CGARS, sez. I, sentenza 2017-03-24, n. 201700133

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Sul provvedimento

Citazione :
CGARS, sez. I, sentenza 2017-03-24, n. 201700133
Giurisdizione : Consiglio Di Giustizia Amministrativa per la Regione siciliana
Numero : 201700133
Data del deposito : 24 marzo 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 24/03/2017

N. 00133/2017REG.PROV.COLL.

N. 00757/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA

in sede giurisdizionale

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 757 del 2016, proposto da:
Comune di Patti, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato R R, con domicilio eletto presso la Segreteria del Consiglio di Giustizia amministrativa in Palermo, via F. Cordova , 76;

contro

Dusty S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati M C e A B, con domicilio eletto presso la Segreteria del Consiglio di Giustizia amministrativa in Palermo, via F. Cordova , 76;

nei confronti di

Ditta Pizzo Pippo non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. Sicilia - sez. staccata di Catania, sezione III n. 1246/2016, resa tra le parti, concernente gara d’appalto per l’affidamento del servizio di igiene ambientale;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della società Dusty S.r.l.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell'udienza pubblica del giorno 15 marzo 2017, il Consigliere Giulio Castriota Scanderbeg e uditi per le parti gli avvocati R. Rifici e A.Bivona;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

considerato che il Comune di Patti ha proposto appello per la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale della Sicilia, sez.di Catania, del 20 aprile 2016, n. 1246 che ha accolto il ricorso proposto dalla società Dusty s.r.l. avverso l’aggiudicazione alla ditta Pizzo Pippo, disposta dal Comune qui appellante con l’ordinanza contingibile ed urgente n. 76 del 29 maggio 2015 oggetto della impugnazione di primo grado, della gara informale per l’affidamento in via d’urgenza fino al novembre 2015, del servizio di raccolta ed il conferimento in discarica dei rifiuti prodotti sul territorio comunale di Patti;

considerato che l’appellante ha censurato la gravata sentenza reiterando la questione della inammissibilità, sotto un duplice profilo, del ricorso di primo grado, e contestando, in ogni caso, la decisione di primo grado anche nella parte recante la condanna al risarcimento del danno per mancata aggiudicazione alla ricorrente della commessa di che trattasi, in carenza - a dire dell’appellante – di tutti i presupposti per far luogo alla pronuncia risarcitoria;

considerato che la società Dusty s.r.l. nel costituirsi in giudizio ha contestato la fondatezza dell’appello e ne ha chiesto la reiezione, con ogni statuizione conseguenziale anche sulle spese di lite;

considerato che le parti hanno depositato memorie illustrative in vista dell’udienza di discussione;

considerato che la causa è stata rimessa per la discussione all’udienza pubblica del 15 marzo 2017 alla quale è stata trattenuta per la sentenza, che viene resa in forma semplificata ai sensi degli artt. 74 e 120 c.p.a.;

considerato che l’appello è infondato e va respinto;

considerato, quanto al rilievo dell’omessa notifica del ricorso di primo grado al Ministero degli interni, che il motivo risulta infondato posto che l’atto impugnato in prime cure è un’ordinanza contingibile ed urgente adottata dal sindaco, ai sensi dell’art. 191 del d.lgs. n. 152 del 2006, iure proprio ( e quindi non quale longa manus dell’autorità centrale) al fine di gestire in via d’urgenza una situazione di emergenza ambientale, onde non ricorre nella specie alcuna forma di compartecipazione tra l’ente periferico e quello centrale nell’esercizio della funzione amministrativa esercitata né di sussidiarietà, neppure sotto il profilo della responsabilità patrimoniale, del Ministero degli interni, che pertanto a giusto titolo non è stato evocato nel giudizio di primo grado ( non avendo tale Amministrazione centrale legittimazione passiva a resistere, neppure limitatamente alla domanda di danni);

