CGUE, n. C-549/21 P, Sentenza della Corte, Fondazione Cassa di Risparmio di Pesaro e a. contro Commissione europea, 27/04/2023

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Sul provvedimento

Citazione :
CGUE, n. C-549/21 P, Sentenza della Corte, Fondazione Cassa di Risparmio di Pesaro e a. contro Commissione europea, 27/04/2023
Giurisdizione : Corte di Giustizia dell'Unione Europea
Numero : 62021CJ0549
Data del deposito : 27 aprile 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)

27 aprile 2023 (*)

«Impugnazione – Articolo 268 TFUE – Articolo 340, secondo comma, TFUE – Ricorso per risarcimento danni – Politica economica e monetaria – Articoli 107 e 108 TFUE – Fondo interbancario di tutela dei depositi – Intervento previsto – Salvataggio di Banca delle Marche – Lettere della Commissione europea – Qualificazione come “aiuti di Stato” non esclusa – Invito alle autorità nazionali a notificare alla Commissione il progetto di intervento – Insussistenza di una violazione sufficientemente qualificata del diritto dell’Unione»

Nella causa C‑549/21 P,

avente ad oggetto l’impugnazione, ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposta il 3 settembre 2021,

Fondazione Cassa di Risparmio di Pesaro, con sede in Pesaro (Italia),

Montani Antaldi Srl, con sede in Pesaro,

Fondazione Cassa di Risparmio di Fano, con sede in Fano (Italia),

Fondazione Cassa di Risparmio di Jesi, con sede in Jesi (Italia),

Fondazione Cassa di Risparmio della Provincia di Macerata, con sede in Macerata (Italia),

rappresentate da S. Battini, B. Cimino e A. Sandulli, avvocati,

ricorrenti,

procedimento in cui l’altra parte è:

Commissione europea, rappresentata da I. Barcew, A. Bouchagiar, D. Recchia e P. Stancanelli, in qualità di agenti,

convenuta in primo grado,

LA CORTE (Terza Sezione),

composta da K. Jürimäe, presidente di sezione, M. Safjan, N. Piçarra, N. Jääskinen e M. Gavalec (relatore), giudici,

avvocato generale: N. Emiliou

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1 Con la loro impugnazione la Fondazione Cassa di Risparmio di Pesaro, la Montani Antaldi Srl, la Fondazione Cassa di Risparmio di Fano, la Fondazione Cassa di Risparmio di Jesi, la Fondazione Cassa di Risparmio della Provincia di Macerata, ricorrenti, chiedono l’annullamento e/o la riforma della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 30 giugno 2021, Fondazione Cassa di Risparmio di Pesaro e a./Commissione (T‑635/19, EU:T:2021:394;
in prosieguo: la «sentenza impugnata»), con la quale quest’ultimo ha respinto il ricorso delle stesse, fondato sull’articolo 268 TFUE, diretto a ottenere il risarcimento del danno materiale che sarebbe stato loro causato dal comportamento illegale della Commissione europea, consistente nell’impedire il salvataggio di Banca delle Marche, attraverso il Fondo interbancario di tutela dei depositi (in prosieguo: il «FITD»).

 Contesto normativo

2 La direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, che istituisce un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento e che modifica la direttiva 82/891/CEE del Consiglio, e le direttive 2001/24/CE, 2002/47/CE, 2004/25/CE, 2005/56/CE, 2007/36/CE, 2011/35/UE, 2012/30/UE e 2013/36/UE e i regolamenti (UE) n. 1093/2010 e (UE) n. 648/2012, del Parlamento europeo e del Consiglio (GU 2014, L 173, pag. 190), contiene, in particolare, gli articoli 36 e 59, i quali sono rispettivamente dedicati alla «[v]alutazione ai fini della risoluzione» e all’«[o]bbligo di svalutazione o di conversione degli strumenti di capitale».

3 L’articolo 4 del regolamento (UE) 2015/1589 del Consiglio, del 13 luglio 2015, recante modalità di applicazione dell’articolo 108 [TFUE] (GU 2015, L 248, pag. 9), intitolato «Esame preliminare della notifica e decisioni della Commissione», prevede quanto segue:

«1. La Commissione procede all’esame della notifica non appena questa le è pervenuta. Fatto salvo l’articolo 10, la Commissione adotta una decisione a norma dei paragrafi 2, 3 o 4 del presente articolo.

(...)



5. Le decisioni di cui ai paragrafi 2, 3 e 4 del presente articolo devono essere adottate entro due mesi. Tale termine inizia a decorrere dal giorno successivo a quello di ricezione di una notifica completa. La notifica è ritenuta completa se entro due mesi dalla sua ricezione, o dalla ricezione di ogni informazione supplementare richiesta, la Commissione non richiede ulteriori informazioni. Il termine può essere prorogato con il consenso della Commissione e dello Stato membro interessato. Se opportuno, la Commissione può fissare scadenze più ravvicinate.

(...)».

 Fatti

4 I fatti all’origine della controversia sono esposti nei punti da 1 a 34 della sentenza impugnata e, ai fini del presente procedimento, possono essere riassunti come segue.

5 Con ricorso depositato presso la cancelleria del Tribunale il 25 settembre 2019, le ricorrenti hanno chiesto di accertare la responsabilità extracontrattuale dell’Unione europea ai sensi dell’articolo 340, secondo comma, TFUE, sulla base del rilievo che la Commissione avrebbe impedito, mediante un comportamento asseritamente illegale – segnatamente per mezzo di pressioni illecite esercitate sulle autorità italiane, in particolare sulla Banca d’Italia, banca centrale della Repubblica italiana (Banca d’Italia) – il salvataggio di Banca delle Marche, di cui le ricorrenti erano azioniste e obbligazioniste subordinate, circostanza che avrebbe arrecato loro un pregiudizio. Più nello specifico, la Commissione avrebbe impedito un simile salvataggio da parte del FITD, ossia il sistema italiano di garanzia dei depositi, sotto forma di consorzio di diritto privato tra banche che opera con risorse proprie, e avrebbe indotto le autorità italiane, e in particolare la Banca d’Italia, nella sua qualità di autorità nazionale competente, ad avviare il procedimento di risoluzione di Banca delle Marche ai sensi delle norme di diritto italiano che traspongono la direttiva 2014/59.

6 In considerazione del significativo deterioramento delle condizioni finanziarie di Banca delle Marche, l’8 ottobre 2013 la Banca d’Italia ha proposto al Ministero dell’Economia e delle Finanze di sottoporre tale banca alla procedura di amministrazione straordinaria, ai sensi degli articoli 70 e 98 del Testo Unico Bancario italiano (in prosieguo: il «TUB»), introdotto dal decreto legislativo del 1° settembre 1993, n. 385 (supplemento ordinario alla GURI n. 230, del 30 settembre 1993), per via, in particolare, di «disfunzioni e irregolarità (...) gravi».

7 Il 15 ottobre 2013, Banca delle Marche è stata sottoposta ad amministrazione straordinaria. I commissari straordinari di Banca delle Marche hanno proceduto a un primo tentativo al fine di risolvere la crisi che attraversava tale banca mediante un intervento di sostegno da parte di Credito Fondiario SpA e del FITD, per il quale quest’ultimo aveva chiesto, il 12 settembre 2014, e ottenuto, il 3 dicembre 2014, l’autorizzazione della Banca d’Italia. Tuttavia, tale intervento non ha avuto seguito per sopraggiunte difficoltà nel procedere alla ricapitalizzazione di Banca delle Marche.

8 Il 10 ottobre 2014, nell’ambito di una fase di esame preliminare avviata di propria iniziativa con riferimento agli interventi di sostegno previsti dal FITD a favore di un’altra banca italiana, Banca Tercas [SA.39451 (2014/CP)], e di Banca delle Marche [SA.39543 (2014/CP)], la Commissione ha inviato alle autorità italiane una richiesta di informazioni, sottolineando che non si poteva escludere che detti interventi costituissero aiuti di Stato.

9 Con lettera del 18 dicembre 2014 la Commissione ha comunicato alle autorità italiane che l’intervento di sostegno a favore di Banca delle Marche proposto dal FITD avrebbe potuto costituire un aiuto di Stato, sicché sarebbe stato opportuno notificarle un simile intervento prima della sua approvazione, conformemente alle prescrizioni di cui all’articolo 108, paragrafo 3, TFUE.

10 Il 27 febbraio 2015 la Commissione ha deciso di avviare il procedimento di indagine formale relativo agli interventi di sostegno del FITD a favore di Banca Tercas [SA.39451 (2015/C) (ex 2015/NN)] (GU 2015, C 136, pag. 17). In tale decisione essa ha ritenuto, in particolare, che tali interventi fossero costituiti da risorse statali, imputabili allo Stato italiano.

11 Con lettera del 21 agosto 2015 la Commissione ha ricordato la possibilità che l’intervento a favore di Banca delle Marche costituisse un aiuto di Stato e ha invitato le autorità italiane a desistere dall’attuare qualsiasi misura del FITD prima della sua notifica e prima di aver ottenuto una decisione da parte sua.

