Cass. pen., sez. VI, sentenza 10/02/2023, n. 05871
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Testo completo
seguente SENTENZA sui ricorsi proposti da 1. B L, nato il 06.09.1982 a Cosenza;
2. B P, nata il 09.02.1985 a Cosenza;
3. M A, nata il 23.12.1983 a Cosenza;
avverso la sentenza del 1 dicembre 2021 emessa dalla Corte di appello di Catanzaro;
Visti gli atti, la sentenza impugnata e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal consigliere Fabrizio D'Arcangelo;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale G R, che ha chiesto di dichiararsi l'inammissibilità dei ricorsi;
uditi gli avvocati U L, nell'interesse di P B, F S, nell'interesse di A M, e C C, nell'interesse di L B, che hanno chiesto l'accoglimento dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
1. Il Pubblico Ministero del Tribunale di Cosenza ha tratto a giudizio L B, P B e A M per rispondere, tra l'altro, del delitto di cui agli artt. 56, 110, 629, primo e secondo comma, cod. pen. contestato al capo C1), in quanto, in concorso tra loro, dopo aver ricevuto l'autovettura di D M, provento di furto, avrebbero posto in essere atti idonei diretti in modo non equivoco a commettere il delitto di estorsione, consistiti nel minacciare il M, affinché consegnasse loro una somma di danaro, rappresentandogli che l'unico modo per ottenere la restituzione del veicolo era quello di pagare la predetta somma, così procurandosi un ingiusto profitto con pari danno della persona offesa;
fatto commesso in Cosenza, tra il 25 settembre 2014 e il 10 ottobre 2014. 2. Il Tribunale di Cosenza, con sentenza emessa in data 7 luglio 2016, ha ritenuto gli imputati L B, P B e A M colpevoli del reato di tentata estorsione ai medesimi contestato al capo C1), condannandoli ciascuno alla pena di anni tre, mesi sei di reclusione ed euro duemila di multa.
3. Con sentenza emessa in data 7 febbraio 2019, la Corte d'Appello di Catanzaro, ha riformato la decisione del Tribunale di Cosenza, assolvendo gli imputati dal reato loro ascritto al capo C1) perché il fatto non sussiste.
4. Su ricorso del Procuratore Generale della Corte di appello di Catanzaro, la Seconda Sezione Penale della Corte di cassazione, con sentenza n. 48614 del 29 ottobre 2019, ha annullato la sentenza impugnata limitatamente al capo C1) con riguardo agli imputati L B, P B e A M, con rinvio ad altra Sezione della Corte d'Appello di Catanzaro per nuovo giudizio su tale capo.
5. Con la decisione impugnata, la Corte di appello di Catanzaro, giudicando in sede di rinvio, ha confermato, in relazione al delitto di tentata estorsione contestato al capo C1), la sentenza di primo grado, appellata dagli imputati, che ha condannato al pagamento delle spese processuali.
6. L'avvocato C C, nell'interesse di L B, l'avvocato U L, nell'interesse di P B, e l'avvocato F S, nell'interesse di A M, hanno presentato ricorso per cassazione avverso tale sentenza e ne hanno chiesto l'annullamento.
7. L'avvocato C C, nell'interesse di L B, deduce cinque motivi di ricorso e, segnatamente: a) la mancanza di motivazione, che risulterebbe meramente apparente, in quanto priva di autonoma valutazione degli elementi di prova e frutto di un malcelato "copia e incolla" dal ricorso per cassazione presentato dal Procuratore generale avverso la sentenza di assoluzione;
b) la violazione di norme processuali stabilite a pena di nullità o inutilizzabilità, in quanto nel corso del giudizio di primo grado era stato acquisito dal Tribunale, come documento ai sensi dell'art. 234 cod. proc. pen., un file della videoregistrazione effettuata nella cabina telefonica ubicata in Cosenza, alla via Popilia n. 25, e non sarebbe stato reso possibile alla difesa di estrarne una copia, «a causa della mancanza della strumentazione necessaria», se non nel corso del giudizio di appello;
c) la violazione di norme processuali stabilite a pena di nullità o inutilizzabilità, in quanto il file audio-video avrebbe costituito l'esito di un'operazione di fusione della registrazione video e dell'intercettazione prog. 115 del 10/10/2014, Rit. 166/2014, posta in essere dagli agenti di polizia giudiziaria e, dunque, di un'opera di ingegneria informatica che avrebbe necessitato di specifiche competenze tecniche;
