CGARS, sez. I, sentenza 2019-03-12, n. 201900238
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Pubblicato il 12/03/2019
N. 00238/2019REG.PROV.COLL.
N. 00962/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA
in sede giurisdizionale
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 962 del 2018, proposto da G M, rappresentato e difeso dagli avvocati G M e A B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Ragusa, non costituito in giudizio;
Regione Siciliana - Assessorato Regionale delle Autonomie Locali e della Funzione Pubblica, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, presso la quale domicilia ex lege in Palermo, via Villareale 6;
nei confronti
G M, rappresentato e difeso dall'avvocato A B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Pietro Luigi Matta in Palermo, piazza Verdi 6;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia - Sezione di Catania n. 2194/2018, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di G M nonché della Regione Siciliana - Assessorato Regionale delle Autonomie Locali e della Funzione Pubblica;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 febbraio 2019 il Cons. Nicola Gaviano e uditi per le parti gli avvocati G M e A B, nonché l'avv. dello Stato Maria Gabriella Quiligotti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1 Il 10 giugno 2018 si svolgevano le elezioni per il rinnovo del consiglio comunale e del Sindaco di Ragusa.
Il sig. G M, candidato alla carica di Sindaco con la lista “Ragusa Prossima”, conseguiva un totale di 5.262 voti, insufficienti a consentirgli l’accesso al turno di ballottaggio: e questo, svoltosi tra i candidati Giuseppe Cassì e Antonio Tringali, vedeva prevalere il primo dei due, che il 25 giugno 2018 veniva proclamato eletto alla carica di Sindaco.
2 Il sig. Massari con ricorso al T.A.R. per la Sicilia – Sezione di Catania impugnava allora la proclamazione degli eletti al Consiglio comunale, avvenuta il 2 luglio 2018, nella parte in cui non comprendeva il sig. Rosario Antoci, secondo candidato più votato della lista “Ragusa Prossima”, bensì il sig. G M, candidato più votato della lista “Insieme”, cta al diverso candidato Sindaco sig. M T.
Veniva al tempo stesso censurato il verbale delle operazioni elettorali nelle parti in cui era stata ammessa all'assegnazione dei seggi anche la detta lista “Insieme”, che al contrario, si deduceva, sarebbe dovuta essere esclusa per il mancato superamento della soglia di sbarramento del 5 per cento dei “voti validi”. E, come conseguenza di tanto, il ricorrente lamentava che: si era tenuto indebitamente conto dei 1607 voti, da tale lista conseguiti, ai fini della determinazione della cifra elettorale e dei quozienti del gruppo di liste cte al candidato Sindaco M T;e, per l'effetto, si era attribuito un seggio, anziché nessuno, alla stessa lista, e, per converso, solo un seggio, anziché due, alla lista “Ragusa Prossima” cta al candidato Sindaco G M.
Con il ricorso introduttivo il ricorrente denunciava, quindi, la violazione dell’art. 4, comma 3- bis , della L.R. n. 35/1997, svolgendo la tesi di fondo che la clausola di sbarramento del 5% avrebbe dovuto essere calcolata sul totale dei voti validi espressi per le liste e per i candidati a Sindaco (il che avrebbe portato la relativa soglia a 1745 voti), e non già sul solo totale dei voti validi espressi in favore delle liste (criterio seguito nel caso concreto, con il risultato di identificare la soglia in soli 1588 voti). Impostazione di calcolo, quella patrocinata con il ricorso, che avrebbe consentito l’attribuzione di un secondo seggio alla lista “Ragusa Prossima”, cta a esso ricorrente, escludendo dalla ripartizione dei seggi la lista “Insieme” del controinteressato, la quale non avrebbe raggiunto la soglia di sbarramento del 5%, perdendo quindi il seggio.
Il ricorrente insisteva particolarmente sull’assunto che il diverso orientamento espresso dalla giurisprudenza amministrativa siciliana sulle modalità di calcolo del predetto 5% avrebbe dovuto essere superato alla luce della recente modifica della normativa elettorale isolana operata con la L.R. n. 17/2016, che aveva (re)introdotto l’effetto di “trascinamento” del voto di lista in favore del Sindaco cto alla stessa lista.
