CGARS, sez. I, sentenza 2021-07-27, n. 202100757

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Sul provvedimento

Citazione :
CGARS, sez. I, sentenza 2021-07-27, n. 202100757
Giurisdizione : Consiglio Di Giustizia Amministrativa per la Regione siciliana
Numero : 202100757
Data del deposito : 27 luglio 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 27/07/2021

N. 00757/2021REG.PROV.COLL.

N. 00047/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA

Sezione giurisdizionale

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 47 del 2021, proposto da
Azienda ospedaliera di rilievo nazionale e di alta specializzazione Civico – Di C – B, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato M M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

A R, rappresentato e difeso dall'avvocato M M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso il suo studio in Palermo, via Nunzio Morello 40;

nei confronti

Regione Siciliana - Assessorato regionale della salute, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale, domiciliataria ex lege in Palermo, via Valerio Villareale, 6;

Calogero Taormina non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Prima) n. 2251/2020, resa tra le parti,

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di A R e di Regione Siciliana - Assessorato regionale della salute;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 luglio 2021, tenutasi ex art. 4 del d.l. n. 84 del 2020 e ex art. 25 del d.l. n. 137 del 2020, così come modificato dall'art. 6 del d.l. n. 44/2021, il Cons. S R M;

Considerato presente, ex art. 4 comma 1 penultimo periodo d.l. n. 28/2020 e art. 25 d.l. 137/2020, l'avvocato M M;

Vista la richiesta di passaggio in decisione senza discussione presentata dall'Avvocatura dello Stato con nota di carattere generale a firma dell’Avvocato distrettuale del 2 febbraio 2021;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO



1. Si controverte in ordine alla deliberazione n. 16 del 21 dicembre 2018 dell'

ARNAS

Civico, avente ad oggetto “ammissione ed esclusione dei candidati alla procedura di cui all'Avviso Pubblico finalizzato alla stabilizzazione a tempo indeterminato del personale del Comparto e della Dirigenza del S.S.N. in possesso dei requisiti di cui all'art. 20, comma 2 del D.Lgs n. 75/2017” , nonché agli elenchi allegati.



2. Con ricorso al Tar Sicilia – Palermo viene impugnato la signora A R ha impugnato il suddetto provvedimento congiuntamente alla direttiva 31 maggio 2018 Serv.1/42238, indirizzata alle Aziende e agli Enti del S.S.R., recante chiarimenti su taluni aspetti delle procedure di stabilizzazione del personale precario.



3. Con sentenza 28 ottobre 2020 n. 2251 il Tar ha accolto il ricorso.



4. La sentenza è stata appellata dall’Azienda Ospedaliera di rilievo nazionale e di alta specializzazione Civico – Di C – B davanti a questo CGARS con ricorso n. 47 del 2021, contenente istanza cautelare.



5. Con ordinanza 5 febbraio 2021 n. 71 l’istanza cautelare è stata respinta.



6. Nel giudizio di appello si è costituita la signora A R.



7. All’udienza dell’8 luglio 2021 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO



8. L’appello non è meritevole di accoglimento.



9. Con il primo motivo l’appellante ha dedotto l’erroneità della sentenza nella parte in cui il Tar ha ritenuto infondata l’eccezione di carenza di giurisdizione.



9.1. Il motivo non è meritevole di accoglimento.

La procedura di cui al secondo comma del richiamato art. 20, come quella oggetto del presente giudizio, è una procedura concorsuale, così come espressamente indicato dalla sgessa norma di legge, che la annovera fra le “ procedure concorsuali riservate, in misura non superiore al cinquanta per cento dei posti disponibili ”, e dalla giurisprudenza, che l’ha definita una “ procedura concorsuale interamente dedicata ai precari suoi destinatari ” (Cons. St., sez. VI, 13 febbraio 2020 n. 1555). Gli specifici requisiti di accesso ivi previsti (su cui infra) sono infatti esclusivamente preordinati ad accedere alla riserva dei posti.

Rispetto alle procedure concorsuali si applica, in tema di giurisdizione, la regola contenuta nell’art. 63 del d.lgs. n. 165 del 2001, che indica i criteri legislativi di riparto:

- devolve al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, “tutte” le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni indicate nell’art. 1, comma 2, dello stesso decreto;

- precisa, al successivo comma 4, che “ restano devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie in materia di procedure concorsuali per l’assunzione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni ”.

