CGARS, sez. I, sentenza 2015-07-16, n. 201500555

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Sul provvedimento

Citazione :
CGARS, sez. I, sentenza 2015-07-16, n. 201500555
Giurisdizione : Consiglio Di Giustizia Amministrativa per la Regione siciliana
Numero : 201500555
Data del deposito : 16 luglio 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00644/2013 REG.RIC.

N. 00555/2015REG.PROV.COLL.

N. 00644/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA

in sede giurisdizionale

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 644 del 2013, proposto da:
"Le Palme di Conturrana Srl", rappresentata e difesa dall'avv. P G, con domicilio eletto presso l’avv. Nicola Messina in Palermo, Via F. Scaduto n. 10/B;

contro

Assessorato Regionale Beni Culturali e Identita' Siciliana;
Soprintendenza Beni Culturali e Ambientali di Trapani;
, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata in Palermo, Via De Gasperi n. 81

per la riforma

della sentenza del T.A.R. SICILIA - PALERMO: SEZIONE I n. 02672/2012, resa tra le parti, concernente rilascio di autorizzazione paesaggistica - risarcimento danno

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Assessorato Regionale Beni Culturali e Identità Siciliana;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 giugno 2015 il Cons. G B e uditi per le parti l’avv. P. Giliberti e l'avvocato dello Stato Pollara;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Il sig. Pellegrino Baldassarre, dante causa della società ricorrente, aveva chiesto al Comune di S. Vito Lo Capo il rilascio della concessione edilizia per la realizzazione di un fabbricato ricadente in zona B1, iniziativa per la quale la Soprintendenza ai BB.CC.AA di Trapani aveva rilasciato il proprio nulla osta senza alcuna condizione.

Il Comune aveva rilasciato il titolo abilitativo con il provvedimento n. 43 del 29.6.94, ma lo aveva subordinato al rinnovo del parere della Soprintendenza la quale, nel rinnovarlo con provvedimento del 12.9.96, aveva imposto nuove condizioni non presenti nel provvedimento originario.

Il sig. Pellegrino aveva quindi impugnato il nuovo nulla osta condizionato e, nelle more, aveva iniziato i lavori nel rispetto delle condizioni imposte dalla Soprintendenza ottenendo successivamente la concessione edilizia in variante in data 1.4.98.

Con atto di compravendita del 25.6.98 la società ricorrente aveva acquistato dal sig. Pellegrino l’immobile, per il quale è causa.

Nel contratto di compravendita del 25.6.98 era espressamente convenuto che la società acquirente acquistava il diritto di utilizzare l’originario progetto edificatorio assentito con l’originaria concessione edilizia, nonché il diritto di utilizzare la concessione edilizia in variante realizzando in tal modo il complesso edilizio secondo le prescrizioni della Soprintendenza, composto da 16 unità abitative in meno rispetto all’originario progetto approvato.

Medio tempore il Comune di San Vito Lo Capo aveva modificato il proprio strumento urbanistico e, per quanto attiene all’area di interesse dell’immobile, questa veniva regolata in modo da non essere più suscettibile di ulteriore edificazione oltre quella assentita.

Con sentenza n. 563/2010, all’esito del giudizio nel quale l’odierna ricorrente era intervenuta ad adiuvandum , il TAR di Palermo aveva annullato il nulla osta della Soprintendenza con il quale erano state apposte condizioni all’edificazione e la sentenza era passata in giudicato. L’annullamento era intervenuto però, come è pacifico tra le parti, per motivi formali.

La società ricorrente ha agito quindi davanti al TAR per la Sicilia per ottenere il risarcimento del danno che affermava di avere subìto a causa dell’atto illegittimo della Soprintendenza, poi annullato dal TAR, danno consistente nella circostanza di essere stata costretta a costruire 16 appartamenti in meno rispetto al progetto originario, la cui realizzazione era stata impedita proprio dal provvedimento illegittimo della Soprintendenza.

Ha resistito l’amministrazione regionale.

Il Tribunale ha rigettato il ricorso osservando, in primo luogo, che mancherebbe la prova del danno patito dalla ricorrente nella propria sfera patrimoniale. Ha aggiunto che la sopravvenienza di un nuovo strumento urbanistico, incidente sullo ius edificandi della ricorrente, costituisce causa oggettiva dell’asserito pregiudizio con elisione del nesso di causalità.

A completamento del proprio ragionamento il Tribunale ha ricordato che la Soprintendenza, a seguito della sentenza di annullamento del TAR n. 563/2010, ha proceduto alla riedizione del potere, come risulta dalla sua nota prot. 1688 del 2.3.2011, dalla cui motivazione si traggono le ragioni dell’imposizione delle prescrizioni.

