Cass. civ., sez. III, ordinanza 07/11/2023, n. 30992
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La facoltà del giudice penale di pronunciare una condanna generica al risarcimento del danno ed alla provvisionale, prevista dall'art. 539 c.p.p., non incontra restrizioni di sorta in ipotesi di incompiutezza della prova sul quantum, bensì trova implicita conferma nei limiti dell'efficacia della sentenza penale di condanna nel giudizio civile per la restituzione e il risarcimento del danno fissati dall'art. 651 c.p.p. quanto all'accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità ed all'affermazione che l'imputato l'ha commesso, con la conseguenza che deve escludersi che il giudicato penale si estenda alle conseguenze economiche del fatto illecito commesso dall'imputato. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha escluso che fosse coperta dal giudicato l'affermazione del giudice penale in ordine alla insufficienza degli elementi probatori atti a quantificare il danno lamentato dalla parte civile).
Il giudice civile, investito della domanda di risarcimento del danno da reato, ben può utilizzare, come fonte del proprio convincimento, le prove raccolte in un giudizio penale definito con sentenza passata in giudicato senza dover procedere alla rinnovazione dell'istruzione dibattimentale: l'obbligo di rinnovazione (imposto dall'art. 6, par. 1, della CEDU, in caso di riforma della sentenza assolutoria di primo grado, come affermato dalla Corte EDU nella sentenza del 21 settembre 2010, Marcos Barrios c. Italia), infatti, ha rilievo solo in ambito penalistico e non è applicabile ai giudizi risarcitori civili, governati, in tema di accertamento del nesso causale tra condotta illecita e danno, dalle diverse regole probatorie del "più probabile che non" e della probabilità prevalente, a maggior ragione qualora venga richiesta in appello l'affermazione della responsabilità del presunto danneggiante.
L'interrogatorio della parte lesa assunto in sede di giudizio penale, pur non potendo acquisire nel giudizio civile il valore di prova, neppure atipica, riveste efficacia di argomento di prova ex art. 117 c.p.c., il quale, peraltro, può assumere autonoma efficacia probatoria, sufficiente ad offrire al giudice la dimostrazione del factum probandum, costituendo una vera e propria inferenza che il giudice può trarre dalle circostanze indicate dalla norma, allo stesso modo in cui, ex art. 2727 c.c., può trarre da un fatto noto conseguenze relativa ad un fatto ignorato, in particolare quando l'interrogatorio verta su circostanze tali da poter essere conosciute soltanto dalle parti. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza della Corte territoriale che, nell'accogliere la domanda risarcitoria spiegata dalla parte lesa di un reato di maltrattamenti in famiglia, aveva fondato la decisione di condanna sulle dichiarazioni rese dalla vittima nel procedimento penale).
Sul provvedimento
Testo completo
Numero registro generale 21920/2020 Numero sezionale 2979/2023 Numero di raccolta generale 30992/2023 Data pubblicazione 07/11/2023 REPUBBLICA ITALIANA LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE TERZA SEZIONE CIVILE Composta da: Oggetto: GIACOMO AV Presidente RESPONSABILITA' ENRICO SCODITTI Consigliere CIVILE GENERALE ENZO VINCENTI Consigliere Ud.25/09/2023 MARILENA GORGONI Consigliere-Rel. CC CARMELO CARLO ROSSELLO Consigliere ha pronunciato la seguente ORDINANZA sul ricorso iscritto al n. 21920/2020 R.G. proposto da: TE EL, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ENNIO QUIRINO VISCONTI, 99, presso lo studio dell'avvocato BERARDINO IACOBUCCI ([...]), rappresentato e difeso dall'avvocato PIETRO MASTREL ([...]);
-ricorrente-
contro
NO SQ, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA APPIA NUOVA 288, presso lo studio dell'avvocato LUCIANO NALLI ([...]), rappresentata e difesa dall'avvocato VINCENZO STELLACCIO ([...]);
