CGARS, sez. I, sentenza 2017-04-26, n. 201700194
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Pubblicato il 26/04/2017
N. 00194/2017REG.PROV.COLL.
N. 00898/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO I
Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA
in sede giurisdizionale
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 898 del 2016, proposto dalla Progetti e Opere s.r.l., in proprio e nella qualità di capogruppo mandataria della costituenda A.T.I. con lo Studio Pro-Geo Progettazione Geotermica e l’ing. E P, quali mandanti, e congiuntamente proposto, altresì, dagli ingg. G U, F C, P U eAngelo Bruccheri, tutti nella qualità di liberi professionisti associati al predetto Studio Pro-Geo, nonché dall’ing.E P, nella qualità di mandante, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentati e difesi dall'avvocato G A, con domicilio eletto presso il suo studio in Palermo, via Noto 12;
contro
Duomi s.r.l., in proprio e nella qualità di capogruppo mandataria di R.T.P. composto con la SAI s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avvocato Massimiliano Mangano, con domicilio eletto presso il Consiglio di Giustizia Amministrativa in Palermo, via F. Cordova 76;
nei confronti di
Autorità Portuale di Augusta e Autorità Portuale di Palermo, in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., rappresentate e difese per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, presso la quale sono domiciliate in Palermo, via De Gasperi 81;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. SICILIA - SEZ. STACCATA DI CATANIA, Sez. IV, n. 1842/2016, resa tra le parti, concernente delibera di aggiudicazione definitiva dell'appalto di servizi inerente al “collaudo di opere di realizzazione del terminal container, progetto di fusione ed integrazione etc.”.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Duomi s.r.l. e delle Autorità Portuali di Augusta e di Palermo;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 aprile 2017 il Cons. Nicola Gaviano e uditi per le parti gli avvocati G. Armao e M. Mangano, e altresì l'avv. dello Stato Pollara;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1 Con ricorso al T.A.R. per la Sicilia – Sezione di Catania il R.T.P. composto dalla Duomi s.r.l. e dalla SAI s.r.l. impugnava il provvedimento dell’Autorità Portuale di Augusta del 10 dicembre 2015 (delibera commissariale n. 101), comunicato il successivo giorno 21, con il quale era stata disposta l’aggiudicazione definitiva dell’appalto di servizi inerente al “ collaudo delle opere di realizzazione del terminal container progetto di fusione ed integrazione relativo alle opere di stralcio esecutivo, con esclusione dell’area della marina militare, e di secondo stralcio definitivo ” in favore del R.T.P. concorrente composto dalla capogruppo mandataria Progetti e Opere s.r.l., dalla Pro-Geo Progettazione Geotermica e dall’ing. E P.
La ricorrente, seconda classificata, già vittoriosa in giudizio avverso la propria esclusione dalla procedura (atto annullato dalla sentenza del T.A.R. n. 328/2015, confermata in appello in parte qua con sentenza n. 632/2015), deduceva con un unico motivo di censura che il R.T.P. dichiarato aggiudicatario sarebbe dovuto essere escluso dalla gara per la sua carenza del requisito tecnico-professionale dichiarato, rappresentato dall’avvenuto espletamento, negli ultimi 10 anni, di servizi nella categoria VIIC per un importo minimo di euro 76.549.480,12 (disciplinare di gara, punto 4.a).
Più precisamente la ricorrente deduceva che, dei quattro servizi dichiarati dalla società Progetti e Opere s.r.l., quello espletato a favore dell’Autorità Portuale di Palermo (per un importo di euro 42.971.422,39) non avrebbe potuto essere speso quale requisito tecnico-professionale nella gara in esame, in quanto il relativo progetto definitivo era stato modificato il 11 marzo 2014 e approvato dalla Regione siciliana solo in data 6 giugno 2014, e si collocava quindi temporalmente in un momento solo successivo alla pubblicazione del bando della gara oggetto del presente contenzioso, avvenuta il 27 dicembre 2013, ponendosi dunque al di fuori del periodo decennale antecedente la pubblicazione del bando identificato quale periodo utile, ai fini in discorso, dall’art. 263 del d.P.R. n. 207/2010.
