CGARS, sez. I, sentenza 2018-04-24, n. 201800231
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta
Segnala un errore nella sintesiTesto completo
Pubblicato il 24/04/2018
N. 00231/2018REG.PROV.COLL.
N. 00571/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA
in sede giurisdizionale
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 571 del 2017, proposto dal Comune di Messina, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato A G, con domicilio eletto presso lo studio Andrea Chiarelli in Palermo, via Ugdulena 3;
contro
Silea Immobiliare s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avvocato A S, con domicilio eletto il Consiglio di Giustizia Amministrativa - Segreteria in Palermo, via F. Cordova 76;
nei confronti
Città Metropolitana di Messina, non costituita in giudizio;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. SICILIA - SEZ. STACCATA DI CATANIA, Sez. I, n. 1057/2017, resa tra le parti, concernente l’impugnazione:
- del provvedimento prot. 80482 del 25.03.2016 con il quale il Comune di Messina - Dipartimento Politiche del Territorio - Servizio valutazioni di incidenza ha sospeso il rilascio del rinnovo della valutazione di incidenza ambientale dopo aver ottenuto parere preventivo negativo n. 110 del 20.01.2016 della Città Metropolitana di Messina;
- del provvedimento prot. 76159 del 22.03.2017 con il quale il Comune di Messina - Dipartimento Politiche del Territorio - Servizio valutazioni di incidenza ha ritenuto non verificata la valutazione di incidenza ambientale dopo aver ottenuto parere preventivo negativo n. 184 del 7.10.2016 della Città Metropolitana di Messina.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Silea Immobiliare s.r.l.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 marzo 2018 il Cons. N G e uditi per le parti gli avvocati Pieranna Filippi e Nazareno Pergolizzi su delega di A S;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1 La Silea Costruzioni s.r.l., presentatrice di un progetto per la realizzazione di un fabbricato a tre elevazioni fuori terra, oltre piano seminterrato e sottotetto, in località “Grotte” del Comune di Messina (sito “Q” della Zona di protezione speciale di cui agli atti), proponeva ricorso dinanzi al T.A.R. per la Sicilia – Sezione di Catania impugnando:
- il provvedimento del Comune di Messina n. 80482 del 25 marzo 2016, con il quale il Dipartimento Politiche del Territorio - Servizio valutazioni di incidenza di tale Ente aveva negato il rilascio del rinnovo della valutazione di incidenza ambientale a suo tempo accordata con atto del 22-28 gennaio del 2008;
- il parere preventivo negativo n. 112 del 20 gennaio 2016, con il quale la VI Direzione Ambiente della Città Metropolitana di Messina aveva espresso avviso negativo sul progetto edilizio della ricorrente.
Resistevano al gravame il Comune e la Città Metropolitana di Messina.
Il Tribunale con ordinanza del 26-27 maggio 2016 accoglieva la domanda cautelare proposta dalla ricorrente, ordinando alle Amministrazioni resistenti di riesaminare la richiesta di proroga della valutazione d’impatto ambientale, previo esame delle modifiche progettuali presentate dalla richiedente per il recupero del consumo di habitat (registrato, nel sito, in misura superiore alla soglia dell’1 %).
Tanto in forza della seguente motivazione: “ Ritenuto, alla prima delibazione consentita in sede cautelare, che gli atti impugnati non appaiono conformi alle disposizioni comunitarie laddove non consentono all’impresa richiedente di adattare il progetto edificatorio - per il quale è stata demandata la proroga della valutazione di incidenza ambientale – mediante proposta di recupero del consumo di habitat per la misura superiore al parametro massimo dell’uno per cento, e conseguente valutazione di adeguatezza della proposta medesima;
Ritenuto, pertanto, di accogliere la domanda di sospensione cautelare, con ordine di riesame e rivalutazione della richiesta di proroga previa presentazione, a cura dell’impresa richiedente, delle necessarie modifiche di progetto ”.