L’ambito riservato alla giurisdizione amministrativa, indicato nel comma 4 dell’art. 63, concerne “ le procedure concorsuali strumentali alla costituzione del rapporto con la P.A., le quali possono essere anche interne ” (ss. uu. 13 marzo 2020 n. 7218).

Atteso che la procedura controversa è da annoverare fra le procedure concorsuali con riserva di posti, la giurisdizione appartiene al giudice amministrativo. E ciò con riferimento a tutti gli atti di detta procedura, compresi quelli afferenti, come nel caso di specie, alla preliminare ricognizione del personale potenzialmente interessato a partecipare alla procedura selettiva di cui all'art. 20 comma 2 del d. lgs. n. 75 del 2017, in quanto strumentali rispetto alla procedura selettiva.

Né è dirimente la circostanza che questo Giudice amministrativo debba, al fine di scrutinare l’impugnazione, qualificare il rapporto di lavoro intercorso fra la ricorrente in primo grado e l’Amministrazione al fine di verificare la sussistenza del presupposto controverso della partecipazione alla procedura: si tratta di una questione pregiudiziale, necessaria per pronunciare sulla questione principale, di cui il giudice amministrativo conosce, senza efficacia di giudicato, ai sensi dell’art. 8 c.p.a., e rispetto alla quale esercita i poteri cognitori, anche di interpretazione del fatto, che gli sono devoluti.



9.2. In ragione di quanto sopra il motivo non è meritevole di accoglimento, dovendosi confermare la giurisdizione di questo Giudice amministrativo.

10. Con il secondo motivo l’appellante ha dedotto l’erroneità della sentenza nella parte in cui il Tar ha ritenuto sussistente il requisito per la partecipazione al concorso previsto dall’art. 20 comma 2 lett. b) del d. lgs. n. 75 del 2017, assimilando il rapporto instaurato con il contratto di borsa di studio ad un contratto di collaborazione coordinata e continuativa.

In particolare l’appellante ha dedotto l’insussistenza del requisito di partecipazione di cui all’art. 20 comma 2 del d. lgs. n. 75 del 2017, in ragione del fatto che il contratto di borsa di studio non sarebbe assimilabile ai contratti di lavoro flessibile, né potrebbe essere riqualificato in termini di collaborazione coordinata e continuativa, in quanto in tal caso sarebbe nullo ai sensi dell’art. 7 commi 6 e 6- bis del d. lgs. n. 165 del 2001.

10.1. Il motivo non è meritevole di accoglimento.

Con deliberazione 21 dicembre 2018 n. 16 l’Azienda ha disposto l’esclusione della dott.ssa Raciti dalla procedura per assenza del requisito previsto dall’art. 20 comma 2 lett. b) del d.lgs. n. 75 del 2017, fornendo successivamente chiarimenti più puntuali. In particolare, nella nota 8 febbraio 2019 si legge che la ricorrente è stata esclusa non avendo “maturato, alla data del 31 dicembre 2017, almeno tre anni di contratto, anche non continuativi, negli ultimi otto anni, presso l’amministrazione che bandisce il concorso e/o anche presso diverse amministrazioni del Servizio sanitario nazionale per il personale medico, "dirigenziale e no" tecnico-professionale ed infermieristico (comma 11 art. 20, d.lgs. 75/17)" , con la precisazione che la valutazione del requisito dei tre anni, in applicazione dei dettami di cui alla riforma Madia, legge 7 agosto 2015, n. 124, va fatta al 31 dicembre 2017, con ciò riscontrando l’assenza del requisito in quanto il periodo di servizio prestato a tale data sarebbe solo di 1 anno e otto mesi.

Di contro l’appellata ha, a tale fine, allegato e comprovato di poter vantare, oltre al contratto di collaborazione coordinata e continuativa, svolto presso l’Amministrazione appellante, un rapporto con borsa di studio intercorso con l’Azienda Ospedaliera di Rilievo Nazionale e di Alta Specializzazione Garibaldi di Catania dal 15 settembre 2011 al 14 luglio 2015 (Azienda Garibaldi), così integrando il requisito triennale di cui all’art. 20 comma 2 lett. b) del d. lgs. n. 75 del 2017.