12 L’8 ottobre 2015 il FITD ha fissato e approvato le linee generali di un secondo tentativo di intervento di sostegno consistente in una ristrutturazione di Banca delle Marche e in un’iniezione di capitale fino a un importo massimo di EUR 1,2 miliardi, «attingendo al finanziamento in corso di perfezionamento con alcune banche consorziate». Il FITD ne ha informato la Banca d’Italia con lettere del 9 e del 15 ottobre 2015. Dalla lettera del 9 ottobre 2015 risulterebbe che l’operazione complessiva era condizionata, in particolare, all’approvazione, da parte della Banca d’Italia, di una modifica allo statuto del FITD e al perfezionamento giuridico dell’operazione di aumento di capitale.

13 Nell’ottobre 2015 la Banca d’Italia ha trasmesso alla Commissione una nota intitolata «A solution scheme for Banca delle Marche group (schema di soluzione per il gruppo Banca delle Marche)», ricordando la situazione contabile di detta banca, il fatto che essa era stata sottoposta ad amministrazione straordinaria, il fallimento del primo tentativo di salvataggio e l’esistenza di un piano di ristrutturazione commissionato dal FITD. La Banca d’Italia ne ha concluso che, al 31 dicembre 2015, il capitale degli azionisti si sarebbe verosimilmente avvicinato a zero, sicché la ricapitalizzazione della banca sarebbe stata attuata, da un lato, mediante un azzeramento o la conversione delle obbligazioni subordinate e, dall’altro, mediante un aumento di capitale fino a un importo massimo di EUR 1,2 miliardi da parte del FITD. A tale nota erano allegati, in particolare, la lettera del FITD del 9 ottobre 2015 e il piano di ristrutturazione.

14 Con lettera del 4 novembre 2015, i commissari straordinari di Banca delle Marche hanno segnalato alla Banca d’Italia l’imminente situazione di cessazione dei pagamenti e hanno riferito di temere che il suo salvataggio non potesse essere attuato in tempo utile, tenuto conto della sua situazione finanziaria.

15 Il 16 novembre 2015 la Repubblica italiana ha trasposto in diritto interno la direttiva 2014/59 con l’adozione del decreto legislativo del 16 novembre 2015, n. 180 (GURI n. 267, del 16 novembre 2015), il quale offriva la possibilità di delegare funzioni della Banca d’Italia a un sistema di garanzia dei depositanti, quale il FITD.

16 Con lettera congiunta del 19 novembre 2015 i membri della Commissione Hill e Vestager, che erano all’epoca incaricati, da un lato, della stabilità finanziaria, dei servizi finanziari e dell’unione dei mercati dei capitali e, dall’altro, della concorrenza, hanno richiamato l’attenzione delle autorità italiane, segnatamente, sul fatto che il ricorso a un sistema di garanzia dei depositi per ricapitalizzare una banca, ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 3, della direttiva 2014/49/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, relativa ai sistemi di garanzia dei depositi (GU 2014, L 173, pag. 149), era soggetto all’applicazione delle norme sugli aiuti di Stato.

17 Il 21 novembre 2015 la Banca d’Italia ha avviato, ai sensi dell’articolo 32 del decreto legislativo n. 180/15, la risoluzione nei confronti di Banca delle Marche.

18 La Banca d’Italia, nel suo «programma di risoluzione di Banca delle Marche», che essa ha notificato alla Commissione fin dal 20 novembre 2015, ha rilevato, in particolare, il fatto che una ricapitalizzazione di Banca delle Marche da parte del FITD non era potuta avvenire, in assenza della «previa valutazione positiva della Commissione (...) sulla compatibilità [di tale operazione] con la normativa [dell’Unione] in materia di aiuti di Stato». La Banca d’Italia ha constatato la situazione di dissesto di Banca delle Marche e ha rilevato che, durante la procedura di amministrazione straordinaria, non era stato possibile ottenere sul mercato risorse in grado di risolvere la situazione di crisi in cui si trovava Banca delle Marche. Anche l’intervento del FITD in suo favore si sarebbe rivelato impraticabile e incompatibile con l’esigenza di una celere soluzione della crisi. Infatti, dal momento che la Commissione attribuiva una natura pubblica agli interventi dei sistemi di garanzia, sarebbe stato indispensabile ottenere da quest’ultima una decisione che attestasse la compatibilità dell’intervento previsto con la disciplina dell’Unione sugli aiuti di Stato. Tale operazione sarebbe stata sottoposta alla Commissione, ma non avrebbe potuto essere realizzata in assenza della previa valutazione positiva di quest’ultima.

19 La risoluzione di Banca delle Marche, quale disposta dalla Banca d’Italia, consisteva nel trasferimento degli attivi e passivi di tale banca a una banca‑ponte di nuova creazione, ossia la Nuova Banca delle Marche SpA, il cui capitale era stato sottoscritto dal fondo di risoluzione di nuova creazione mediante contributi del settore bancario, al fine di consentire il mantenimento delle sue attività essenziali fino alla sua vendita nell’ambito di una procedura aperta e non discriminatoria.

20 Al termine di una fase di esame preliminare, il 22 novembre 2015 la Commissione ha adottato la decisione C(2015) 8371 final sull’aiuto di Stato SA.39543 (2015/N) cui l’Italia ha dato esecuzione – Aiuto alla risoluzione di Banca delle Marche. In tale decisione, la Commissione non ha sollevato obiezioni contro le misure di aiuto previste nell’ambito della risoluzione di Banca delle Marche, con la motivazione che esse erano compatibili con il mercato interno, ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 3, lettera b), TFUE. A tale data, il saldo del patrimonio netto di Banca delle Marche era negativo per un importo pari a EUR 1,412 miliardi.

21 Il 9 dicembre 2015 il Capo Dipartimento della Vigilanza di Banca d’Italia ha segnatamente dichiarato, durante la sua audizione da parte della Commissione Finanze della Camera dei deputati (Italia), che l’intervento del FITD aveva consentito, congiuntamente alle risorse apportate da altre banche, di porre i presupposti per il superamento delle crisi senza alcun sacrificio per i creditori. Tuttavia, tale soluzione non è stata ritenuta possibile, «per la preclusione manifestata da uffici della Commissione (...), da noi non condivisa, che hanno ritenuto di assimilare ad aiuti di Stato gli interventi del [FITD]». Infatti, «[i]n Italia i sistemi di garanzia sono soggetti privati;
i loro interventi alternativi al rimborso dei depositanti sono deliberati autonomamente e finanziati con risorse anch’esse private».

22 Il 23 dicembre 2015 la Commissione ha adottato la decisione (UE) 2016/1208, relativa all’aiuto di Stato SA.39451 (2015/C) (ex 2015/NN) cui l’Italia ha dato esecuzione a favore di Banca Tercas (GU 2016, L 203, pag. 1;
in prosieguo: la «decisione relativa a Banca Tercas»). Tale decisione qualificava gli interventi del FITD a favore di tale banca come «aiuto di Stato illegale e incompatibile con il mercato interno» e ne ordinava il recupero.

23 In una nota pubblicata sul suo sito Internet, il 25 marzo 2016, intitolata «La crisi di Banca delle Marche», la Banca d’Italia ha ricordato, in sostanza, in particolare, che, nell’ottobre 2014, la Commissione aveva trasmesso alle autorità italiane una richiesta di informazioni sugli interventi previsti del FITD a favore di Banca Tercas e di Banca delle Marche, tenuto conto della possibilità che essi costituissero aiuti di Stato. Sarebbe stato così indispensabile acquisire l’assenso preventivo della Commissione per quanto riguardava l’intervento del FITD, in mancanza del quale l’esecuzione di siffatti interventi avrebbe determinato l’avvio formale di un contenzioso con la Commissione, con tutti gli effetti negativi immediati che ciò avrebbe prodotto. Orbene, i servizi della Commissione avrebbero confermato il loro diniego riguardo a tale intervento. Questo atteggiamento sarebbe stato confermato ufficialmente al più alto livello nella lettera dei membri della Commissione Hill e Vestager, del 19 novembre 2015.

24 Con sentenza del 30 dicembre 2016 (procedimento n. 12884/2016), a seguito di un ricorso proposto dalle ricorrenti contro la Banca d’Italia e il Ministero dell’Economia e delle Finanze, diretto all’annullamento delle misure di risoluzione adottate nei confronti di Banca delle Marche e al risarcimento dei danni causati da tale risoluzione, il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Italia) ha respinto le domande delle ricorrenti.

25 Nel corso del 2017, quando la banca‑ponte è stata venduta, si è reso necessario un ulteriore aiuto di Stato, consistente in particolare in una ricapitalizzazione pari a EUR 556 milioni provenienti dal fondo di risoluzione, e il prezzo della vendita è stato simbolicamente fissato a un euro.

26 Con sentenza del 22 gennaio 2019 (procedimento n. 00550/2019), il Consiglio di Stato (Italia) ha respinto l’impugnazione delle ricorrenti avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio.

27 Con sentenza del 19 marzo 2019, Italia e a./Commissione (T‑98/16, T‑196/16 e T‑198/16, EU:T:2019:167), il Tribunale ha annullato la decisione relativa a Banca Tercas.

