CGARS, sez. I, sentenza 2016-09-23, n. 201600324

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Sul provvedimento

Citazione :
CGARS, sez. I, sentenza 2016-09-23, n. 201600324
Giurisdizione : Consiglio Di Giustizia Amministrativa per la Regione siciliana
Numero : 201600324
Data del deposito : 23 settembre 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 23/09/2016

N. 00324/2016REG.PROV.COLL.

N. 00170/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA

in sede giurisdizionale

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 170 del 2014, proposto da:
Euroservice Group s.r.l., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall'avv. C B, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Luca D C in Palermo, Via N. Morello, 40;

contro

Regione Siciliana - Assessorato Infrastrutture e Mobilità, in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliataria in Palermo, Via De Gasperi, 81;

Sogeman s.r.l.;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. SICILIA - SEZ. STACCATA DI CATANIA: SEZIONE III n. 00049/2014, resa tra le parti, concernente parziale diniego di accesso agli atti di gara relativa ad affidamento del servizio di pulizia degli uffici del Genio civile di Messina

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Regione Siciliana -Assessorato Infrastrutture e Mobilità;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 27 maggio 2015 il Cons. Silvia La Guardia e uditi per le parti l’avvocato G. Sciuto su delega dell’avv. C. Barreca e l'avv. dello Stato Tutino;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

I - La società Euroservice Group s.r.l. ha partecipato a gara indetta dall’Ufficio del Genio civile di Messina per i servizi di pulizia, collocandosi al secondo posto in graduatoria, ed ha formulato istanza di accesso al fine di estrarre copia della documentazione presentata dalla aggiudicataria Sogeman s.r.l. per la partecipazione alla gara, ivi comprese le giustificazioni dell’offerta;
avendo ottenuto soltanto l’accesso alla documentazione amministrativa, ha poi proposto ricorso avverso il parziale diniego oppostole con nota del 16.7.2013 chiedendo l’accesso integrale, comprensivo delle giustificazioni.

Con la sentenza qui gravata, il T ha dichiarato, su eccezione dell’Amministrazione intimata, improcedibile il ricorso, per essere, nelle more della decisione sul medesimo, integralmente decorso il termine per proporre impugnazione del provvedimento di aggiudicazione alla controinteressata.

Il primo giudice ha rilevato, con richiamo al disposto dell’art. 13, commi 5 lett. a) e 6, del d.lgs. n. 163 del 2006, la particolare natura del diritto di accesso nell’ambito dei procedimenti di aggiudicazione dei contratti pubblici, ove non è sufficiente il riferimento alla cura dei propri interessi giuridici ma è richiesto espressamente che l’accesso sia effettuato in vista della difesa in giudizio ed ha affermato che, trattandosi di diritto di accesso strettamente collegato alla sola esigenza di difesa in giudizio, esso non può prescindere da eventuali preclusioni processuali in cui sia incorso il richiedente.

Ha quindi affermato, con riferimento al caso di specie, che era venuto meno quell’interesse all’accesso “necessario per la difesa in giudizio” richiesto dall’art. 13 cit. ai fini dell’accesso agli atti coperti da segreti tecnici o commerciali e che neppure si poteva sostenere che l’accesso alle giustificazioni costituisse elemento necessario e determinante ai fini dell’impugnazione dell’aggiudicazione, considerato che il termine decadenziale per proporre ricorso giurisdizionale decorre dalla piena conoscenza del provvedimento intesa come conoscenza dei suoi contenuti essenziali (autorità emanante, contenuto del dispositivo ed effetto lesivo) senza che sia necessaria la conoscenza del completo corredo documentale (nella specie, le giustificazioni), rilevante solo ai fini della proposizione di motivi aggiunti.