Il punto nodale della vicenda consiste nel decidere se il rapporto instaurato con la borsa di studio è valorizzabile al fine di integrare il requisito di cui all’art. 20 comma 2 let. b) del d. lgs. n. 75 del 2017, in forza del quale il candidato deve aver “ maturato, alla data del 31 dicembre 2021, almeno tre anni di contratto, anche non continuativi, negli ultimi otto anni, presso l'amministrazione che bandisce il concorso ”. E ciò sulla base della considerazione che i requisiti specificamente previsti dal comma 2 dell’art. 20 del decreto legislativo n. 75 del 2017, ossia la titolarità di contratti flessibili di cui alla lett. a) e l’anzianità minima di servizio di cui alla lett. b), sono unicamente preordinati ad avere titolo alla riserva di posti.

Il rapporto di lavoro non riconosciuto dall’Amministrazione ai fini di integrare il presupposto di cui all’art. 2 comma 2 lett. b) del d. lgs. n. 75 del 2017 è quello instaurato nell’ambito di un progetto regionale sostenuto da una borsa di studio presso l’Azienda Garibaldi di Catania.

Esso risulta, sulla base del contratto stipulato il 15 settembre 2011 e prodotto in giudizio, connotato da:

- la predeterminazione delle giornate e del tempo lavoro minimo da effettuare, pari a 36 ore settimanali, e degli emolumenti mensili conseguiti a scadenze fisse;

- la durata annuale del rapporto;

- il luogo di svolgimento di detta attività lavorativa, individuato, con riferimento all’intero orario settimanale di 36 ore, alle sedi dell’Amministrazione;

- l’esclusività della prestazione, stante il divieto di percepire assegni o sovvenzioni proventi da altre attività professionali o rapporti di lavoro;

- l’obbligo di seguire programmi e direttive fornite da un responsabile d’area, salva una certa autonomia nell’organizzazione della propria attività;

- l’obbligo di trasmettere una relazione trimestrale sullo stato di avanzamento dell’attività.

A ciò si aggiunge che le presenze in ingresso e in uscita erano soggette a controllo meccanizzato.

Così descritte le peculiarità del rapporto di borsa di studio (non meglio identificata dall’Amministrazione, anche in ragione della mancanza di riferimenti normativi contenuti nell’avviso di selezione e nel contratto) ed evidenziate le caratteristiche che accomunano detto rapporto ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, il Collegio ritiene che detto contratto possa essere valorizzato al fine di integrare il requisito di cui all’art. 20 comma 2 lett. b) del d. lgs. n. 75 del 2017.

E ciò senza che sia necessario riqualificare detto rapporto in termini di rapporto di lavoro subordinato o di rapporto di collaborazione coordinata e continuativa (con conseguente irrilevanza dei profili di nullità dei medesimi dedotti dall’appellante con riferimento rispettivamente all’art. 36 comma 5- quater del d. lgs. n. 165 del 2001 e all’art. 7 commi 6 e 6- bis del d. lgs. n. 165 del 2001).

La disposizione di cui alla lett. b) dell’art. 20 comma 2 del d. lgs. n. 75 del 2017 non qualifica in alcun modo la tipologia di “contratto” idoneo a integrare il requisito (necessario per partecipare alla procedura concorsuale di cui al medesimo comma 2), limitandosi a precisare, in senso ampliativo della nozione, appunto indeterminata, che il periodo triennale (appunto di contratto) può essere acquisito anche in modo non continuativo. In base al tenore letterale di detta lett. b), pertanto, non si rinvengono particolari problemi di sussumibilità del contratto di borsa di studio nel relativo ambito applicativo.

E ciò a differenza della precedente lett. a), che fa espresso riferimento ai contratti di lavoro flessibile presso l'Amministrazione che bandisce il concorso in relazione all’altro requisito (necessario per partecipare alla procedura concorsuale di cui al medesimo comma 2), riguardante la titolarità di un contratto siffatto successivamente alla data di entrata in vigore della legge n. 124 del 2015 (lett. a) dell’art. 20 comma 2).

In ogni caso, anche a ritenere che la nozione di contratto di cui alla lett. b) richiami il contratto di lavoro flessibile di cui alla precedente lett. a) si rileva che non si rinvengono profili esegetici volti ad escludere le borse lavoro dalla suddetta nozione.

La nozione di lavoro “flessibile” è richiamata dall’art. 36 del d. lgs. n. 165 del 2001 (“ forme contrattuali flessibili previste dal codice civile e dalle altre leggi sui rapporti di lavoro nell'impresa ”).