28 A seguito di una domanda di revocazione presentata dalle ricorrenti, il Consiglio di Stato, con ordinanza del 7 ottobre 2019 (procedimento n. 03465/2019), ha sospeso il giudizio di revocazione della sua sentenza di cui al punto 26 della presente sentenza fino alla pronuncia definitiva della Corte nella causa C‑425/19 P.

29 Con ordinanza del presidente della Corte del 13 novembre 2019, Commissione/Italia e a. (C‑425/19 P, non pubblicata, EU:C:2019:980), quest’ultimo ha respinto l’istanza d’intervento delle ricorrenti a sostegno delle conclusioni delle ricorrenti in primo grado, con la motivazione che esse non dimostravano di avere un interesse alla soluzione della controversia nella causa C‑425/19 P, ai sensi dell’articolo 40, secondo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea.

30 Con sentenza del 2 marzo 2021, Commissione/Italia e a. (C‑425/19 P, EU:C:2021:154), la Corte ha respinto l’impugnazione della Commissione avverso la sentenza del 19 marzo 2019, Italia e a./Commissione (T‑98/16, T‑196/16 e T‑198/16, EU:T:2019:167).

 Ricorso dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

31 Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 25 settembre 2019, le ricorrenti hanno proposto un ricorso diretto a ottenere il risarcimento del danno materiale che esse avrebbero patito a causa del comportamento illegale della Commissione, la quale avrebbe impedito la ricapitalizzazione di Banca delle Marche, fornendo alle autorità italiane istruzioni illegali. Le ricorrenti chiedevano altresì al Tribunale, ai sensi dell’articolo 91 del suo regolamento di procedura, di ordinare alla Commissione di produrre l’intero fascicolo amministrativo relativo alla pratica «Banca delle Marche (SA.39543 2014/CP)», compresi tutti i «documenti riservati» citati nel controricorso della Commissione, al fine di garantire il rispetto dei loro diritti della difesa e del principio del contraddittorio, conformemente al disposto dell’articolo 103 del regolamento di procedura del Tribunale. Le ricorrenti chiedevano, infine, la condanna della Commissione alle spese.

32 Ai punti da 51 a 56 della sentenza impugnata il Tribunale ha respinto l’argomento delle ricorrenti secondo il quale la Commissione avrebbe travisato la nozione di «aiuto», ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, giudicando che, nonostante il carattere privato degli interventi del FITD, questi ultimi costituivano misure imputabili allo Stato italiano e comprensive di risorse statali. Il Tribunale ha constatato, infatti, che le lettere della Commissione del 10 ottobre 2014, del 18 dicembre 2014 e del 21 agosto 2015, nonché la lettera del 19 novembre 2015, firmata dai commissari europei Hill e Vestager (in prosieguo, congiuntamente: le «quattro lettere controverse»), non contenevano alcuna valutazione giuridica alla luce dei criteri della nozione di «aiuto». La Commissione si sarebbe, infatti, limitata a sottolineare che non si poteva escludere che l’intervento previsto del FITD a sostegno di Banca delle Marche costituisse un aiuto di Stato, sicché sarebbe stato opportuno notificarle tale intervento, conformemente all’articolo 108, paragrafo 3, TFUE, prima che esso fosse autorizzato dalla Banca d’Italia.

33 Il Tribunale ne ha dedotto, al punto 56 della sentenza impugnata, che le quattro lettere controverse, intervenute prima dell’avvio del procedimento di risoluzione di Banca delle Marche, avevano solo carattere procedurale, in quanto ricordavano alle autorità italiane la necessità di procedere a una notifica preliminare e di non attuare possibili misure di aiuto. Inoltre, tali lettere non si esprimerebbero su una misura concreta, poiché nessuna misura era ancora stata chiaramente definita o notificata.

34 Ai punti 57, 58 e 67 della sentenza impugnata il Tribunale ha giudicato che, nonostante gli elementi di prova forniti dalla Banca d’Italia, che dimostravano che i servizi della Commissione avevano considerato che gli interventi del FITD a favore di una banca in stato di dissesto potessero costituire aiuti di Stato, le ricorrenti non avevano dimostrato che la Commissione avesse minacciato le autorità italiane di bloccare o vietare eventuali interventi del FITD a favore di Banca delle Marche alla luce dell’articolo 107 TFUE, o che essa avesse esercitato pressioni in merito.

35 Pertanto, la Banca d’Italia e il Ministero dell’Economia e delle Finanze avrebbero adottato la decisione di avviare la risoluzione di Banca delle Marche autonomamente, nell’esercizio delle loro specifiche competenze e del loro margine di discrezionalità, senza essere stati influenzati in modo decisivo dall’atteggiamento della Commissione. La loro constatazione dello stato di dissesto di tale banca avrebbe, quindi, costituito la causa determinante della risoluzione in parola.

36 Ai punti 59 e 65 della sentenza impugnata il Tribunale ha considerato che la circostanza che la Commissione avesse ritenuto che l’intervento del FITD a favore di Banca Tercas costituisse un aiuto di Stato non implicava necessariamente che l’intervento di tale fondo a sostegno di Banca delle Marche dovesse ricevere la stessa qualificazione.

37 Il Tribunale ha peraltro sottolineato, ai punti da 59 a 62 della sentenza impugnata, che il fallito finanziamento delle misure di sostegno a Banca delle Marche attraverso un ricorso al settore privato non consentiva alla Commissione di sapere con sufficiente precisione se l’intervento del FITD a sostegno di Banca delle Marche potesse costituire un aiuto di Stato. La Banca d’Italia avrebbe altresì sottolineato che l’intervento di tale fondo si era rivelato impraticabile e inadeguato all’esigenza di una rapida risoluzione della crisi, a prescindere dall’eventuale necessità di notificarlo previamente alla Commissione, ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 3, TFUE.

38 A tal riguardo, il Tribunale ha segnatamente rilevato che, in una lettera del 4 novembre 2015, i commissari straordinari di Banca delle Marche avevano segnalato alla Banca d’Italia l’imminente situazione di cessazione dei pagamenti della prima e avevano riferito di temere che il suo salvataggio non potesse essere attuato in tempo utile, tenuto conto della sua situazione finanziaria. Pertanto, il requisito di tale autorizzazione preventiva della Commissione costituiva senz’altro un aspetto aggiuntivo contrastante con una risoluzione celere ma, in considerazione del carattere ancora incompleto del progetto di intervento del FITD a favore di Banca delle Marche, esso non sarebbe stato, di per sé, determinante per la decisione di risoluzione infine adottata da tali autorità.

39 Inoltre, il Tribunale ha giudicato che, contrariamente a quanto sosteneva la Banca d’Italia, la presentazione alla Commissione della nota intitolata «A solution scheme for Banca delle Marche group (schema di soluzione per il gruppo Banca delle Marche)» non poteva essere assimilata a una notifica formale di un progetto di intervento definitivo e concreto, che avrebbe potuto costituire oggetto di un divieto o di un’autorizzazione da parte di quest’ultima.

40 Al punto 63 della sentenza impugnata il Tribunale ha considerato che le ricorrenti non potevano basarsi né sulla testimonianza del collaboratore della Banca d’Italia, né sulla nota di quest’ultima, relativa alla crisi di Banca delle Marche, per dimostrare, in particolare, un presunto rifiuto della Commissione di accettare una ricapitalizzazione di tale banca da parte del FITD. Il Tribunale ha infatti rilevato che tali documenti erano stati redatti molto tempo dopo la decisione di risoluzione di Banca delle Marche e in un momento in cui, in particolare, la Banca d’Italia era già esposta a ricorsi per risarcimento danni proposti dalle ricorrenti dinanzi ai giudici italiani.

41 In modo poco coerente, detta nota ometterebbe di ricordare l’importanza della situazione di crisi che attraversava Banca delle Marche. In ogni caso non risulta plausibile, secondo il Tribunale, che la necessità di notificare alla Commissione una simile misura di intervento del FITD, non ancora sufficientemente definita nel suo contenuto e nelle sue modalità, in particolare per quanto riguardava la percentuale e le modalità di partecipazione dei suoi membri, né decisa dagli organi interni del FITD e dalle autorità competenti, avrebbe, di per sé sola, impedito il salvataggio di Banca delle Marche, come traspariva da una parte di detta testimonianza.

42 Il Tribunale ha altresì dichiarato, al punto 64 della sentenza impugnata, che la sua interpretazione era stata condivisa dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio e dal Consiglio di Stato nelle loro sentenze, rispettivamente, del 30 dicembre 2016 (procedimento n. 12884/2016) e del 22 gennaio 2019 (procedimento n. 00550/2019).

43 Inoltre, al punto 66 della sentenza impugnata il Tribunale ha ricordato che il presidente della Corte, nella sua ordinanza del 13 novembre 2019, Commissione/Italia e a. (C‑425/19 P, non pubblicata, EU:C:2019:980, punti da 17 a 21), ha respinto l’istanza d’intervento delle ricorrenti a sostegno delle conclusioni delle ricorrenti in primo grado con la motivazione che esse non dimostravano di avere un interesse alla soluzione della controversia nella causa C‑425/19 P, ai sensi dell’articolo 40, secondo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea. Infatti, il presidente della Corte avrebbe giudicato, in particolare, che tali ricorrenti non avevano dimostrato l’esistenza di un nesso di causalità tra, da un lato, la posizione adottata dalla Commissione nella decisione relativa a Banca Tercas, ovvero l’avvio del procedimento sfociato nell’adozione di tale decisione, e, dall’altro, la risoluzione di Banca delle Marche.

