Cass. civ., sez. II, sentenza 03/09/2018, n. 21553

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. II, sentenza 03/09/2018, n. 21553
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 21553
Data del deposito : 3 settembre 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

guente PU SENTENZA sul ricorso n. 22129 - 2016 R.G. proposto da: BERNESCHI GIOVANNI ALBERTO - c.f. BRNGNN37L25D969E - rappresentato e difeso congiuntamente e disgiuntamente in virtù di procura speciale in calce al ricorso dall'avvocato professor T S M e dall'avvocato professor E D ed elettivamente domiciliato in Roma, al largo Messico, n. 7, presso lo studio Tedeschini. RICORRENTE

contro

BANCA D'ITALIA, Istituto di diritto pubblico - c.f. 00997670583 - in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa congiuntamente e disgiuntamente in virtù di procura speciale in calce al controricorso dall'avvocato S C e dall'avvocato G N (dell'avvocatura della medesima "Banca d'Italia") ed elettivamente domiciliata in Roma, alla via Nazionale, n. 91. CONTRORICORRENTE avverso il decreto n. 18‘1/2016 della corte d'appello di Roma, udita la relazione della causa svolta all'udienza pubblica del 13 febbraio 2018 dal consigliere dott. L A, udito il Pubblico Ministero, in persona del sostituto procuratore generale dott. L C, che ha concluso per il rigetto del ricorso, udito l'avvocato professor E D per il ricorrente, udito l'avvocato S C per la controricorrente, FATTI DI CAUSA A seguito di accertamenti ispettivi eseguiti presso la "Banca Carige" s.p.a. tra la fine del 2012 e la prima metà del 2013 con delibera sanzionatoria n. 388 del 18.7.2014, notificata il 7.8.2014, la "Banca d'Italia" irrogava ai sensi degli artt. 144 e 145 del dec. Igs. n. 385/1993 (t.u.b.) a G A B, in qualità di presidente del consiglio di amministrazione della stessa "Carige", per le seguenti irregolarità "1) violazioni delle disposizioni sulla govemance della Banca per inefficienza del sistema di flussi informativi;
2) carenze nell'organizzazione e nei controlli interni della Banca;
3) carenze nella gestione e nel controllo del credito", la sanzione pecuniaria complessiva di euro 387.330,00. Con ricorso in data 13.10.2014 G A B proponeva opposizione alla corte d'appello di Roma ai sensi dell'art. 145, 4° co., t.u.b.. Chiedeva l'annullamento del provvedimento sanzionatorio. Si costituiva la "Banca d'Italia" mercé deposito di apposita memoria. Con decreto dei 26.11.2015/22.2.2016 l'adita corte rigettava l'opposizione e condannava l'opponente a rimborsare a controparte le spese di lite. Evidenziava - tra l'altro - la corte che, in dipendenza della possibilità di proporre opposizione avverso il provvedimento sanzionatorio e dunque della possibilità di dar corso ad un procedimento giurisdizionale a contraddittorio pieno, con susseguente esperibilità del ricorso a questa Corte di legittimità, non si prospettava menomazione alcuna del diritto di difesa;
che su tale scorta, per un verso, non era da condividere l'orientamento espresso dal Consiglio di Stato con le pronunce n. 1595/2015 e 1596/2015, per altro verso, non era da intendere la sopravvenuta modificazione del regolamento "Consob" in guisa di riscontro ex post della illegittimità della pregressa disciplina, per altro verso ancora, era da reputare manifestamente infondata segnatamente la questione di legittimità costituzionale degli artt. 145 t.u.b. e 24 della legge n. 262/2005. Evidenziava inoltre che, ai fini dell'osservanza del termine di 240 giorni per la conclusione del procedimento sanzionatorio, occorreva tener conto "delle proroghe alla presentazione delle controdeduzioni concesse agli incolpati" (così decreto impugnato, pag. 7);
che pertanto a far data dal 22.11.2013 al 18.7.2014, dì ft conclusione del procedimento, il termine era stato senz'altro rispettato;
che in ogni caso unico termine insuperabile era quello quinquennale di prescrizione ex art. 28 della legge n. 689/1981. Avverso tale decreto ha proposto ricorso G A B;
ne ha chiesto sulla scorta di quattro motivi la cassazione con ogni conseguente statuizione in ordine alle spese. La "Banca d'Italia" ha depositato controricorso;
ha chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi l'avverso ricorso con il favore delle spese del giudizio. Il ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 cod. proc. civ..