d) la mancanza di motivazione, in quanto la Corte di appello avrebbe omesso la motivazione sulle censure formulate nell'atto di appello e avrebbe travisato il dato probatorio, ritenendo sussistente il concorso nella condotta di tentata estorsione solo per effetto di una flessione del capo dell'imputato nel momento in cui la sorella P B avrebbe proferito la frase «Ho capito, ho capito, signor D, va bene. Se è possibile così come sta dicendo lei», laddove tale flessione del capo sarebbe intervenuta in momento diverso. Parimenti, ad avviso del ricorrente, sarebbe stato travisato il dato, invero inesistente, dell'inserimento di una moneta nell'impianto telefonico da parte dell'imputato. Un ulteriore dato travisato sarebbe stato, inoltre, che la B abbia ripetuto al fratello il contenuto della conversazione, alla fine della telefonata. La Corte di appello avrebbe, peraltro, dimenticato che il ricorrente sarebbe intervenuto solo dopo l'inizio della telefonata, peraltro intervenuto senza alcun input dell'imputato. Deduce, inoltre, il ricorrente che la Corte di appello avrebbe illegittimamente considerato estorsiva una telefonata pur in assenza di minacce e di coartazione alcuna della persona offesa;e) l'illogicità della motivazione della sentenza nella parte in cui aveva ritenuto di non poter riconoscere né il minimo della pena, né le attenuanti generiche o i benefici di legge.
8. L'avvocato U L, nell'interesse di P B, deduce cinque motivi di ricorso e, segnatamente: a) l'inutilizzabilità delle videoregistrazioni acquisite e la manifesta illogicità dell'ordinanza emessa dalla Corte di appello in data 7 luglio 2021 nella parte in cui aveva autorizzato le parti a visualizzare e a estrarre copia del video senza, tuttavia, rimettere nei termini la parte per la redazione di motivi nuovi di appello;
b) la manifesta illogicità e il travisamento della prova in relazione all'identificazione di P B operata dal brigadiere Gerardo Paldino;
c) la nullità della sentenza ai sensi dell'art. 521, comma 2, cod. proc. pen. per mancata corrispondenza tra il fatto descritto nel capo di imputazione e quello accertato, in quanto non sarebbe stata proferita alcuna minaccia dall'imputata;
d) l'omessa motivazione in relazione ai motivi di appello e al travisamento della prova scaturente dal video fuso con l'intercettazione telefonica;
e) la manifesta illogicità della motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui la Corte di appello non ha concesso le circostanze attenuanti generiche e ha omesso di motivare sulla richiesta di riconoscimento dell'attenuante comune di cui all'art. 62 n. 6 cod. pen.
9. L'avvocato F S, nell'interesse di A M, deduce due motivi di ricorso e, segnatamente: a) l'inutilizzabilità delle videoregistrazioni acquisite e la manifesta illogicità dell'ordinanza emessa in data 7 luglio 2021 nella parte in cui la Corte di appello ha autorizzato le parti a visualizzare e a estrarre copia del video senza, tuttavia, rimettere nei termini la parte per la redazione di motivi nuovi di appello;
b) la carenza di motivazione della sentenza impugnata in ordine alla partecipazione della M alla tentata estorsione contestata e l'errata applicazione degli artt. 110, 629 cod. pen., in quanto la Corte di appello non avrebbe fornito alcuna valutazione della condotta partecipativa dell'imputata. 10. In data 26 settembre 2022 l'avvocato C C ha presentato motivi nuovi nell'interesse di L B. Deducendo il difensore, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. b) ed e) cod. proc. pen., l'inosservanza della legge penale e la mancanza, l'erroneità, l'illogicità e la contraddittorietà «extra-testuale e intratestuale della motivazione e travisamento della prova» nella parte in cui la Corte di appello nella sentenza impugnata avrebbe omesso qualsivoglia motivazione sulle specifiche doglianze contenute nei motivi di impugnazione relative a capi e punti della sentenza di primo grado. Rileva in proposito il difensore che, al momento della presentazione del ricorso per cassazione, non sarebbero stati presenti nel fascicolo i motivi di appello e gli allegati, rendendo evidente come gli stessi non siano stati esaminati dalla Corte di appello.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi devono essere rigettati, in quanto infondati.