44 Al punto 67 della sentenza impugnata il Tribunale ha respinto le affermazioni delle ricorrenti secondo cui il comportamento della Commissione sarebbe stato la causa effettiva ed esclusiva del pregiudizio da esse subìto. Secondo il Tribunale, infatti, visti tutti gli elementi di prova considerati, si doveva constatare che, anche se il comportamento della Commissione aveva giocato un certo ruolo nel processo di istruzione che aveva indotto le autorità italiane a decidere la risoluzione di Banca delle Marche, la decisione del 21 novembre 2015 di avviare la risoluzione di tale banca restava autonoma ed essenzialmente fondata sulla loro constatazione dello stato di dissesto della banca in parola, il che costituiva la causa determinante di tale risoluzione, ai sensi della giurisprudenza della Corte.

45 Ai punti 68 e 69 della sentenza impugnata il Tribunale ha concluso che le ricorrenti non avevano dimostrato in modo giuridicamente adeguato la plausibilità dell’ipotesi controfattuale secondo la quale, in assenza del comportamento asseritamente illecito della Commissione, il FITD, con l’accordo delle autorità italiane e, in particolare, della Banca d’Italia, sarebbe stato effettivamente in grado di procedere al salvataggio di Banca delle Marche nel novembre 2015. In tal modo, esse non avevano dimostrato l’esistenza di un nesso di causalità tra il comportamento asseritamente illegale della Commissione e il pregiudizio dedotto, cosicché i presupposti per la sussistenza di una responsabilità extracontrattuale dell’Unione non erano soddisfatti.

46 Al punto 70 della sentenza impugnata, il Tribunale, ritenendosi sufficientemente edotto dagli elementi versati agli atti per decidere sulla controversia, ha respinto la domanda di misura istruttoria delle ricorrenti relativa all’intero fascicolo amministrativo connesso al procedimento «Banca delle Marche (SA.39543 2014/CP)».

47 Al punto 71 della sentenza impugnata, il Tribunale ha concluso per il rigetto del ricorso, giudicando al contempo che non era necessario esaminare gli altri presupposti per la sussistenza di una responsabilità extracontrattuale dell’Unione, tenuto conto del loro carattere cumulativo.

 Conclusioni delle parti

48 Con la loro impugnazione le ricorrenti chiedono che la Corte voglia:

– annullare la sentenza impugnata;

– accertare e dichiarare la responsabilità extracontrattuale della Commissione per aver impedito, con istruzioni illegali rese alle autorità italiane, la ricapitalizzazione di Banca delle Marche ad opera del FITD;

– condannare la Commissione al risarcimento dei danni causati alle ricorrenti, stimati secondo i criteri indicati nell’impugnazione o nella diversa misura che la Corte riterrà di giustizia;

– o, comunque, rinviare la causa dinanzi al Tribunale ai fini dell’esame dei restanti motivi di ricorso in primo grado, e

– condannare la Commissione europea alle spese di entrambi i gradi di giudizio.

49 La Commissione chiede che la Corte voglia:

– respingere l’impugnazione in quanto parzialmente irricevibile e/o inoperante e, ad ogni modo, totalmente infondata;

– in subordine, respingere la pretesa risarcitoria in quanto totalmente infondata, e

– condannare le ricorrenti in cassazione alle spese di giudizio.

 Sull’impugnazione

50 A sostegno della loro impugnazione, le ricorrenti deducono due motivi. Il primo verte sullo snaturamento e sul travisamento manifesti dei fatti e degli elementi di prova raccolti nell’ambito del procedimento di primo grado, sull’omesso esame di un fatto decisivo, nonché sull’illogicità ed erroneità della motivazione. Il secondo motivo di impugnazione verte sulla violazione e/o sull’errata applicazione dell’articolo 340, secondo comma, TFUE.

 Sul primo motivo

 Sulla prima parte del primo motivo

Argomenti delle parti

51 Nell’ambito della prima parte del loro primo motivo di impugnazione, diretto contro i punti da 51 a 71 della sentenza impugnata, le ricorrenti contestano al Tribunale di aver «snaturato» i fatti e gli elementi di prova acquisiti nel corso del giudizio. Il Tribunale avrebbe respinto il loro argomento secondo il quale, in sostanza, le prese di posizione della Commissione che hanno condotto all’adozione della decisione di risoluzione di Banca delle Marche sarebbero il risultato di un travisamento della nozione di «aiuto di Stato», in quanto la Commissione avrebbe erroneamente ritenuto che, nonostante il loro carattere privato, gli interventi del FITD costituissero misure imputabili allo Stato italiano, comprensive di risorse statali.

52 In primo luogo, le ricorrenti contestano il ragionamento del Tribunale, esposto al punto 56 della sentenza impugnata. Sarebbe infatti errato affermare, da un lato, che le quattro lettere controverse, «intervenute prima dell’avvio della risoluzione di Banca delle Marche, avevano solo carattere procedurale ricordando alle autorità italiane la necessità di notificare previamente e di non attuare possibili misure di aiuto a favore, in particolare, di tale banca» e, dall’altro, che «[d]ette prese di posizione non si riferivano a una misura concreta, in quanto nessuna misura era stata ancora chiaramente definita o notificata, né sul modo preciso in cui la Commissione avrebbe interpretato la nozione di aiuto ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE a tal proposito».

53 Sotto un primo profilo, il 10 ottobre 2014 la Commissione avrebbe inviato alle autorità italiane una richiesta di informazioni, sottolineando che non si poteva escludere che gli interventi previsti del FITD a favore di Banca Tercas e di Banca delle Marche costituissero aiuti di Stato. Parimenti, nella lettera del 18 dicembre 2014, avente specificamente ad oggetto il procedimento «SA.39543 (2014/CP) – Banca delle Marche», la Commissione avrebbe ribadito al direttore generale del Tesoro italiano che, «[i]n conformità alle norme applicabili in materia di aiuti di Stato, come definite nella comunicazione [della Commissione relativa all’applicazione, dal 1° agosto 2013, delle norme in materia di aiuti di Stato alle misure di sostegno alle banche nel contesto della crisi finanziaria (“La comunicazione sul settore bancario”) (GU 2013, C 216, pag. 1)], l’uso di sistemi obbligatori di garanzia dei depositi al fine di sostenere la ristrutturazione degli istituti di credito può costituire un aiuto di Stato. (...) Qualora la Banca d’Italia dovesse, dunque, prevedere l’autorizzazione di una qualsiasi di tali misure, sarebbe opportuno che la [Repubblica italiana] notifichi la misura prima della sua approvazione, in conformità a quanto richiesto dall’articolo 108, paragrafo 3, TFUE».

54 Nella lettera del 21 agosto 2015 il direttore generale della direzione generale della concorrenza della Commissione avrebbe nuovamente ricordato al direttore generale del Tesoro italiano che, «in conformità alle norme applicabili in materia di aiuti di Stato, come definite nella comunicazione sul settore bancario (...), l’uso di sistemi obbligatori di garanzia dei depositi al fine di sostenere la ristrutturazione degli istituti di credito può costituire un aiuto di Stato, sicché occorre procedere a una notifica preliminare alla Commissione, nonché conformarsi all’obbligo di standstill (...). Abbiamo affermato chiaramente tale circostanza anche nella decisione della Commissione di apertura del caso SA.39451 relativo al sostegno statale a favore di Banca Tercas [originale in inglese;
NdT]». Con riferimento a Banca delle Marche, si sarebbe concluso che, «in ogni caso, occorreva desistere dal concedere qualsiasi misura del FITD senza aver ottenuto una decisione della Commissione conseguente a una notifica da parte delle vostre autorità».

55 Pertanto, non si potrebbe sostenere che le quattro lettere controverse «non contengono alcuna valutazione giuridica alla luce dei criteri della nozione di aiuto», contrariamente a quanto affermato dal Tribunale al punto 51 della sentenza impugnata.

56 Sotto un secondo profilo, la richiesta della Commissione rivolta alle autorità italiane di notificare previamente ogni possibile misura di sostegno del FITD a favore di Banca delle Marche sarebbe illecita, dal momento che l’intervento previsto non costituirebbe un aiuto di Stato. Infatti, sarebbe stato manifesto che l’intervento del FITD non fosse in alcun modo imputabile allo Stato italiano, come il Tribunale avrebbe dichiarato nella sentenza del 19 marzo 2019, Italia e a./Commissione (T‑98/16, T‑196/16 e T‑198/16, EU:T:2019:167).

57 Sotto un terzo profilo, le ricorrenti affermano che le prese di posizione della Commissione si riferirebbero ad una misura di salvataggio concreta di Banca delle Marche, dal momento che l’intervento di sostegno del FITD sarebbe stato definitivamente deciso in ogni suo dettaglio già a ottobre 2015. Difatti, dalla nota intitolata «A solution scheme for Banca delle Marche group», inviata dalla Banca d’Italia alla Commissione nell’ottobre 2015, risulterebbe che il Consiglio del FITD, nella sua riunione dell’8 ottobre 2015, avrebbe deciso di intervenire a sostegno di Banca delle Marche mediante un’iniezione di capitale fino a un importo massimo pari a EUR 1,2 miliardi. Il giorno successivo il FITD avrebbe comunicato formalmente alla Banca d’Italia il suo «Intervento di sostegno a favore di Banca delle Marche».