Con due successivi atti di motivi aggiunti la società ricorrente insorgeva, indi, avverso le nuove determinazioni, sempre di segno negativo, rispettivamente assunte, dopo la predetta ordinanza cautelare, dalla Città Metropolitana di Messina, che aveva emesso il nuovo parere negativo n. 184 del 7 ottobre 2016, e dal Comune, che sulla richiesta del privato aveva espresso con atto del 22 marzo 2017 un secondo diniego richiamandosi al parere emesso dalla Commissione comunale Tecnico-scientifica per le verifiche delle valutazioni di incidenza nella seduta del precedente 1° marzo, la quale aveva evidenziato come il progetto mancasse delle prescritte misure di compensazione ecologica preventiva.
2 Alla Camera di consiglio dell’11 maggio 2017 il Tribunale adìto definiva il giudizio di primo grado con la sentenza n. 1057/2016 in epigrafe, emessa in forma semplificata ai sensi dell’art. 60 C.P.A..
Con tale decisione l’impugnativa della soc. Silea veniva accolta con la motivazione qui di seguito trascritta.
“ Rilevato che il nuovo progetto presentato dalla ditta ricorrente prevede il recupero di habitat in misura pari a 0,28%, a fronte del consumo effettivo dell’1,28% nel progetto originario ;
Rilevato che il parere preventivo della Città Metropolitana in data 20.1.2016 ammette un consumo di habitat dell’1% come limite massimo di non significatività dell’incidenza ambientale nelle aree di Natura 2000;
Rilevato che il successivo parere della Città Metropolitana e i due dinieghi del Comune non valutano affatto la congruità del recupero proposto dalla Silea, nonostante ciò sia stato richiesto da questo Tribunale con l’ordinanza 27.5.2016 n. 419;
Rilevato che il parere negativo della Città Metropolitana in data 7.10.2016 – assunto a seguito del riesame disposto con l’ordinanza n. 419/2016 e contestato con i primi motivi aggiunti – afferma che “la criticità nel sito è un fatto ormai palese e non basta certo ridimensionare la perdita del suolo riportandola sotto la soglia dell’1%” e considerato che detta affermazione è in evidente contrasto con il primo parere, che invece ritiene irrilevante il consumo di habitat dell’1%;
Rilevato che il secondo provvedimento negativo del Comune, impugnato con i secondi motivi aggiunti, nulla aggiunge di nuovo alla considerazione della fattispecie;
Ritenute, perciò, fondate le censure che rilevano l’eccesso di potere per illogicità manifesta;
Ritenuto che ai fini della tutela processuale è sufficiente disporre l’annullamento dei provvedimenti di diniego assunti dal Comune di Messina, laddove i pareri della Città Metropolitana fanno parte della fase procedimentale consultiva ”.
3 Seguiva avverso tale sentenza la proposizione del presente appello da parte del Comune di Messina, che riproponeva le proprie difese e sottoponeva a critica gli argomenti con cui il Tribunale le aveva disattese accogliendo l’impugnativa avversaria.
L’originaria ricorrente, dal canto suo, resisteva all’appello comunale deducendone l’infondatezza, non senza riproporre i motivi di gravame assorbiti dal T.A.R., e concludeva per la conferma della sentenza di prime cure.
La domanda cautelare proposta unitamente all’appello veniva respinta per difetto d’immediatezza del danno paventato dall’appellante, provvedendosi alla sollecita fissazione dell’udienza pubblica per la trattazione della causa in sede di merito.
Le due parti costituite riprendevano e sviluppavano con successive memorie le rispettive tesi e ragioni, insistendo per le conclusioni già articolate.
La SILEA depositava, infine, uno scritto di replica.
Alla pubblica udienza del 15 marzo 2018 la causa è stata trattenuta in decisione.