Veniva altresì dedotto che i servizi svolti a favore di committenti privati (le ditte Vittadello e Spero), per l’esecuzione dei quali la società Progetti e Opere era associata con professionisti diversi da quelli facenti parte dell’odierno R.T.P., erano stati indicati dall’avversaria solo nella loro globalità, senza specificare le quote svolte da ciascun membro del raggruppamento, e quindi senza l’indicazione della porzione di servizio riferibile alla capogruppo Progetti e Opere. Per tali servizi la documentazione di supporto sarebbe stata quindi insufficiente. In subordine, essa avrebbe potuto al più attestare lo svolgimento dei servizi nella misura del 50% dell’importo riportato, con la conseguenza che il requisito necessario ai fini della partecipazione alla gara non sarebbe stato comunque raggiunto.
Al ricorso resistevano le Autorità Portuali di Augusta e di Palermo, con memoria di mera forma, nonché la Progetti e Opere s.r.l., mandataria del raggruppamento controinteressato.
Quest’ultima, riferendosi al servizio di progettazione espletato a favore dell’Autorità Portuale di Palermo, obiettava che il relativo progetto già alla data del 2 luglio 2013 era stato completamente esitato, ed era quindi spendibile come esperienza pregressa.
L’aggiudicataria opponeva, inoltre, l’inesistenza di alcuna disposizione normativa prescrivente l’indicazione, all’atto del rilascio della certificazione relativa all’esecuzione di un servizio, delle quote di partecipazione di ciascun componente al raggruppamento affidatario;e aggiungeva che nei casi precedenti citati dal ricorso erano state costituite delle A.T.I. di tipo verticale che affidavano alla Progetti e Opere s.r.l. l’intera attività di progettazione, con la conseguenza che i relativi importi sarebbero stati interamente spendibili da tale società quale requisito tecnico-professionale.
La domanda cautelare formulata con il ricorso veniva respinta con ordinanza n. 160/2016.
2 La ricorrente, con un successivo atto di motivi aggiunti, impugnava anche la decisione dell’Autorità Portuale di Palermo del 24 marzo 2016 con la quale era stata respinta l’istanza di annullamento in autotutela presentata dal medesimo R.T.P. ricorrente in relazione all’autorizzazione rilasciata il 3 novembre 2014 al dipendente della stessa Autorità ing. E P a partecipare, in R.T.P. con la società Progetti e Opere, alla gara in controversia.
La decisione di rigetto dell’istanza di annullamento veniva ritenuta contrastante con l’art. 13 del Piano triennale anticorruzione adottato dallo stesso Ente, nella parte in cui stabiliva che ciascun dipendente “ è tenuto a rifiutare incarichi di collaborazione provenienti da soggetti privati che abbiano, o abbiano avuto nel biennio precedente, un interesse economico significativo in decisioni o attività inerenti all’ufficio di appartenenza ”.
L’esistenza della causa d’incompatibilità veniva desunta dalle seguenti circostanze: i) l’ing. P aveva assunto il ruolo di co-progettista, per la parte impiantistica, quale componente dell’Ufficio tecnico dell’A.P. di Palermo, in relazione al progetto di molo foraneo di sopraflutto del Porto di Termini Imerese, del valore di circa 21 milioni di euro;ii) la Progetti e Opere si era aggiudicata nell’anno 2012 la selezione indetta dall’A.P. di Palermo per la collaborazione alla progettazione del citato molo foraneo;iii) il progetto, così redatto a più mani, era stato presentato nel mese di giugno 2013, ed era stato poi rimodulato fino a raggiungere una consistenza economica pari al doppio circa dell’originario importo;iv) poco tempo dopo, infine, la Progetti e Opere aveva associato in R.T.P. il nominato ing. P per la partecipazione alla gara indetta dall’A.P. di Augusta, oggetto del presente giudizio.
La controinteressata eccepiva, oltre che la tardività dei motivi aggiunti, anche la loro inammissibilità, in quanto rivolti contro un atto che non avrebbe potuto essere considerato come un nuovo provvedimento attinente alla medesima procedura.
3 All’esito del giudizio di primo grado il Tribunale adìto con la sentenza n. 1842/2016 in epigrafe accoglieva l’impugnazione della parte ricorrente (di seguito, la DUOMI).