58 Il 13 ottobre 2015 la Banca d’Italia avrebbe trasmesso, con documento riservato, il progetto di salvataggio del FITD alla Commissione, affermando che, «[c]onsiderata la fragile situazione tecnica di [Banca delle Marche], è di primaria importanza ricevere un riscontro in tempo utile sulla compatibilità di tale piano con la disciplina in materia di aiuti di Stato, in conformità al quadro stabilito dalla [direttiva 2014/59]. L’attuazione del piano richiederà plurimi adempimenti amministrativi che potranno essere finalizzati solo dopo la valutazione da parte della [Commissione], ma che devono essere avviati tempestivamente». Tale salvataggio «guidato» e «condiviso» con la Banca d’Italia si sarebbe quindi potuto realizzare in tempi brevissimi, entro la fine del novembre 2015.

59 Tutte le istituzioni italiane riterrebbero che l’unica ragione che ha impedito il salvataggio di Banca delle Marche nei mesi di ottobre e novembre 2015 da parte del FITD sia stata l’opposizione della Commissione.

60 Sotto un quarto profilo, l’apertura di un procedimento di indagine formale già nell’ottobre 2014 sarebbe inspiegabile se l’intervento del FITD a sostegno di Banca delle Marche non costituisse, secondo la Commissione, un «aiuto di Stato».

61 In secondo luogo, le ricorrenti contestano il punto 58 della sentenza impugnata, secondo il quale esse non avrebbero dimostrato che, immediatamente prima che la Banca d’Italia e il Ministero dell’Economia e delle Finanze adottassero la decisione di avviare la risoluzione di Banca delle Marche, la Commissione aveva minacciato le autorità italiane di bloccare o vietare eventuali interventi del FITD a favore di tale banca, alla luce dell’articolo 107 TFUE, o aveva esercitato pressioni in merito.

62 Tuttavia, nella lettera del 19 novembre 2015 i commissari europei Hill e Vestager avrebbero espressamente inteso «chiarire la posizione della Commissione riguardante l’utilizzo di sistemi di garanzia dei depositi ai fini della ricapitalizzazione degli istituti di credito». Pertanto, contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale, i due commissari non si sarebbero limitati a fornire la loro personale interpretazione degli obblighi congiunti imposti dalle direttive 2014/49 e 2014/59, nonché dal diritto dell’Unione relativo agli aiuti di Stato, ma avrebbero espresso la posizione ufficiale della Commissione.

63 In terzo luogo, le ricorrenti contestano l’affermazione, contenuta al punto 60 della sentenza impugnata, secondo la quale la Banca d’Italia ha «sottolineato che l’intervento del FITD si era rivelato impraticabile e incompatibile con l’esigenza di una celere soluzione della crisi». Infatti, la Banca d’Italia avrebbe semplicemente precisato che la ricapitalizzazione di Banca delle Marche da parte del FITD non sarebbe potuta avvenire in assenza della «previa valutazione positiva della Commissione (...) sulla compatibilità [di tale operazione] con la normativa [dell’Unione] in materia di aiuti di Stato».

64 In quarto luogo, le ricorrenti sostengono che, al punto 62 della sentenza impugnata, il Tribunale avrebbe frainteso il contenuto della lettera del 4 novembre 2015, con la quale «i commissari straordinari di Banca delle Marche hanno segnalato alla Banca d’Italia l’imminente situazione di cessazione dei pagamenti di tale banca e hanno riferito di temere che il suo salvataggio non potesse essere attuato in tempo utile tenuto conto della sua situazione finanziaria».

65 Infatti, solo un mese prima, con lettera del 2 ottobre 2015, i commissari straordinari di Banca della Marche avrebbero formalizzato la richiesta di intervento del FITD ed evidenziato come gli effetti dell’ipotizzata ricapitalizzazione, unitamente alle ulteriori misure di ristrutturazione straordinaria, avrebbero consentito il ritorno a condizioni di redditività nel corso del 2019. Nella riunione dell’8 ottobre 2015 il Consiglio del FITD avrebbe deliberato di intervenire a sostegno di Banca delle Marche e avrebbe comunicato formalmente tale decisione alla Banca d’Italia il 9 ottobre 2015. Il 13 ottobre 2015 quest’ultima avrebbe approvato una proroga di due mesi dell’amministrazione straordinaria della banca, al fine di realizzare l’intervento proposto dal FITD, e avrebbe immediatamente trasmesso, con documento riservato, il progetto di salvataggio alla Commissione.

66 La Banca d’Italia avrebbe quindi rilevato che, «[c]onsiderata la fragile situazione tecnica di [Banca delle Marche], è di primaria importanza ricevere un riscontro in tempo utile sulla compatibilità di tale piano con la disciplina in materia di aiuti di Stato, in conformità al quadro stabilito dalla [direttiva 2014/59]. L’attuazione del piano richiederà plurimi adempimenti amministrativi che potranno essere finalizzati solo dopo la valutazione da parte della [Commissione], ma che devono essere avviati tempestivamente».

67 Sarebbe, dunque, a seguito del silenzio o del diniego implicito della Commissione che, nella lettera del 4 novembre 2015, i commissari straordinari di Banca delle Marche si sono limitati a segnalare alla Banca d’Italia l’urgenza del piano di salvataggio da parte del FITD, piano questo che era ancora ritenuto fattibile e in grado di risolvere definitivamente la crisi.

68 In quinto luogo, le ricorrenti ritengono che, contrariamente a quanto dichiarato al punto 63 della sentenza impugnata, l’audizione del collaboratore della Banca d’Italia dinanzi alla Camera dei deputati si sarebbe tenuta il 9 dicembre 2015, in un momento in cui nessuna richiesta di risarcimento danni sarebbe ancora stata presentata a livello nazionale.

69 In sesto luogo, le ricorrenti affermano, rispetto ai punti 65 e 66 della sentenza impugnata, che la stretta connessione della vicenda di Banca delle Marche con quella relativa a Banca Tercas sarebbe provata dagli atti della Commissione e non potrebbe essere smentita dal mancato accoglimento, da parte del presidente della Corte di giustizia, dell’istanza di intervento avanzata dalle ricorrenti nel giudizio di appello promosso dalla Commissione contro la sentenza del 19 marzo 2019, Italia e a./Commissione (T‑98/16, T‑196/16 e T‑198/16, EU:T:2019:167).

70 Infatti, tale intervento sarebbe stato negato ai sensi dell’articolo 40, paragrafo 2, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, in applicazione dei rigidi criteri di ammissibilità degli interventi di terzi nei procedimenti dinanzi alla Corte, e non certo per mancanza di connessione tra le due vicende (ordinanza del presidente della Corte del 13 novembre 2019, Commissione/Italia e a., C‑425/19 P, non pubblicata, EU:C:2019:980, punti da 10 a 13 e da 17 a 22).

71 La Commissione ritiene che il primo motivo di impugnazione sia irricevibile e, in ogni caso, in parte inoperante e in parte infondato.

Giudizio della Corte

72 Con la prima parte del loro primo motivo di impugnazione, diretta contro i punti 51, 56, 58, 60, 62, 63 e 66 della sentenza impugnata, le ricorrenti affermano in sostanza, in primo luogo, che la conclusione del Tribunale, secondo la quale la Commissione ha qualificato come «aiuto di Stato», ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, l’intervento di sostegno a favore di Banca delle Marche previsto dal FITD, deriverebbe da uno snaturamento dei fatti e degli elementi di prova sottoposti al Tribunale.

73 Secondo una giurisprudenza costante, la valutazione dei fatti, salvo il caso di snaturamento di tali elementi, non costituisce una questione di diritto soggetta, in quanto tale, al sindacato della Corte. Un simile snaturamento sussiste qualora, senza che occorra assumere nuove prove, la valutazione degli elementi di prova esistenti risulti manifestamente errata o manifestamente contraria alla loro formulazione. Tuttavia, tale snaturamento deve risultare manifestamente dagli atti di causa, senza necessità di effettuare una nuova valutazione dei fatti e delle prove. Peraltro, qualora un ricorrente alleghi uno snaturamento di elementi di prova da parte del Tribunale, egli deve indicare con precisione gli elementi che sarebbero stati snaturati da quest’ultimo e dimostrare gli errori di valutazione che, a suo avviso, avrebbero portato il Tribunale a tale snaturamento (sentenze del 3 dicembre 2015, Italia/Commissione, C‑280/14 P, EU:C:2015:792, punti 51 e 52 nonché giurisprudenza ivi citata, e del 28 ottobre 2021, Vialto Consulting/Commissione, C‑650/19 P, EU:C:2021:879, punti 58 e 59 nonché giurisprudenza ivi citata).