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell'art. 360, 10 co., n. 4, cod. proc. civ. la violazione dell'art. 145 t.u.b. e dell'art. 24 Cost.. I 5.: Deduce che nonostante la sua espressa e reiterata richiesta ex art. 145, 6° co., t.u.b. (nel testo antecedente alla "riforma" del 2015) la corte di merito non ha inteso far luogo alla sua personale audizione né ha dato conto di tale sua determinazione con adeguata motivazione. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell'art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la falsa applicazione dell'art. 24, 1° co., della legge n. 262/2005 e dell'art. 6 della Convenzione E.D.U.. Deduce che l'interpretazione restrittiva recepita dalla corte distrettuale in tema di salvaguardia del diritto di difesa e della garanzia del contraddittorio, da un canto, rende vano il disposto dell'art. 24 della legge n. 262/2005, che, viceversa, ne impone il rispetto già nel corso del procedimento sanzionatorio, a prescindere dall'osservanza dinanzi all'autorità giudiziaria, dall'altro, contrasta con le prefigurazioni di cui al comma 1 bis dell'art. 145 t.u.b., introdotto dalla "riforma" di cui al dec. Igs. n. 72/2015. Deduce altresì che l'esigenza della piena salvaguardia del diritto di difesa nei procedimenti sanzionatori è stata affermata dal Consiglio di Stato con le pronunce n. 1595/2015 e 1596/2015, all'esito delle quali la "Consob" e la "Banca d'Italia" "hanno modificato i propri regolamenti (...), prevedendo l'esercizio di un effettivo contraddittorio durante la fase decisoria dei procedimenti" (così ricorso, pag. 16). Con il terzo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell'art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la falsa applicazione dell'art. 24, 1° co., della legge n. 262/2005 e dell'art. 6 della Convenzione E.D.U.. Deduce che nel corso del procedimento sanzionatorio innanzi alla "Banca d'Italia" si è avuta commistione tra funzioni istruttorie e funzioni decisorie, P1 4 AtIM. siccome si evince, tra l'altro, dal breve lasso di tempo intercorso tra il ricevimento della proposta sanzionatoria da parte del direttorio di "Banca d'Italia" e l'adozione della delibera sanzionatoria. Deduce che la corte territoriale non ha a tal riguardo espresso alcun specifico motivato rilievo. Con il quarto il ricorrente denuncia ai sensi dell'art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione degli artt. 24, 97 e 111 Cost., dell'art. 6 della Convenzione E.D.U., dell'art. 24 della legge n. 262/2005, dell'art. 7 della legge n. 69/2009, del provvedimento della "Banca d'Italia" in data 25.6.2008. Deduce che innanzi alla corte di Roma ha eccepito che la delibera sanzionatoria del 18.7.2014 è stata adottata allorché il termine di 240 giorni per la conclusione del procedimento, decorrente dalla scadenza del termine di 30 giorni per la presentazione di controdeduzioni da parte dell'interessato che per ultimo ha ricevuto la notifica della contestazione, era già scaduto;
che in particolare la notifica dell'ultima - in ordine cronologico - contestazione è avvenuta in data 23.9.2013, sicché il termine complessivo di 270 giorni era venuto a scadenza il 20.6.2014. Deduce inoltre che il provvedimento della "Banca d'Italia" in data 25.6.2008 "non prevede affatto che la decorrenza del termine di conclusione sia posticipata nel caso di richiesta di proroghe per la presentazione delle deduzioni da parte di uno o più destinatari della contestazione (...);
né prevede un'ipotesi di sospensione o interruzione del termine" (così ricorso, pag. 20);
che del resto unicamente con il provvedimento in data 3.5.2016 la "Banca d'Italia" ha disposto, per i futuri procedimenti, che occorre tener conto delle proroghe accordate ai fini della presentazione delle deduzioni difensive. n 00" Deduce d'altro canto che i termini di conclusione dei procedimenti sanzionatori, che la "Banca d'Italia" si è imposta in ossequio al disposto della legge n. 241/1990, sono perentori;