Avverso la sentenza ha proposto appello la società che l’ha criticata sulla base del seguente motivo: errata applicazione dei principi in tema di risarcibilità del danno. Violazione ed errata applicazione dei principi in materia di successione a titolo particolare per atto inter vivos. Violazione dei principi in tema di tutela dell’affidamento. Violazione dell’art. 97 della Costituzione. Contraddittorietà ed illogicità della sentenza impugnata in relazione alle risultanze probatorie.

Si sono costituiti con propria memoria l’Assessorato regionale BB.CC.AA. e la Soprintendenza di Trapani che hanno chiesto che il ricorso venga dichiarato inammissibile per difetto di legittimazione attiva dell’appellante. In subordine che venga dichiarato infondato in fatto e in diritto e in ulteriore subordine che si quantifichi la percentuale di danno ascrivibile alla stessa controparte ai sensi dell’art. 1227 del cod. civ. escludendone il corrispondente ammontare dall’ipotetico risarcimento.

Con memoria del 13.5.2015 la società ricorrente ha ulteriormente illustrato i motivi del ricorso

All’udienza del 18.6.2015 il ricorso è stato trattenuto per la decisione

DIRITTO

Il ricorso è infondato.

Il Collegio ritiene che possa prescindersi dall’esaminare l’eccezione dell’amministrazione di inammissibilità del ricorso considerata la sua infondatezza.

La giurisprudenza ha chiarito che ai fini del risarcimento del danno conseguente all’annullamento di un provvedimento, non basta la dichiarazione di illegittimità dell’atto e l’accertamento della colpa dell’amministrazione, ma occorre che sia comprovata in modo certo la spettanza del bene della vita, fatta valere da chi chiede il risarcimento, e la correlata lesione derivante dal provvedimento illegittimo. Occorre, quindi distinguere, nel caso in cui vi sia stato un annullamento per vizio del procedimento, se questo sia avvenuto a seguito dell’accertamento di una illegittimità di natura formale o di carattere sostanziale, giacché la pretesa risarcitoria non può trovare accoglimento nel caso in cui il giudice abbia rilevato un’illegittimità di natura formale che non contenga alcuna valutazione definitiva in ordine al rapporto giuridico controverso, risolvendosi nell’accertamento di una violazione del procedimento di formazione del provvedimento. Ciò appare particolarmente evidente nei casi in cui, pur a seguito dell’annullamento dell’atto impugnato, l’amministrazione conserva intatto il potere di rinnovare il procedimento, eliminando il vizio riscontrato (v. Cons. Stato, sez. IV, 4.9.2013, n. 4439 e sez. VI, 11.12.2013 n. 5938).

Consegue che la lesione dell’interesse legittimo, pur essendo condizione necessaria, non è sufficiente per accedere alla tutela risarcitoria ex art. 2043 cod. civ., perché occorre che risulti leso, per effetto dell’attività illegittima e colpevole della P.A., l’interesse al bene della vita, al quale è correlato l’interesse legittimo e che il detto interesse al bene risulti meritevole di tutela alla luce dell’ordinamento positivo (Cons. Stato, sez. V, 28.2.2013, n. 1220;
sez. VI 21.12.2013 n. 5944).

Il Collegio non ha ragione di allontanarsi dai richiamati principi che individuano l’ingiustizia del danno in base alla c.d. logica della spettanza del bene della vita e ritiene che la loro applicazione induca a rigettare la richiesta risarcitoria.

Nella vicenda esaminata non vi è dubbio, in quanto riconosciuta dalle parti, che dopo l’annullamento del nulla osta della Soprintendenza, questa ha conservato integro il potere di provvedere sulla richiesta di nulla osta della società ricorrente e, procedendo alla riedizione del suo potere, con la nota n. 1688 del 2.3.2011 ha riesaminato nel merito il progetto originariamente proposto dal dante causa della ricorrente, giungendo, in maniera motivata, alla conclusione che il progetto risulta compatibile con i valori paesaggistici tutelati soltanto alle stesse condizioni a suo tempo indicate nell’annullato provvedimento del 1996.

Se ne deve concludere, richiamando le considerazioni sopra svolte in tema di ingiustizia del danno, secondo le quali questo sussiste solo in caso di accertata spettanza del bene della vita, che nel caso sottoposto all’esame del Collegio non può accogliersi la domanda di risarcimento in quanto il bene della vita, consistente nella possibilità di una maggiore edificazione, non spettava alla ricorrente, già nel 1966 e che, anche quando il potere fosse stato esercitato senza che si determinasse il vizio formale che ha portato all’annullamento dell’atto della Soprintendenza, questa avrebbe comunque provveduto legittimamente in senso negativo, imponendo le stesse condizioni che sono state imposte con la nota del 2.3.2011, impedendo già allora l’edificazione nella misura auspicata dalla società.

L’appello, conclusivamente, risulta infondato e come tale va rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e vanno determinate come in dispositivo.

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