74 Nel caso di specie, le ricorrenti si limitano a criticare brevemente il ragionamento del Tribunale, senza dimostrare che tale ragionamento sia fondato su uno snaturamento degli elementi di prova sottoposti al Tribunale. Infatti, in nessuna delle quattro lettere controverse la Commissione ha qualificato come «aiuto di Stato», ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, il previsto intervento del FITD a sostegno di Banca delle Marche. Le ricorrenti non hanno dedotto alcun argomento idoneo a evidenziare un’inesattezza materiale relativa alla lettura di tali lettere da parte del Tribunale. Esse non hanno neppure giustificato l’interpretazione di dette lettere da loro proposta, né dimostrato uno snaturamento del contenuto delle medesime da parte del Tribunale (v., per analogia, sentenze del 10 febbraio 2011, Activision Blizzard Germany/Commissione, C‑260/09 P, EU:C:2011:62, punti 54 e 55, e del 9 giugno 2011, Comitato «Venezia vuole vivere» e a./Commissione, C‑71/09 P, C‑73/09 P e C‑76/09 P, EU:C:2011:368, punto 155). Tale argomento deve, pertanto, essere respinto in quanto infondato.

75 In secondo luogo, per quanto riguarda l’argomento delle ricorrenti relativo al punto 58 della sentenza impugnata, è sufficiente constatare che esso mira, in realtà, a ottenere una nuova valutazione dei fatti, senza che sia lamentato alcuno snaturamento. Dal momento che il Tribunale è competente in via esclusiva ad accertare e valutare i fatti rilevanti, nonché a valutare gli elementi di prova (v., ad esempio, sentenze del 20 dicembre 2017, Comunidad Autónoma de Galicia e Retegal/Commissione, C‑70/16 P, EU:C:2017:1002, punto 47, e dell’11 novembre 2021, Autostrada Wielkopolska/Commissione e Polonia, C‑933/19 P, EU:C:2021:905, punto 93), un siffatto argomento deve essere respinto in quanto irricevibile.

76 In terzo luogo, l’argomento sollevato con riferimento al punto 60 della sentenza impugnata deve essere dichiarato irricevibile, in quanto si limita ad affermare, in modo non suffragato, che «[non] può essere completamente travisato il contenuto della valutazione provvisoria realizzata dalla Banca d’Italia al momento dell’avvio della risoluzione» di Banca delle Marche. Infatti, le ricorrenti non spiegano, con la necessaria chiarezza e precisione, in che modo il Tribunale avrebbe snaturato l’analisi effettuata dalla Banca d’Italia.

77 In quarto luogo, per quanto riguarda gli argomenti delle ricorrenti relativi al punto 62 della sentenza impugnata, occorre rilevare che le ricorrenti non hanno in alcun modo provato che il Tribunale abbia snaturato il contenuto della lettera del 4 novembre 2015. Infatti, come sostenuto dalla Commissione, le ricorrenti non hanno dimostrato che il Tribunale abbia travalicato i limiti di una valutazione ragionevole degli elementi di fatto ad esso sottoposti e neppure specificato quali conseguenze giuridiche derivino dal preteso fraintendimento operato dal Tribunale. In particolare, nella loro replica le ricorrenti non hanno risposto all’argomento formulato dalla Commissione nella sua comparsa di risposta, secondo il quale la lettera dei commissari straordinari di Banca delle Marche alla Banca d’Italia del 4 novembre 2015 afferma espressamente che «il FITD non ha sin qui dato un positivo riscontro all’“allerta liquidità”», che «il prospettato “salvataggio” della Banca (…) ad opera del (...) FITD (…) potrebbe (…) trovare concreta attuazione con una tempistica non compatibile con la segnalata “emergenza”» e che era verosimile «l’ipotesi di un ulteriore aggravamento della situazione di liquidità che (…) si stima possa avvenire nei prossimi 10 giorni».

78 Di conseguenza, si deve giudicare infondato l’argomento diretto contro il punto 62 della sentenza impugnata.

79 In quinto luogo, le ricorrenti affermano che, contrariamente a quanto dichiarato al punto 63 della sentenza impugnata, l’audizione del collaboratore della Banca d’Italia dinanzi alla Camera dei deputati si sarebbe tenuta il 9 dicembre 2015, in un momento in cui nessuna richiesta di risarcimento danni era ancora stata presentata a livello nazionale.

80 Si deve constatare che tale argomento è inconferente. Infatti, la circostanza che l’audizione del collaboratore della Banca d’Italia dinanzi alla Camera dei deputati sia avvenuta prima o dopo la presentazione di richieste di risarcimento danni dinanzi ai giudici italiani non può avere alcuna influenza sul dispositivo della sentenza impugnata. Orbene, dalla giurisprudenza della Corte risulta che un motivo diretto contro punti della motivazione di una sentenza impugnata che sono ininfluenti rispetto al dispositivo della stessa è inconferente e deve essere respinto (v., in tal senso, sentenze del 18 marzo 1993, Parlamento/Frederiksen, C‑35/92 P, EU:C:1993:104, punto 31;
del 22 dicembre 2022, BEI/KL, C‑68/22 P, EU:C:2022:1029, punto 62, e ordinanza del 28 ottobre 2004, Commissione/CMA CGM e a., C‑236/03 P, non pubblicata, EU:C:2004:679, punto 26).

81 In sesto luogo, le ricorrenti affermano che la stretta connessione esistente tra la vicenda relativa a Banca delle Marche e quella riguardante Banca Tercas sarebbe dimostrata dagli atti della Commissione e non potrebbe essere smentita dal mancato accoglimento, da parte del presidente della Corte, dell’istanza di intervento presentata dalle ricorrenti nel procedimento di impugnazione promosso dalla Commissione contro la sentenza del 19 marzo 2019, Italia e a./Commissione (T‑98/16, T‑196/16 e T‑198/16, EU:T:2019:167).

82 Risulta tuttavia che tale argomento, diretto contro il punto 66 della sentenza impugnata, si limita a spiegare la posizione adottata dal presidente della Corte nella sua ordinanza del 13 novembre 2019, Commissione/Italia e a. (C‑425/19 P, non pubblicata, EU:C:2019:980). Infatti, se è vero che in tale ordinanza l’istanza di intervento è stata respinta sulla base dell’articolo 40, paragrafo 2, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, resta nondimeno il fatto che, al fine di stabilire la sussistenza di un interesse delle istanti alla soluzione della controversia, il presidente della Corte ha preso posizione sul nesso esistente tra la vicenda relativa a Banca delle Marche e quella concernente Banca Tercas, dal momento che, alla luce dell’argomentazione di tali istanti, egli doveva verificare, come emerge dal punto 21 di detta ordinanza, se la decisione controversa nella causa C‑425/19 P avesse influito sull’intero sistema creditizio italiano. Pertanto, il Tribunale ha potuto validamente trarre le conseguenze della medesima ordinanza al punto 66 della sentenza impugnata.

83 In ogni caso, occorre ricordare che l’illiceità di un atto o di un comportamento che può far sorgere la responsabilità extracontrattuale dell’Unione deve essere valutata in base agli elementi di diritto e di fatto esistenti al momento dell’adozione di tale atto o di tale comportamento (sentenza del 10 settembre 2019, HTTS/Consiglio, C‑123/18 P, EU:C:2019:694, punto 39). Orbene, è solo alla data della pronuncia della sentenza del 19 marzo 2019, Italia e a./Commissione (T‑98/16, T‑196/16 e T‑198/16, EU:T:2019:167), se non addirittura al momento del rigetto dell’impugnazione proposta avverso tale sentenza, ossia alla data della pronuncia della sentenza del 2 marzo 2021, Commissione/Italia e a. (C‑425/19 P, EU:C:2021:154), che è stato stabilito che la valutazione effettuata dalla Commissione in merito all’intervento del FITD a favore di Banca Tercas era illegale. Nella presente causa, pertanto, le quattro lettere controverse non potevano, alla data della loro adozione, essere considerate illegali, nonostante il nesso esistente con la vicenda relativa a Banca Tercas.

84 Di conseguenza, si deve respingere la prima parte del primo motivo dedotto dalle ricorrenti a sostegno della loro impugnazione.

 Sulla seconda parte del primo motivo

Argomenti delle parti

85 Con la seconda parte del primo motivo di impugnazione, le ricorrenti sostengono che il Tribunale avrebbe commesso un errore di diritto esaminando e valutando isolatamente gli elementi di prova da esse forniti e facendo astrazione dal più ampio contesto in cui gli stessi si inserivano. Così facendo, il Tribunale si sarebbe discostato dalla giurisprudenza della Corte, secondo la quale il valore probatorio degli indizi deve essere valutato considerandoli nel loro insieme, anche se essi, presi individualmente e fuori dal loro contesto, non sono necessariamente dirimenti.

86 Tutte le istituzioni nazionali coinvolte nella presente vicenda avrebbero riferito ufficialmente dell’esistenza di un’opposizione efficace e insuperabile della Commissione a qualunque forma di intervento del FITD. Pertanto, non si potrebbe sostenere che le autorità italiane siano rimaste libere di autodeterminarsi, come dichiarato dal Tribunale al punto 67 della sentenza impugnata. Sarebbe infatti evidente che, se la Banca d’Italia avesse autorizzato l’operazione del FITD, la Commissione avrebbe immediatamente aperto un procedimento di infrazione, compromettendo, per questo solo fatto, il salvataggio di Banca delle Marche. Come avrebbe sottolineato la Banca d’Italia, tale rischio legale avrebbe scoraggiato qualunque investitore.