considerato che miglior sorte non merita l’ulteriore motivo dedotto in ordine alla inammissibilità, sotto altro profilo, dell’originario ricorso, per pretesa intrinseca contraddittorietà logico-giuridica tra la domanda di annullamento (dell’ordinanza contingibile ed urgente impugnata in via principale) e la richiesta risarcitoria da mancata assegnazione del medesimo servizio di cui alla citata ordinanza;

considerato che tale contradditorietà per vero non sussiste;

considerato che la originaria ricorrente ha dedotto, senza graduare esplicitamente i motivi, la censura secondo cui il servizio sarebbe stato affidato senza gara ad evidenza pubblica in difetto delle condizioni legittimanti, che lo stesso sarebbe stato affidato erroneamente alla controinteressata pur avendo la Duty proposto l’offerta di maggior ribasso ( essendo stati illegittimamente valorizzati in favore della aggiudicataria servizi aggiuntivi non previsti dalla lettera di invito);

considerato che, in difetto di esplicita graduazione dei motivi, spetta al Collegio esaminarli secondo un ordine logico e che, in tale prospettiva, appare corretto far luogo all’esame preliminare delle censure dal cui accoglimento deriva la massima soddisfazione dell’interesse del deducente;

considerato che, seguendo tale criterio, il giudice di primo grado ha correttamente esaminato in via preliminare le censure dedotte da Duty s.r.l. in ordine alla illegittima aggiudicazione del servizio alla ditta Pizzo e, ritenute le stesse fondate, ha fatto luogo alla condanna della qui appellante amministrazione al risarcimento del danno ( essendo stato medio tempore già espletato il servizio oggetto di causa, ed essendo pertanto non più praticabile la soluzione della sostituzione della ricorrente nella esecuzione del contratto);

considerato che non colgono nel segno le censure con le quali l’appellante ha censurato nel merito la decisione impugnata , ritenendo che la stazione appaltante ben avrebbe potuto ravvisare la maggiore convenienza dell’offerta della aggiudicataria pur se quest’ultima ha offerto un ribasso d’asta inferiore a quello della ricorrente di primo grado;

ritenuto per contro che, come correttamente rilevato dal Tar, appare evidente come la stazione appaltante sia incorsa in una grave illegittimità liddove, pur avendo acquisito un’offerta di maggior ribasso ( appunto, quella della società Duty), ha nondimeno aggiudicato la gara alla ditta Pizzo sulla base di elementi valutativi inerenti la pretesa maggiore complessiva convenienza per la stazione appaltante di aderire alla proposta della ditta Pizzo, che avrebbe offerto di svolgere gratuitamente servizi aggiuntivi non predeterminati dalla stazione appaltante, ma nondimeno di sicura convenienza per la stessa;

considerato che sul punto l’appello va respinto, meritando piena condivisione e conferma la impugnata sentenza, lì dove la stessa ha evidenziato come anche nelle procedure ristrette – quale quella in esame – la stazione appaltante è vincolata alle previsioni dell’avviso di selezione, che nel caso in esame prevedeva quale criterio di selezione delle offerte quello del prezzo più basso, senza possibilità per gli offerenti di inserire nel progetto varianti migliorative per lo svolgimento del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti;

considerato che le ragioni poste a base della decisione sono intuitive ed attengono al rispetto della par condicio competitorum , onde non occorre indulgere oltre nel rilevare la effettiva illegittimità della procedura di gara che, per quanto informale, avrebbe dovuto svolgersi nel rispetto della elementare regola selettiva per cui la scelta del contraente deve avvenire sulla base di criteri predeterminati dalla stazione appaltante ( e soltanto di quelli, non potendo aggiungersene di nuovi ex post, in sede di verifica delle offerte in competizione);

considerato, in definitiva, che il Comune di Patti non avrebbe potuto valorizzare, in sede di valutazione delle offerte in competizione, i pretesi servizi aggiuntivi proposti dalla società Duty ( non previsti nella lettera di invito né in altro atto di definizione preventiva delle regole di gara) dovendo limitarsi ad applicare il criterio del maggior ribasso sulla base d’asta ( sulla base del quale sarebbe rimasta legittima aggiudicataria della gara la società Duty) ;

