazione di alcun interesse concreto. Al b luce delle argomentazioni che precedono non ritiene questo Collegio che, in ragione della richiamata recente giurisprudenza del Consiglio di Stato, vi siano elementi per discostarsi dal precedente orientamento che, in una fattispecie quale è quella ora in esame, induce a ritenere, non essendo intervenuti fattori che possano avere comportato la sospensione del termine per adempiere pari a 90 giorni dalla notificazione della ingiunzione a demolire, non verificato l'effetto acquisitivo al patrimonio del Comune ingiungente del manufatto abusivo non essendo stato pacificamente demolito questo in attuazione della ingiunzione stessa. L'avvenuta acquisizione al patrimonio del Comune giustifica da una parte il rigetto della istanza di restituzione del bene, una volta venuto meno il sequestro stante il proscioglimento del prevenuto nel giudizio di merito per maturata prescrizione, al Santarpia da parte del Tribunale di Torre Annunziata e, in definitiva, stante la infondatezza dei relativi motivi di impugnazione, il rigetto del presente ricorso e la condanna del ricorrente, visto l'art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali.
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