87 Inoltre, secondo le norme contabili sarebbe stato necessario predisporre una «riserva per rischi» pari al valore del finanziamento effettuato dal FITD, il che ne avrebbe annullato gli effetti benefici. Sarebbe stato così indispensabile acquisire l’assenso preventivo della Commissione. Nella sua sentenza del 30 dicembre 2016, il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio avrebbe riconosciuto, per di più, che la decisione, adottata dalla Banca d’Italia e dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, di avviare la risoluzione di Banca delle Marche, era stata condizionata dai rischi di un procedimento di infrazione minacciato dalla Commissione, a smentita, quindi, del punto 64 della sentenza impugnata.

88 Parimenti, l’affermazione della Commissione, secondo cui la stessa si sarebbe limitata a chiedere una «notifica preventiva» dell’operazione, costituirebbe una vera e propria «trappola procedurale» in quanto, appena effettuata tale notifica, la Commissione avrebbe bloccato l’operazione, qualificandola come «aiuti di Stato».

89 Infine, la tesi avanzata dal Tribunale, al punto 65 della sentenza impugnata, secondo cui la risoluzione di Banca delle Marche non sarebbe dipesa dalla decisione della Commissione riguardante Banca Tercas, non terrebbe conto della sentenza del 19 marzo 2019, Italia e a./Commissione (T‑98/16, T‑196/16 e T‑198/16, EU:T:2019:167, punto 55). In tale sentenza, infatti, il Tribunale avrebbe riconosciuto che la decisione della Commissione non aveva solamente ostacolato il sostegno del FITD nei confronti di Banca Tercas ma aveva, più in generale, escluso la possibilità di ulteriori interventi in futuro per altri istituti di credito, tra cui Banca delle Marche.

90 La Commissione chiede alla Corte di dichiarare irricevibile la seconda parte del primo motivo di impugnazione, sulla base del rilievo che essa non identificherebbe chiaramente i punti della sentenza impugnata asseritamente viziati, né gli argomenti dedotti a suo sostegno. In ogni caso, tale parte dovrebbe essere dichiarata infondata, in quanto le ricorrenti non avrebbero affatto dimostrato che il Tribunale abbia commesso un errore di diritto.

Giudizio della Corte

91 Con la seconda parte del loro primo motivo di impugnazione, le ricorrenti contestano i punti 64, 65 e 67 della sentenza impugnata.

92 In primo luogo, per quanto riguarda l’argomento delle ricorrenti secondo il quale il Tribunale avrebbe commesso un errore di diritto non procedendo a una valutazione complessiva degli elementi di prova, occorre rilevare che il ragionamento del Tribunale si articola in due fasi. In un primo tempo, corrispondente ai punti da 51 a 56 della sentenza impugnata, il Tribunale ha esaminato in ordine successivo le quattro lettere controverse. Un approccio globale a tali lettere non avrebbe potuto condurre a un risultato diverso, dal momento che ciascuna di esse si limita a sollecitare le autorità italiane a notificare l’intervento previsto a favore di Banca delle Marche in quanto la Commissione, in base alle informazioni di cui disponeva, non poteva escludere che tale intervento costituisse un aiuto di Stato.

93 Successivamente, ai punti da 59 a 67 della sentenza impugnata, il Tribunale ha esaminato il contesto della presente causa e ha proceduto, come esso riassume al punto 67 di tale sentenza, alla «valutazione complessiva degli elementi di prova rilevanti». Esso ha così considerato, al punto 60 di detta sentenza, senza che le ricorrenti contraddicano tale constatazione, che «dalla valutazione provvisoria realizzata dalla Banca d’Italia al momento dell’avvio della risoluzione (...) risulta che gli elementi decisivi a favore di tale decisione erano lo stato di dissesto di Banca delle Marche (...) nonché [il] fatto che, nel corso della procedura di amministrazione straordinaria, non era stato possibile definire interventi da parte di soggetti privati idonei a risolvere la sua situazione di crisi».

94 Di conseguenza, è proprio la presa in considerazione di tutti gli elementi contestuali ad aver condotto il Tribunale, al punto 67 della medesima sentenza, a ritenere che, anche se il comportamento della Commissione «ha giocato un certo ruolo nel processo di istruzione che ha indotto le autorità italiane a decidere la risoluzione di [Banca delle Marche], atteso che esse ritenevano che l’esigenza di notificare preliminarmente alla Commissione un’eventuale misura di supporto del FITD a favore di detta banca costituisse un ostacolo alla rapida soluzione della crisi finanziaria che attraversava Banca delle Marche, la loro decisione del 21 novembre 2015 di avviare la risoluzione di Banca delle Marche, adottata nell’esercizio delle loro proprie competenze e del loro margine di discrezionalità (...), restava comunque autonoma, non era influenzata in modo decisivo dall’atteggiamento della Commissione ed era essenzialmente fondata sulla loro constatazione dello stato di dissesto di tale banca, il che costituiva la causa determinante di tale risoluzione».

95 In secondo luogo, le ricorrenti sostengono che, se la Banca d’Italia avesse autorizzato l’intervento del FITD a favore di Banca delle Marche, la Commissione avrebbe immancabilmente avviato un procedimento di infrazione, il che avrebbe compromesso il salvataggio di tale banca, come il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio avrebbe riconosciuto nella sua sentenza del 30 dicembre 2016. Le ricorrenti contestano così al Tribunale di non aver riconosciuto che fosse indispensabile acquisire l’assenso preventivo della Commissione.

96 Inoltre, non dichiarando illegale la richiesta della Commissione di notifica preliminare dell’aiuto ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 3, TFUE, il Tribunale avrebbe commesso un errore di diritto dal momento che, nella fattispecie, non era necessaria, nel caso di Banca delle Marche, nessuna notifica preliminare alla Commissione di un’eventuale misura di sostegno del FITD.

97 A questo proposito, è sufficiente constatare che tale argomento mira, invero, a ottenere una nuova valutazione dei fatti, senza che sia lamentato alcuno snaturamento, sicché esso deve essere respinto in quanto irricevibile.

98 In terzo luogo, le ricorrenti sostengono che il Tribunale non avrebbe tenuto conto della sentenza del 19 marzo 2019, Italia e a./Commissione (T‑98/16, T‑196/16 e T‑198/16, EU:T:2019:167), affermando, al punto 65 della sentenza impugnata, che la risoluzione di Banca delle Marche non è dipesa dalla decisione della Commissione relativa a Banca Tercas. Infatti, al punto 55 della sentenza impugnata il Tribunale avrebbe ritenuto che la decisione adottata dalla Commissione nella vicenda Banca Tercas escludesse ogni possibilità di ulteriori interventi in futuro per altri istituti di credito, tra cui Banca delle Marche.

99 È certamente vero che, al punto 55 della sentenza del 19 marzo 2019, Italia e a./Commissione (T‑98/16, T‑196/16 e T‑198/16, EU:T:2019:167), il Tribunale ha affermato che la decisione della Commissione che ha dichiarato che l’intervento del FITD a favore di Banca Tercas costituiva un aiuto di Stato illegittimo e incompatibile ha «anche escluso la possibilità di effettuare in futuro altri interventi di sostegno, riducendo l’autonomia del FITD e quella delle banche che ne sono membri». Tale valutazione è stata, tuttavia, formulata nella fase dell’esame della legittimazione ad agire del FITD, e non al momento dell’esame nel merito di tale decisione. Inoltre, l’interpretazione proposta dalle ricorrenti del punto 55 di tale sentenza è confutata dal punto 59 della sentenza impugnata, nel quale il Tribunale rileva che era «impossibile per la Commissione sapere con sufficiente precisione se l’eventuale intervento previsto dal FITD a favore di Banca delle Marche potesse soddisfare i criteri di un aiuto di Stato». Soprattutto, al punto 65 di tale sentenza, il Tribunale ha rilevato che la Commissione «non è stata necessariamente indotta a vietare qualsiasi intervento di questo tipo e che occorre procedere a un esame caso per caso, senza che sia possibile applicare il risultato di un esame specifico a una diversa fattispecie». L’argomento delle ricorrenti, nella misura in cui si basa su una lettura erronea della sentenza impugnata, deve quindi essere respinto in quanto infondato.

100 Ne consegue che la seconda parte del primo motivo dedotto dalle ricorrenti a sostegno della loro impugnazione deve essere respinta in quanto infondata.

101 Alla luce delle considerazioni che precedono, il primo motivo di impugnazione deve essere respinto in quanto in parte infondato e in parte irricevibile.

 Sul secondo motivo

 Argomenti delle parti

102 Con il loro secondo motivo di impugnazione, diretto contro i punti da 67 a 71 della sentenza impugnata, le ricorrenti contestano al Tribunale, in primo luogo, di aver commesso un errore di diritto relativamente all’interpretazione della nozione di «nesso causale sufficientemente diretto».