considerato che correttamente il giudice di primo grado ha ritenuto fondata l’originaria domanda di annullamento e che, non potendo più far luogo alla sostituzione dell’originaria ricorrente nel rapporto contrattuale ( nel frattempo venuto a scadenza ), ha preso in esame, accogliendola, la domanda di risarcimento del danno per equivalente;

considerato, al proposito che il Tar ha riconosciuto alla originaria ricorrente il danno da lucro cessante nella misura del 5% degli utili da calcolarsi sulla offerta presentata ed il cd danno curriculare nella misura del 2% da calcolarsi sempre sulla base dello stesso parametro;

considerato che l’appellante ha censurato la sentenza appellata anche sotto il profilo della quantificazione del danno, in particolare deducendo:

l’esosità della riconosciuta misura risarcitoria del 5% non avendo la società Duty svolto il servizio e non essendo emerso se, nel periodo di riferimento, la società abbia mantenuto mezzi e attrezzature a disposizione per l’eventuale subingresso nel servizio ( ovvero se, come deve presumersi in difetto di prova contraria, abbia svolto altri servizi nello stesso periodo);

l’inadeguatezza del riconoscimento del danno curriculare in mancanza di elementi di prova, da fornire dalla società proponente la domanda risarcitoria, riguardo al minor reddito nel periodo ovvero agli affidamenti che non avrebbe acquisito a causa del mancato raggiungimento del requisito economico-finanziario;

considerato che l’appello merita sul punto parziale accoglimento;

considerato, per vero, che , nella fattispecie in esame, nessuna particolare prova è stata fornita dalla ricorrente in ordine alla misura dell’utile che essa avrebbe potuto trarre, né sono stati allegati indici fattuali circostanziati al punto di consentire, in ipotesi, il ricorso all’uopo a perizie contabili.

Considerato che, secondo la giurisprudenza del Consiglio di Stato (per tutte cfr. C.d.S, V, 18 febbraio 2013, n. 966;
25 giugno 2014, n. 3220), che questo Consiglio condivide, il mancato utile spetta nella misura integrale solo in caso di certezza dell'aggiudicazione in favore del ricorrente e solo se questi dimostri di non aver potuto utilizzare altrimenti maestranze e mezzi, in quanto tenuti a disposizione in vista della commessa;

considerato che, in difetto di tale dimostrazione (che compete al privato fornire), è da ritenere che l'impresa possa ragionevolmente aver riutilizzato mezzi e manodopera per altri lavori o servizi, donde la opportuna decurtazione del risarcimento di una certa misura in ragione dell’ aliunde perceptum vel percipiendum;

considerato che, come altre volte ribadito da questo Consiglio, ai sensi dell'art. 1227 c.c.( implicitamente richiamato dall’art. 30 c.p.a.), il danneggiato ha un puntuale dovere di non concorrere ad aggravare il danno e che nelle gare d’appalto l'impresa non aggiudicataria, ancorché proponga un ricorso e possa ragionevolmente confidare di riuscirne vittoriosa, non può mai nutrire la matematica certezza che le verrà aggiudicato il contratto, atteso che sono molteplici le possibili sopravvenienze ostative soprattutto quando, come nella specie, non abbia tempestivamente proposto domanda cautelare di sospensione della efficacia della aggiudicazione ritenuta illegittima;

considerato che, tutto ciò premesso, appare ragionevole operare una detrazione dal risarcimento del mancato utile, diffusamente affermata dalla giurisprudenza di settore (in particolare, nella misura del 50%), sia in ragione dell' aliunde perceptum , sia dell’ aliunde percipiendum con l'originaria diligenza (cfr. C.d.S., III, 10 aprile 2015, n. 1839;
IV, 1° aprile 2015, n. 1708;
V, 25 giugno 2014, n. 3220;
27 marzo 2013, n. 1833;
7 giugno 2013, n. 3155);

