TAR Catania, sez. III, sentenza 2016-05-11, n. 201601246

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Catania, sez. III, sentenza 2016-05-11, n. 201601246
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Catania
Numero : 201601246
Data del deposito : 11 maggio 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01472/2015 REG.RIC.

N. 01246/2016 REG.PROV.COLL.

N. 01472/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1472 del 2015, proposto da:
Dy S.r.l., in persona del legale rappr.te p.t., rappresentato e difeso dagli avv. M C e A B, con domicilio eletto presso l'avv. M C in Catania, Via Martino Cilestri, 41;

contro

Comune di Patti, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avv. R R, con domicilio ex lege presso la Segreteria di questo T.A.R.;

nei confronti di

Impresa Pizzo Pippo, in persona del legale rappr.te p.t., rappresentato e difeso dall'avv. N B, con domicilio eletto presso l'avv. Rosaria Consoli in Catania, Via Modena 20;

per l'annullamento

dell’Ordinanza Sindacale del Comune di Patti n. 76 del 29.5.2015, recante “Ordinanza contingibile ed urgente ai sensi dell’art. 191 del D. Lgs. N. 152/2006, modificato dall’art. 9, comma 8, L. 123/08 – Provvedimenti sostitutivi per la prosecuzione del servizio di raccolta e il conferimento in discarica dei rifiuti prodotti sul territorio Comunale di Patti",

– della successiva nota comunale prot. 11422 del 16.6.2015

– ove occorra, di qualsiasi ulteriore provvedimento presupposto, connesso e/o consequenziale;

nonché per la condanna dell’Amministrazione intimata al risarcimento del danno patito in forma specifica tramite l’aggiudicazione della commessa in favore della ricorrente, eventualmente previa declaratoria di inefficacia e/o nullità del contratto se medio tempore stipulato, e/o il risarcimento per equivalente qualora, per l’avanzato stato del servizio o per qualsiasi altra ragione, non sia più possibile subentrare nell’appalto.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Patti e dell' Impresa Pizzo Pippo;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli artt. 74 e 120, co. 10, cod. proc. amm.;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 aprile 2016 la dott.ssa Maria Stella Boscarino e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con il ricorso introduttivo del presente giudizio la ricorrente espone che, con nota prot. 9335 del 21.5.2015, le veniva richiesta un' offerta a fini di indagine di mercato per l’affidamento del servizio di igiene ambientale, nelle more dell’espletamento della gara, per un periodo di mesi sei.

Veniva precisato che le ditte interessate avrebbero dovuto esprimere un ribasso in percentuale sull'importo a base d'asta di euro 490.000,00 e che l'eventuale aggiudicazione sarebbe avvenuta con il criterio del prezzo più basso inferiore a quello posto a base di gara.

La Ditta DUSTY s.r.l. offriva il miglior ribasso (41,27%);
ciò nonostante, con l'ordinanza sindacale impugnata, adottata ex art. 191 comma 1 D.Lgs 152/2006, il servizio veniva affidato alla Ditta Pizzo Pippo, pur avendo la stessa praticato un ribasso pari al 36,30.

Ciò perché, secondo quanto riportato nel verbale di apertura buste del 28.5.2015, la Ditta Pizzo Pippo aveva inserito nella propria offerta anche alcuni servizi e forniture a titolo gratuito.

La ricorrente Dy srl, con il ricorso in epigrafe, ha impugnato gli atti della gara e l'ordinanza di urgenza lamentando, con il primo motivo:

- Violazione art. 191, comma 1, del d. lgs. n. 152/2006: carenza del presupposto dell’eccezionalità della situazione. - Eccesso di potere per sviamento dell’atto dal fine e dall’interesse pubblico. - Violazione art. 191, comma 4, del d. lgs. n. 152/2006: reiterazione provvedimento d’urgenza oltre il termine massimo di 18 mesi.

Con tale motivo si sostiene l'illegittimità dell' ordinanza contingibile e urgente per lo svolgimento del servizio in questione, difettandone i presupposti di legge.

Con il secondo motivo parte ricorrente lamenta la violazione dell'articolo 191, comma 3, del d. lgs. n. 152/2006, per mancanza dei pareri di rito presupposti all’adozione dell’ordinanza.