103 Il Tribunale avrebbe erroneamente preteso dalle ricorrenti che esse dimostrassero che il comportamento della Commissione era stato la causa «unica ed esclusiva» della decisione di avviare la risoluzione di Banca delle Marche. Orbene, gli effetti dell’articolo 340, secondo comma, TFUE sarebbero compromessi se il diritto di chiunque di chiedere il risarcimento del pregiudizio subìto fosse subordinato alla sussistenza di un nesso di causalità «esclusiva» tra il comportamento della Commissione e il danno patito. Nel caso di specie il comportamento della Commissione, benché non sia stato la causa esclusiva della risoluzione di Banca delle Marche, ne costituirebbe comunque una causa determinante. Pertanto, la circostanza che la risoluzione sia riconducibile a una decisione libera e autonoma della Banca d’Italia non potrebbe, di per sé, bastare a negare l’imputazione alla Commissione di eventuali danni derivanti dalle sue molteplici pressioni e interferenze. In tal modo, ciascun soggetto che abbia contribuito alla decisione con il suo comportamento risponderebbe dei danni che si sono verificati.

104 Nel caso di specie, se la Commissione non avesse impedito, nell’ottobre 2015, l’intervento del FITD a favore di Banca delle Marche, le autorità italiane, e in particolare la Banca d’Italia, avrebbero perseguito fino all’ultimo momento un’alternativa alla risoluzione, il che avrebbe enormemente ridotto gli effetti dannosi subìti dagli azionisti e dagli obbligazionisti. La Banca d’Italia avrebbe correttamente ritenuto indispensabile «acquisire l’assenso preventivo della Commissione». Inoltre, la Banca centrale europea (BCE) non avrebbe presumibilmente dato il suo assenso alla ricapitalizzazione. Per di più, l’incertezza del diritto così creata avrebbe tenuto lontani gli acquirenti potenzialmente interessati a una banca nel frattempo ricapitalizzata.

105 In secondo luogo, nel caso in cui la Corte constatasse l’esistenza di un errore di diritto e, di conseguenza, annullasse la sentenza impugnata, le ricorrenti intendono dimostrare la sussistenza di una violazione sufficientemente qualificata del diritto dell’Unione.

106 A tal riguardo, sarebbe chiaro che l’intervento di ricapitalizzazione di un istituto bancario ad opera del FITD italiano non costituisce un aiuto di Stato. Tale soluzione, che risulterebbe dalla sentenza del 2 marzo 2021, Commissione/Italia e a. (C‑425/19 P, EU:C:2021:154), si inserirebbe nell’ambito di una giurisprudenza costante della Corte e sarebbe stata quindi prevedibile per la Commissione. Infatti, il FITD sarebbe un consorzio con personalità giuridica di diritto privato, composto unicamente da soggetti privati. Non si tratterebbe, dunque, di un organismo ascrivibile allo Stato e quest’ultimo non eserciterebbe su di esso un’influenza «determinante», sicché la natura «pubblica» dell’aiuto non sarebbe dimostrata. Inoltre, le risorse utilizzate per gli interventi del FITD non sarebbero risorse pubbliche. Nemmeno il carattere obbligatorio dei contributi delle banche aderenti costituirebbe un elemento atto a trasformare le risorse private in risorse pubbliche.

107 Inoltre, il tentativo della Commissione di operare una distinzione tra le vicende di Banca Tercas e di Banca delle Marche sarebbe irrilevante. La Corte avrebbe chiarito, infatti, che detto fondo era un soggetto privato, operante con risorse private e senza ingerenze statali. Pertanto, tutti gli interventi di salvataggio del FITD sarebbero legittimi e non costituirebbero aiuti di Stato, indipendentemente dalla procedura seguita.

108 Così facendo, la Commissione avrebbe violato in maniera sufficientemente qualificata il diritto dell’Unione, poiché non disponeva, nel caso di specie, di alcun potere discrezionale.

109 In terzo luogo, le ricorrenti tentano di valutare l’importo del danno che ritengono di aver patito e ne chiedono il risarcimento integrale. A tal riguardo, esse contestano la tesi della Commissione secondo la quale, se è vero che Banca delle Marche avrebbe potuto essere salvata, le azioni e le obbligazioni subordinate avrebbero tuttavia dovuto essere comunque azzerate.

110 In quarto luogo, ai fini della riforma del punto 70 della sentenza impugnata, le ricorrenti rinnovano la loro domanda di misura istruttoria presentata in primo grado, diretta all’acquisizione dell’intero fascicolo amministrativo connesso al procedimento «Banca delle Marche (SA.39543 2014/CP)», al fine di ricercarvi nuovi documenti che dimostrino la sussistenza del nesso di causalità.

111 La Commissione conclude per l’irricevibilità, da un lato, della domanda di provvedimenti istruttori, poiché una siffatta domanda significherebbe che lo stato degli atti non consente di decidere sulla causa e che essa deve essere rinviata al Tribunale, e, dall’altro, del secondo motivo di impugnazione. In subordine, tale motivo di impugnazione sarebbe manifestamente infondato.

 Giudizio della Corte

112 Con il loro secondo motivo di impugnazione, diretto contro i punti da 67 a 71 della sentenza impugnata, le ricorrenti considerano che il Tribunale abbia commesso un errore di diritto interpretando l’articolo 340, secondo comma, TFUE nel senso che la responsabilità dell’Unione può sorgere solo se il comportamento di una delle sue istituzioni costituisce la causa «unica ed esclusiva» del danno.

113 Come risulta da una giurisprudenza costante della Corte, la sussistenza di una responsabilità extracontrattuale dell’Unione richiede la compresenza di vari presupposti, ossia l’esistenza di una violazione sufficientemente qualificata di una norma giuridica intesa a conferire diritti alle persone, l’effettiva presenza di un danno e l’esistenza di un nesso di causalità tra la violazione dell’obbligo incombente all’autore dell’atto e il danno subìto dai soggetti lesi (sentenze del 5 marzo 1996, Brasserie du pêcheur e Factortame, C‑46/93 e C‑48/93, EU:C:1996:79, punto 51, del 4 luglio 2000, Bergaderm e Goupil/Commissione, C‑352/98 P, EU:C:2000:361, punto 42, e del 16 giugno 2022, SGL Carbon e a./Commissione, C‑65/21 P e da C‑73/21 P a C‑75/21 P, EU:C:2022:470, punto 43).

114 Il presupposto relativo all’esistenza di un nesso causale concerne l’esistenza di un rapporto di causa-effetto sufficientemente diretto tra il comportamento delle istituzioni dell’Unione e il danno, rapporto di cui spetta al ricorrente fornire la prova, di modo che il comportamento addebitato deve essere la causa determinante del danno (sentenza del 5 settembre 2019, Unione europea/Guardian Europe e Guardian Europe/Unione europea, C‑447/17 P e C‑479/17 P, EU:C:2019:672, punto 32).

115 Orbene, da un lato, nei limiti in cui l’argomento delle ricorrenti mira a dimostrare che il Tribunale avrebbe commesso un errore di diritto dichiarando che, per far sorgere la responsabilità extracontrattuale dell’Unione, si deve dare prova di un nesso di causalità esclusivo tra il comportamento della Commissione e il danno che esse asseriscono di aver patito, occorre rilevare che tale argomento si fonda su una lettura manifestamente erronea della sentenza impugnata e deve, di conseguenza, essere respinto.

116 Infatti, come risulta dal punto 67 di tale sentenza, il Tribunale non ha affatto richiesto alle ricorrenti di provare l’esistenza di un nesso di causalità esclusivo. Per contro, esso ha constatato che la causa determinante della risoluzione di Banca delle Marche, ai sensi della giurisprudenza della Corte, è stata la decisione autonoma delle autorità italiane di avviare la risoluzione di tale banca. Così facendo, il Tribunale ha correttamente applicato il presupposto relativo al requisito del nesso di causalità.

117 D’altro lato, nei limiti in cui l’argomento delle ricorrenti riguarda, in sostanza, la qualificazione dell’influenza che la Commissione avrebbe avuto sul comportamento delle autorità italiane, occorre constatare che, con tale argomento, le ricorrenti mirano a rimettere in discussione la valutazione in fatto operata dal Tribunale. Di conseguenza, tale argomento deve essere respinto in quanto irricevibile.

118 Alla luce delle considerazioni che precedono, il secondo motivo di impugnazione deve essere respinto in quanto in parte infondato e in parte irricevibile.

119 In tali circostanze, gli argomenti delle ricorrenti esposti ai punti da 1055 a 110 della presente sentenza sono inconferenti.

120 Poiché nessuno dei due motivi dedotti dalle ricorrenti a sostegno della loro impugnazione è stato accolto, quest’ultima deve essere integralmente respinta.

 Sulle spese

121 Ai sensi dell’articolo 184, paragrafo 2, del regolamento di procedura della Corte, quando l’impugnazione è respinta, la Corte statuisce sulle spese. Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del medesimo regolamento, applicabile al procedimento di impugnazione in forza dell’articolo 184, paragrafo 1, dello stesso, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

122 Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, le ricorrenti, rimaste soccombenti, devono essere condannate a farsi carico, oltre che delle proprie spese, di quelle sostenute dalla Commissione.

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