Considerato che poiché nel caso specifico il danneggiato non ha fornito dimostrazione di non aver potuto altrimenti utilizzare maestranze e mezzi, in quanto tenuti a disposizione in vista dell'aggiudicazione, il Consiglio stima equo determinare il danno risarcibile nella misura del 3 % del valore della commessa (da determinare, come si è anticipato, in ragione del ribasso offerto in gara dall’avente diritto), misura che nella vicenda può reputarsi sufficiente ad assorbire anche il parimenti richiesto danno c.d. curricolare;

considerato, infatti, che avuto riguardo alla modesta portata temporale dell’affidamento oggetto di causa ( sei mesi), della assenza di prova in ordine alla mancata acquisizione, nel periodo di riferimento, di altre commesse deve nella specie ritenersi inesistente il danno curriculare, non risultando agli atti sufficienti elementi probatori riguardo alla incidenza negativa, sulla futura operatività dell’impresa, della mancata assegnazione dell’appalto di che trattasi alla originaria ricorrente;

Considerato, inoltre, che nella determinazione della suddetta misura risarcitoria questo Consiglio ha altresì tenuto nel debito conto che la originaria ricorrente, omettendo di presentare tempestiva istanza cautelare per la sospensione dell’efficacia della illegittima aggiudicazione, ha con ciò impedito di ottenere, quantomeno pro parte, l’affidamento del servizio, e cioè il bene della vita primario correlato alla domanda giudiziale;

considerato pertanto che, tenuto conto della decisività dell’efficienza rivestita, sul piano della causalità giuridica, dalla concausa costituita dal concorso del fatto del danneggiato nella produzione dell’evento lesivo costituito dalla perdita della commessa, il Consiglio ritiene di ridurre il risarcimento da riconoscere alla originaria ricorrente dalla misura, liquidata dal Tar, del 5 % del valore della commessa ( oltre al 2% di danno curriculare) a quella, equitativamente determinata (cfr. Cass. civ., Sez. III, 13 novembre 2014, n. 24204;
21 luglio 2011, n. 15991), del 3 % da calcolarsi sul ribasso offerto dalla Duty, somma da ritenersi onnicomprensiva ( dovendo quindi intendersi in essa ricompreso il danno da lucro cessante, quello da danno emergente nonché il c.d. danno curriculare);

considerato pertanto che, in tali limiti dovendo essere contenuta la originaria domanda risarcitoria, l’appello del Comune di Patti può trovare, per quanto di ragione, parziale accoglimento;

considerato, quanto agli accessori della obbligazione risarcitoria, che trattandosi di un debito di valore, all'appellata Duty s.r.l. spetta sulla prestazione risarcitoria la rivalutazione monetaria, secondo gli indici Istat, sino al giorno della pubblicazione della presente sentenza, con la quale in forza della liquidazione giudiziale il debito di valore si trasforma in debito di valuta;

considerato che, sul relativo importo, progressivamente rivalutato, vanno computati fino alla medesima pubblicazione anche gli interessi compensativi al tasso legale, dovendo il creditore essere posto nella stessa condizione economica nella quale si sarebbe trovato se il risarcimento fosse stato immediato;

considerato, infine, che sulla somma complessiva così determinata spettano, infine, dalla data della pubblicazione della sentenza e fino all'effettivo soddisfo, gli interessi nella misura legale;

considerato, da ultimo, che in forza di tutti i rilievi svolti l’appello deve dunque trovare parziale accoglimento, con l’assorbimento delle doglianze non espressamente considerate;

considerato che, in esecuzione della presente sentenza, il Comune qui appellante ai sensi dell’art. 34, comma 4, del c.p.a. dovrà provvedere, attenendosi ai criteri esposti, alla determinazione dell’ammontare del risarcimento da corrispondere alla società facendone oggetto di un’offerta da proporre all’avente diritto nel termine di giorni sessanta dalla pubblicazione della presente sentenza e che, in assenza di un successivo accordo tra le parti, il Consiglio potrà essere nuovamente adìto per ottenere la puntuale determinazione della somma dovuta;

considerato, quanto alle spese di lite, che ricorrono giusti motivi, avuto riguardo alla parziale soccombenza, per far luogo alla compensazione tra le parti delle spese del presente grado di giudizio;

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