Con il terzo motivo parte ricorrente lamenta:

- Violazione principi costituzionali di buon andamento ed imparzialità dell’Amministrazione. Eccesso di potere per contraddittorietà evidente e manifesta, difetto di razionalità, sviamento dell’atto.

Con tale motivo parte ricorrente deduce l'illegittimità dell'esito della gara, atteso che, nonostante la selezione fosse stata indetta ai fini dell'individuazione della migliore offerta con il criterio del massimo ribasso, e nonostante la migliore offerta fosse quella della ricorrente, con l'ordinanza impugnata il servizio è stato assegnato alla seconda graduata;
l'esito della procedura sarebbe illegittimo per più ragioni: in primo luogo, per essere stata violata la lex specialis, che non aveva previsto la possibilità di aggiungere prestazioni di natura gratuita, in secondo luogo per avere l'Amministrazione ritenuto più vantaggiosa un'offerta assegnando preferenza ad un criterio non indicato dall'ente e sulla base di prestazioni gratuite prive di una stima economica, e, conseguentemente, in una condizione di incertezza in termini di utilità economica, per la cui valutazione sarebbe stata necessaria una stima, attività, però, in conflitto con le esigenze di urgenza sottese all'ordinanza contingibile.

La ricorrente ha formulato, altresì, istanza di risarcimento del danno .

Il comune di Patti si è costituito in giudizio difendendo la legittimità degli atti impugnati, e con particolare riferimento al terzo motivo di ricorso ha precisato che con nota del 29.5.2015, il Responsabile del III° Settore del Comune di Patti, dopo aver quantificato i servizi e le forniture a titolo gratuito che la Ditta Pizzo Pippo aveva inserito nella propria offerta, aveva concluso nel senso che la differenza tra l’offerta della Ditta DUSTY s.r.l e la Ditta Pizzo Pippo, pari ad Euro 24.000,00 circa, veniva compensata in parte, per circa Euro 14.000,00, dai servizi offerti a titolo gratuito dalla seconda delle imprese, e in parte dalla minore quantità di rifiuti indifferenziati prodotti da smaltire.

La Ditta Pizzo Pippo si è pure costituita in giudizio e, con memoria depositata il 4 aprile 2016, ha sollevato numerose eccezioni di inammissibilità, che verranno esaminate infra, e di infondatezza del ricorso.

La ricorrente ha depositato il 4 aprile 2016 una memoria con la quale ha ulteriormente argomentato circa l'illegittimità degli atti impugnati e quantificato il danno, e il 9 aprile 2016 una memoria di replica.

Con dichiarazione contenuta nel verbale di udienza, il Legale della ricorrente ha dichiarato l'interesse all'esame prioritario della terza censura;
a sua volta, il Legale di parte controinteressata ha eccepito l'inammissibilità del ricorso essendo state graduate le censure solo nel corso della discussione in udienza, con conseguente vulnus per la difesa, ed ha altresì eccepito che parte ricorrente avrebbe dovuto impugnare la nota contenente il rigetto del preavviso di ricorso.

Quindi, esaurita la discussione orale, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

I. Il Collegio prende in esame le eccezioni in rito contenute nelle difese della controinteressata, ma le ravvisa infondate.

I. a) Con le eccezioni formulate nella memoria depositata il 4 aprile 2016 la controinteressata ha eccepito l'improcedibilità "dell'azione di annullamento e di risarcimento del danno in forma specifica per il venir meno dell'efficacia, per scadenza temporale, dell'ordinanza sindacale" impugnata.

Al riguardo il Collegio, rilevato che in udienza parte ricorrente ha dichiarato che tale ordinanza è stata già oggetto di due proroghe, ritiene tuttavia superfluo acquisire tali documenti dal momento che l'eventuale cessazione di efficacia dell'ordinanza sindacale non comporterebbe certamente l'improcedibilità del ricorso, al cui esame ed accoglimento parte ricorrente mantiene, di tutta evidenza, l'interesse, avendo, con il ricorso introduttivo, formulato in via alternativa la richiesta di risarcimento per equivalente.