3 Si costituivano in giudizio dinanzi al T.A.R. il Comune di Ragusa, il controinteressato sig. G M e la Regione Siciliana - Assessorato regionale delle Autonomie Locali e della Funzione Pubblica.
L’Assessorato regionale eccepiva il proprio difetto di legittimazione passiva, mentre il Comune si rimetteva alla decisione del Tribunale sulla controversia.
Il controinteressato, invece, dal canto suo, eccepiva preliminarmente l’inammissibilità del ricorso per carenza d’interesse, deducendo che l’applicazione del criterio di calcolo della clausola di sbarramento del 5% proposto dal ricorrente, pur determinando la perdita del seggio per esso resistente, non avrebbe però consentito l’attribuzione di un secondo seggio alla lista “Ragusa Prossima” cta al candidato Sindaco G M, con la proclamazione a consigliere comunale del sig. Antoci (facendo così conseguire l’utilità concreta che il ricorrente si riprometteva di ottenere con il ricorso), in quanto il seggio resosi disponibile sarebbe invece dovuto andare al Movimento 5Stelle.
Il controinteressato deduceva anche l’infondatezza del ricorso.
Questi sosteneva che, ai fini della determinazione della soglia di sbarramento, il richiamo al 5% dei voti validi espressi, contenuto nell’art. 4, comma 3- bis , della L.R. n. 35 del 1997, si riferiva solamente ai voti espressi per le liste, e non alla sommatoria tra detti voti e quelli espressi per i candidati sindaci: ciò per consolidata interpretazione giurisprudenziale sulla quale non poteva influire la modifica legislativa regionale richiamata dal ricorrente, che non aveva riguardato l’art. 4, comma 3- bis , della L.R. n. 35/1997 al centro del ricorso, norma il cui testo era rimasto inalterato.
Anche dopo la riforma operata con la L.R. n. 17/2016, inoltre, l’effetto di “trascinamento” da questa introdotto non era bidirezionale, ma solo unidirezionale: dal voto alla lista derivava automaticamente il voto al Sindaco ctovi, ma non anche il contrario.
4 All’esito del giudizio di primo grado il Tribunale adìto, con la sentenza n. 2194/2018 in epigrafe, disposta l’estromissione dal giudizio dell’Assessorato regionale delle Autonomie Locali e della Funzione Pubblica in quanto privo di legittimazione passiva, respingeva il gravame nel merito, reputandolo infondato.
5 Seguiva avverso tale sentenza la proposizione del presente appello a opera della parte soccombente, che riproponeva le proprie domande e doglianze e sottoponeva a critica gli argomenti con i quali il Tribunale le aveva disattese.
Il controinteressato resisteva all’impugnativa anche nel nuovo grado di giudizio, riproponendo la propria eccezione d’inammissibilità del gravame avversario per carenza d’interesse e tornando comunque a sostenere anche la sua infondatezza, sì da concludere, dunque, per la conferma, anche con diversa motivazione, della sentenza di prime cure.
L’appellante con successiva memoria riprendeva per converso i propri argomenti e controdeduceva alle obiezioni avversarie, insistendo per l’accoglimento dell’appello.
Entrambe le parti private contrapposte depositavano infine degli scritti di replica.
Alla pubblica udienza del 28 febbraio 2019 la causa è stata trattenuta in decisione.
6 L’appello è infondato.
6a La controversia verte, come è già emerso, sull’applicazione dell’art. 4 della L.R. n. 35/1997 (“ Elezione del consiglio comunale nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti ”), e segnatamente del suo comma 3- bis , il quale stabilisce -con testo vigente dal 2008- che “ non sono ammesse all'assegnazione dei seggi nei consigli comunali dei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti le liste che non hanno conseguito almeno il 5 per cento del totale dei voti validi espressi ”.