2. Con il primo motivo l'avvocato C C, nell'interesse di L B, deduce, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., la mera apparenza della motivazione della sentenza impugnata, in quanto sarebbe priva di autonoma valutazione degli elementi probatori raccolti e frutto di una malcelata operazione di «copia e incolla» dal ricorso per cassazione presentato dal Procuratore generale avverso la sentenza di assoluzione in precedenza
2. B P, nata il 09.02.1985 a Cosenza;
3. M A, nata il 23.12.1983 a Cosenza;
avverso la sentenza del 1 dicembre 2021 emessa dalla Corte di appello di Catanzaro;
Visti gli atti, la sentenza impugnata e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal consigliere Fabrizio D'Arcangelo;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale G R, che ha chiesto di dichiararsi l'inammissibilità dei ricorsi;
uditi gli avvocati U L, nell'interesse di P B, F S, nell'interesse di A M, e C C, nell'interesse di L B, che hanno chiesto l'accoglimento dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
1. Il Pubblico Ministero del Tribunale di Cosenza ha tratto a giudizio L B, P B e A M per rispondere, tra l'altro, del delitto di cui agli artt. 56, 110, 629, primo e secondo comma, cod. pen. contestato al capo C1), in quanto, in concorso tra loro, dopo aver ricevuto l'autovettura di D M, provento di furto, avrebbero posto in essere atti idonei diretti in modo non equivoco a commettere il delitto di estorsione, consistiti nel minacciare il M, affinché consegnasse loro una somma di danaro, rappresentandogli che l'unico modo per ottenere la restituzione del veicolo era quello di pagare la predetta somma, così procurandosi un ingiusto profitto con pari danno della persona offesa;
fatto commesso in Cosenza, tra il 25 settembre 2014 e il 10 ottobre 2014. 2. Il Tribunale di Cosenza, con sentenza emessa in data 7 luglio 2016, ha ritenuto gli imputati L B, P B e A M colpevoli del reato di tentata estorsione ai medesimi contestato al capo C1), condannandoli ciascuno alla pena di anni tre, mesi sei di reclusione ed euro duemila di multa.
3. Con sentenza emessa in data 7 febbraio 2019, la Corte d'Appello di Catanzaro, ha riformato la decisione del Tribunale di Cosenza, assolvendo gli imputati dal reato loro ascritto al capo C1) perché il fatto non sussiste.
4. Su ricorso del Procuratore Generale della Corte di appello di Catanzaro, la Seconda Sezione Penale della Corte di cassazione, con sentenza n. 48614 del 29 ottobre 2019, ha annullato la sentenza impugnata limitatamente al capo C1) con riguardo agli imputati L B, P B e A M, con rinvio ad altra Sezione della Corte d'Appello di Catanzaro per nuovo giudizio su tale capo.
5. Con la decisione impugnata, la Corte di appello di Catanzaro, giudicando in sede di rinvio, ha confermato, in relazione al delitto di tentata estorsione contestato al capo C1), la sentenza di primo grado, appellata dagli imputati, che ha condannato al pagamento delle spese processuali.
6. L'avvocato C C, nell'interesse di L B, l'avvocato U L, nell'interesse di P B, e l'avvocato F S, nell'interesse di A M, hanno presentato ricorso per cassazione avverso tale sentenza e ne hanno chiesto l'annullamento.
7. L'avvocato C C, nell'interesse di L B, deduce cinque motivi di ricorso e, segnatamente: a) la mancanza di motivazione, che risulterebbe meramente apparente, in quanto priva di autonoma valutazione degli elementi di prova e frutto di un malcelato "copia e incolla" dal ricorso per cassazione presentato dal Procuratore generale avverso la sentenza di assoluzione;
b) la violazione di norme processuali stabilite a pena di nullità o inutilizzabilità, in quanto nel corso del giudizio di primo grado era stato acquisito dal Tribunale, come documento ai sensi dell'art. 234 cod. proc. pen., un file della videoregistrazione effettuata nella cabina telefonica ubicata in Cosenza, alla via Popilia n. 25, e non sarebbe stato reso possibile alla difesa di estrarne una copia, «a causa della mancanza della strumentazione necessaria», se non nel corso del giudizio di appello;
c) la violazione di norme processuali stabilite a pena di nullità o inutilizzabilità, in quanto il file audio-video avrebbe costituito l'esito di un'operazione di fusione della registrazione video e dell'intercettazione prog. 115 del 10/10/2014, Rit. 166/2014, posta in essere dagli agenti di polizia giudiziaria e, dunque, di un'opera di ingegneria informatica che avrebbe necessitato di specifiche competenze tecniche;
d) la mancanza di motivazione, in quanto la Corte di appello avrebbe omesso la motivazione sulle censure formulate nell'atto di appello e avrebbe travisato il dato probatorio, ritenendo sussistente il concorso nella condotta di tentata estorsione solo per effetto di una flessione del capo dell'imputato nel momento in cui la sorella P B avrebbe proferito la frase «Ho capito, ho capito, signor D, va bene. Se è possibile così come sta dicendo lei», laddove tale flessione del capo sarebbe intervenuta in momento diverso. Parimenti, ad avviso del ricorrente, sarebbe stato travisato il dato, invero inesistente, dell'inserimento di una moneta nell'impianto telefonico da parte dell'imputato. Un ulteriore dato travisato sarebbe stato, inoltre, che la B abbia ripetuto al fratello il contenuto della conversazione, alla fine della telefonata. La Corte di appello avrebbe, peraltro, dimenticato che il ricorrente sarebbe intervenuto solo dopo l'inizio della telefonata, peraltro intervenuto senza alcun input dell'imputato. Deduce, inoltre, il ricorrente che la Corte di appello avrebbe illegittimamente considerato estorsiva una telefonata pur in assenza di minacce e di coartazione alcuna della persona offesa;e) l'illogicità della motivazione della sentenza nella parte in cui aveva ritenuto di non poter riconoscere né il minimo della pena, né le attenuanti generiche o i benefici di legge.
