CGARS, sez. I, sentenza 2022-02-15, n. 202200208
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Testo completo
Pubblicato il 15/02/2022
N. 00208/2022REG.PROV.COLL.
N. 00495/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA
Sezione giurisdizionale
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 495 del 2020, proposto da:
signora IE LA, rappresentato e difeso dagli avvocati Ignazio Cucchiara, Tiziana Milana e Girolamo Rubino, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Azienda sanitaria provinciale di Messina, non costituito in giudizio;
Regione Siciliana - Assessorato salute - Dipartimento pianificazione strategica-Servizio 7 Farmaceutica, Regione Siciliana - Assessorato regionale della salute - Dipartimento regionale per la pianificazione, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentati e difesi dall'Avvocatura distrettuale, domiciliataria ex lege in Palermo, via Valerio Villareale, 6;
nei confronti
SC LO ON e IA Pulvirenti, non costituiti in giudizio;
per la revocazione
della sentenza del CONSIGLIO GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA - SEZIONE GIURISDIZIONALE n. 161/2020, resa tra le parti,
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Regione Siciliana - Assessorato salute - Dipartimento pianificazione strategica-Servizio 7 Farmaceutica e di Regione Siciliana - Assessorato regionale della salute - Dipartimento regionale per la pianificazione;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 febbraio 2022 il Cons. Sara Raffaella Molinaro;
Nessuno è presente per le parti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con sentenza 16 marzo 2020 n. 161 questo CGARS ha respinto l’appello avverso la sentenza n. 2109 del 2018, con la quale il Tar ha ritenuto infondato il ricorso proposto in primo grado per l’annullamento della nota dell’Assessorato regionale della salute n. 77580 del 12 ottobre 2015, con cui è stata respinta l’istanza di annullamento in autotutela del precedente D.D.G n. 1665/12 del 24.12.2012 recante l’assegnazione provvisoria della farmacia rurale del Comune di Pettineo (e tesa a trasformare l’assegnazione provvisoria in assegnazione definitiva).
2. Con ricorso n. 495 del 2020 l’allora appellante, signora IE LA, ha chiesto la revocazione della sentenza n. 161 del 2020.
3. Nel giudizio di revocazione si è costituita Regione Siciliana – Assessorato alla salute.
4. All’udienza del 3 febbraio 2022 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
5. Il ricorso per revocazione è inammissibile.
6. Il ricorso per revocazione si appunta su due asseriti errori di fatto.
7. Innanzitutto la sentenza in questione sarebbe il frutto di un errore di fatto risultante dagli atti di causa perché il CGARS avrebbe ritenuto che la dott.ssa LA non abbia sostenuto alcun concorso per beneficiare dell’assegnazione.
Detto errore si desume, a parere di parte ricorrente in revocazione, dalla seguente affermazione contenuta in sentenza: “ La trasformazione della assegnazione da provvisoria in definitiva, come richiesta dall’appellante, invero avrebbe determinato un meccanismo – non previsto da alcuna normativa – inteso a derogare la previsione dell’accesso per titoli ed esami alle sedi farmaceutiche della Sicilia a beneficio di una categoria di farmacisti rappresentata da coloro che hanno accettato l’assegnazione di una sede provvisoria consentendogli di scegliere una sede farmaceutica con preferenza rispetto ai partecipanti ad una selezione concorsuale ”.
7.1. Le suddette circostanze non sono idonee a integrare il vizio di errore di fatto revocatorio.
L’art. 395 c.p.c. prevede, tra i casi di revocazione, l'ipotesi in cui “ la sentenza è l'effetto di un errore di fatto risultante dagli atti o documenti della causa. Vi è questo errore quando la decisione è fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, oppure quando è supposta l'inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita, e tanto nell'uno quanto nell'altro caso se il fatto non costituì un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare ” (n. 4).
L'errore di fatto - idoneo a fondare la domanda di revocazione, ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 106 del c.p.a. e 395 n. 4 del c.p.c. - deve derivare da una pura e semplice errata od omessa percezione del contenuto meramente materiale degli atti del giudizio, deve apparire con immediatezza, attenere ad un punto non controverso e essere stato un elemento decisivo della decisione da revocare, necessitando perciò un rapporto di causalità tra l'erronea presupposizione e la pronuncia stessa.
Quanto al primo punto (ricorrenza, o meno, nel caso di specie dell’errore di fatto), si premette che esso, per spiegare potenzialità revocatoria, deve consistere, secondo quanto statuito dall’Adunanza plenaria n. 5 del 24 gennaio 2014 e dalla giurisprudenza successiva, in un’errata percezione della realtà, in una svista di carattere materiale, oggettivamente e immediatamente rilevabile e tale da aver indotto il giudice a supporre l’esistenza di un fatto la cui verità era esclusa in modo incontrovertibile, oppure a considerare inesistente un fatto accertato in modo parimenti indiscutibile e deve presentare i caratteri della evidenza e della obiettività, sì da non richiedere, per essere apprezzato, lo sviluppo di argomentazioni induttive e di indagini ermeneutiche. “ L’errore di fatto, potenzialmente revocatorio (se accompagnato dal connotato della decisività) consiste quindi nel cosiddetto abbaglio dei sensi, e cioè nel travisamento delle risultanze processuali dovuto a mera svista del giudice, che conduca a ritenere come inesistenti circostanze pacificamente esistenti o viceversa. La falsa percezione da parte del giudice della realtà processuale, che giustifica l’applicazione dell’art. 395 Cod. proc. civ., deve consistere in una svista obiettivamente ed immediatamente rilevabile, che abbia portato ad affermare l’esistenza di un fatto decisivo, incontestabilmente escluso dagli atti e documenti di causa, ovvero l’inesistenza di un fatto decisivo che dagli atti e documenti medesimi risulti invece