6b La ricorrente non si è nascosta il fatto che la giurisprudenza amministrativa siciliana abbia costantemente ritenuto, ai fini dell’applicazione della menzionata soglia di sbarramento, che l'inciso relativo al “ 5 per cento del totale dei voti validi espressi ”, contenuto nella norma appena ricordata, si riferisca solamente ai voti validi espressi per le liste, e non alla sommatoria di detti voti a quelli espressi per i soli candidati sindaci (in questo senso si vedano le sentenze del C.G.A.R.S. 30 giugno 2011, n. 468, 17 dicembre 2013, n. 945, 18 giugno 2014, n. 328, che ha sottolineato anche l’autonomia di ratio della regola concernente la soglia di sbarramento di cui si controverte rispetto a quella relativa all’attribuzione del premio di maggioranza, e infine la sentenza 16 giugno 2015, n. 436).
La parte ha tuttavia sostenuto che tale orientamento dovesse essere superato alla luce della modifica della normativa elettorale siciliana operata con la L.R. 11 agosto 2016, n. 17, che aveva (re)introdotto l’effetto di “trascinamento” del voto di lista in favore del candidato sindaco cto alla stessa lista, riformulando l’art. 3, comma 3, della L.R. n. 35/1997 nei seguenti termini: “ Ciascun elettore può, con un unico voto, votare per un candidato alla carica di sindaco e per una delle liste ad esso cte, tracciando un segno sul contrassegno di una di tali liste ” (per contro, il testo di tale art. 3, comma 3, della L.R. n. 35/1997, nel periodo intermedio compreso tra l’entrata in vigore della L.R. 5 aprile 2011 n. 6 (il 1° gennaio 2012) e l’avvento della L.R. n. 17/2016 era, per quanto qui interessa, il seguente: “ Ciascun elettore esprime separatamente il voto per il candidato sindaco e per una delle liste ad esso cte;il voto espresso soltanto per una delle liste di candidati al consiglio non si estende al candidato sindaco cto e il voto espresso soltanto per il candidato sindaco non si estende alla lista o al gruppo di liste cte .”)
6c Il Tribunale non ha però ritenuto di doversi discostare dal tradizionale orientamento interpretativo sopra ricordato, da esso rievocato richiamando, in particolare, il seguente argomento: “ l'elettore che abbia espresso il voto di preferenza solo in favore del candidato Sindaco, ……, decide consapevolmente di non partecipare al procedimento elettorale per l'elezione del Consiglio Comunale, di talché non si comprende perché il suo voto dovrebbe essere considerato, ai fini dell'individuazione della soglia di sbarramento, per determinare in che modo debba essere composto l'organo consiliare alla cui elezione il soggetto non ha — volontariamente — partecipato .”
Il T.A.R. in proposito ha fatto invero osservare, in sintesi, che, se è vero che sotto la precedente disciplina ciascun elettore esprimeva separatamente il voto per il candidato sindaco e quello per la lista ad esso cta, mentre la riforma realizzata con la L.R. n. 17/2016 aveva ripristinato, invece, un effetto di “trascinamento” trai due voti, quest’ultimo effetto era stato ammesso, però, unicamente a partire dal voto di lista e in favore del candidato sindaco alla medesima cto, e non anche all’inverso, ossia nel senso di un trascinamento del voto in favore del sindaco a beneficio della sua lista.
Ne consegue, sempre secondo il ragionamento del primo Giudice, che mentre dal voto alla lista deriva automaticamente il voto al sindaco cto a quella lista, non vale però l’inverso. Ancora oggi, infatti, il voto per il sindaco non si estende alla lista cta: sicché detto voto non potrebbe essere conteggiato ai fini dell’individuazione della soglia di sbarramento, non essendovi ragione di ritenere che all’uopo ai voti validi espressi per le liste debbano sommarsi quelli espressi unicamente per i candidati sindaci.