Il T osserva altresì, per completezza, che l’aggiudicataria aveva denegato il consenso all’esibizione delle proprie giustificazioni, adducendo esigenze di tutela di segreti di natura commerciale, sicché risulterebbe applicabile il principio secondo cui, in materia di accesso agli atti di gara, il combinato disposto dei commi 5 e 6 dell’art. 13 d.lgs. n. 163/06 esclude l’esercizio del diritto di accesso alla documentazione posta a corredo dell’offerta selezionata, ove l’aggiudicataria abbia dichiarato che sussistono esigenze di tutela del segreto tecnico o commerciale ed il ricorrente non abbia dimostrato la concreta necessità di utilizzare tale documentazione in uno specifico giudizio (con richiamo a Cons. Stato, sez. V, 29.3.201, ove riferimenti a Corte di Giustizia UE, sez. III, 14 2.2008, C-450/06, Varec, per la relazione tra diritto di accesso e diritto alla riservatezza delle imprese e l’affermazione che non solo le stazioni appaltanti ma anche gli organi giurisdizionali nazionali investiti di un ricorso concernente le determinazioni inerenti l’aggiudicazione di un appalto pubblico, oltre a garantire la sicurezza delle informazioni acquisite giudizialmente, devono poter decidere di non trasmettere alle parti tali informazioni se ciò risulti necessario a garantire la tutela della leale concorrenza o gli interessi legittimi degli operatori economici).

L’appellante premette, in punto di fatto: - di avere, in relazione all’aggiudicazione del 19.6.2013, formulato in data 21.6.2013 istanza di accesso, consentito solo parzialmente in data 8.7.2013;
- di aver segnalato con nota dell’11.7.2013 l’illegittimità del rifiuto di consentire l’accesso alle giustificazioni dell’offerta dell’aggiudicataria, evidenziando il proprio interesse, considerato che l’eventuale ritenuta anomalia e l’esclusione dell’offerta della Sogeman avrebbe comportato l’aggiudicazione dell’appalto in suo favore;- di aver, infine, quando erano ancora aperti i termini per l’impugnazione dell’aggiudicazione, impugnato ai sensi dell’art. 116 c.p.a. il diniego che l’Amministrazione, con nota del 16.7.2013, ha espresso, indicando di ritenere esaustiva la documentazione trasmessa.

In line di diritto, l’appellante si duole dell’accoglimento dell’eccezione di controparte di improcedibilità del ricorso teso all’accesso per sopravvenuta definitività del provvedimento di aggiudicazione, denunciando l’erroneità della sentenza sulla base di argomentazioni, ulteriormente illustrate in memoria, che possono così sintetizzarsi:

-l’interpretazione degli artt. 120 c.p.a. e 13, commi 5 e 6, del d.lgs. n. 163 del 2006 seguita dal primo giudice in relazione al caso di specie contrasta con i principi costituzionali, comunitari e sovranazionali, in particolare con i principi del giusto processo, di non aggravamento e di effettività della tutela giurisdizionale (artt. 24, e 111 Cost;
art. 1 Direttiva 89/665/CEE;
art. 47 della Carta di Nizza;
art. 6 CEDU), laddove: a) contempla, per un caso in cui si intende contestare l’incongruità e anomalia di un’offerta, una tutela esperibile solo con la proposizione di ben due ricorsi giurisdizionali – un primo e generico ricorso “al buio” (certamente non rispettoso del disposto dell’art. 40 c.p.a.) e il successivo ricorso per motivi aggiunti, contenente il vero e sostanziale ricorso, una volta conosciuto il contenuto delle giustificazioni, nella specie indispensabili per valutare se vi fosse o meno possibilità di una valida impugnazione (ponderazione la cui necessità si pone in maniera ancora più evidente ove si considerino i costi del contributo unificato e le possibili sanzioni moltiplicatorie per ricorsi manifestamente infondati o temerari) -;
b) considera, pur in mancanza dell’ostensione della documentazione tempestivamente richiesta entro i dieci giorni previsti dall’art. 79 d.lgs. n. 163/2006, scaduto il termine per l’impugnazione, strettamente connessa alla conoscenza degli atti di gara, dell’aggiudicazione;

-la sentenza ha ritenuto di superare i principi generali in materia di accesso, che consentono l’esercizio del diritto prescindendo dalla successiva impugnazione degli atti del procedimento, con riferimento all’art. 13, commi 5 e 6, d.lgs. n. 163/2006, ma non spiega, così come prima non lo ha spiegato l’Amministrazione, quali segreti tecnici o commerciali possano essere contenuti nelle giustificazioni economiche di un banalissimo servizio di pulizia;
posto che l’art. 13 citato non può essere utilizzato per schermare ed impedire l’ostensione di qualsiasi documento, l’amministrazione per negare legittimamente l’accesso avrebbe dovuto in qualche modo spiegare come poteva ritenere che delle giustificazioni per un servizio di pulizia fossero caratterizzate da segreti tecnici o commerciali. Inoltre, il T non avrebbe potuto creare “d’ufficio” la motivazione del diniego. In ogni caso, non si trattava di un caso in cui il richiedente non avesse dimostrato la concreta necessità di utilizzare la documentazione richiesta in uno specifico giudizio, avendo la società evidenziato che intendeva ottenere l’accesso per proporre ricorso avverso l’aggiudicazione.

