Corte d'Appello Catania, sentenza 19/06/2024, n. 576
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Testo completo
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DI APPELLO DI CATANIA
SEZIONE LAVORO
La Corte d'appello di Catania, composta dai Magistrati
Dott.ssa Graziella Parisi Presidente
Dott.ssa Viviana Urso Consigliere
Dott.ssa Caterina Musumeci Consigliere rel. ha emesso la seguente
SENTENZA nella causa iscritta al n. 409/2022 R.G. promossa
DA
COMUNE DI COMISO (C.F. 82000870889), in persona del Sindaco pro-tempore, rappresentato e difeso, giusta procura in atti, dall'avv. Angela Barone;
Appellante
CONTRO
CI NN (C.F. [...]), rappresentato e difeso, giusta procura in atti, dall'avv. NI Strada Guastella;
Appellato
AVENTE AD OGGETTO: qualificazione rapporto di lavoro - differenze retributive
- risarcimento danno da omissione contributiva.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Comune di Comiso, con appello depositato il 9/5/2022, impugnava la sentenza non definitiva n. 1116/2021, del Tribunale di Ragusa, pubblicata il 9/11/2021, e la
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sentenza definitiva n. 454/2022, pubblicata il 3/05/2022, con le quali - accertato il rapporto di lavoro subordinato svolto dal CI NI quale “esecutore di servizi tecnici”, categoria “B” del CCNL di settore, alle dipendenze del Comune di Comiso dal 1° settembre 2004 al 31 luglio 2009 in forza di formali contratti di co.co.co di volta in volta prorogati - l'ente era stato condannato al pagamento in favore dello stesso del complessivo importo, liquidato tramite CTU, di euro 43.193,48, di cui euro
12.789,96 a titolo di differenze retributive, euro 6.156, 97 a titolo di tredicesima mensilità, euro 5.362,65 a titolo di t.f.r. ed euro 18.883,90 a titolo di risarcimento del danno da omissione contributiva, oltre accessori di legge dalla maturazione dei singoli crediti al soddisfo, nonché alla refusione delle spese processuali in favore dello Stato
e al pagamento delle spese di CTU.
Censurava la sentenza per i motivi da intendersi qui integralmente ritrascritti.
Instauratosi il contraddittorio, CI NI chiedeva il rigetto dell'appello.
La causa veniva decisa all'esito dell'udienza del 23/05/2024, fissata ai sensi dell'art.
127 ter c.p.c., compiuti i termini assegnati alle parti per depositare note telematiche.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. L'appellante, con il primo motivo di gravame, censura la sentenza non definitiva per “violazione del combinato disposto degli articoli 112 e 429 c.p.c.”.
Lamenta che il giudice ha riconosciuto la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo determinato, in assenza di apposita domanda da parte del CI, il quale aveva sempre e soltanto avanzato richiesta di riconoscimento della sussistenza di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato.
1.1 Il motivo è infondato.
1.2 Il CI, nelle conclusioni del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, ha chiesto: “
1-Ritenere e dichiarare che i contratti di co.co.co. stipulati fra il Comune di
Comiso e il sig. CI NI mascheravano dei contratti di lavoro subordinato a tempo determinato e conseguentemente dichiarare la sussistenza di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato a far data dal primo termine contrattuale
2 illegittimamente apposto in violazione del D.Lgs. 368/2001, con ogni conseguente statuizione sotto il profilo retributivo e contributivo, comprensivo di interessi e rivalutazione”;
nella narrativa dello stesso ricorso sul punto si legge: “Il sig. CI
NI, in via principale, ha pertanto diritto al riconoscimento della propria prestazione lavorativa quale rapporto di lavoro subordinato e non già di co.co.co.
(solo formalmente configurato). Conseguentemente, spettano al predetto ricorrente non solo le differenze retributive relative al proprio effettivo inquadramento contrattuale (ricavabile dalle mansioni svolte dallo stesso per il Comune di Comiso), compreso tfr, ferie non godute ecc. … ma, altresì, anche le differenze contributive per
l'analogo periodo lavorativo. Inoltre, spetta al medesimo la conversione del contratto di lavoro a tempo indeterminato e la ricostruzione della carriera ai fini pensionistici nonché le differenze pensionistiche (tra il percepito e quanto effettivamente spettante quale lavoratore subordinato), maggiorate di interessi e rivalutazione, in ragione del versamento dei contributi previdenziali dal 2007 al 2009 (del tutto mancanti) e quelli parzialmente versati dal 2004 al 2006”.
1.3 Va evidenziato che “Nel rito del lavoro, l'esame del ricorso deve riguardare, ai fini dell'interpretazione della domanda, la valutazione complessiva dell'atto;
ove, tuttavia, difetti una chiara omogeneità delle allegazioni esposte nel contenuto complessivo del ricorso stesso rispetto alla domanda formulata nelle conclusioni, espressamente e senza condizioni circoscritte, il giudice non può d'ufficio, in contrasto con l'art. 112 c.p.c., pronunciarsi in difformità”- Sez. L - , Sentenza n.
11631 del 14/05/2018.
1.4 Nella fattispecie in esame, nelle allegazioni del ricorso l'odierno appellante ha specificato le domande proposte, espresse nelle conclusioni in forma sintetica.
2. Con il secondo motivo, l'appellante deduce la “violazione del combinato disposto degli art. 7, comma 5 bis, del D. Lgs. 30 marzo 2001, n.165 e dell'art. 3, commi 92 e
94 lett. b) della legge 24 dicembre 2007 n. 244”.
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Assume che il divieto per le pubbliche amministrazioni di stipulare contratti di collaborazione coordinata e continuativa che si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione siano organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro, è stato introdotto dalle citate norme a decorrere dal 1° luglio 2019, con la conseguenza che i contratti di co.co.co. stipulati dal Comune di Comiso nel periodo antecedente sono del tutto legittimi, efficaci e conformi alla normativa di settore e il giudice della sentenza non definitiva non avrebbe dovuto qualificarli come contratti di lavoro subordinato a tempo determinato.
Aggiunge che le accertate etero - organizzazione ed etero - direzione erano caratteristiche proprie dei contratti di co.co.co. stipulabili dalle pubbliche amministrazioni fino al 1° luglio 2019 e non costituivano, pertanto, elementi identificativi del rapporto di lavoro subordinato.
2.1 Il motivo non può trovare accoglimento.
2.2 L'introduzione dell'espresso divieto di cui all'articolo 7, comma 5 bis, del decreto legislativo 165/2001, aggiunto dal D.Lgs n. 75/2017, relativo a specifiche forme di collaborazione coordinata e continuativa, non comporta la legittimità dei pregressi contratti di collaborazione che di fatto dissimulavano un rapporto di lavoro subordinato, come accertato
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