I.b) Deve essere respinta l'eccezione di inammissibilità del ricorso con il quale (in modo insanabilmente contraddittorio, secondo la prospettazione della controinteressata), da un canto si censura in radice l'indizione della procedura, dall'altro (con il terzo motivo di ricorso) si rivendica l'affidamento del servizio in virtù del miglior ribasso offerto in gara.

L'eccezione è infondata, così come la connessa eccezione formulata nel verbale dell'udienza pubblica, con riferimento alla dichiarazione del ricorrente circa l'interesse all'esame prioritario della terza censura.

Infatti, il ricorrente ben può, alternativamente, reclamare l'aggiudicazione della gara, mediante la corretta applicazione delle regole della stessa, ovvero chiedere l'integrale annullamento della procedura, censura, quest'ultima, funzionale alla ripetizione della selezione.

Sotto tale profilo, la formulazione del ricorso e la graduazione delle censure non arreca (contrariamente a quanto addotto dal controinteressato) alcun pregiudizio alle altre parti ai fini dell'esposizione delle loro difese, essendo rimesso al ricorrente graduare le censure, in relazione al proprio interesse (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 18/02/2016, n. 649 secondo il quale nel giudizio amministrativo di legittimità in primo grado, la parte può graduare esplicitamente e in modo vincolante per il giudice, i motivi e le domande di annullamento), o, in difetto, al Collegio (si veda, da ultimo, Consiglio di Stato, sez. V, 16/03/2016, n. 1057, secondo il quale nel giudizio impugnatorio di legittimità in primo grado, in mancanza di rituale graduazione dei motivi e delle domande di annullamento, il giudice amministrativo, in base al principio dispositivo e di corrispondenza fra chiesto e pronunciato, è obbligato ad esaminarli tutti, salvo che non ricorrano i presupposti per disporne l'assorbimento nei casi di legge, o per pregiudizialità necessaria o per ragioni di economia).

Sicchè chi si costituisce in giudizio non può che prendere posizione con riferimento a ciascuno dei motivi di ricorso, destinati tutti (salvo le eccezioni di cui sopra) ad essere esaminati.

Sotto ulteriore profilo, deve essere pure respinta l'eccezione formulata nel corso delle difese orali, in quanto la facoltà per il ricorrente di graduare i motivi di ricorso non incontra alcuna preclusione temporale.

D'altra parte, anche senza la dichiarazione di parte ricorrente il Collegio ben avrebbe potuto riconoscere la natura subordinata delle prime due censure, volte ad ottenere la riedizione della gara, quindi un'utilità minore rispetto all'aggiudicazione della stessa (cfr. Consiglio di Stato, sez. III, 10/11/2015, n. 5128).

I.c) Risulta infondata l'ulteriore eccezione di inammissibilità per la mancata impugnazione della lettera di invito e perché la ricorrente non avrebbe puntualmente censurato la motivazione contenuta nella nota del 16 giugno 2015 (di rigetto della richiesta di annullamento in autotutela degli atti impugnati), circa la non vincolatività dell'indagine di mercato per l'eventuale affidamento del servizio (profilo sollevato anche delle difese del Comune): infatti, con tale clausola (usualmente apposta in atti di indizione di gare a trattativa privata), evidentemente la lettera invito fa riferimento alla facoltà, che l'Amministrazione ha inteso salvaguardare, di non procedere ad alcun affidamento del servizio, anche dopo l'espletamento della gara. In dipendenza di tale clausola, il Comune avrebbe potuto non dare alcun seguito alla conclusione dell'indagine di mercato, senza che le imprese concorrenti potessero vantare alcun tipo di pretesa.

Ma il Comune non ha fatto legittimo esercizio della facoltà di non procedere ad alcun affidamento, in quanto, come lamentato dalla ricorrente, pur avendo deciso di avvalersi dei risultati della selezione, ne ha sovvertito gli esiti non aggiudicando il servizio al miglior offerente.

Per cui ad essere lesiva non è la lettera-invito ma l'operato dell'Ente in violazione della stessa.

I.d) L'ulteriore profilo di inammissibilità sollevato dalla controinteressata, secondo la quale la ricorrente avrebbe dovuto criticare analiticamente l' offerta della ditta Pizzo, riguarda, più propriamente, la fondatezza del terzo motivo di ricorso, e viene quindi esaminato infra, sub II.

