Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2019-01-22, n. 201900550

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2019-01-22, n. 201900550
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201900550
Data del deposito : 22 gennaio 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 22/01/2019

N. 00550/2019REG.PROV.COLL.

N. 02251/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2251 del 2017, proposto da
Fondazione Cassa di Risparmio di Pesaro, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati A S, A V, con domicilio eletto presso lo studio A S in Roma, via F. Paulucci de' Calboli n. 9;
Montani Antaldi S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati A S, A V, con domicilio eletto presso lo studio Aldo Avv. Prof. Sandulli in Roma, via F. P. de' Calboli n. 9;

contro

Banca D'Italia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati S R C, M D Polo, con domicilio eletto presso lo studio Stefania Ceci in Roma, via Nazionale 91;
Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Bdo Italia S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Massimo Longo, Mario Sanino, Cristiano Fazio, con domicilio eletto presso lo studio Mario Sanino in Roma, viale Parioli, 180;

nei confronti

Nuova Banca delle Marche S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Luca Raffaello Perfetti, Giuseppe Ruggero Filippo Rumi, Silvia Romanelli, Massimo Merola, con domicilio eletto presso lo studio Luca Raffaello Perfetti in Roma, via Vittoria Colonna, 39;
Banca delle Marche S.p.A. in Risoluzione, Fondo Nazionale di Risoluzione Presso La Banca D'Italia, F.I.T.D. - Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi, Rev - Gestione Crediti S.p.A., Roberto Nicastro, Maria Pierdicchi, Luciano Goffi, Bruno Inzitari non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda) n. 12884/2016, resa tra le parti, concernente annullamento degli atti e dei provvedimenti con i quali è stata disposta la risoluzione della Banca delle Marche S.p.a., in amministrazione straordinaria, con sede in Ancona, di tutti gli atti presupposti e consequenziali - risarcimento del danno


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Banca D'Italia e di Ministero dell'Economia e delle Finanze e di Bdo Italia S.p.A. e di Nuova Banca delle Marche S.p.A.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 29 novembre 2018 il Cons. Oreste Mario Caputo e uditi per le parti gli avvocati Benedetto Cimino per delega degli avv.ti Sandulli e Valentini, Paola De Nuntis e Federico Basilica dell'Avvocatura Generale dello Stato, Stafania Rita Ceci, M D Polo e Luca Raffaello Perfetti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Fondazione Cassa di Risparmio di Pesaro ha appellato la sentenza del Tar Lazio, sez. II-quater n. 12884 del 2016, di reiezione del ricorso proposto per l’annullamento degli atti con i quali la Banca d’Italia (d’ora in poi BdI) e il Ministero dell'Economia e delle Finanze (d’ora in poi Mef) hanno disposto, ai sensi del d. lgs. n. 180 del 2015, l’avvio della risoluzione Banca delle Marche S.p.a., già in amministrazione straordinaria, e hanno adottato i provvedimenti conseguenti.

1.1 Cumulativamente la ricorrente formulava domanda di risarcimento danni, denunciando nell’atto introduttivo, quanto al profilo istituzionale, il difetto del presupposto dell’assenza di misure alternative, previsto dal d. lgs. n. 180 del 2015, per disporre la risoluzione della Banca, nonché l’inattendibilità dei criteri utilizzati per la valutazione delle perdite patrimoniali e dei crediti in sofferenza, in una con l’inesistenza delle ragioni di urgenza che consentono l’avvio della risoluzione sulla base di una valutazione provvisoria, né BdI “intenderebbe nominare l’esperto indipendente per la redazione della valutazione definitiva”.

1.2 In aggiunta, sotto il profilo patrimoniale di tutela dell’ asset azionario, riflettentesi nel pregiudizio economico sofferto direttamente, la Fondazione lamentava il deteriore trattamento riservato agli azionisti e ai creditori in quanto sproporzionato rispetto alle misure di risoluzione adottate, reso palese da una valutazione cumulativa di tutti gli istituti creditizi interessati dalla procedura di risoluzione e non differenziata per ogni banca.

1.3 Infine la Fondazione ricorrente sollecitava il vaglio di non manifesta irrilevanza della questione di costituzionalità del d. lgs. n. 180 del 2015, in ragione del fatto che la BdI avrebbe esercitato poteri giurisdizionali pur non avendone le competenze, limitando le attività istruttorie e processuali, in contrasto con la Costituzione.

1.4 Con motivi aggiunti, la Fondazione ha impugnato la valutazione definitiva depositata dalla BdI in corso di causa laddove ha confermato in larga misura le conclusioni e le stime già adottate in sede di valutazione provvisoria.

2. Basandosi sulle ingenti perdite del patrimonio e sulle documentate irregolarità gestionali accusate dalla Banca, attestate dal provvedimento del Mef di amministrazione straordinaria sfociato, ai sensi dell’art. 70 comma 1, lett. a) e b) d.lgs. 385/1993, nel commissariamento dell’istituto, il Tar ha respinto l’impugnazione,

2.1 In particolare, sussistevano, secondo i giudici di prime cure, tutti i presupposti per l’avvio della procedura di risoluzione;
le valutazioni delle perdite patrimoniali e dei crediti effettuate dalle amministrazioni dovevano ritenersi corrette in quanto immuni da vizi d’illogicità o irragionevolezza ed erroneo esame dei presupposti di fatto.