Il primo Giudice riteneva, infatti, quanto al ricorso introduttivo, che il progetto svolto dall’aggiudicataria per l’A.P. di Palermo non fosse utilizzabile quale pregressa esperienza spendibile nella procedura in esame, non rientrando tra i servizi espletati nel decennio antecedente la pubblicazione del bando di gara;e i restanti rilievi di parte venivano dichiarati assorbiti.
Il Tribunale, inoltre, disattese le eccezioni d’irricevibilità e inammissibilità dei motivi aggiunti, giudicava fondati anche questi ultimi.
4 Seguiva avverso tale sentenza la proposizione del presente appello da parte dell’aggiudicataria soccombente, che riproponeva le proprie eccezioni e difese e sottoponeva a critica gli argomenti con cui il Tribunale era pervenuto alla loro reiezione e all’accoglimento delle censure dell’originaria ricorrente.
La DUOMI, dal canto suo, resisteva all’appello deducendone l’infondatezza, e comunque riproponeva anche le doglianze assorbite dal T.A.R..
Le Autorità Portuali di Augusta e Palermo si costituivano nel nuovo grado di giudizio, per converso, in senso adesivo all’appello, concludendo per il suo accoglimento.
Le concorrenti in lite sviluppavano ulteriormente le rispettive tesi con successive memorie e scritti di replica.
Alla pubblica udienza del 12 aprile 2017 la causa è stata trattenuta in decisione.
5 L’appello è infondato.
6 Il Collegio deve intrattenersi, in primo luogo, sulla carenza da parte dell’aggiudicataria appellante, accertata dal T.A.R., del requisito tecnico-professionale costituito dall’avvenuto espletamento, negli ultimi 10 anni, di servizi nella categoria VIIC per un importo di euro 76.549.480,12 (previsto dal punto 4.a del disciplinare).
6a Il primo Giudice ha giudicato fondato il rilievo dell’originaria ricorrente secondo il quale nella gara in esame non avrebbe potuto essere speso quale requisito tecnico-professionale il servizio espletato a favore dell’Autorità Portuale di Palermo (per un importo di euro 42.971.422,39), in quanto il relativo progetto definitivo era stato approvato dalla Regione siciliana solo in data 6 giugno 2014, e pertanto ben dopo la pubblicazione del bando della gara in controversia, avvenuta il 27 dicembre 2013, e quindi al di fuori del decennio antecedente la pubblicazione del bando che l’art. 263 del d.P.R. n. 207/2010 indica quale periodo utile ai fini di cui si tratta.
Il lineare iter logico seguito in proposito dal primo Giudice può essere così schematizzato:
- l’art. 263, comma 2, d.P.R. cit. dispone, con riferimento ai servizi di cui all'articolo 252, che sono valutabili unicamente quelli iniziati, ultimati e approvati nel decennio (o quinquennio) antecedente la data di pubblicazione del bando;
- la legge regionale siciliana n. 12/2011 stabilisce che il parere tecnico sui progetti è espresso, rispettivamente, dal responsabile del procedimento per i progetti di importo entro la soglia comunitaria;dalla Conferenza speciale di servizi per i progetti di importo superiore alla soglia comunitaria e fino a tre volte il valore della medesima;infine, dalla Commissione regionale dei lavori pubblici per i progetti di valore ancora più elevato;
- nella fattispecie dedotta, per quanto il RUP dell’A.P. di Palermo avesse evaso già in data 2 luglio 2013 la propria verifica d’idoneità tecnica sul progetto presentato dalla Progetti e Opere, questo era stato poi inviato alla Commissione regionale da ultimo menzionata, nel luglio 2013, per il suo pronunciamento ai sensi dell’art. 5, comma 12, della L.R. n. 12/2011;
- la Commissione regionale, infine, aveva espresso il proprio parere favorevole sul progetto in discussione soltanto nel mese di giugno del 2014, vale a dire ben dopo la pubblicazione del bando della gara in controversia.
6b Con il presente appello l’aggiudicataria insiste sull’assunto che il progetto elaborato per l’A.P. di Palermo era stato già valutato favorevolmente ed esaustivamente dal RUP il 2 luglio 2013.