II. Il terzo motivo di ricorso è fondato: come esposto in premesse, e come pacifico fra tutte le parti in giudizio, in esito alla procedura di gara la miglior offerta è risultata quella della ricorrente, tuttavia il servizio è stato affidato alla controinteressata che aveva offerto un ribasso meno conveniente per l'Amministrazione.

Quest'ultima è pervenuta a tale decisione dopo aver effettuato una stima economica di alcuni servizi offerti gratuitamente e di propria iniziativa dall'impresa in questione;
computando il valore economico di tali prestazioni l'Amministrazione è pervenuta alla conclusione che le offerte si equivalessero.

Tale operato risulta illegittimo.

La legge speciale della gara aveva chiaramente stabilito che l'aggiudicazione sarebbe avvenuta con il criterio del prezzo più basso inferiore a quello posto a base di gara;
sicché nessuno spazio residuava per la proposizione di varianti, in aggiunta al ribasso.

Da un canto, come dedotto da parte ricorrente, non trattandosi di sistema di selezione basato sul criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, poiché tutte le condizioni tecniche risultavano predeterminate al momento dell'offerta e non vi era alcuna ragione per modificare l'assetto contrattuale, non poteva consentirsi la possibilità di presentare varianti.

Ma soprattutto, l'Amministrazione, ove avesse inteso, derogando al criterio del prezzo più basso, ammettere la possibilità di varianti, avrebbe dovuto esplicitarlo nel bando, ponendo tutte le imprese su un piano di parità;
come giustamente lamentato nella memoria depositata il 4 aprile 2016 dalla ricorrente, se quest'ultima fosse stata resa edotta di tale possibilità, ben avrebbe potuto proporre a sua volta prestazioni a titolo gratuito, e d'altra parte sarebbe stato di evidente interesse dell'Amministrazione verificare la possibilità di ottenere le stesse prestazioni gratuite offerte dall'altra impresa a parità del miglior ribasso proposto dalla ricorrente.

In proposito, la giurisprudenza ha affermato che la previsione esplicita della possibilità di presentare varianti progettuali in sede di offerta, oggi generalizzata dall'articolo 76 del codice dei contratti pubblici (per qualsivoglia appalto), comporta che l'amministrazione deve indicare, in sede di redazione della lex specialis, se le varianti sono ammesse e, in caso affermativo, identificare i loro requisiti minimi;
fondandosi la ratio della scelta normativa sulla circostanza che, allorquando il sistema di selezione delle offerte sia basato sul criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, la stazione appaltante ha maggiore discrezionalità e soprattutto sceglie il contraente valutando non solo criteri matematici ma la complessità dell'offerta proposta alla luce della vantaggiosità della stessa in funzione dell'interesse proprio. Nel corso del procedimento di gara, quindi, potrebbero rendersi necessari degli aggiustamenti rispetto al progetto base elaborato dall'amministrazione, favorevolmente apprezzabili perché ritenuti utili dalla medesima stazione appaltante;
nel caso, invece, di offerta selezionata col criterio del prezzo più basso, poiché tutte le condizioni tecniche sono predeterminate al momento dell'offerta e non vi è alcuna ragione per modificare l'assetto contrattuale, non è mai ammessa la possibilità di presentare varianti (Consiglio di Stato, sez. V, 11/12/2015, n. 5655).

In conclusione, deve affermarsi che, anche in procedure ristrette quale quella in esame, l'Amministrazione, una volta che si sia autolimitata mediante l'inserzione di chiare e tassative clausole in un avviso di selezione, è tenuta a darvi applicazione, nel rispetto della par condicio tra i concorrenti. Tali principi, per pacifica giurisprudenza, operano anche nelle gare ufficiose indette nell'ambito di una trattativa privata nell'assunto che, una volta diramate le lettere di invito e qualificata la procedura come "gara" - ancorché informale - l'Amm.ne, anche indipendentemente dalle regole espresse che eventualmente stabilisca in via di autolimitazione, è tenuta al rispetto dei principi insiti nel concetto stesso di gara, che sono quelli di trasparenza e par condicio (T.A.R. Lazio, sez. II Roma, 23/06/2015, n. 8580;
Consiglio di Stato sez. V 26 aprile 2005 n. 1873).

