CGARS, sez. I, sentenza 2023-04-17, n. 202300282

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Sul provvedimento

Citazione :
CGARS, sez. I, sentenza 2023-04-17, n. 202300282
Giurisdizione : Consiglio Di Giustizia Amministrativa per la Regione siciliana
Numero : 202300282
Data del deposito : 17 aprile 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 17/04/2023

N. 00282/2023REG.PROV.COLL.

N. 00627/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA

Sezione giurisdizionale

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 627 del 2022, proposto da Sorgenti Presidiana S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato S P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Cefalu', in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato D F, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma della sentenza del TAR Sicilia (Sezione Terza) n. 3525/2021, resa tra le parti

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Cefalu';

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 aprile 2023 il Cons. Marco Mazzamuto e uditi per le parti gli avvocati come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO



1. L’odierna parte appellante impugnava in prime cure: con ricorso introduttivo, l’ordinanza n. 22 del 15 marzo 2019 del Sindaco del Comune di Cefalù di proroga annuale della requisizione in uso di una serie di beni strumentali (come specificati nell’ordinanza de qua ) all’irrogazione del servizio pubblico di distribuzione dell’acqua;
con primi motivi aggiunti l’ordinanza n. 16 dell’11 marzo 2020 di ulteriore proroga annuale;
con i secondi motivi aggiunti, l’ordinanza n. 23 del 15.03.2021 di ulteriore proroga annuale, a far data dal 15.03.2021, unitamente in ogni caso all’accertamento del diritto all’indennizzo per tutto il periodo di validità delle ordinanze di requisizione impugnate.



2. Il giudice di prime cure, con la sentenza in epigrafe indicata:

-dichiarava l’improcedibilità del ricorso introduttivo e dei primi motivi aggiunti, avendo le ordinanze ivi impugnate cessato di produrre effetti;
né sarebbe stata spiegata azione risarcitoria o sarebbe stato evidenziato un interesse ai fini risarcitori a mente dell’art. 34, co. 3, cpa;

-respingeva nel merito i secondi motivi aggiunti, ritenendo che sussistessero i presupposti per l’esercizio potere di ordinanza sindacale contingibile e urgente, né inficerebbe l’atto impugnato la mancata contestuale individuazione di un indennizzo;

-dichiarava il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in ordine alla domanda di indennizzo, che spetterebbe invece alla giurisdizione del giudice ordinario.



3. Con l’odierno appello, corredato da istanza cautelare, unitamente a motivate (salvo quanto si preciserà infra) censure della pronuncia gravata, si contestano sia le statuizioni di rito, sia quelle di merito, riproponendo sostanzialmente le doglianze di prime cure.

Si costituiva il Comune appellato, chiedendo il rigetto dell’appello.

Con ordinanza n. 311/2022 questo Consiglio prendeva atto della rinuncia dell’appellante all’istanza cautelare e fissava l’udienza per la trattazione del merito.

Nell’odierna udienza, avvertite le parti sul rilievo d’ufficio di profili di inammissibilità per genericità delle doglianze relative al capo della sentenza di prime cure che ha dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo sulla domanda d’indennizzo, la causa è stata trattenuta in decisione.



4. L’appello è infondato.



4.1. Occorre anzitutto vagliare l’eventuale sopravvenuta carenza di interesse ai secondi motivi aggiunti di prime cure nella parte riguardante l’ultima ordinanza impugnata, atteso che anche quest’ultima medio tempore , successivamente alla sentenza del Tar, ha cessato di produrre effetti (un anno a far data dalla mezzanotte del 15.03.2021), dal che, in ipotesi, conseguirebbe in parte qua l'annullamento senza rinvio della pronuncia gravata (di recente CdS sez. II 12.05.2021 n. 3739).

Salvo quanto si dirà a breve riguardo al ricorso introduttivo e ai primi motivi aggiunti di prime cure, questo Consiglio ritiene che in ordine ai secondi motivi aggiunti di prime cure sussista l’interesse a fini risarcitori a mente dell’art. 34, co. 3, cpa, in quanto dichiarato nel corpo dell’appello, tanto da fare espressa “ riserva di promuovere, nei termini di legge, domanda per il risarcimento del danno ”.

In tal senso militano due considerazioni:

-è soltanto a seguito della sentenza di prime cure e della sopravvenuta carenza di interesse all’annullamento che sorge e può dunque farsi valere il diverso interesse al vaglio della legittimità dell’atto a fini risarcitori;

-non si determina in tal modo alcuna deroga al principio del doppio grado di giurisdizione, poiché, indipendentemente dal fine, di annullamento o risarcitorio, l’oggetto del giudizio coincide e non va al di là di quello già scrutinato in prime cure, non investendo un’azione risarcitoria (dunque anche gli altri presupposti che ne integrano la fattispecie), bensì appunto il solo vaglio della legittimità dell’atto.



4.2. Infondate sono le doglianze relative alla statuizione di improcedibilità per carenza di interesse del ricorso introduttivo e dei primi motivi aggiunti di prime cure.

Va subito evidenziato come non vi siano dubbi sul fatto che l’odierno appellante non abbia spiegato in prime cure un’azione risarcitoria (nello stesso appello, come si è visto, si fa espressa “ riserva di promuovere, nei termini di legge, domanda per il risarcimento del danno ”), bensì la diversa azione volta all’accertamento del diritto all’indennizzo (sotto due diversi angoli prospettici: in se e per sé, per l’affermazione del diritto a conseguirlo, e sub omessa previsione qual carenza “viziante”, in tesi, dell’azione amministrativa) .

Per altro verso, a mente dell’art. 34, co. 3, cpa, non vi è traccia, negli atti di prime cure, di qualsivoglia dichiarazione (come richiesto dall’Adunanza plenaria 13.07.2022 n. 8) o comunque di qualsivoglia altra indicazione dalla quale in ipotesi desumere, anche in via implicita, un interesse alla disamina della legittimità degli atti impugnati a fini risarcitori.

L’unico argomento addotto in senso contrario dall’appellante consiste infatti nell’assunto che in prime cure si sia chiesto, insieme all’annullamento, “ l’accertamento del diritto all’indennità mensile ”. Si tratta tuttavia di un rilievo non conducente, atteso che, per pacifica giurisprudenza, “ la domanda di corresponsione dell'indennità di requisizione e quella di risarcimento del danno hanno diversa natura, l'una indennitaria e l'altra risarcitoria, e si basano su diversi presupposti di fatto, e cioè sull'emanazione del decreto di requisizione la prima, e sull'illegittima occupazione del bene la seconda;
pertanto, chiesta con l'atto introduttivo del giudizio la condanna al pagamento dell'indennità, la successiva proposizione della domanda risarcitoria non dà luogo ad una mera diversa qualificazione giuridica della domanda originaria ma, essendo basata su una causa petendi diversa da quella prospettata, integra una domanda nuova
” (Cass. civ. sez. I 22.04.2010 n. 9625). Non può dunque di per sé solo ricavarsi da un’azione volta all’indennizzo (quest’ultimo postulante la piena legittimità del provvedimento di requisizione che ne costituisce la “causale”) un implicito interesse ad un’azione del tutto diversa, quale è quella risarcitoria (quest’ultima discendente da una asserita illegittimità dell’atto) .

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