Cass. pen., sez. III, sentenza 28/10/2022, n. 40866

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. III, sentenza 28/10/2022, n. 40866
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 40866
Data del deposito : 28 ottobre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da ILLIMITY BANK S.p.A. avverso l'ordinanza del 7/2/2022 del Tribunale del riesame di Napoli;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
sentita la relazione svolta dal consigliere E M;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale T E, che ha chiesto dichiarare inammissibile il ricorso;
udite le conclusioni del difensore del ricorrente, Avv. M B, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso;
lette le memorie presentate

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 7/2/2022, il Tribunale del riesame di Napoli rigettava l'istanza proposta ai sensi dell'art. 324 cod. proc. pen. da Illimity Bank S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, così confermando il decreto di sequestro preventivo emesso dal Giudice per le indagini preliminari del locale Tribunale il 18/1/2022, con riguardo al delitto di associazione per delinquere finalizzata alle truffe, al falso e all'evasione fiscale, con relativi reati fine, in materia di cd. Superbonus edilizio 110%, di cui al d.l. 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla I. 17 luglio 2020, n. 77. 2. Propone ricorso per cassazione la Illimity Bank, quale terzo interessato, deducendo, con unico ed ampio motivo, l'inosservanza e/o l'erronea applicazione della legge penale e di norme extra penali. L'impugnazione - il cui unico oggetto concerne l'esistenza e l'utilizzabilità del credito d'imposta di cui è titolare la ricorrente - ricostruisce la normativa a fondamento del richiamato Superbonus, evidenziando, all'esito, che - contrariamente a quanto si legge nell'ordinanza - lo stesso credito sorgerebbe al momento in cui il beneficiario (ovvero colui che ha commissionato il lavoro) esercita l'opzione per la cessione, in luogo della detrazione diretta o del cosiddetto sconto in fattura. La correttezza di questa conclusione emergerebbe evidente dal testo dell'articolo 121, d.l. n. 34 del 2020, in forza del quale - nel caso di insussistenza dei requisiti per accedere all'agevolazione fiscale - gli effetti pregiudizievoli sorgerebbero esclusivamente in capo al beneficiario del Superbonus, ossia a colui che sostiene le spese;
il cessionario (come la ricorrente), per contro, risponderebbe soltanto per l'eventuale utilizzo del credito d'imposta in modo irregolare o in misura maggiore rispetto al credito ricevuto, oppure nell'ipotesi di concorso nella violazione compiuta dal cedente, da accertare secondo gli ordinari criteri penalistici. Soltanto in questi casi, dunque, il cessionario non potrebbe validamente disporre del credito acquistato, non in altri. La stessa conclusione, ancora, troverebbe conferma negli ulteriori atti - interpretativi e normativi - riconducibili all'autorità di governo (d.l. 11 novembre 2021, n. 157;
d.l. 25 febbraio 2022, n. 13;
risposta ad interrogazioni parlamentari;
pagine web) ed all'Agenzia delle Entrate, che il ricorso diffusamente richiama, dai quali risulterebbe, per un verso, che il credito "deriverebbe" dall'esercizio di opzione del beneficiario/cedente, e, per altro verso, che l'eventuale accertamento della mancanza dei presupposti per accedere al Superbonus non comporterebbe - in capo al cessionario - la perdita del diritto di utilizzare il credito acquistato, se non nelle limitate ipotesi appena richiamate. D'altronde, se la finalità ultima 7 dell'incentivo fiscale in oggetto è quella di immettere nuova liquidità in economia, emergerebbe evidente la necessità di tutelare gli operatori economici protagonisti della circolazione di queste risorse;
e proprio per rispondere a tale esigenza la responsabilità del cessionario dovrebbe essere contenuta nei limitati termini di cui sopra, come peraltro espressamente indicato in tutte le fonti che il ricorso richiama, e delle quali il Tribunale non avrebbe tenuto conto. Sotto altro ma connesso profilo, poi, l'impugnazione rivendica la buona fede dell'istituto ricorrente, del tutto estraneo all'indagine, evidenziando che - prima di procedere al pagamento del credito ceduto - sarebbero stati eseguiti tutti i controlli e compiute tutte le verifiche necessarie, a tal fine incaricando una società esterna altamente specializzata nel settore (Praesidium s.r.I.), che avrebbe analizzato 12 interventi di riqualificazione edilizia già avviati, oggetto di proposta di cessione da parte del Consorzio SGAI, "promuovendone" soltanto 7, peraltro dopo aver chiesto ed ottenuto integrazione documentale. Infine, il ricorso contesta la qualifica assegnata dal Tribunale al credito in oggetto, sostenendo che non potrebbe essere qualificato né prodotto né profitto del reato;
del resto, aderendo alla lettura dell'ordinanza potrebbe giungersi ad una irragionevole ed illegittima duplicazione degli importi in sequestro, che potrebbero essere vincolati in capo sia al cedente che al cessionario. Non sussisterebbe alcun periculum in capo alla ricorrente, dunque, ma soltanto in capo al Consorzio, ed avrebbe ad oggetto quanto ad oggi ancora presente nel cassetto fiscale di questo.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso risulta infondato alla luce delle considerazioni che seguono.