L'evidente illegittimità dell'operato dell'Amministrazione conduce alla reiezione dell'eccezione della controinteressata, secondo la quale la ricorrente avrebbe dovuto criticare analiticamente l' offerta della ditta Pizzo, atteso che la violazione della legge della gara e del principio della par condicio non consentono di indagare il maggior o minore vantaggio conseguito dal Comune, vantaggio, peraltro, alquanto dubbio, atteso che, anche ad ammettere che la sommatoria del ribasso e dei servizi aggiuntivi offerti a costo zero dalla ditta Pizzo compensassero il maggior risparmio discendente dal ribasso offerto dalla ricorrente, resta il fatto che una corretta esplicitazione nell'avviso della facoltà di proporre varianti avrebbe posto tutte le imprese nella condizione di poter offrire servizi aggiuntivi a titolo gratuito.

D'altra parte, come condivisibilmente affermato dalla giurisprudenza (cfr. T.A.R. Puglia, Sez.II di Lecce, 30/09/2013, n. 2083), le clausole della lex specialis di ogni procedura di gara pubblica sono predisposte dall'Amministrazione anche in funzione di autolimitazione della propria discrezionalità e s'impongono anzitutto al rispetto della medesima Amministrazione, che è tenuta ad applicarle senza alcun margine di discrezionalità a garanzia della par condicio fra i concorrenti.

Da quanto fin qui detto consegue, in accoglimento del ricorso, l'annullamento degli atti impugnati nella parte in cui il servizio è stato affidato alla controinteressata.

III. Viene in esame la domanda risarcitoria.

III.a) L'eccezione della controinteressata, secondo la quale alla ricorrente non spetterebbe alcun risarcimento perchè la Dy srl non ha proposto istanza cautelare di sospensione degli atti impugnati, va respinta.

Infatti, un'eventuale istanza cautelare non avrebbe potuto essere accolta, avuto riguardo alla comparazione fra gli interessi privato (della ricorrente) e pubblico sotteso ad un'ordinanza contingibile ed urgente, che ben difficilmente avrebbe condotto alla sospensione di un atto del genere, specie se si consideri che l'accoglimento dell’istanza è limitato alle ipotesi di estrema gravità ed urgenza (cfr. artt. 119 e 120 c.p.a.), per cui, contrariamente a quanto assunto dalla controinteressata, la ricorrente non avrebbe potuto evitare o mitigare i danni .

III.b) Deve essere respinta l'eccezione (formulata dalla ditta Pizzo) di inammissibilità per genericità della domanda risarcitoria, che non sarebbe stata specificata e provata né nell'atto introduttivo né in sede di memorie: al contrario di quanto affermato dalla controinteressata, parte ricorrente, dopo aver ritualmente introdotto, nei suoi elementi essenziali, la domanda risarcitoria in sede di ricorso introduttivo, ha provveduto alla puntuale quantificazione del risarcimento per equivalente nella memoria tempestivamente (avuto riguardo al dimezzamento dei termini di cui agli articoli 119 e 120 cpa) depositata il 4 aprile 2016.

III.c) Nel merito, la domanda dev'essere accolta nei seguenti termini.

Il Collegio ritiene di riaffermare alcuni principi espressi nella sentenza della sez. IV di questo T.A.R. Catania n. 2616 del 13/11/2015;
rinviando a tale decisione per una compiuta disamina degli istituti giuridici in rilievo e per la ricostruzione degli orientamenti giurisprudenziali succedutisi nel tempo (anche in relazione ai riflessi sulla materia del diritto comunitario), è sufficiente in questa sede richiamare le conclusioni:

- sebbene, come noto, il risarcimento del danno non sia una conseguenza automatica dell'annullamento giurisdizionale dell'aggiudicazione, richiedendosi la positiva verifica di tutti i requisiti previsti, e cioè la lesione della situazione soggettiva tutelata, la colpa dell'Amministrazione, l'esistenza di un danno patrimoniale e la sussistenza di un nesso causale tra l'illecito ed il danno subito , nel caso di procedure volte all'aggiudicazione di appalti pubblici occorre tener presente il principio espresso dalla nota sentenza della Corte di Giustizia del 30 settembre 2010 - circa l'irrilevanza, al fine di riconoscere il risarcimento in caso di mancata aggiudicazione di un appalto, della colpevolezza della riscontrata violazione di legge - che va applicato anche in relazione agli appalti il cui importo si collochi al di sotto della c.d. soglia comunitaria, in rispetto dei principi del trattato CE a tutela della concorrenza (nel senso dell'applicabilità del principio della responsabilità oggettiva in materia di risarcimento danni nel settore degli appalti anche sotto soglia vedi, ex multis, Cons. St., sez. V, 08/11/2012 n. 5686);

- non essendo pertanto necessario riscontrare l'elemento soggettivo, solitamente richiesto per la configurabilità di un danno risarcibile, deve essere verificata (solo) la sussistenza degli altri requisiti richiesti per il risarcimento del danno, e cioè la lesione della situazione soggettiva tutelata, l'esistenza di un danno patrimoniale e la sussistenza di un nesso causale tra l'illecito ed il danno subito.

Nel caso specifico, il Collegio, dopo aver precisato che comunque la colpa dell'Amministrazione sarebbe stata ravvisabile, visto l'inescusabile comportamento da essa messo in atto, ravvisa la sussistenza degli altri presupposti: l'operato dell'Amministrazione ha violato l'interesse legittimo della ricorrente ad un corretto svolgimento della gara, al quale era sotteso l'interesse pretensivo al c.d. "bene della vita", rappresentato dall'aggiudicazione della gara stessa.

Tale violazione ha determinato un sicuro danno patrimoniale alla ricorrente, perché nella corretta applicazione delle disposizioni regolatrici della procedura, la ricorrente si sarebbe vista aggiudicare la gara (avendo presentato la migliore offerta), ed avrebbe quindi lucrato il c.d. utile d'impresa.

Tale circostanza consente al Collegio di ritenere che la ricorrente ha assolto l'onere probatorio previsto dall'art. 2697 c.c., secondo cui chi agisce in giudizio deve fornire la prova dei fatti costitutivi della domanda, poiché l'esistenza ("an") del danno è stata provata in modo univoco - dato che con la corretta applicazione delle regole di gara la ricorrente sarebbe stata l'aggiudicataria - e gli elementi prodotti in giudizio sono quindi sufficienti ad emettere una pronuncia che statuisca sul risarcimento.

Deve escludersi che possa pervenirsi al risarcimento in forma specifica, essendo ormai venuto a scadenza il contratto.

Non rimane, pertanto, che il risarcimento per equivalente.

Anche in questo caso, condivise le argomentazioni espresse nella richiamata decisione n. 2616 del 13/11/2015, alla quale si fa rinvio, va riaffermato che:

- in generale, il pregiudizio risarcibile si compone, secondo la definizione dell'art. 1223 cod. civ., del danno emergente e del lucro cessante, e cioè della diminuzione reale del patrimonio del privato, per effetto di esborsi connessi alla (inutile) partecipazione al procedimento, e della perdita di un'occasione di guadagno o, comunque, di un'utilità economica connessa all'adozione o all'esecuzione del provvedimento illegittimo;
per la prima voce di danno non si pongono particolari problemi nell'assolvimento dell'onere della prova (perché è sufficiente documentare le spese sostenute, che tuttavia non risultano generalmente risarcibili, trattandosi di spese che l'impresa avrebbe dovuto comunque affrontare), per la seconda, la descritta circostanza che la ricorrente avrebbe dovuto essere l'aggiudicataria dell'appalto consente di dare per accertata l'esistenza del danno consistente nel mancato guadagno inevitabilmente derivante dalla mancata esecuzione del contratto, nonché di quello legato all'impossibilità di vantare in futuro quello specifico appalto nel proprio curriculum d'impresa;

- la prima tipologia di danno è legata al semplice esercizio dell'attività di impresa, finalizzato all'ottenimento di un utile, e la prova, a carico dell'impresa, della percentuale di utile effettivo che avrebbe conseguito se fosse risultata aggiudicataria dell'appalto, può essere desunta (cfr. anche Cons. St., sez. VI, 09/12/2010 n. 8646) dall'esibizione dell'offerta economica presentata al seggio di gara : e nel caso in esame, la ricorrente ha dimostrato di avere offerto sull'importo a base d'asta - pari a € 490.000,00, di cui € 8.000,00 per oneri di sicurezza non soggetti a ribasso ed € 49.800,00 per IVA- un ribasso del 41,27%.