4 La difesa della società appellata ha eccepito l’inammissibilità dell’appello sul rilievo che esso avrebbe introdotto, attraverso l’affermazione che l’indice del consumo di suolo dell’1 % costituirebbe un dato solo “indicativo”, e potrebbe perciò essere considerato come soglia non significativa, un’irrituale integrazione postuma della motivazione dei provvedimenti impugnati.
In contrario deve osservarsi, tuttavia, che nel contesto del parere della Città Metropolitana del 7 ottobre 2016 era già stato espressamente affermato proprio che la soglia dell’ 1 % corrispondeva a un “ valore individuato dalle guide metodologiche europee come limite non significativo ”, e, su tale premessa, soggiunto che la zona Q era un “ sito con elevate peculiarità ambientali uniche nel suo genere, al cui interno ricade la Riserva Naturale Orientata “Laguna di Capo Peloro”, identificata, altresì, come IBA (Important Bird Areas), secondo la direttiva Uccelli 79/409/CEE, e che pertanto deve assolutamente essere salvaguardata ”.
Ciò posto, nella determinazione comunale del 22 marzo 2017 il parere testé menzionato formava oggetto di uno specifico richiamo, con la precisazione che lo stesso costituiva “ parte integrante del presente atto ”: e questo sia nel preambolo della determinazione stessa che nella sua parte motiva (pag. 4, punto 1, ultimo periodo).
Nessun dubbio può nutrirsi, quindi, sul fatto che i passaggi esposti del parere del 7 ottobre 2016 fungessero, per relationem , da motivazione integrativa della determinazione comunale del 22 marzo 2017.
Ne consegue che l’affermazione che l’indice del consumo di suolo dell’1 % costituiva un dato solo indicativo costituiva già parte integrante della motivazione anche della menzionata determinazione comunale: dal che si desume l’inconsistenza dell’eccezione dell’appellata.
5 L’appello comunale, oltre a essere ammissibile, è fondato, imponendosi pertanto la riforma della sentenza impugnata.
5a Il Tribunale con la propria sentenza ha affermato: “ il successivo parere della Città Metropolitana e i due dinieghi del Comune non valutano affatto la congruità del recupero proposto dalla Silea, nonostante ciò sia stato richiesto da questo Tribunale con l’ordinanza 27.5.2016 n. 419 ”.
Con il presente appello (pagg. 12-13) è stato però fatto correttamente notare, sulla scorta di richiami testuali, che la determinazione comunale del 22 marzo 2017 aveva espressamente recepito, proprio sul tema della congruità del recupero proposto, le puntuali osservazioni svolte, in proposito, dalla Commissione comunale Tecnico-scientifica per le verifiche delle valutazioni di incidenza nella seduta del 1° marzo 2017 (cfr. i punti 5) e 6) del relativo parere, di cui al verbale in atti). E’ poi il caso di aggiungere che sullo stesso punto si era espressa, con altrettanta chiarezza, anche la Città metropolitana in occasione del suo parere del 7 ottobre 2016, che per quanto già detto va reputato integrativo della motivazione della conclusiva determinazione comunale.
Come emergerà in dettaglio nel prosieguo, dunque, la congruità del recupero proposto, diversamente da quanto ritenuto dal Tribunale, era stata in realtà specificamente valutata.
5b Il Comune di Messina con il presente appello muove alla sentenza di primo grado, più ampiamente, la corretta critica di fondo che il T.A.R., con l’affermare che “ il secondo provvedimento negativo del Comune, impugnato con i secondi motivi aggiunti, nulla aggiunge di nuovo alla considerazione della fattispecie ”, aveva completamente omesso di considerare la pur consistente motivazione posta, di contro, da esso Ente locale a base del proprio ultimo provvedimento.
Il Comune, lungi dal recepire passivamente il parere della Città Metropolitana, aveva difatti esposto una puntuale motivazione, formulando degli articolati rilievi tecnici e giuridici a carico del progetto del privato, dei quali era stato semmai il Tribunale a non tenere alcun conto.
