Cass. pen., sez. V, sentenza 01/02/2023, n. 04342

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. V, sentenza 01/02/2023, n. 04342
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 04342
Data del deposito : 1 febbraio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: P DE nato a TORINO il 23/05/1989 avverso la sentenza del 05/10/2021 della CORTE APPELLO di TORINOvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere F C;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale N L, che ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso;
udito l'avvocato R P, nell'interesse di D P, che ha illustrato il ricorso e ha insistito per l'accoglimento dello stesso e l'annullamento della sentenza.

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Torino, con la sentenza emessa il 5 ottobre 2021, confermava la sentenza del Tribunale di Torino, che aveva accertato la responsabilità penale di D P, in relazione alle condotte previste 493-ter cod. pen., per quanto qui di interesse.

2. Il ricorso per cassazione proposto nell'interesse di D P consta di quattro motivi, enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, secondo quanto disposto dall'art. 173 disp. att. cod. proc. pen.

3. Il primo motivo deduce violazione dell'art. 441, comma 5, cod. proc. pen. Il ricorrente lamenta che il G.u.p., in sede di giudizio abbreviato, disponeva l'acquisizione di atti di altro procedimento — tre annotazioni di polizia giudiziaria, datate 25 febbraio 2020, 4 giugno 2020, 1 luglio 2020 — che poneva alla base della affermazione di responsabilità per i capi da 1 a 4 della imputazione, lamentando che la Corte di appello avrebbe errato nel ritenere legittima l'acquisizione che costituiva, invece, elemento di novità non prevedibile da parte dell'imputato per far fronte ad una assenza di informazione probatoria e non ad una incompletezza.

4. Il secondo motivo deduce violazione dell'art. 493-ter cod. pen. Lamenta il ricorrente che la Corte di appello avrebbe erroneamente ritenuto configurabile il delitto previsto dall'art. 493-ter cod. pen. pur in assenza della prova di un profitto, per un verso, to m nyA rché P era socio della Men at Work Sas, intestataria della carta Visa emessa da Banca Sella (capo 5 dell'imputazione, lett. n. e o.), e su tale ultimo punto il ricorrente lamenta omessa motivazione da parte della Corte, come anche in tema di prova del dolo specifico richiesto.

5. Il terzo motivo deduce vizio di motivazione in ordine al capo 5) dell'imputazione per mancanza e contraddizione. Lamenta il ricorrente che la sentenza impugnata non ha preso atto della circostanza che non è stata fornita la prova relativamente al reato di sostituzione di persona, così come contestato, per assenza dì fonti di prova al riguardo.

6. Il quarto motivo deduce violazione dell'articolo 240 cod. pen. avendo la Corte di appello confermato la confisca di beni che non risultavano sequestrati nell'ambito del procedimento.

7. Il Pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale, ha depositato requisitoria e conclusioni scritte — ai sensi dell'art. 23 comma 8, d.l. 127 del 2020 — con le quali ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.

8. Il ricorso è stato poi trattato con intervento delle parti, ai sensi dell'art. 23, comma 8, dl. n. 137 del 2020, disciplina prorogata sino al 31 dicembre 2022 per effetto dell'art. 7, comma 1, di. n. 105 del 2021, a seguito della richiesta tempestiva del difensore del ricorrente.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato.