Essa rimanda a una categoria ampia, idonea a ricomprendere forme non ordinarie di rapporti di lavoro, nei quali la continuità non costituisce un elemento essenziale, non potendo quindi ritenersi che esso presupponga almeno un rapporto coordinato e continuativo.

In tale senso si pone anche la circolare n. 3 del 23 novembre 2017, che non esclude esplicitamente le borse di studio, né prestazioni di lavoro flessibile, se non quelle ivi espressamente indicate, dall’applicabilità dell’art. 20 del d. lgs. n. 75 del 2017 (paragrafo 2).

Al paragrafo 3.2.1. si legge infatti che, con riferimento alla procedura di cui al comma 2 dell’art. 20 del d. lgs. n. 75 del 2017, “ l’ampiezza dell’ambito soggettivo di applicazione della norma […] consente di ricomprendere nel reclutamento speciale transitorio per il triennio 2018-2020 i titolari di varie tipologie di contratto di lavoro flessibile, quali ad esempio le collaborazioni coordinate e continuative ”.

Pertanto, dalla circolare si evince che il Ministero, salvo quanto si dirà infra , interpreta in modo lato il requisito di cui al comma 2 lett. a del richiamato art. 20 (titolarità del contratto di lavoro flessibile).

La latitudine della nozione richiamata dal legislatore del 2017 si evince dal fatto che sono ricomprese nella suddetta nozione, a titolo esemplificativo (quindi in modo che non siano escluse ulteriori tipologie di contratto), le collaborazioni coordinate e continuative, con conseguente adozione di una nozione di lavoro flessibile idonea a contenere addirittura quelle collaborazioni che il d. lgs. n. 81 del 2015, in altro contesto (come si vedrà infra ), neppure ricomprende nella nozione di “ lavoro a orario ridotto e flessibile ”.

Con specifico riferimento al requisito del rapporto triennale è specificato che “ è possibile sommare periodi riferiti a contratti diversi, anche come tipologia di rapporto, purché riferiti alla medesima amministrazione e alla medesima attività, di diverse tipologie ”: ancora una volta quindi l’accento è posto nel senso di ampliare la categoria dei rapporti contrattuali sussumibili nella disposizione, con l’unico vincolo che essi siano caratterizzati dal riferirsi alla medesima amministrazione e alla medesima attività.

In tale contesto la stessa giurisprudenza costituzionale assume una nozione lata di lavoro flessibile, comprensiva anche dei lavori socialmente utili, definiti “ tale forma flessibile di impiego ” mentre contemporaneamente specifica che “ l’utilizzazione dei lavoratori nelle attività socialmente utili non determina l’instaurazione di un rapporto di lavoro con l’ente utilizzatore ” (Corte cost. 2 settembre 2020 n. 199), così dando il segno dell’ampiezza della nozione.

Piuttosto la giurisprudenza contabile riconduce alla suddetta categoria (di lavoro flessibile) i rapporti di lavoro indicati nell’art. 9 comma 28 del d.l. n. 78 del 2010 (cui fa espresso riferimento la sopra richiamata circolare del 2017), cioè i rapporti del “ personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa ” e i “ contratti di formazione-lavoro ”, nonché gli “ altri rapporti formativi ”, la “ somministrazione di lavoro ”, nonché il “ lavoro accessorio ” (Corte dei conti, sez. aut., del. n. 15/SEZAUT/2018/QMIG) e che pertanto tale categoria è idonea potenzialmente a ricomprendere anche i rapporti di formazione instaurati con l’Amministrazione.

Del resto, la prospettiva costituzionale che si staglia sullo sfondo della procedura concorsuale di cui all’art. 20 comma 2 del d. lgs. n. 75 del 2017 non pone un problema di accesso concorsuale all’impiego pubblico, posto che è proprio tale procedura, prevista dal richiamato art. 20 comma 2, a garantire detta modalità di assunzione, sicché può essere resa un’interpretazione lata di detta disposizione, senza che si possano porre problemi di compatibilità con l’art. 97 Cost. E ciò soprattutto se paragonato alla procedura di cui al primo comma dell’art. 20 del d. lgs. n. 75 del 2017, che, configurando un’ipotesi di stabilizzazione, si pone potenzialmente in conflitto con l’art. 97 Cost. (così intervenendo l’esegesi della Corte costituzionale, in base alla quale “ l’area delle eccezioni alla regola del concorso deve essere rigorosamente delimitata ”, così Corte cost. 24 maggio 2017 n. 113).