Il già citato art. 263 prescrive, tuttavia, che ai fini della valutazione di un servizio pregresso il medesimo, nell’ambito del periodo di riferimento anteriore al bando di gara, debba essere stato non solo “ ultimato ”, ma anche “ approvato ”. E l’appellante (cui non giova, per le ragioni già indicate dal T.A.R., il richiamo al precedente della sentenza di questo Consiglio n. 728/2015) non ha fornito alcun argomento che possa confutare l’identificazione dell’organo titolato all’approvazione del progetto di cui si tratta, in ragione del suo valore economico, nella Commissione regionale dei lavori pubblici, e non già nel RUP.
Erroneo, inoltre, è l’assunto che la Commissione competente si fosse definitivamente espressa sul progetto già nella seduta del 16 ottobre 2013 (ossia, prima del bando), giacché la lettura del relativo verbale denota come in tale occasione la Commissione avesse invece unanimemente disposto, semmai, una dettagliata istruttoria, richiedendo allo stesso RUP “ approfondimenti, chiarimenti e integrazioni”.
In proposito non sembra inoltre superfluo evidenziare come il vaglio del relativo progetto presentasse degli evidenti profili di delicatezza, discendenti dalla circostanza che il medesimo computava lavori per oltre 43 milioni di euro, laddove il relativo disciplinare d’incarico aveva definito l’importo presuntivo delle opere da progettare in euro 23.600.000,00.
Per quanto precede, il Collegio non può che confermare la conclusione del Tribunale sulla non spendibilità ratione temporis , ai fini della partecipazione alla gara, del suddetto servizio pregresso.
6c E parimenti va confermata la conseguenza tratta dal T.A.R. da tale conclusione, per cui l’appellante doveva reputarsi di riflesso privo del requisito tecnico-professionale di partecipazione sopra richiamato.
Non può difatti valere in contrario l’asserto con il quale l’aggiudicataria ha concluso l’esposizione del proprio primo motivo di gravame, alla pag. 15 dell’impugnativa, dichiarando sic et simpliciter che, “ anche senza il certificato dell’Autorità portuale di Palermo, il requisito di gara era comunque in possesso dell’appellante con riguardo ad altre certificazioni prodotte (Vittadello, Spero, Calefati) ”.
Una simile affermazione, invero, a dispetto della valenza essenziale e logicamente preliminare che il relativo profilo di critica alla sentenza avrebbe posseduto, ha natura del tutto generica e apodittica: essa non solo è carente del pur minimo principio di dimostrazione (che avrebbe richiesto che si facessero quantomeno constare i singoli importi suscettibili complessivamente di far raggiungere, per la categoria di servizi in questione, la soglia del requisito in contestazione), ma, ancor prima, è censurabile sotto l’aspetto della violazione del requisito legale di specificità dei motivi d’appello (art. 101 C.P.A.), per non essere state spiegate nello stesso appello le ragioni per cui il T.A.R. avrebbe errato nel non considerare sufficienti le altre certificazioni prodotte.
7 I successivi due motivi dell’appello concernono, sotto diversi profili, la mancata declaratoria d’inammissibilità dei motivi aggiunti proposti dall’originaria ricorrente.
La controinteressata aveva eccepito tale inammissibilità sia sotto l’aspetto della tardività dell’impugnazione della delibera dell’A.P. di Palermo autorizzante il proprio dipendente ing. P a partecipare, in R.T.P. con la s.r.l. Progetti e Opere, alla gara indetta dall’A.P. di Augusta, sia riferendosi alla previsione dell’art. 120, comma 7, C.P.A., dove si stabilisce che “ i nuovi atti attinenti la medesima procedura di gara devono essere impugnati con ricorso per motivi aggiunti ”, per dedurne l’inapplicabilità dello strumento dei motivi aggiunti per la contestazione di un atto che non sarebbe stato riconducibile al novero dei “ nuovi atti attinenti la medesima procedura di gara ”.