Il suo provvedimento del 22 marzo 2017, in particolare, attraverso i propri richiami al parere della già menzionata Commissione comunale, riprendeva l’obiezione che l’intervento proposto dall’appellata doveva essere esaminato alla stregua di un nuovo progetto, “ come tale … soggetto a tutte le prescrizioni imposte per le iniziative ricadenti all’interno del sito Q ”.
Ma neppure questo tema ha formato oggetto di alcuna disamina da parte del Giudice di prime cure.
Il Tribunale è rimasto attestato sull’affermazione che la Città Metropolitana con il suo primo parere (quello del 20 gennaio 2016) aveva ammesso un consumo di habitat dell’1% come limite massimo di non significatività dell’incidenza ambientale nelle aree di “Natura 2000”, sicché per questa via tale Amministrazione avrebbe reputato “ irrilevante il consumo di habitat dell’1% ”: posizione con la quale gli atti impugnati si sarebbero invece posti in conflitto.
Il fatto è che siffatto giudizio, come pure la conclusione che il nuovo provvedimento comunale “ nulla aggiunge di nuovo ”, sono inficiati dall’omesso esame dei molteplici argomenti sollevati al riguardo dalle difese delle Amministrazioni sulla scia degli atti del procedimento, a partire da quello –già emerso- riflettente il carattere solo orientativo, e pertanto nient’affatto vincolante, della soglia del 1 %.
Onde anche sotto questo aspetto, pur di evidente centralità, si rivela fondata la critica al Giudice di prime cure di aver omesso ogni considerazione dell’articolata motivazione corredante gli atti impugnati.
6 La sentenza impugnata già per quanto detto merita allora le censure rivoltele dal Comune, stanti le gravi lacune che hanno inficiato il percorso logico seguito dal T.A.R. nell’esame di un thema decidendum , invero, considerevolmente più ampio e complesso rispetto alla ben ristretta prospettiva dell’esame condotto dal primo Giudice.
7 Tanto premesso, mette subito conto osservare che le censure di parte privata accolte dal T.A.R. si evidenziano in realtà infondate già alla luce delle seguenti, schematiche considerazioni:
- come si è visto, non è affatto esatto che l’Amministrazione avesse omesso l’esame della congruità del recupero proposto dalla SILEA, risultando per tabulas esattamente il contrario: la misura di compensazione proposta è stata reputata, in sintesi, “ insufficiente in termini di quantificazione della superficie e non accettabile in termini di localizzazione ”;
- venendo poi alle motivazioni con cui l’Amministrazione, nel proprio apprezzamento discrezionale, ha reputato inaccoglibile il recupero proposto, le stesse risultano intrinsecamente logiche e non sono state attinte da alcuna persuasiva contestazione: la modifica apportata al progetto prevedeva lo stralcio da questo, in funzione appunto di “ recupero di habitat ”, di una fascia di mt. 2,40 x 60 posta, va sottolineato, al piano seminterrato del fabbricato;l’Amministrazione in proposito ha fatto però linearmente notare che, dal momento che occorreva compensare la perdita di suolo che l’intervento comportava individuando, sempre all’interno del sito ad alta valenza ambientale “Q”, un’area pavimentata e/o antropizzata da rinaturalizzare, e di superficie almeno equivalente a quella che sarebbe stata sottratta con il nuovo manufatto, “ le superfici visualizzate come permeabili o a verde, ma ricadenti all’interno delle sagome del fabbricato di progetto (ad esempio, sotto il portico), non sono da considerarsi come tali, in quanto sormontate da superfici impermeabili ” (le ulteriori motivazioni fondanti il giudizio negativo espresso sul recupero proposto dalla SILEA verranno esaminate nei prossimi paragrafi);