7 Parte ricorrente con il proprio appello ha sottoposto a critica la decisione del T.A.R., riprendendo la propria impostazione e adducendo, in estrema sintesi, i seguenti argomenti:
- la riforma realizzata con la L.R. n. 17/2016 ha riallineato il sistema elettorale degli organi elettivi dei comuni siciliani a quello nazionale, con conseguente applicabilità anche nell’ambito regionale della consolidata interpretazione seguita dal Consiglio di Stato rispetto all’analogo art. 73, comma 7, del d.lgs. n. 267/2000;
- attraverso la detta riforma il procedimento elettorale destinato a sfociare nell’elezione dei sindaci e dei consiglieri comunali è tornato difatti a configurarsi quale procedimento unico;
- ogni scheda deve consentire l’attribuzione del voto a un candidato alla carica di sindaco, per espressa volontà dell’elettore oppure attraverso il meccanismo del trascinamento: sicché il “ totale dei voti validi espressi ”, cui ha riguardo l’art. 4, comma 3- bis , della L.R. n. 35/1997, dovrebbe necessariamente coincidere con il totale dei voti assegnati ai candidati alla carica sindacale;
- anche l’univoca interpretazione letterale dell’art. 4, comma 3- bis , della L.R. cit. spingerebbe, del resto, proprio a tener conto di tutti i “ voti validi espressi ”, ivi compresi, dunque, anche quelli manifestati per i soli candidati sindaci;
- privo di consistenza sarebbe, infine, l’argomento del Tribunale circa la mera unidirezionalità dell’effetto di “trascinamento” riconosciuto dalla L.R. n. 17/2016 (che comporta che il voto per il sindaco non si estenda alla lista pur ctavi), unidirezionalità la quale ben si spiegherebbe in quanto, mentre ogni lista è cta a un solo candidato sindaco, per converso un candidato sindaco potrebbe essere cto a più liste.
8 Osserva il Consiglio che la sicura infondatezza dell’appello consiglia di concentrarsi subito sulla disamina del merito di causa, prescindendo quindi, come ha già fatto il primo Giudice, dal vaglio dell’eccezione di inammissibilità dell’impugnativa riproposta dal controinteressato.
Il Collegio non ritiene, infatti, che gli argomenti addotti dalla parte ricorrente possano giustificare un abbandono della propria consolidata interpretazione della norma oggetto di controversia (e non sembra senza significato il fatto che tale interpretazione sia sorta, con la sentenza n. 468/2011, già prima della riforma legislativa operata con la L.R. n. 6/2011, e pertanto sotto l’impero di un regime assai simile a quello odierno).
8a La causa riguarda, giova ribadirlo, l’applicazione dell’art. 4, comma 3- bis , della L.R. n. 35/1997, che stabilisce che “ non sono ammesse all'assegnazione dei seggi nei consigli comunali dei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti le liste che non hanno conseguito almeno il 5 per cento del totale dei voti validi espressi ”, norma costantemente intesa dalla giurisprudenza nel senso che ai fini dell’applicazione dell’indicata soglia di sbarramento la formula del “ 5 per cento del totale dei voti validi espressi ” si riferisce solamente ai voti validi espressi per le liste.
E la difesa del controinteressato ha già fatto notare come sia arduo immaginare che la modifica legislativa richiamata dal ricorrente, quella operata con la L.R. n. 17/2016, possa riverberare particolari effetti sulla suddetta interpretazione giurisprudenziale, dal momento che l’invocata riforma legislativa non ha riguardato, in realtà, l’art. 4, comma 3- bis , della L.R. n. 35/1997 oggetto del ricorso, norma il cui testo è rimasto inalterato.
8b La riforma realizzata con la L.R. n. 17/2016, reintroducendo l’effetto di “trascinamento” del voto di lista in favore del candidato sindaco cto alla stessa lista, ha indubbiamente ripristinato una forma di parziale connessione tra il voto al candidato sindaco e quello per l’accesso al consiglio.
Lo stesso ricorrente (appello, pag. 14), tuttavia, riconosce come, ancor oggi, un elettore possa ben esprimere una preferenza limitata a un candidato alla carica sindacale. E in relazione a questa possibilità il Collegio ritiene ineludibile l’obiezione, già segnalata, che “ l'elettore che abbia espresso il voto di preferenza solo in favore del candidato Sindaco, ……, decide consapevolmente di non partecipare al procedimento elettorale per l'elezione del Consiglio Comunale, di talché non si comprende perché il suo voto dovrebbe essere considerato, ai fini dell'individuazione della soglia di sbarramento, per determinare in che modo debba essere composto l'organo consiliare alla cui elezione il soggetto non ha — volontariamente — partecipato .”