Pertanto, per quanto riguarda il mancato utile d'impresa, il Collegio ritiene di dover riconoscere, ai sensi del citato art. 1226 c.c., un risarcimento del danno nella misura del 5% dell'importo del servizio, come determinato a seguito del ribasso offerto dalla ricorrente.

Non può accogliersi la richiesta della ricorrente di tener conto dei successivi periodi di proroga del servizio, in virtù di atti non impugnati nel presente giudizio.

L'impresa rivendica altresì, a titolo di lucro cessante, anche la perdita della specifica possibilità concreta di incrementare il proprio avviamento per la parte relativa al curriculum professionale, con riferimento agli specifici requisiti di qualificazione e di partecipazione alle singole gare .

Il Collegio ritiene sul punto, in adesione ai principi affermati con la richiamata decisione n. 2616/2015, che il danno che l'impresa riceverà in futuro dal mancato inserimento di questo specifico appalto nel proprio curriculum d'impresa, cioè il risarcimento del danno futuro, sia in termini di danno emergente che di lucro cessante, non può valutarsi in base ai medesimi criteri di certezza che presiedono alla liquidazione del danno già completamente verificatosi nel momento del giudizio, e deve avvenire secondo un criterio di rilevante probabilità;
a tal fine, il rischio concreto di pregiudizio è configurabile come danno futuro ogni volta che l'effettiva diminuzione patrimoniale appaia come il naturale sviluppo di fatti concretamente accertati ed inequivocamente sintomatici di quella probabilità, secondo un criterio di normalità fondato sulle circostanze del caso concreto (cfr., ex multis, Cass. civ., sez. III, 27 aprile 2010 n. 10072). Probabilità che, in fattispecie come quelle in esame, è certamente elevata, essendo legata alla normale attività d'impresa, fondata su una necessaria costante partecipazione alle gare d'appalto.

Motivo per il quale il Collegio ritiene che la voce di danno in questione possa essere ragionevolmente quantificata, sempre in via equitativa, in misura pari al 2% del prezzo a base d'asta, ridotto della percentuale di ribasso offerta dalla ricorrente.

Il Collegio ritiene altresì di aderire all'ulteriore orientamento espresso con la citata decisione n. 2616 /2015, escludendo che il ricorrente sia tenuto a dimostrare di non aver potuto altrimenti utilizzare maestranze e mezzi, tenuti a disposizione in vista dell'aggiudicazione (dovendosi, in difetto di tale dimostrazione, decurtare il risarcimento), e ciò per le ragioni compiutamente esposte in tale decisione, riconducibili al disposto di cui all'art. 2697 c.c., per cui è da escludere che l'impresa debba fornire tale dimostrazione, perché in generale l'attore-danneggiato deve provare i fatti costitutivi del diritto dedotto in giudizio, ma non anche dimostrare che non ricorrono fatti impeditivi, modificativi o estintivi, onere che spetta alla parte debitrice.

In conclusione, il ricorso va accolto, con l'affermazione del diritto della ricorrente al risarcimento dei danni, nei termini sopra indicati.

Sull'importo, come sopra quantificato, l'Amm.ne dovrà poi computare la rivalutazione monetaria maturata, secondo gli indici ISTAT, a decorrere dalla notifica del ricorso introduttivo fino alla data di deposito della presente decisione, giacché con la pubblicazione si verifica la trasformazione del debito di valore in debito di valuta.

Saranno altresì corrisposti gli interessi legali sulle somme sopra indicate, a decorrere dalla data di pubblicazione sopra indicata fino all'effettivo soddisfo.

In relazione alle inescusabili illegittimità realizzate dall'Amministrazione, il Collegio ritiene anche di dover trasmettere copia della presente sentenza alla Procura Regionale della Corte dei Conti di Palermo, affinché valuti la sussistenza di profili di responsabilità erariale.

Le spese seguono la soccombenza, e vengono liquidate in dispositivo.

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