Numero registro generale 21920/2020 Numero sezionale 2979/2023 -controricorrente- Numero di raccolta generale 30992/2023 Data pubblicazione 07/11/2023 avverso la sentenza n. 192/2020 della Corte d'appello di Lecce, sez. dist. di Taranto, depositata in data 07/07/2020. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25/09/2023 dal Consigliere MARILENA GORGONI. Premesso in fatto che: SQ NO conveniva in giudizio GE AG, chiedendone la condanna al risarcimento del danno non patrimoniale da determinare in via equitativa, adducendo che il convenuto era stato condannato dal Tribunale penale di Taranto (sent. n. 1078/2009) alla pena della reclusione e al risarcimento del danno da liquidarsi in separata sede per i reati di cui agli artt. 572 e 582 cod.pen. commessi nei suoi confronti;
il giudice adito, con la sentenza n. 2847/2017, liquidava a favore dell'attrice a titolo di danno morale la somma di euro 50.000,00;
GE AG impugnava detta decisione, lamentando il passaggio in giudicato della sentenza del giudice penale che aveva ritenuto provato il fatto-reato, ma non il danno subito dalla vittima e deducendo che: i) il giudice civile non avrebbe potuto accogliere la domanda risarcitoria sulla base dei soli elementi istruttori raccolti in sede penale;
ii) la condanna risarcitoria e la misura della stessa erano stata determinate sulla base della situazione di terrore in cui la vittima avrebbe vissuto per dieci anni, sebbene nell'atto di citazione SQ NO non avesse allegato tale circostanza, ma solo di aver subito ingiurie e la rottura del setto nasale;
iii) la somma liquidata non era stata determinata secondo criteri di adeguatezza, di logicità, di coerenza e di proporzionalità, ma con criteri puntivi;
2 di 15 Numero registro generale 21920/2020 Numero sezionale 2979/2023 Numero di raccolta generale 30992/2023 la Corte d'Appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, con la Data pubblicazione 07/11/2023 pronuncia n. 192/2020, resa pubblica in data 7 luglio 2020, ha rigettato l'impugnazione;
GE AG ricorre per la cassazione di detta decisione, avvalendosi di cinque motivi;
SQ NO resiste con controricorso;
la trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell'art. 380-bis 1 cod.proc.civ.;
il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni scritte;
il ricorrente ha depositato memoria.
Considerato che:
1) con il primo motivo è denunciata la nullità della sentenza impugnata per violazione dell'art. 112 cod.proc.civ., in riferimento all'art. 360, 1° comma, n. 4, cod.proc.civ.;
la Corte d'appello non si sarebbe pronunciata sul motivo con cui era stato dedotto che il Tribunale, oltre ad essere incorso nella violazione del giudicato penale, aveva supplito all'inerzia difensiva della parte, accogliendone la richiesta risarcitoria sulla scorta dell'accertamento – “frutto della inventiva del Tribunale” – del fatto che la odierna controricorrente sarebbe vissuta per 10 anni in uno stato di terrore, provocato dai reati commessi;
il motivo non ha pregio;
contrariamente a quanto dedotto dal ricorrente, la Corte d'Appello si è pronunciata sul motivo di gravame, affermando, alle pp. 6 e 7, che “del tutto irrilevante si appalesa la notazione del AG circa la mancata allegazione da parte della NO 'di essere vissuta nel terrore per 10 anni' … atteso che siffatta opinione era stata espressa solo dal Tribunale e per ricondurre al relativo 'clima', quasi con immagine icastica, il lunghissimo periodo di condotte delittuose poste in essere dal AG in danno del coniuge” 2) con il secondo motivo si censura il difetto di motivazione o almeno la motivazione meramente apparente e quindi la violazione 3 di 15 Numero registro generale 21920/2020 Numero sezionale 2979/2023 Numero di raccolta generale 30992/2023 dell'art. 111 Cost. e dell'art. 132 cod.proc.civ., ai sensi dell'art. Data pubblicazione 07/11/2023 360, 1° comma, n. 4, cod.proc.civ.;