2. Il primo motivo è manifestamente infondato. Va premesso che in tema di giudizio abbreviato l'esercizio del potere d'integrazione della prova, riconosciuto al giudice dall'art. 441, comma 5, cod. proc. pen., non è sindacabile in sede di legittimità, trattandosi di valutazione discrezionale (Sez. 5, n. 1763 del 04/10/2021, dep. 17/01/2022, Provenza, Rv. 282395 - 01;
Sez. 6, n. 49469 del 18/11/2015, V D M., Rv. 265907 - 01). Nel caso in esame il ricorrente censura di fatto la sentenza impugnata che ha ritenuto legittima l'acquisizione officiosa, le ragioni della acquisizione delle tre informative lamentandone la novità non prevedibile da parte dell'imputato per far fronte ad una assenza di informazione probatoria e non ad una incompletezza. In vero la Corte di appello ha chiarito come le annotazioni, acquisite dal G.u.p. ex art. 441, comma 5, cod. proc. pen. fossero relativitai beni sequestrati nel procedimento parallelo scaturito dall'arresto del P, ma i relativi beni venivano ritenuti corpo del reato nel presente procedimento e nel fascicolo dello stesso venivano anche inseriti i relativi atti esecutivi. Il G.u.p. di fatto, correttamente rileva la Corte territoriale, ha disposto l'acquisizione delle annotazioni già citate nella richiesta di sequestro originaria rivolta dal pubblico ministero al Gip, che aveva condotto al sequestro dei corpi di reato (carte dì credito e altro). In tal senso correttamente la Corte rileva come P avesse ben contezza che nel corso delle indagini vi erano state le annotazioni di polizia giudiziaria poi acquisite, quale fondamento del sequestro. Per altro verso valutava ben possibile anche l'acquisizione istruttoria finalizzata alla ricostruzione del fatto storico e della sua attribuibilità all'imputato, a differenza di quanto sostenuto dalla difesa in appello e ora di fatto reiterato. A ben vedere la Corte di appello ha fatto buon governo dei principi in materia in quanto in tema di giudizio abbreviato, anche non condizionato, il potere di integrazione probatoria ex officio non necessita di una specifica motivazione e non è soggetto a limiti temporali, qualora il giudice ravvisi l'indispensabilità di un approfondimento del "thema probandum", ossia dei fatti oggetto di imputazione:il "thema probandum" non coincide con i mezzi di prova o di ricerca della stessa attivati dalle parti, bensì va riferito ai fatti descritti nell'imputazione, così come richiamati dall'art. 187 cod. proc. pen (Sez. 5, n. 18264 del 29/01/2019, S., Rv. 276246 - 01;
massime conformi: n. 24995 del 2015 rv. 264379 - 01, n. 47710 del 2015 rv. 265422 - 01, n. 4186 del 2018 rv. 272459 - 01, n. 11558 del 2009 rv. 243063 - 01). Pertanto nel caso in esame non è censurabile, né è censurata, l'attinenza alle imputazioni né la necessità ai fini del decidere, ma esclusivamente l'estraneità al contenuto del fascicolo e al percorso probatorio seguito dalle parti, che però non può condizionare l'intervento officioso del giudice. Anche recentemente, con motivazione che questo Collegio condivide pienamente e che riprende a seguire, è stato ribadito che — cfr. Sez. 6, n. 17360 del 13/04/2021, Prevete, Rv. 280968 - 01 — l'integrazione probatoria disposta dal giudice ai sensi dell'art. 441, comma 5, cod. proc. pen., può riguardare anche la ricostruzione storica del fatto e la sua attribuibilità all'imputato, atteso che gli unici limiti a cui è soggetto l'esercizio del relativo potere sono costituiti dalla necessità, ai fini della decisione, degli elementi di prova di cui viene ordinata l'assunzione e dal divieto di esplorare itinerari probatori estranei allo stato degli atti formato dalle parti (ex multis Sez. 4, Sentenza n. 34702 del 20/05/2015, Giorgi, Rv. 264407). Sez. 6, Prevete va riportata testualmente: «Le sentenze che hanno sostenuto l'opposto orientamento, che escludevano la possibilità di disporre l'integrazione probatoria ai sensi dell'art. 441, comma quinto, cod. proc. pen. in relazione alla ricostruzione storica del fatto e la sua attribuibilità all'imputato (Sez. 3, Sentenza n. 33939 del 16/06/2010, Anzaldo, Rv. 248229;
Sez. 1, Sentenza n. 32099 del 14/07/2004, Carta, Rv. 229497) sono, infatti, molto risalenti mentre le più recenti ne hanno escluso il
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