-la sentenza ha erroneamente ritenuto che l’art. 13, comma 6, d.lgs.163/06 abbia introdotto una deroga in ordine ai principi elaborati in materia di accesso ed alla generale applicabilità degli artt. 24 e 25 l. n. 241/90, che attribuiscono un diritto che può essere esercitato indipendentemente dall’ammissibilità e dalla fondatezza della domanda giudiziale eventualmente proponibile sulla base dei documenti acquisiti.

L’appellante, che in subordine prospetta questioni di compatibilità comunitaria, ripropone, quindi, le censure sollevate in primo grado di violazione degli artt.24 e 25 l. n. 241/90 e13 d.lgs. n. 163/2006 e chiede l’accesso alla documentazione richiesta, con ordine all’amministrazione di rilasciare copia delle giustificazioni dell’offerta della ditta Sogeman

Resiste l’Amministrazione intimata.

II – Il Collegio non condivide la tesi più radicale sostenuta dall’appellante, secondo cui l’art. 13, comma 6, non avrebbe introdotto una restrizione in ordine ai principi generali elaborati in ordine all’applicabilità degli artt. 24 e 25 l. n. 241/90, e pertanto l’accesso costituirebbe anche in materia di appalti un diritto autonomo slegato dalla attivazione di rimedi giurisdizionali avverso gli atti di gara.

Reputa che l’appello sia, invece, fondato laddove si sostiene che non si potesse, nella fattispecie, ritenere intervenuta una preclusione all’accesso. E’, infatti, condivisibile la tesi dell’appellante secondo cui, nel particolare caso in cui il partecipante ad una gara (nella specie il secondo classificato), che abbia tempestivamente richiesto l’accesso agli atti entro i dieci giorni di cui all’art. 79 d.lgs. n. 163/2006, ritenga che l’unico profilo di possibile attaccabilità dell’aggiudicazione attenga all’incongruità/anomalia dell’offerta dell’aggiudicataria e l’amministrazione non abbia argomentato il proprio giudizio di non anomalia, dovendosi allora ritenere che abbia recepito le giustificazioni dell’offerta fornite dall’aggiudicataria, in tal caso il termine di impugnazione decorre dal momento in cui l’accesso a tali giustificazioni è consentito, senza che possa onerarsi l’interessato, al fine di mantenere l’interesse all’accesso, della proposizione di un generico ricorso al buio avverso l’aggiudicazione, cui affiancare, mediante la strumento dei motivi aggiunti, i sostanziali specifici motivi una volta conseguito l’accesso alle giustificazioni, in tal modo imponendo che la tutela giurisdizionale avverso un unico atto debba necessariamente svolgersi attraverso plurime impugnazioni.

Più in particolare, ai sensi dell'art. 13, comma 5, lett. a) d.lgs. n. 163/2006 "Fatta salva la disciplina prevista dal presente codice per gli appalti segretati o la cui esecuzione richiede speciali misure di sicurezza, sono esclusi il diritto di accesso e ogni forma di divulgazione in relazione: a) alle informazioni fornite dagli offerenti nell'ambito delle offerte ovvero a giustificazione delle medesime, che costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell'offerente, segreti tecnici o commerciali;...".

Il comma 6 della disposizione citata prevede che "In relazione all'ipotesi di cui al comma 5, lettere a) e b), è comunque consentito l'accesso al concorrente che lo chieda in vista della difesa in giudizio dei propri interessi in relazione alla procedura di affidamento del contratto nell'ambito della quale viene formulata la richiesta di accesso.".