la Corte territoriale avrebbe rigettato senza alcuna motivazione il motivo di appello con cui era stato lamentato che il Tribunale aveva ritenuto sufficienti gli elementi raccolti in sede penale per l'affermazione del diritto risarcitorio di SQ NO, nonostante la sentenza del giudice penale avesse statuito che “alla ritenuta responsabilità dell'imputato per il reato contestatogli consegue quella per i danni subiti dalla citata parte, per la cui liquidazione non essendo stata raggiunta in questa sede la piena prova le parti debbono essere rimesse dinanzi al Giudice civile”;
la Corte d'appello – sostiene, specificamente il ricorrente – avrebbe relegato la statuizione del giudice penale a mera opinione temporanea suscettibile di essere superata e contraddetta dal giudice civile e non avrebbe spiegato perché gli elementi che il giudice penale aveva ritenuto insufficienti per l'accoglimento della domanda risarcitoria siano stati, in contrasto con la sentenza penale passata in giudicato, invece sufficienti per il giudice civile;
il motivo è infondato;
in prima battuta, occorre osservare che al contrario di quanto deduce il ricorrente la Corte d'appello ha motivato la propria statuizione e lo ha fatto con un ragionamento logico e giuridico esente da censure e conforme alla giurisprudenza di legittimità, là dove ha ritenuto non coperta da giudicato l'affermazione del giudice penale in ordine alla insufficienza degli elementi probatori atti a quantificare il danno lamentato dalla parte civile;
va poi rilevato che se il ricorrente ha inteso invocare il passaggio in giudicato della statuizione del giudice penale circa l'assenza di prova del danno sarebbe incorso in un evidente error in iure, per contrasto con l'art. 539 cod.proc.pen., a mente del quale “il giudice, se le prove acquisite non consentono la liquidazione del 4 di 15 Numero registro generale 21920/2020 Numero sezionale 2979/2023 Numero di raccolta generale 30992/2023 danno, pronuncia condanna generica e rimette le parti davanti al Data pubblicazione 07/11/2023 giudice civile”;
esercitando l'azione civile nell'ambito del giudizio penale, il danneggiato persegue la completa tutela del suo diritto esattamente come l'avrebbe potuta ottenere in sede civile, con l'unica eccezione - giustificata dalla insufficienza probatoria - della fattispecie di cui all'art. 539 c.p.p. (specchio che riflette l'ipotesi dell'art. 278 cod.proc.civ., con la differenza che il giudice penale deferisce ad altro giudice, quello civile, la seconda fase di accertamento già sottoposta al suo esame) (Cass. 15/10/2019, n. 25918);
la facoltà del giudice penale di pronunciare una condanna generica al risarcimento del danno ed alla provvisionale, prevista dall'art. 539 c.p.p., non incontra restrizioni di sorta in ipotesi di incompiutezza della prova sul quantum, bensì trova implicita conferma nei limiti dell'efficacia della sentenza penale di condanna nel giudizio civile per la restituzione e il risarcimento del danno fissati dall'art. 651 c.p.p. quanto all'accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità ed all'affermazione che l'imputato l'ha commesso, escludendosi, perciò, l'estensione del giudicato penale alle conseguenze economiche del fatto illecito commesso dall'imputato (Cass. pen. 26/01/1999, n. 1045);
anche se si potesse ricostruire la lacunosa e generica trama argomentativa del ricorrente, anche superando l'equivoco tenore letterale delle sue affermazioni, ipotizzando che la sua censura riguardi il mancato svolgimento di una nuova attività istruttoria da parte del giudice a quo e che quindi coperta da giudicato debba intendersi l'impossibilità con le prove raccolte nel giudizio penale (prove che si ridurrebbero “alla sola dichiarazione accusatoria della NO” e alla “coerenza tra la deposizione della stessa e il contenuto della querela”) di liquidare il danno richiesto, il motivo non meriterebbe accoglimento per le seguenti ragioni: 5 di 15 Numero