7a Il T.A.R. ha superato l’eccezione di tardività, imperniata quindi sul fatto che la DUOMI aveva avuto conoscenza dell’autorizzazione rilasciata dall’Autorità Portuale al dipendente ben prima della proposizione del ricorso introduttivo, osservando:
- che l’atto impugnato con i motivi aggiunti era costituito dal diniego di annullamento in autotutela dell’originaria autorizzazione;
- che tale diniego era stato espresso dall’Amministrazione a seguito di un’approfondita istruttoria, nel corso della quale era stata rivalutata, alla luce dei rilievi sollevati dalla ricorrente, la compatibilità della precedente autorizzazione col regolamento interno dell’ente.
7b Contro il capo di decisione così motivato l’appellante torna a sostenere che l’avversaria, con il presentare un’istanza di annullamento in autotutela dell’autorizzazione a suo tempo rilasciata, si era avvalsa di un mero escamotage per aggirare l’inoppugnabilità della medesima, della quale la DUOMI si era dimostrata edotta sin dal precedente contenzioso da essa promosso contro la propria esclusione.
L’appello richiama inoltre la consolidata giurisprudenza sull’inammissibilità dei motivi aggiunti non giustificati da una nuova produzione documentale o una sopravvenuta conoscenza di vizi dell’azione amministrativa.
7c Queste deduzioni sono prive di pregio.
L’inoppugnabilità raggiunta dalla menzionata autorizzazione esonerava indubbiamente l’Autorità Portuale di Palermo dall’obbligo di pronunziarsi sull’istanza tesa a provocarne l’annullamento in autotutela.
Nondimeno, l’Autorità ha ritenuto di provvedere espressamente su di essa: e nel fare ciò non si è limitata a compiere un atto meramente confermativo, bensì ha proceduto a un motivato riesame globale del merito della fattispecie (si veda l’all. 22 dell’appello).
Con il che sono stati perciò inequivocabilmente riaperti i termini per ricorrere (cfr. di recente C.d.S., V, 30 maggio 2016, n. 2275): e questo, secondo giurisprudenza consolidata, con effetti anche sull’atto di base così confermato, dal momento che “ la conferma in senso proprio, sebbene pervenga alle stesse conclusioni cui era giunto il precedente provvedimento e ne reiteri le statuizioni, è, comunque, un atto che si sostituisce al precedente, come fonte di disciplina del rapporto amministrativo. Il vecchio provvedimento è, quindi, assorbito dal nuovo, che, con efficacia ex tunc, viene ad operare in sostituzione di quello ” (in termini si veda C.d.S., IV, 11 maggio 2007, n. 2315).
7d Quanto all’ulteriore eccezione d’inammissibilità dei motivi aggiunti che era stata sollevata, il Tribunale l’ha disattesa facendo in sintesi notare:
- che la sanzione dell’inammissibilità avrebbe potuto colpire, al limite, l’impugnativa di un atto della medesima procedura di gara ove effettuata con ricorso autonomo piuttosto che con motivi aggiunti, atteso che una simile opzione avrebbe potuto pregiudicare l’unitario esame giudiziale di tutti gli atti della stessa gara;
- che non vi sarebbe stata ragione, invece, di applicare tale sanzione nella fattispecie inversa in esame, nella quale un atto non strettamente inerente alla gara era stato impugnato con motivi aggiunti, giacché in tal caso avrebbe dovuto comunque applicarsi la regola generale dell’articolo 43 C.P.A., che ammette l’introduzione a mezzo di motivi aggiunti anche di domande nuove purché semplicemente connesse a quelle già proposte;
- che, infine, l’impugnativa in questione era stata qualificata dalla stessa ricorrente anche come “ ricorso da valere in via autonoma ”, ove non si fosse rivelata percorribile la via dei motivi aggiunti.
7e Con il presente appello anche questo aspetto della sentenza in epigrafe viene sottoposto a critica.
L’appellante insiste sull’impossibilità di ricomprendere nel novero dei “ nuovi atti attinenti la medesima procedura di gara ” il diniego di annullamento in autotutela dell’autorizzazione già rilasciata al summenzionato dipendente mandante del R.T.P. aggiudicatario. Essa sottolinea il pericolo di ricondurre nel giudizio già instaurato degli atti estranei alla procedura di gara, che pertanto non potrebbero formare oggetti di motivi aggiunti.