La giurisprudenza ha avuto modo di precisare che la disciplina dettata dall' art. 13, comma 6, del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, in tema di accesso agli atti di gare pubbliche, è più restrittiva di quella generale di cui all' art. 24 della L. 7 agosto 1990 n. 241, sia sotto il profilo soggettivo, atteso che è accordato, sul versante della legittimazione, solo al concorrente che abbia partecipato alla selezione, che sul piano oggettivo, essendo l'accesso condizionato all’esigenza di una difesa in giudizio, laddove il citato art. 24 offre un ventaglio più ampio di possibilità, consentendo l'accesso ove necessario per la tutela della posizione giuridica del richiedente, senza alcuna restrizione alla sola dimensione processuale (cfr. Cons. Stato, sez. V, 17 giugno 2014, n. 3079;
27 aprile 2015, n. 2096).

Invero, la disciplina contenuta nell'art. 13 del codice dei contratti pubblici, con la previsione di particolari limiti oggettivi e soggettivi all'accessibilità degli atti concernenti le procedure di affidamento dei contratti pubblici e l'introduzione di veri e propri doveri di non divulgare il contenuto di determinati atti, costituisce una sorta di microsistema normativo, collegato alla peculiarità del settore considerato, pur all'interno delle coordinate generali dell'accesso tracciate dalla L. n. 241 del 1990 (cfr. in particolare la sentenza, citata anche dal T, Cons. Stato, V, 29.3. 2011, n. 1927). Tale rigorosa interpretazione si impone alla luce dei principi affermati dalla Corte di giustizia delle comunità Europee (sez. III, 14 febbraio 2008, C-450/06, Varec), in tema di bilanciamento, nelle controversie in materia di appalti, fra esigenze di difesa delle parti e tutela della riservatezza delle imprese e dei loro segreti commerciali, quali espressione dei superiori valori della concorrenza e del mercato;
la Corte ha, infatti, ha elaborato in maniera innovativa le disposizioni, sancite dagli artt. 1, n. 1 direttiva 89/665/Cee , 15, n. 2, direttiva 93/36/Cee (ora art. 6 della direttiva 2004/18/Ce), che disciplinano la relazione fra tra diritto di accesso e diritto alla riservatezza delle imprese, affermando che non solo le stazioni appaltanti ma anche gli organi giurisdizionali nazionali investiti di un ricorso concernente le determinazioni inerenti l'aggiudicazione di un appalto pubblico, oltre a garantire la sicurezza delle informazioni acquisite giudizialmente, devono poter decidere di non trasmettere alle parti tali informazioni se ciò risulti necessario a garantire la tutela della leale concorrenza o degli interessi legittimi degli operatori economici.

Pertanto, trattandosi di un diritto di accesso strettamente collegato alla sola esigenza di difesa in giudizio, esso presuppone un accurato controllo in ordine alla effettiva utilità della documentazione richiesta;
controllo che va condotto in riferimento alle caratteristiche della singola fattispecie, sicché, se pure è vero che non si può prescindere da eventuali preclusioni in cui sia incorso il richiedente (es. mancata o non vittoriosa impugnazione della propria esclusione dalla gara da parte del soggetto che richiede l’accesso all’offerta dell’aggiudicataria), va attentamente valutato se possa in concreto affermarsi che una preclusione si è realmente prodotta.

Il T ha rilevato che l’istanza di ostensione presentata dalla ricorrente era motivata proprio con la prospettiva dell’impugnazione relativa alla gara, e ritenuto ostativa ad una pronuncia sul merito del ricorso avverso il diniego di accesso alle giustificazioni dell’offerta dell’aggiudicataria la sopravvenuta scadenza del termine per impugnare l’aggiudicazione, considerandone la decorrenza dall’aggiudicazione stessa e pertanto non necessario e determinante l’accesso alle giustificazioni, in quanto la lesività dell’aggiudicazione era evidente anche senza la conoscenza di queste, rilevanti solo ai fini della proposizione di motivi aggiunti, con conseguente attualità dell’interesse ad agire, che imponeva la proposizione del ricorso avverso l’aggiudicazione.

