Cass. pen., sez. V, sentenza 12/07/2021, n. 26512

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. V, sentenza 12/07/2021, n. 26512
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 26512
Data del deposito : 12 luglio 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: AUGUGLIARO NICOLO' nato a TRAPANI il 27/01/1959 avverso la sentenza del 16/06/2020 del TRIBUNALE di TRAPANIvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere M B;
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale G D L che ha chiesto l'inammissibilità del ricorso

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Trapani, quale giudice d'appello, ha confermato la sentenza emessa dal Giudice di Pace di Trapani il 27.7.2019 con cui N A è stato condannato alla pena di 600 euro di multa, concesse le attenuanti generiche, per il reato di diffamazione aggravata dall'attribuzione di un fatto determinato ai danni del Luogotenente della Guardia di Finanza G V, in servizio presso il Nucleo di Polizia Tributaria di Trapani, affermando, in una conversazione tenuta con più persone, che costui era in qualche modo corruttibile e facilmente "addomesticabile", poiché, previa dazione della somma di 500 euro, si sarebbe potuto ottenere una riduzione della sanzione irrogata ai destinatari di un controllo della Guardia di Finanza il 9/10 febbraio 2013 posto in essere da altro militare, il Brigadiere G M. La condotta è stata contestata nell'ambito di un millantato credito pure imputato ad A, ex assessore comunale di Trapani, delitto per il quale si è proceduto separatamente. I fatti sono stati ricostruiti grazie alla denuncia di S G e P S, i due soggetti coinvolti dall'imputato nella conversazione oggetto di reato e nell'organizzazione dell'evento tenutosi in un sito di Valderice, al centro del controllo di cui si era prospettato un "aggiustamento";
in particolare, S, in quel contesto, era stato destinatario di una sanzione per irregolare impiego di un lavoratore elevata proprio dal Brigadiere M;
la trama probatoria si è snodata anche attraverso una registrazione audio effettuata da G con l'imputato, effettuata con il proprio smartphone, in vista della richiesta di danaro, precedentemente anticipatagli. Parallelamente, nei confronti dell'imputato è stata elevata la medesima accusa anche per la diffamazione ai danni di M, al centro di un diverso procedimento, egualmente deciso dal Collegio all'odierna udienza del 13 aprile 2021. 2. Ha proposto ricorso l'imputato, tramite il suo difensore, deducendo sei distinti motivi.

2.1. Con il primo si duole della violazione di legge riferita agli artt. 266 e 267 cod. proc. pen. assumendo l'inutilizzabilità della registrazione della conversazione tra G e l'imputato datata 5.4.2013, poiché attuata su sollecitazione della polizia giudiziaria, cui G stesso si era già rivolto in occasione della prima richiesta formulata in presenza sua e di S.

2.2. Il secondo argomento di censura deduce violazione dell'art. 595 cod. pen. per la mancanza dell'offesa all'altrui reputazione e vizio di motivazione omessa ed insufficiente quanto alla configurabilità del reato a carico del ricorrente. Le espressioni ritenute diffamatorie sono state interpretate nel senso poi contestato come attribuzione di un carattere di corruttibilità della persona offesa, mentre invece esse, per il loro tenore letterale, sono inidonee a consentire una simile lettura;
si tratta, infatti, delle frasi: "Il Tenente V è persona tranquillissima.. M è troppo tranquillo" che di fit& per sé e senza adeguata motivazione da parte del giudice non possono essere interpretate come sintomatiche di allusioni di corruttibilità, avendo invece il senso di manifestare la disponibilità degli operatori della Guardia di Finanza ad ascoltare le osservazioni alla contestazione amministrativa da loro elevata.

2.3. Il terzo motivo di ricorso deduce violazione di legge ancora avuto riguardo alla disposizione di cui all'art. 595 cod. pen. per non essere individuabile nelle frasi del ricorrente la persona offesa della diffamazione: il tenente V, infatti, non esiste, mentre la persona offesa ha il grado di maresciallo della Guardia di Finanza. In ogni caso, anche a voler ammettere che l'individuazione della persona offesa sia stata esattamente operata in seguito alle indagini, essa non era direttamente né facilmente evincibile dalla dichiarazione diffamatoria che, pertanto, manca di un requisito essenziale.