- quanto, infine, alla presunta contraddizione tra il primo parere della Città Metropolitana e i nuovi atti, è agevole osservare: per un verso, che tale primo parere si era limitato a esporre quanto segue: “ TENUTO CONTO che un recente studio redatto dal Dipartimento Politiche del Territorio del Comune di Messina ha evidenziato delle criticità in un area che comprende Capo Peloro sino al torrente Papardo e, lungo la costa, dal villaggio Paradiso fino a Mortelle, ove si è riscontrato un consumo di habitat pari al 1,28 %;CONSIDERATO che lo sforamento del parametro dell’1 %, valore indicato dalle linee metodologiche della Commissione Europea come limite massimo di non significatività dell'incidenza nelle aree Natura 2000, impone un'attenta analisi sulle residue aree verdi rimaste;VISTO che il progetto ricade all’interno della suddetta area denominata sito “Q”, e che la superficie interessata dall’intervento, ancorché computata nel citato studio, contribuisce alla determinazione dell’eccedenza del sopra riportato limite dell’1% indicato nelle linee metodologiche della Commissione Europea ”;per altro verso, che la solo limitata diversità di approccio dei nuovi atti rispetto al parere trovava nei primi già una contestuale quanto ragionevole spiegazione, riconducibile: all’illustrata e non decisiva significatività della soglia del 1 % (cfr. il secondo parere della Città Metropolitana);all’espressa necessità di un’assoluta salvaguardia del sito Q (idem);infine, alla necessità di esaminare il progetto della SILEA alla stregua di un nuovo progetto, “ come tale … soggetto a tutte le prescrizioni imposte per le iniziative ricadenti all’interno del sito Q ”.
Le doglianze di parte privata che il primo Giudice aveva accolto devono pertanto essere disattese.
8 Occorre a questo punto procedere al vaglio dei motivi assorbiti dal T.A.R. e in questa sede riproposti dalla SILEA con il proprio controricorso (pagg. 14 e segg.).
8a Con il primo di tali motivi la società, una volta ricordato di aver ottenuto per il proprio progetto un nulla osta ambientale già con determina del 28 gennaio 2008, ha negato che tale titolo potesse reputarsi decaduto in forza dell’art. 26, comma 6, del d.P.R. n. 152/2006 per l’omessa realizzazione dell’intervento nel termine di cinque anni.
La questione così sollevata risulta, però, superata dalla circostanza che sin dal 6 luglio 2015 la stessa ricorrente aveva presentato al Comune una nuova richiesta (n. 012307) di valutazione d’incidenza in ordine al proprio progetto, corredata di relazione e studio di incidenza ambientale, e che proprio a tale richiesta si erano riferite le sfavorevoli determinazioni impugnate mediante l’originario atto introduttivo.
La società in seguito aveva presentato anche svariate istanze ulteriori, tese sempre a ottenere un rinnovo del precedente nulla osta del 2008.
Ora, tutte queste richieste recavano evidentemente un’implicita ammissione dell’avvenuto esaurimento degli effetti del vecchio nulla osta, mai seguito dall’avvio dei lavori, nonché della necessità di munirsi di una nuova valutazione d’incidenza ambientale.
Non pare dubbio, d’altra parte, che sulle istanze della società, comunque qualificate, l’Amministrazione dovesse applicare anche la disciplina ambientale sopravvenuta (in particolare, il Piano di Gestione della ZPS approvato nel 2010 e le circolari successive), la quale evidentemente non poteva essere ignorata.
Non sussistono dunque le condizioni per uno scrutinio di merito di questo primo motivo (che il T.A.R. con la sentenza in epigrafe aveva già, del resto, implicitamente quanto inequivocabilmente respinto, sottoponendo la SILEA alla nuova disciplina vigente nel sito).
8b Il secondo dei motivi riproposti investe il parere preventivo negativo del 20 gennaio 2016 espresso sul progetto dalla Città Metropolitana di Messina.