che infatti la legge n. 69/2009, il cui art. 7 ha introdotto il 50 co. nel corpo dell'art. 2 della legge n. 241/1990, ha esteso anche alle Autorità di Vigilanza l'obbligo di concludere i propri procedimenti entro termini certi. Deduce ulteriormente che la perentorietà del termine di conclusione del procedimento sanzionatorio destinato a svolgersi innanzi alla "Banca d'Italia" ha trovato riscontro nella giurisprudenza del Consiglio di Stato e si giustifica in considerazione "della natura quasi giurisdizionale del relativo procedimento e della natura sostanzialmente penale delle sanzioni" (così ricorso, pag. 23). Il primo, il secondo ed il terzo motivo di ricorso sono strettamente connessi. Il che ne giustifica la disamina contestuale. I medesimi motivi comunque sono destituiti di fondamento. Rileva nella fattispecie ratíone temporis il disposto dell'art. 145 t.u.b. nella formulazione antecedente alla novella di cui al dec. Igs. n. 72 del 12.5.2015. Su tale scorta questa Corte non può che reiterare i propri insegnamenti. In primo luogo, l'insegnamento secondo cui la denuncia di un vizio correlato alla pretesa violazione di norme processuali non è volta alla salvaguardia dell'interesse all'astratta regolarità dell'attività giudiziaria, ma propriamente all'eliminazione del concreto pregiudizio che la parte in conseguenza della denunciata violazione abbia sofferto;
ne consegue che è inammissibile l'impugnazione con la quale si lamenti la menomazione del diritto di difesa senza specificazione del concreto pregiudizio che alla parte sia derivato (cfr. Cass.9.8.2017, n. 19759;
Cass. 23.2.2010, n. 4340).In questi termini a nulla vale prospettare, sic et simpliciter ovvero senza specificazione del pregiudizio in concreto subito, che era stata formulata ritualmente e ripetutamente alla corte di merito istanza di audizione ed, in rapporto al dettato dell'art. 145, 6° co., t.u.b., nella formulazione applicabile ratione temporis, che "ove l'opponente lo chieda, la Corte d'Appello deve disporre l'audizione" (così memoria, pag. 2). Né vale addurre, tout court, che "il diritto di difesa (...) nei procedimenti ex art. 145 t.u.b. (...) risulta (...) rafforzato rispetto ai procedimenti ordinari di cognizione (...), nei quali il giudice ha solo il (e non il ) di ascoltare le parti attraverso l'interrogatorio libero ex art. 117 c.p.c." (così ricorso, pagg. 8 - 9). In secondo luogo, l'insegnamento secondo cui il procedimento sanzionatorio della Banca d'Italia non viola l'art. 6, par. 1, della Convenzione E.D.U., perché questo esige solo che, ove il procedimento amministrativo sanzionatorio non offra garanzie equiparabili a quelle del processo giurisdizionale, l'incolpato possa sottoporre la questione della fondatezza dell' "accusa penale" a un organo indipendente e imparziale, dotato di piena giurisdizione, come la disciplina nazionale gli consente di fare tramite l'opposizione alla corte d'appello (cfr. Cass.14.12.2015, n. 25141). In terzo luogo, l'insegnamento - seppur concernente la materia dell'intermediazione finanziaria - secondo cui il procedimento di irrogazione di sanzioni amministrative, previsto dall'art. 187 septies del dec. Igs. n. 58/1998, postula solo che, prima dell'adozione della sanzione, sia effettuata la contestazione dell'addebito e siano valutate le eventuali controdeduzioni dell'interessato;
pertanto non è violato il principio del contraddittorio nel caso di omessa trasmissione all'interessato delle conclusioni dell'Ufficio sanzioni amministrative della Consob o di sua mancata audizione innanzi alla Commissione, non trovando d'altronde applicazione, in tale fase, i principi del diritto di difesa e del giusto processo, riferibili solo al procedimento giurisdizionale (cfr. Cass. 4.9.2014, n. 18683, debitamente richiamata dalla corte distrettuale;
Cass. 22.4.2016, n. 8210). In quarto luogo, l'insegnamento secondo cui le sanzioni amministrative pecuniarie irrogate dalla "Banca d'Italia" ai sensi dell'art. 144 t.u.b. per carenze nell'organizzazione e nei controlli interni [è il caso di specie] non sono equiparabili, quanto a tipologia, severità, incidenza patrimoniale e personale, a quelle irrogate dalla "Consob" ai sensi dell'art. 187 ter t.u.f. per manipolazione del mercato, sicché esse non hanno la natura sostanzialmente penale che appartiene a queste ultime, né pongono, quindi, un problema di compatibilità con le garanzie riservate ai processi penali dall'art. 6 C.E.D.U. (cfr. Cass. 24.2.2016, n. 3656). In quest'ottica a nulla vale che Giovanni Berneschi prospetti che non è stato interrogato dalla "Banca d'Italia" neppure nella fase ispettiva (cfr. ricorso, pag. 9);
che "a seguito della presentazione della propria memoria di deduzioni del 27 settembre 2013 agli organi istruttori della Banca d'Italia (...), non è più stato coinvolto nel procedimento sanzionatorio" (così ricorso, pag. 10);
che con la sentenza "Grande Stevens" del 4.3.2014 la Corte E.D.U. ha "affermato l'assenza di un equo processo ex art. 6 della C.E.D.U." (così ricorso, pag. 10) con riferimento al procedimento sanzionatorio innanzi alla "Consob" e quindi ai procedimenti sanzionatori innanzi alla "Banca d'Italia" ai primi assimilabili;