2. Deve essere preliminarmente osservato come la ricorrente non contesta la configurabilità dei reati ipotizzati in capo agli attuali indagati, rispetto ai quali (in particolare il capo di imputazione riguardante la truffa aggravata), peraltro, è la stessa prospettazione accusatoria a qualificare la veste della parte ricorrente Illimity Bank quale persona offesa dal reato. Il tema, inedito nella giurisprudenza di legittimità, riguarda invece la sequestrabilità dei crediti di imposta ceduti, nella specie del valore di oltre 8 milioni di euro, in capo al terzo estraneo al reato, quale cessionario di tali crediti, in seconda battuta, rispetto alla società che ha acquistato il credito di imposta dal cedente consorzio Sgai con sede in Napoli.

3. Tanto premesso, il Collegio ritiene necessario, in primo luogo, operare una rigorosa delimitazione dell'ambito di intervento di questa decisione, e dunque delle questioni da esaminare, per come direttamente ricavati dalla natura del sequestro disposto a carico di Illimity Bank, poi confermato dal Tribunale del riesame.

3.1. In particolare, la lettura del provvedimento genetico in atti consente di accertare che il G.i.p. del Tribunale di Napoli, in data 18/1/2022, aveva emesso un decreto di sequestro preventivo ai sensi dell'art. 321, comma 1, cod. proc. pen.;
un sequestro, dunque, motivato dal pericolo che la libera disponibilità di una cosa pertinente ad un reato potesse aggravare o protrarre le conseguenze di esso, ovvero agevolare la commissione di altri reati.

3.2. Da questa oggettiva premessa (e rimarcando che nessuna questione è posta in punto di fumus dei delitti contestati agli indagati), deriva allora la constatazione che alcune delle questioni trattate tanto nell'ordinanza impugnata quanto nel ricorso, anche con ampie considerazioni, esulano del tutto dalla concreta reiudicanda, afferendo a profili che sono propri non del sequestro impeditivo, come quello in esame, ma di quello anticipatorio di cui all'art. 321, comma 2, cod. proc. pen., relativo alle cose di cui è consentita la confisca ed estraneo al decreto emesso dal G.i.p. di Napoli.

4. Tali profili - che la Corte, dunque, non tratterà, unitamente a quelli attraverso cui si è preteso di rinvenire nel provvedimento impugnato vizi motivazionali di contraddittorietà o di illogicità, in quanto gli stessi esulano dall'ambito cognitivo di questa Corte per espressa previsione dell'art. 325, cod. proc. pen. (v. per tutte: Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004, Bevilacqua, Rv. 226710 - 01) - concernono innanzitutto la qualifica soggettiva del terzo colpito dal sequestro (come la ricorrente Illimity Bank) e, in particolare, l'esame della sua eventuale buona fede, con riferimento alla diligenza spiegata nell'istruire le pratiche relative ai crediti oggetto di cessione. Al riguardo, infatti, occorre ribadire - con la giurisprudenza consolidata - che il sequestro preventivo non finalizzato alla confisca implica l'esistenza di un collegamento tra il reato e la cosa, non tra il reato e il suo autore, cosicché possono essere oggetto del provvedimento anche le cose in proprietà di un terzo, estraneo all'illecito ed in buona fede, se la loro libera disponibilità sia idonea a costituire un pericolo nei termini di cui all'art. 321, comma 1, cod. proc. pen., sopra richiamato (tra le altre, Sez. 3, n 57595 del 25/10/2018, Cervino, Rv. 274691;
Sez. 3, n. 40480 del 27/10/2010, Orlando, Rv. 248741).
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