Orbene, tale impostazione non è coerente con la normativa comunitaria, come chiarita dalla Corte di Giustizia, le cui pronunce costituiscono parte integrante del diritto comunitario direttamente applicabile in Italia. Infatti, la Corte è intervenuta (sez. III, 28.1.10, in causa C-406/08) per chiarire “se l’art. 1 della direttiva 89/665 esiga che il termine per proporre un ricorso diretto a far accertare la violazione della normativa in materia di aggiudicazione di appalti pubblici ovvero ad ottenere un risarcimento dei danni per la violazione di detta normativa decorra dalla data della violazione di detta normativa ovvero dalla data in cui il ricorrente è venuto a conoscenza o avrebbe dovuto essere a conoscenza della violazione stessa”. Al riguardo, ha precisando che tale direttiva è diretta a garantire l’esistenza di mezzi di ricorso efficaci e non contiene una disposizione specificamente attinente alla questione, con la conseguenza che spetta all’ordinamento nazionale di ogni Stato membro definire le modalità relative al termine, ed ha affermato che “Le modalità procedurali di ricorso in giudizio destinate ad assicurare la salvaguardia dei diritti conferiti dal diritto comunitario ai candidati ed agli offerenti lesi da decisioni delle autorità aggiudicatrici non devono mettere in pericolo l’effetto utile della direttiva 89/665 (sentenza Universale-Bau e a., cit., punto 72).”. Alla luce delle finalità della direttiva predetta, ha poi rilevato (punti 30 e 31) che “il fatto che un candidato o un offerente sia venuto a conoscenza del rigetto della sua candidatura o della sua offerta non gli consente di proporre ricorso in modo efficace. Informazioni del genere sono insufficienti per permettere al candidato o all’offerente di scoprire l’eventuale esistenza di un’illegittimità impugnabile con ricorso. Solamente dopo essere venuto a conoscenza dei motivi per i quali è stato escluso dalla procedura di aggiudicazione di un appalto, il candidato o l’offerente interessato potrà formarsi un’idea precisa in ordine all’eventuale esistenza di una violazione delle disposizioni in materia di appalti pubblici e sull’opportunità di proporre ricorso.”. Conseguentemente, la Corte ha affermato (punto 32) “che l’obiettivo stabilito dall’art 1, n. 1, della direttiva 89/665 di garantire ricorsi efficaci contro le violazioni delle disposizioni applicabili in materia di aggiudicazione di appalti pubblici può essere conseguito soltanto se i termini imposti per proporre tali ricorsi comincino a decorrere dalla data in cui il ricorrente è venuto a conoscenza o avrebbe dovuto essere a conoscenza della pretesa violazione di dette disposizioni”.

La predetta decisione, altresì, afferma (punto 50) che “La direttiva 89/665 impone al giudice nazionale di prorogare il termine di ricorso, esercitando il proprio potere discrezionale, in maniera tale da garantire al ricorrente un termine pari a quello del quale avrebbe usufruito se il termine previsto dalla normativa nazionale applicabile fosse decorso dalla data in cui egli era venuto a conoscenza o avrebbe potuto essere a conoscenza della violazione della normativa in materia di aggiudicazione di appalti pubblici, Qualora le disposizioni nazionali relative ai termini di ricorso non si dovessero prestare a un’interpretazione conforme alla direttiva 89/665 il giudice nazionale sarebbe tenuto a disapplicarle”. Tale concetto è ribadito dalla Corte, ad esempio, con la pronuncia della sez. V, 8 maggio 2014, causa C-161/13, in materia di appalti nei settori "speciali".

Nella citata pronuncia del 2010, la Corte di Giustizia ha richiamato anche l’art. 41, n. 1 e 2, della Direttiva 2004/18 che impone alle amministrazioni di comunicare ai candidati ed offrenti esclusi i motivi delle decisioni che li concernono e l’art. 2 quater della direttiva 89/665 introdotto dalla Direttiva 2007/66 che richiede una relazione sintetica dei motivi pertinenti.

Anche la recente Direttiva 2014/24/UE evidenzia l’esigenza di informazione da parte dei candidati ed offerenti.