D’altro canto, l’eventuale previo rapporto di lavoro (flessibile) impatta solo sulla riserva di posti nell’ambito della procedura concorsuale e quindi sulla compatibilità della medesima con l’art. 51 Cost. (con conseguente tematica della percentuale massima della riserva), sicché un’interpretazione lata dei rapporti ricompresi nella riserva appare più in linea con detta prerogativa costituzionale rispetto a un’interpretazione restrittiva. L’art. 51 Cost., in base al quale “ tutti i cittadini dell'uno o dell'altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge ”, supporta infatti una prospettiva costituzionale di ampia partecipazione ai concorsi (Corte cost. 24 maggio 2017 n. 113).

In tale contesto il d. lgs. 15 giugno 2015, n. 81 non è sufficiente a escludere che la tipologia di borsa lavoro stipulata dall’appellata non rientri fra i contratti di lavoro flessibile. Detto decreto infatti, peraltro non riguardante precipuamente il rapporto di lavoro presso le pubbliche amministrazioni, disciplina la forma comune di contratto di lavoro, individuandola in quello a tempo indeterminato, al quale sono equiparate forme di collaborazioni continuative, e contrapponendo alle medesima i rapporti di lavoro “ a orario ridotto e flessibile ”, con una locuzione che non si riferisce alla tipologia di contratto stipulato ma alla tempistica che lo connota, come si evince dal fatto che esso disciplina, con riferimento alle specifiche tipologie di lavoro prese in considerazione, l’aspetto temporale, così per il lavoro a tempo parziale, il lavoro intermittente, il lavoro a tempo determinato, la somministrazione di lavoro, l’apprendistato e il lavoro accessorio. Peraltro, come sopra anticipato, la circolare del 2017 inserisce le collaborazioni coordinate e continuative fra i rapporti di lavoro flessibile, così ponendosi in linea di discontinuità con il d. lgs. n. 81 del 2015, che non le ricomprende fra i rapporti di lavoro “ a orario ridotto e flessibile ”.

La stessa Corte costituzionale, dovendo decidere in ordine alla stabilizzazione dei lavoratori socialmente utili (pur ritenendo che “ l’utilizzazione dei lavoratori nelle attività socialmente utili non determina l’instaurazione di un rapporto di lavoro con l’ente utilizzatore ”), ha espressamente affermato che “ la stabilizzazione dei lavoratori socialmente utili potrà avvenire nel rispetto e nell’ambito delle procedure regolate dalla legge e con l’osservanza della regola del concorso pubblico posta dall’art. 97, quarto comma, Cost. ” (Corte cost. 2 settembre 2020 n. 199) e nel caso di specie si è già rimarcato come la procedura di cui al secondo comma dell’art. 20 del d. lgs. n. 75 del 2017 sia di natura concorsuale.

A tale prospettiva risulta conforme la finalità dell’art. 20 del d. lgs. n. 75 del 2017, resa evidente dalla relativa rubrica, “ superamento del precariato nelle pubbliche amministrazioni ”, ed evidenziata altresì dalla circolare ministeriale del 2017, volta proprio a introdurre strumenti finalizzati a superare le forme precarie di lavoro assicurando un accesso all’impiego pubblico di tipo concorsuale. E non può negarsi che le borse di studio rappresentino una forma di precariato presso le pubbliche amministrazioni.

D’altro canto rispetto alla finalità (di garantire l’accesso all’impiego pubblico) confluisce anche la ratio delle borse di studio, comunque funzionali a veicolare l’accesso dei giovani al mercato del lavoro.

Considerati i sopra descritti connotati del rapporto di borsa di studio dell’appellata, oltre alla prospettiva costituzionale delineata (che esclude la sussistenza del presupposto della rimessione alla Corte costituzionale costituito dall’impossibilità di rendere un’interpretazione costituzionalmente orientata, così Corte cost., sentenza 22 ottobre 1996, n. 356 e ordinanza 19 giugno 2019, n. 151), alla nozione di lavoro richiamata nel secondo comma dell’art. 20 del d. lgs. n. 75 del 2017 e la ratio di detta disposizione non si rinvengono pertanto motivi sufficienti ad escludere le borse di studio, così come sopra descritte, dalle ipotesi di contratto di cui all’art. 20 comma 2 lett. b) del d. lgs. n. 75 del 2017.