2.4. La quarta ragione di censura eccepisce assenza del requisito della comunicazione con più persone in quanto la registrazione della conversazione diffamatoria avrebbe visto protagonisti della conversazione soltanto l'imputato e G, non essendo rilevante l'intenzione di quest'ultimo di riferire ad altri del colloquio e dei suoi contenuti.

2.5. Il quinto motivo di ricorso deduce violazione di legge per insussistenza dell'aggravante prevista dal comma secondo dell'art. 595 cod. pen. non essendo determinato il fatto attribuito, ma soltanto la qualità eventualmente allusivamente offensiva di persona "tranquilla", nel senso di corruttibile.

2.6. Infine, un sesto argomento difensivo si duole della violazione degli artt. 12 e 541 del codice di rito per la condanna dell'imputato al pagamento delle spese processuali in favore della parte civile in modo eccessiva alla luce della mancata riunione del procedimento in esame con quello a carico dell'imputato, in relazione ai medesimi fatti ma che coinvolge l'altra persona offesa, il brigadiere G M.

3. Il Sostituto Procuratore Generale ha chiesto, con requisitoria scritta, l'inammissibilità del ricorso.

4. La parte civile ha depositato un'articolata memoria di conclusioni con allegata nota spese (2.070 euro, oltre accessori di legge).

5. Il ricorrente ha depositato memoria scritta con cui, ribadendo le ragioni già esposte nel ricorso e chiedendone l'accoglimento, evidenzia anche la prescrizione del reato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.

2. Il primo motivo è generico e, per quanto risulta dai provvedimenti conformi dei giudici di merito, si rivela anche manifestamente infondato. Come noto, la giurisprudenza di questa Corte regolatrice ritiene che la registrazione fonografica di colloqui tra presenti è utilizzabile, come prova documentale ai sensi dell'art. 234 cod. proc. pen., a condizione che sia certa la sua effettuazione da parte di uno dei partecipanti o comunque legittimati ad assistere all'incontro (Sez. 6, n. 5782 del 17/12/2019, dep. 2020, Savoini, Rv. 278452;
Sez. 5, n. 41421 del 11/6/2018, Di Luzio, Rv. 275111). Si è precisato che, ove difetti la prova, incombente sulla pubblica accusa, in ordine alla sussistenza di detta condizione, la registrazione va qualificata come una intercettazione inutilizzabile, in quanto lesiva dei diritti fondamentali dell'individuo costituzionalmente tutelati e realizzata in violazione del divieto previsto dall'art. 191, comma 1, cod. proc. pen. (così ancora la citata sentenza n. 5782 del 2020). Esiste contrasto, poi, relativamente alla valenza documentale o di intercettazione vera e propria della registrazione tra presenti effettuata da uno degli interlocutori ma su sollecitazione o d'intesa e con l'ausilio tecnico della polizia giudiziaria. Una parte della giurisprudenza di legittimità (cfr. Sez. 2, n. 12347 del 12/2/2021, D'I, Rv. 280996;
Sez. 3, n. 39378 del 23/3/2013, C., Rv. 267806 e le conformi precedenti) ritiene che ciò determini la modifica dello statuto normativo applicabile, poiché in tal caso si sarebbe dinanzi non già ad un documento di prova ex art. 234 cod. proc. pen., bensì ad un'intercettazione, inutilizzabile in assenza di un provvedimento motivato di autorizzazione del giudice o di decreto dispositivo del pubblico ministero. Altra opzione, invece, ritiene che la registrazione fonografica di colloqui tra presenti, eseguita d'iniziativa da uno dei partecipi al colloquio, costituisce prova documentale, come tale utilizzabile in dibattimento, e non intercettazione "ambientale" soggetta alla disciplina degli artt. 266 e ss. cod. proc. pen., anche quando essa avvenga su impulso della polizia giudiziaria e/o
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