8c In relazione, poi, al proposto parallelismo, sul quale il ricorrente soprattutto insiste, tra l’interpretazione giurisprudenziale della normativa elettorale regionale e quella, diversa, invece invalsa sul piano statale, s’impongono le seguenti osservazioni.
L’interpretazione giuridica dei singoli precetti normativi, anche quando di per se stessi testualmente simili, deve comunque essere sistematica. E in questa prospettiva i sistemi elettorali regionale e nazionale si rivelano, in realtà, accentuatamente diversi tra loro, il che può appunto giustificare anche degli approdi ermeneutici differenziati rispetto ai –pur simili- precetti di partenza.
Ciò premesso, e a parte la già sensibile diversità della percentuale sulla quale s’imperniano le rispettive soglie di sbarramento (3 % per le consultazioni in ambito nazionale, 5 % per quelle regionali siciliane), mette qui conto sottolineare che le elezioni siciliane rimangono contrassegnate da una più marcata separazione tra il momento del voto per il consiglio e quello per il sindaco: il che è stato posto in buon risalto da quanto ha osservato il controinteressato circa il diverso regime riguardante l’accesso al consiglio da parte dei candidati a sindaco rimasti soccombenti.
La normativa nazionale, infatti, con l’art. 73, comma 11, del d.lgs. n. 267/2000, accorda a tutti i candidati sindaci non eletti l’assegnazione di un seggio nell’organo consiliare, ponendo all’uopo l’unica condizione, decisamente minimale, che le relative liste abbiano conseguito almeno un seggio (“ Una volta determinato il numero dei seggi spettanti a ciascuna lista o gruppo di liste cte, sono in primo luogo proclamati eletti alla carica di consigliere i candidati alla carica di sindaco, non risultati eletti, cti a ciascuna lista che abbia ottenuto almeno un seggio ”). Nel che indubbiamente si realizza un intimo cmento tra l’elezione del sindaco e quella del consiglio comunale.
La disciplina regionale, per converso, non conosce però affatto un paragonabile momento d’integrazione tra i due voti, ma ancora oggi s’ispira, al contrario, a una logica di separazione tra loro. L’art. 4, comma 7, della L.R. n. 35/1997 prevede, invero, il beneficio dell’accesso al consiglio solo in favore del candidato sindaco miglior perdente, e, per di più, lo subordina alla stringente condizione che questi abbia ottenuto almeno il venti per cento dei voti (“ Una volta determinato il numero dei seggi spettanti a ciascuna lista o gruppo di liste cte, è in primo luogo proclamato eletto consigliere comunale il candidato alla carica di sindaco, tra quelli non eletti, che abbia ottenuto il maggior numero di voti ed almeno il venti per cento dei voti. In caso di parità di voti, è proclamato eletto consigliere comunale il candidato alla carica di sindaco cto alla lista o al gruppo di liste che abbia ottenuto il maggior numero di voti. ”).
8d Per quanto detto, alcun riallineamento legislativo può dirsi quindi compiuto tra il sistema elettorale dei comuni siciliani e quello nazionale.
E la marcata separazione tuttora esistente, nell’ambito regionale, tra il momento del voto per il consiglio e quello per il sindaco induce questo Consiglio a tenere ferma (in difetto di ragioni per discostarsene) la propria interpretazione per cui la soglia di sbarramento riflettente il 5 per cento “ del totale dei voti validi espressi ” si riferisce soltanto ai voti validi espressi per le liste, e non anche a quelli espressi per i soli candidati sindaci.
9 In conclusione, le considerazioni esposte conducono al rigetto dell’appello in ragione della sua infondatezza.
La novità del complessivo quadro normativo nell’ambito del quale la controversia è stata proposta giustifica, tuttavia, anche per questo grado di giudizio la compensazione delle spese processuali tra le parti.