Nel senso che la decorrenza del termine d'impugnazione si ha dalla conoscenza/conoscibilità dell'aggiudicazione o dalla data di effettiva conoscenza dei vizi di essa, laddove la medesima non li riveli, cfr., ad esempio, Cons. Stato, III, 14 marzo 2012 n. 1428, secondo cui va ritenuta la tempestività di un ricorso proposto successivamente alla scadenza del termine di 30 giorni dalla comunicazione di cui all' art. 79 del D.Lgs. n. 163 del 2006, laddove quest'ultima non risultasse idonea a consentire la piena conoscenza, conseguita solo in un secondo momento (a seguito dell'accesso agli atti di gara), degli atti sottesi all'aggiudicazione e Cons. Stato, III, 12.11.2014, n. 5573 (in tema di ricorso incidentale, secondo cui “l'obiettivo di celerità … non consente comunque agli Stati membri di prescindere dal principio d'effettività, per cui le modalità d'applicazione dei termini di decadenza nazionali non devono rendere impossibile o troppo difficile l'esercizio dei diritti spettanti agli interessati in forza del diritto comunitario. Resta, quindi, sottoposto al prudente apprezzamento del Giudice nazionale, quale primo e qualificato interprete del diritto sostanziale e processuale dell'UE in tema di pubblici appalti, di valutare se, pur a fronte di norme precise per la proposizione di ricorsi e impugnative al riguardo, i relativi termini non siano eccessivamente gravosi. E tal gravosità, tale, quindi, da non consentire un'efficace e concreta difesa, va intesa con riguardo non solo alla quantità dei giorni occorrenti per proporre un'impugnativa o per resistervi, ma anche alla combinazione di tal dato con l'identificazione dell'evento lesivo. Pertanto, come non si può proporre ricorso in modo efficace qualora il ricorrente principale non abbia informazioni sufficienti per scoprire l'eventuale illegittimità degli atti, così il ricorrente incidentale, quando vuol proporre un gravame "escludente", deve a sua volta poter superare siffatta asimmetria, mercé i rimedi che l'ordinamento gli appresta.”)

Pertanto, contrariamente all’avviso del T, non può dirsi, nella specifica fattispecie, verificata una preclusione all’impugnazione dell’aggiudicazione e dunque la sopravvenuta carenza di interesse all’accesso.

Va, d’altra parte, ricordato che l' art. 13, comma 5, d.lgs. n. 163 del 2006, nel prevedere l'esclusione dall'accesso per "le informazioni fornite dagli offerenti nell'ambito delle offerte ovvero a giustificazione delle medesime", esige a tal fine che le medesime integrino segreti tecnici o commerciali "secondo motivata e comprovata dichiarazione dell'offerente".

Il legislatore, pertanto, se ha inteso escludere dal raggio di azionabilità del diritto di ostensione la documentazione suscettibile di rivelare il knowhow industriale e commerciale contenuto nelle offerte delle imprese partecipanti, sì da evitare che operatori economici in diretta concorrenza tra loro possano utilizzare l'accesso non già per prendere visione della stessa allorché utile a coltivare la legittima aspettativa al conseguimento dell'appalto, quanto piuttosto per giovarsi delle specifiche conoscenze possedute da altri al fine di conseguire un indebito vantaggio commerciale all'interno del mercato, in pari tempo, tuttavia, ha subordinato il funzionamento dell'indicata causa di esclusione all'adempimento, da parte dell'impresa cui si riferiscono i documenti, dello specifico onere di fornire motivata dichiarazione comprovante che effettivamente siano in questione informazioni integranti segreti tecnici o commerciali.

Nella specie, mentre l’odierna appellante, seconda classificata, aveva sufficientemente evidenziato il collegamento concreto e attuale tra l’istanza e le avvertite esigenze di tutela giurisdizionale riguardo all’aggiudicazione, non emerge dall’impugnato diniego opposto dall’amministrazione quale sia la concreta necessità della aggiudicataria, che ha negato l’assenso all’esibizione con apodittico riferimento a segreti di natura commerciale, di preservare propri segreti (tanto più se si considera il settore cui la gara si riferisce, che non è certo un ambito che per antonomasia esprima esigenze di riservatezza) né che l’amministrazione abbia effettuato una valutazione circa tale esigenza. Parimenti, la sentenza gravata non contiene indicazioni concrete né una valutazione circa la reale esigenza di riservatezza, ai sensi dell’art. 13, comma 5, lett. a).

La pretesa ostensiva merita, quindi, accoglimento

In conclusione l’appello va accolto, con riforma della sentenza impugnata nel senso dell’accoglimento del ricorso di primo grado, con ordine all’amministrazione intimata – Genio civile di Messina di consentire alla Euroservice Group s.r.l. di visionare le giustificazioni dell’aggiudicataria Sogeman s.r.l. ed di estrarne copia.

Le spese del doppio grado di giudizio seguono la soccombenza, nella misura indicata in dispositivo.

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