che "i procedimenti sanzionatori delle Autorità di Vigilanza hanno natura diversa dagli altri procedimenti amministrativi e differente è il ruolo del privato cittadino" (così ricorso, pag. 15);
che la separazione tra funzioni istruttorie e funzioni decisorie si impone alla stregua sia dell'art. 24 della legge n. 262/2005, sia del novello comma 1 bis dell'art. 145 t.u.b., sia della sentenza "Grande Stevens" della Corte E.D.U., sia delle pronunce n. 1595/2015 e n. 1596/2015 del Consiglio di Stato;
che "la sanzione irrogata all'esponente non può ritenersi sostanzialmente amministrativa alla luce dei criteri enunciati dalla Corte Europea dei diritti dell'Uomo" (così memoria, pag. 3). Destituito di fondamento è pur il quarto motivo. E' ben evidente - anche all'insegna della sintetica enunciazione in precedenza operata - che le motivazioni dell'impugnato dictum attinte dalle censure veicolate dal quarto mezzo di impugnazione sono in forma duplice articolate, sì che si delinea in parte qua agitur una doppia ratio decidendi. Ebbene questa Corte non può che condividere l'affermazione circa l'insuperabilità unicamente del termine quinquennale di prescrizione e reiterare quanto in altra occasione già affermato (cfr. in motivazione Cass. 7.9.2016, n. 17689, e gli ulteriori riferimenti quivi operati). Ovvero che l'inosservanza del termine di conclusione del procedimento di applicazione delle sanzioni amministrative non comporta l'illegittimità del provvedimento finale, trattandosi di vizio che - in relazione al contenuto vincolato del provvedimento medesimo - non influisce sul diritto di difesa (cfr. Cass.20.1.2014, n. 1065). Più esattamente che la eventuale inosservanza del termine previsto dall'art. 2 della legge n. 241/1990 e dalle disposizioni regolamentari emanate dalla "Banca d'Italia" non comporta la invalidità del provvedimento sanzionatorio ai sensi dell'art. 21 octies della legge n. 241/1990 (al riguardo cfr. altresì Cass. 4.3.2015, n. 4363, e Cass. 30.6.2016, n. 13433). Ovviamente, qualora la decisione di merito si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte e autonome, singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, la ritenuta infondatezza delle censure mosse ad una delle "rationes decidendi" rende inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse, le censure relative alle altre ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime non potrebbero comunque condurre, stante l'intervenuta definitività delle altre, alla cassazione della decisione stessa (cfr. Cass.14.2.2012, n. 2108). Il quadro giurisprudenziale dapprima tracciato e ribadito è ampiamente consolidato. Non vi è ragione quindi ché si dia seguito alla richiesta formulata dal ricorrente nella memoria ex art. 378 cod. proc. civ. (cfr. pagg. 17 - 18) di sollevare alla Corte di Giustizia, ai sensi dell'art. 267 T.F.U.E., le prefigurate quattro questioni pregiudiziali. Segnatamente con riferimento alla quarta questione pregiudiziale ("retroattività in mitius della normativa più favorevole prevista dagli artt. 1 e segg. del decreto legislativo n. 72/2015": così memoria, pag. 18) questa Corte non può che reiterare i propri arresti ancorché relativi alla materia dell'intermediazione finanziaria. Ossia che le modifiche alla parte V del dec. Igs. n. 58/1998 apportate dal dec. Igs. n. 72/2015 si applicano alle violazioni commesse dopo l'entrata in vigore delle disposizioni di attuazione adottate dalla "Consob", in tal senso disponendo l'art. 6 del medesimo decreto legislativo, e non è possibile ritenere l'applicazione immediata della legge più favorevole, atteso che il principio cosiddetto del "favor rei", di matrice penalistica, non si estende, in assenza di una specifica disposizione normativa, alla materia delle sanzioni amministrative, che risponde, invece, al distinto principio del "tempus regit actum" (cfr. Cass. 2.3.2016, n. 4114;
Cass. 30.6.2016, n. 13433). Il rigetto del ricorso giustifica la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità. La liquidazione segue come da dispositivo. Si dà atto che il ricorso è datato 22.9.2016. Ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, d.p.r. 30.5.2002, n. 115, si dà atto altresì della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione ai sensi dell'art. 13, comma 1 bis, d.p.r. cit..
Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi