Cass. pen., sez. VI, sentenza 22/07/2021, n. 28675

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. VI, sentenza 22/07/2021, n. 28675
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 28675
Data del deposito : 22 luglio 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

a seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: P N, nato a Frisa il 28/06/1949 avverso l'ordinanza emessa dal Tribunale di Chieti il 22/10/2020;
udita la relazione svolta dal Consigliere, P S;
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, depositate ai sensi dell'art. 23, comma 8, del d.l. n. 137 del 2020, che ha chiesto il rigetto del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale della libertà di Chieti ha confermato il decreto con cui è stato disposto nei confronti di P N il sequestro preventivo finalizzato alla confisca — diretta o per equivalente- della somma di 41.926,00 euro, ritenuta profitto del delitto di cui all'art. 316 ter cod. pen. A P è contestato di avere taciuto del decesso della madre, in tal modo continuando a percepire i ratei pensionistici di questa, versati sul conto corrente cointestato.

2. Ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell'indagato articolando tre motivi.

2.1. Con il primo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione quanto al requisito del fumus commissi delicti. Si assume che il decesso della madre dell'indagato era stato comunicato all'I.N.P.S. dal Comune di residenza della donna e dunque — considerata anche l'assenza di prova del fatto che ad effettuare i prelievi sul conto corrente fosse stato il ricorrente- del reato ipotizzato mancherebbe l'elemento psicologico.

2.2. Con il secondo motivo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione quanto alle esigenze cautelari sottese al sequestro;
l'ente previdenziale, si argomenta, avrebbe fornito la prova di poter tutelare le proprie ragioni nei confronti dell'indagato, mediante la trattenuta diretta delle somme versate a titolo di pensione personale e dunque sarebbe stato possibile non privarlo dei beni.

2.3. Con il terzo motivo si lamenta vizio di motivazione, atteso che i fatti avrebbero al più potuto giustificare un sequestro conservativo.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.11 primo motivo di ricorso, che ha valenza pregiudiziale, è fondato.

2. Ai fini della integrazione del delitto previsto dall'art. 316-ter cod. pen. è necessario che la percezione delle erogazioni pubbliche sia comunque avvenuta dietro la presentazione di documenti falsi (condotta attiva) ovvero, per quanto rileva ai fini della decisione del caso in esame, a cagione della omessa comunicazione di informazioni "dovute" (condotta omissiva). L'inerzia o il silenzio possono dunque integrare l'elemento oggettivo del reato de quo a condizione che le informazioni siano "antidoverose", cioè che corrispondano all'omesso adempimento di un obbligo di comunicazione e che ad essi si correli l'erogazione non dovuta (cioè sine titulo) da parte dello Stato o dell'ente pubblico (Sez. 6, n. 14940 del 30/01/2018, Patrizio, Rv. 272733). In tal senso, la Corte ha già chiarito in maniera condivisibile che "l'ambito di applicabilità dell'art. 316-ter cod. pen. si riduce così a situazioni del tutto marginali, come quelle del mero silenzio antidoveroso o di una condotta che non induca effettivamente in errore l'autore della disposizione patrimoniale" (Sez. U, n. 16568 del 19/04/2007, Carchivi, massimata su altro;
Sez. 2, n. 49642 del 17/10/2014, Ragusa, Rv. 261000). Si è spiegato, che in tema di comunicazioni del decesso dell'assicurato I.N.P.S., "l'art. 72 del d.P.R. 3 novembre 2000, n. 396, prevede l'obbligo di comunicare la morte di una qualunque persona, non oltre le ventiquattro ore dal decesso, all'ufficiale dello stato civile del luogo dove questa è avvenuta o, nel caso in cui tale luogo si ignori, del luogo dove il cadavere è stato deposto, a carico dei "congiunti" o della "persona convivente con il defunto" (o di un loro delegato) o - in mancanza - della persona "informata" del decesso ovvero, in caso di morte in ospedale, casa di cura o di riposo, collegio, istituto o qualsiasi altro stabilimento, in capo al direttore o a chi sia stato a ciò delegato. D'altra parte, l'art. 34 legge 21 luglio 1965, n. 903, e l'art. 31, comma 19, legge 27 dicembre 2002, n. 289, fanno obbligo al responsabile dell'Ufficio Anagrafe del Comune di comunicare all'ente di previdenza la morte dell'assicurato, obbligo punito con una sanzione amministrativa pecuniaria dall'art. 46 d.l. 30 settembre 2003, n. 269, convertito in legge 24 novembre 2003, n. 326. Con la legge 23 dicembre 2014, n. 190, un analogo obbligo di comunicazione è stato posto a carico anche del medico necroscopo, con la previsione della comminatoria - per il caso di inosservanza - di una sanzione amministrativa pecuniaria. In particolare, l'art. 1 della legge n. 190 del 23 dicembre 2014, prevede al comma 303 che "A decorrere dal 1 gennaio 2015, il medico necroscopo trasmette all'Istituto nazionale della previdenza sociale, entro 48 ore dall'evento, il certificato di accertamento del decesso per via telematica on line secondo le specifiche tecniche e le modalità procedurali già utilizzate ai fini delle comunicazioni di cui ai commi precedenti. In caso di violazione dell'obbligo di cui al primo periodo si applicano le sanzioni di cui all'articolo 46 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 32". Inoltre, al comma 304 dello stesso art. 1 il legislatore ha disciplinato la restituzione delle somme erogate successivamente al decesso dell'assicurato, disponendo che "Le prestazioni in denaro versate dall'INPS per il periodo successivo alla morte dell'avente diritto su un conto corrente presso un istituto bancario o postale sono corrisposte con riserva. L'istituto bancario e la società Poste italiane Spa sono tenuti alla loro restituzione all'INPS qualora esse 4 siano state corrisposte senza che il beneficiano ne avesse diritto. L'obbligo di restituzione sussiste nei limiti della disponibilità esistente sul conto corrente. L'istituto bancario o la società Poste italiane Spa non possono utilizzare detti importi per l'estinzione dei propri crediti. Nei casi di cui ai periodi precedenti i soggetti che hanno ricevuto direttamente le prestazioni in contanti per delega o che ne hanno avuto la disponibilità sul conto corrente bancario o postale, anche per ordine permanente di accredito sul proprio conto, o che hanno svolto o autorizzato un'operazione di pagamento a carico del conto disponente, sono obbligati al reintegro delle somme a favore dell'INPS. L'istituto bancario o la società Poste italiane Spa che rifiutino la richiesta per impossibilità sopravvenuta del relativo obbligo di restituzione o per qualunque altro motivo sono tenuti a comunicare all'INPS le generalità del destinatario o del disponente e l'eventuale nuovo titolare del conto corrente" (così Sez. 6, n. 14940 del 2018, cit.) Dunque nel nostro ordinamento, non è previsto uno specifico obbligo di comunicare all'INPS il decesso dell'assicurato in capo al soggetto cointestatario del conto corrente su cui appunto vengano accreditate le somme della pensione del defunto, ad eccezione del caso in cui il cointestatario del conto corrente su cui venga accreditata la pensione non rientri (anche) in taluna delle categorie previste dal citato art. 72 d.P.R. n. 396 del 2000 (in quanto congiunto, persona convivente con il defunto o un delegato di questi, persona comunque informata del decesso ovvero direttore della struttura ove sia ospitato il pensionato all'atto della morte o persona delegata), nel qual caso, giusta il disposto della norma appena citata, sarà invece tenuto ad assolvere all'onere di comunicazione della morte all'ufficiale dello stato civile del luogo del decesso o di deposizione della salma che, a sua volta, è obbligato a comunicare all'INPS il decesso del pensionato in forza dei citati artt. 34 I. n. 903 del 1965 e 31, comma 19, I. n. 289 del 2002. 3. Dal provvedimento impugnato emerge in punto di fatto che: a) il decesso della madre dell'indagato si verificò il 23.2.2013;
b) l'accreditamento delle somme sul conto corrente cointestato fu effettuato fino al 31.5.2015 "poiché il Comune di appartenenza aveva errato nella iscrizione del codice fiscale e, pertanto, l'Istituto aveva continuato ad erogare il contributo nonostante il decesso dell'avente diritto". In particolare, secondo il Tribunale, il ricorrente, "pur avendo dato atto del fatto che l'Istituto previdenziale era deficitario della notizia del decesso a causa di una errata trascrizione del codice fiscale della madre, nondimeno ha continuato a percepire i ratei pensionistici della defunta... omettendo quindi di 1) sollecitare la definizione della posizione giuridica;
2) restituire l'importo e/o gli importi indebitamente percepiti" (così testualmente il Tribunale al secondo foglio della parte in diritto dell'ordinanza impugnata, priva di numeri di pagina). Si tratta di una motivazione obiettivamente carsica, da cui non si comprende: a) se la dichiarazione di morte ci sia stata;
b) quando e chi l'abbia fatta;
c) a chi sia stata indirizzata. Si tratta di elementi essenziali per capire se, come detto, nel caso di specie, alla luce dei principi indicati, vi sia stata una omissione di informazioni dovute da cui sia conseguito l'indebito percepimento delle somme erogate a titolo di pensione da parte del soggetto deceduto.
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