8. L'avvocato U L, nell'interesse di P B, deduce cinque motivi di ricorso e, segnatamente: a) l'inutilizzabilità delle videoregistrazioni acquisite e la manifesta illogicità dell'ordinanza emessa dalla Corte di appello in data 7 luglio 2021 nella parte in cui aveva autorizzato le parti a visualizzare e a estrarre copia del video senza, tuttavia, rimettere nei termini la parte per la redazione di motivi nuovi di appello;
b) la manifesta illogicità e il travisamento della prova in relazione all'identificazione di P B operata dal brigadiere Gerardo Paldino;
c) la nullità della sentenza ai sensi dell'art. 521, comma 2, cod. proc. pen. per mancata corrispondenza tra il fatto descritto nel capo di imputazione e quello accertato, in quanto non sarebbe stata proferita alcuna minaccia dall'imputata;
d) l'omessa motivazione in relazione ai motivi di appello e al travisamento della prova scaturente dal video fuso con l'intercettazione telefonica;
e) la manifesta illogicità della motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui la Corte di appello non ha concesso le circostanze attenuanti generiche e ha omesso di motivare sulla richiesta di riconoscimento dell'attenuante comune di cui all'art. 62 n. 6 cod. pen.
9. L'avvocato F S, nell'interesse di A M, deduce due motivi di ricorso e, segnatamente: a) l'inutilizzabilità delle videoregistrazioni acquisite e la manifesta illogicità dell'ordinanza emessa in data 7 luglio 2021 nella parte in cui la Corte di appello ha autorizzato le parti a visualizzare e a estrarre copia del video senza, tuttavia, rimettere nei termini la parte per la redazione di motivi nuovi di appello;
b) la carenza di motivazione della sentenza impugnata in ordine alla partecipazione della M alla tentata estorsione contestata e l'errata applicazione degli artt. 110, 629 cod. pen., in quanto la Corte di appello non avrebbe fornito alcuna valutazione della condotta partecipativa dell'imputata. 10. In data 26 settembre 2022 l'avvocato C C ha presentato motivi nuovi nell'interesse di L B. Deducendo il difensore, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. b) ed e) cod. proc. pen., l'inosservanza della legge penale e la mancanza, l'erroneità, l'illogicità e la contraddittorietà «extra-testuale e intratestuale della motivazione e travisamento della prova» nella parte in cui la Corte di appello nella sentenza impugnata avrebbe omesso qualsivoglia motivazione sulle specifiche doglianze contenute nei motivi di impugnazione relative a capi e punti della sentenza di primo grado. Rileva in proposito il difensore che, al momento della presentazione del ricorso per cassazione, non sarebbero stati presenti nel fascicolo i motivi di appello e gli allegati, rendendo evidente come gli stessi non siano stati esaminati dalla Corte di appello.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi devono essere rigettati, in quanto infondati.
2. Con il primo motivo l'avvocato C C, nell'interesse di L B, deduce, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., la mera apparenza della motivazione della sentenza impugnata, in quanto sarebbe priva di autonoma valutazione degli elementi probatori raccolti e frutto di una malcelata operazione di «copia e incolla» dal ricorso per cassazione presentato dal Procuratore generale avverso la sentenza di assoluzione in precedenza
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