Viene inoltre dedotto che, in ogni caso, il rapporto di connessione tra provvedimenti presupporrebbe la loro incidenza su una medesima situazione di fatto, estremo che nella fattispecie farebbe difetto.
Infine, l’atto di motivi aggiunti in discussione non potrebbe comunque valere come ricorso autonomo, in quanto sprovvisto di procura alle liti.
7f In contrario occorre dare subito atto, tuttavia, che la copia conforme del ricorso di primo grado prodotta dalla DUOMI in allegato alla propria memoria di costituzione effettivamente reca in calce, alla pag. 14, una rituale procura alle liti.
Per completezza si aggiunge, comunque, che l’invocato art. 120 reca semplicemente il divieto d’impugnare con ricorso autonomo “ i nuovi atti attinenti la medesima procedura di gara ”, per la cui contestazione impone la formulazione di motivi aggiunti.
Al fine di stabilire, però, con quale latitudine sia ammissibile la proposizione di questi ultimi occorre fare riferimento, come ha ben ritenuto il T.A.R., alla diversa norma (generale) di cui all’art. 43 C.P.A., che ampiamente autorizza l’impiego di tale strumento per proporre, come già notato dal T.A.R., anche “ domande nuove purché connesse a quelle già proposte .”
Né può fondatamente dubitarsi della connessione che in concreto lega i motivi aggiunti in questione al ricorso originario, dal momento che l’accertamento dell’illegittimità dell’atto impugnato coi primi, impedendo la stipulazione del contratto dell’Amministrazione con il R.T.P. appellante (cfr. C.G.A. 13 ottobre 2015, n. 632), avrebbe imposto la sua estromissione dalla procedura sub judice , previa declaratoria di decadenza dall’aggiudicazione, e il conseguente scorrimento della relativa graduatoria a vantaggio della seconda classificata.
7g Ne discende che anche il secondo e il terzo motivo di appello, risultando infondati, devono essere rigettati.
8 Venendo, infine, al merito dei motivi aggiunti, conviene rammentare che il Tribunale ha giudicato illegittima l’autorizzazione oggetto di conferma ravvisandone il contrasto con l’art. 13 del Codice di comportamento del personale dell’Autorità Portuale inserito nel piano triennale anticorruzione 2014/2016.
Orbene, tale articolo stabilisce che il dipendente “ è tenuto a rifiutare incarichi di collaborazione provenienti da soggetti privati che abbiano, o abbiano avuto nel biennio precedente, un interesse economico significativo in decisioni o attività inerenti all’ufficio di appartenenza ”: e il primo Giudice ha evidenziato, in piena aderenza al testo di questa previsione, che quanto ai fini della sua applicazione rileva “ è il rapporto tra il soggetto economico e l’ente pubblico;non l’attività espletata dal singolo funzionario ”.
E’ stata reputata allora ben a ragione fuori fuoco la linea difensiva tesa a rimarcare il modesto spessore e la risalenza nel tempo del contributo personale dato dall’ing. P al procedimento d’interesse della s.r.l. Progetti e Opere. E altrettanto ragionevolmente, sulla constatazione che ai fini della detta norma rileva “ qualunque forma di collaborazione (si parla genericamente di incarichi di collaborazione) che possa consentire al funzionario di ritrarre vantaggi e/o utilità, anche se in forma indiretta ”, il Tribunale ha disatteso l’argomento difensivo per cui il suddetto tecnico non aveva accettato un rapporto di lavoro retribuito, ma era stato solo designato quale componente di un R.T.P..
Da tutto ciò discende, quindi, la condivisibilità anche della conclusione del T.A.R., non attinta con l’ultimo motivo d’appello da alcuna convincente critica, dell’illegittimità dell’autorizzazione data dall’Autorità Portuale al proprio dipendente per violazione dell’art. 13 cit., in quanto tale tecnico era stato autorizzato ad accettare l’incarico di collaborazione offerto da un privato benché questo nel biennio precedente avesse avuto un interesse economico significativo in decisioni/attività dell’Ufficio di appartenenza.
9 Le considerazioni complessivamente esposte, rivelando la totale infondatezza dell’appello, ne impongono dunque il rigetto.
Le spese processuali del presente grado di giudizio sono liquidate dal seguente dispositivo secondo la regola della soccombenza.