Il parere viene contestato sia per il suo richiamarsi all’avviso di una Commissione consultiva reso, in realtà, solo sette giorni dopo il primo, sia in quanto l’intervento in progetto non ricadeva nell’area naturale protetta di Capo Peloro né avrebbe avuto influenza sulla sua tutela, con la conseguenza che il parere avrebbe esorbitato dall’ambito di competenza della Città Metropolitana.
Rispetto al primo profilo indicato è però immediato osservare che l’anomalia segnalata è evidentemente riconducibile a un errore materiale, cui la Città Metropolitana ha rimediato con una nuova formalizzazione del medesimo parere in data 2 febbraio 2016 sotto il numero 112, trasmesso lo stesso giorno tanto al privato quanto al Comune di Messina.
Neppure sussiste la dedotta incompetenza della Città Metropolitana.
E’ pacifico che l’intervento in progetto sia localizzato nella Zona di protezione speciale identificata in atti. Vale allora la previsione, rinvenibile in termini corrispondenti sia nell’art. 5, comma 7, del d.P.R. n. 357/1997, sia nell’art. 2 del decreto 30 marzo 2007 dell’Assessore regionale per il Territorio e l’Ambiente, secondo la quale la valutazione d’incidenza di interventi interessanti zone speciali di conservazione ricadenti, interamente o anche solo in parte, in un’area naturale protetta, è effettuata previo parere dell’ente di gestione dell’area stessa. E non forma oggetto di contestazione, nello specifico, né che la Città Metropolitana di Messina sia l’ente gestore dell’area naturale protetta di Capo Peloro, né che la ZPS ricada almeno in parte nella detta area.
Anche questo motivo deve quindi essere disatteso.
8c La tesi di fondo di cui al terzo dei motivi riproposti è poi quella che il progetto della SILEA, essendo stato già incluso nello Studio del Dipartimento comunale Politiche del Territorio del 2015 (concernente tutti i progetti autorizzati, anche se non ancora realizzati), Studio che aveva registrato un consumo di habitat pari al 1,28 %, non avrebbe potuto essere riguardato quale fonte di un “ulteriore” consumo di suolo protetto.
Secondo la società, pertanto, non vi sarebbe stato alcun nuovo consumo di suolo e/o habitat da dover recuperare;oppure, in via subordinata, la superficie da recuperare si sarebbe dovuta limitare al differenziale, rispetto al suddetto limite di non significatività dell’1 %, corrispondente allo 0,28 %.
Nemmeno questo motivo può ottenere uno scrutinio favorevole.
Sin dal primo parere della Città Metropolitana è stato rimarcato il fatto che la superficie interessata dall’intervento in progetto, per quanto già computata nel citato Studio, aveva pur sempre contribuito “ alla determinazione dell’eccedenza ” rispetto al sopra riportato limite dell’1 % di cui alle linee metodologiche della Commissione Europea: argomento, questo, opponibile al privato indipendentemente dalla circostanza che il suo intervento fosse considerato, o meno, alla stregua di un “ nuovo sfruttamento di suolo ”.
Se è vero, perciò, che anche il progetto della SILEA era stato incluso nel menzionato Studio, è però decisivo sottolineare che questo secondo si era concluso evidenziando non già risultati positivi, bensì l’esistenza di una situazione critica, tale pertanto da esigere un ripensamento.
D’altra parte, è incontestato che i lavori correlati al progetto in controversia non fossero stati intrapresi. E non pare dubbio che il ridimensionamento delle iniziative private progettate a carico del sito “Q” della ZPS, logicamente imposto dall’accertamento della suddetta eccedenza, non potesse non colpire -quantomeno in primis - proprio i progetti che, come appunto quello dell’appellata, non erano ancora passati alla fase esecutiva.
La revisione di tali progetti trovava giustificazione, inoltre, anche nel recente avvio, nel 2014, di una procedura istruttoria europea aperta a carico dell’Italia e connessa proprio all’avvenuto rilascio di VINCA difformi dalla direttiva europea di riferimento, in particolare per la mancata considerazione degli effetti cumulativi sul sito (caso EU