10.2. Il motivo non è quindi meritevole di accoglimento, con conseguente conferma della sentenza impugnata, che ha accolto il ricorso introduttivo, annullando i provvedimenti impugnati.

A tale ultimo riguardo si precisa che, fra gli atti impugnati, è ricompreso l’atto di indirizzo 31 maggio 2018 n. 42238 dell'Assessorato Regionale della salute, Dipartimento per la pianificazione strategica.

Con esso l’Assessorato regionale della salute ha specificato che nell’elencazione dei rapporti lavorativi flessibili vanno incluse “ le diverse tipologie di contratto flessibile di cui all’art. 36 del D.Lgs. n. 165/2001 e segnatamente i rapporti di lavoro a tempo determinato, di formazione e lavoro, di natura occasionale o coordinata e continuativa, disciplinati dal comma 6 e ss., art. 7 del medesimo T.U.P.I. ” mentre non possono essere inclusi nel predetto elenco “ né l’attività dei ricercatori universitari a tempo determinato e dei dottorati di ricerca svolti presso strutture universitarie, né quella degli assegnisti di ricerca o titolari di borse di studio ”, sulla base della duplice considerazione che la stessa circolare del Dipartimento della funzione pubblica n. 3/2017 esclude esplicitamente dall’ambito di applicazione della predetta norma il rapporto di impiego dei professori e dei ricercatori universitari a tempo indeterminato o a tempo determinato e “ limita soltanto agli enti pubblici di ricerca, di cui al D.lgs. n. 218/2016 (e non anche alle Aziende del SSN) la valutazione delle attività quale borsista o assegnista di ricerca ”.

Nondimeno detta ultima disposizione non può che essere letta, oltre che in modo conforme alla linea interpretativa sopra delineata, anche in combinato disposto con la previsione della circolare del 2017, posto anche che la tecnica di redazione utilizzata fa sì che la regola enunciata (non annoverabilità fra i rapporti considerati dall’art. 20 del d. lgs. n. 75 del 2017 degli assegni di ricerca e borse di studio) sia fondata sul rinvio al contenuto della circolare del 2017.

Detta circolare del 2017, al paragrafo 3.2.4., dispone che, “ per quanto riguarda il regime di assunzione degli enti di ricerca si rinvia alla disciplina specifica prevista dal decreto legislativo 25 novembre 2016 n. 218 ”, con una previsione che ha quindi rilievo sotto il profilo della determinazione contabile delle facoltà assunzionali (e non in relazione all’ambito di applicazione dell’art. 20) e che, in ogni caso, pur imponendo un vincolo agli enti di ricerca nulla dice con riferimento alle diverse Amministrazioni.

Al successivo paragrafo 3.2.7. viene invece richiamato lo specifico regime di applicazione dell’art. 20 del d. lgs. n. 75 del 2017 agli enti di ricerca. Nell’ambito di tale previsione si legge che “ l’ampio riferimento alle varie tipologie di contratti flessibili […] può ricomprendere i contratti di collaborazione coordinata e continuativa e anche i contratti degli assegnisti di ricerca ”.

Al riguardo, in disparte ogni valutazione circa l’assimilabilità delle borse di studio controverse con gli assegni di ricerca (la legge n. 240 del 2010, all’art. 29, sembra distinguere le due fattispecie, quella dell’assegno di ricerca e quella delle borse di studio), si rileva che la previsione della circolare è dedicata esclusivamente agli enti di ricerca e nulla dispone rispetto agli altri enti sanitari, specie rispetto a una previsione che contempla sicuramente almeno una ipotesi, quella delle prestazioni coordinate e continuative, riferibile espressamente, come visto sopra, anche altri enti del servizio sanitario.

Pertanto, si precisa che l’atto di indirizzo 31 maggio 2018 si rivela illegittimo nei soli limiti in cui ritiene non annoverabili nell’ambito applicativo dell’art. 20 comma 2 lett. b) del d. lgs. n. 75 del 2017 i rapporti instaurati sulla base di borse di studio della tipologia per cui è causa.

11. In conclusione, l’appello deve essere respinto, con conseguente conferma della sentenza impugnata.

La particolarità e la novità della controversia giustificano la compensazione delle spese del presente grado di giudizio.

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