2.2 Infine l’entità delle perdite della Banca deponeva ipso facto per l’irrilevanza nel giudizio a quo della questione di legittimità costituzionale sollevata con riferimento all’art. 95 del d.lgs. n. 180 del 2015, ai sensi del quale sono inapplicabili al giudizio la verificazione e la consulenza tecnica d’ufficio, in assenza (anche in astratto) di violazioni degli artt. 42, 47, 102 e 111 Cost.

3. Appella la sentenza Fondazione Cassa di Risparmio di Pesaro. Resistono Banca d’Italia, Ministero dell'Economia e delle Finanze, Bdo Italia S.p.A e Nuova Banca delle Marche S.p.A.

4. Alla pubblica udienza del 29 novembre 2018 la causa, su richiesta delle parti, è stata trattenuta in decisione.

5. In limine va sottolineato che la procedura di risoluzione ha completamente esaurito i propri effetti, essendosi - medio tempore - definitivamente concluso il procedimento di vendita della Nuova Banca Marche S.p.A. all’Unione di Banche Italiane S.p.A. (UBI Banca).

5.1 Ha avuto termine l’articolato procedimento di risanamento della banca – scandito nelle seguenti fasi schematicamente riassunte: alla dichiarazione di “risoluzione” ha fatto seguito l’azzeramento dei diritti degli azionisti e dei sottoscrittori di obbligazioni subordinate;
l’avvio della costituzione dell’ “Ente-Ponte";
la cessione della “parte buona” dell’azienda bancaria (cioè, con esclusione dei crediti “deteriorati”) all’“Ente-Ponte”;
la costituzione di una nuova banca (“ bad-bank ” - o “Società-Veicolo”) destinata ad acquisire i crediti deteriorati;
la cessione della “parte cattiva” dei crediti “deteriorati” alla “Società-Veicolo”;
l’avvio di trattative per la cessione dell’ “Ente-Ponte”;
la vendita dell’ “Ente-Ponte” ad una banca italiana (UBI Banca);
l’ assoggettamento a liquidazione coatta amministrativa della banca in crisi “svuotata”;
ed infine l’incorporazione dell’ “Ente–Ponte” nell’UBI.

6. Di conseguenza, sul piano processuale, va affermata l’improcedibilità dell’appello con riguardo ai motivi di appello che, sul piano istituzione alla (pretesa) continuità dell’attività bancaria pregressa, censurano l’assenza dei presupposti, previsti dal d. lgs. n. 180 del 2015, per disporre la risoluzione della Banca che, come appena sottolineato, s’è definitivamente conclusa con la vendita della Nuova Banca Marche S.p.A. all’Unione Banche Italiane S.p.A.

7. Residuano alla cognizione di merito le censure che lamentano il pregiudizio patrimoniale sofferto dalla Fondazione per l’avvio della procedura di risoluzione in luogo della liquidazione coatta amministrativa, e da cui di cui ha preso le mosse la domanda di risarcimento danni cumulativamente proposta con quella d’annullamento.

7.1 Di fatto l’appellante radica il danno (ovvero l’evento danno distinto dal danno conseguenza) in un giudizio controfattuale: per porre riparo alla crisi accusata dall’istituto bancario, e salvaguardare in pari tempo i diritti e le prerogative economiche degli azionisti e degli obbligazionisti subordinati, sarebbe stato necessario, anziché dare avvio alla procedura di risoluzione promossa da BdI e Mef, ricorrere alla liquidazione coatta amministrativa.

7.2 Secondo l’appellante se all’amministrazione straordinaria della banca, già commissariata, avesse fatto seguito la liquidazione coatta amministrativa, non si sarebbe prodotto l’azzeramento dei diritti degli azionisti e dei sottoscrittori di obbligazioni subordinate, foriero dell’ eventus damni dedotto in giudizio.

8. La domanda di risarcimento è infondata.

8.1 In apicibus , ossia con riguardo alla disciplina giuridica applicabile, non va passato sotto silenzio che l’immediata cessione dell’azienda bancaria ad altro Istituto di credito con subentro (pressoché) “universale” nelle attività, passività, e rapporti pendenti della banca assoggettata a liquidazione coatta amministrativa è stata nei fatti (cfr. relazione prodotta in atti) tentata dalla BdI senza alcun esito positivo.

8.2 In aggiunta, non è più consentito l’intervento del Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi (“il Fondo” o F.I.T.D.) per colmare lo “sbilancio di cessione” tra attività cedute e passività accollate – con effetto liberatorio – alla banca cessionaria, con apporti di entità progressiva sino alla ultimazione delle attività funzionali alla predisposizione della “situazione patrimoniale di trapasso” definitiva, a cui fa seguito la liquidazione degli attivi residui della banca assoggettata a L.C.A. per il soddisfacimento delle passività non trasferite alla banca cessionaria.

8.3 Dal 2013, l’intervento del F.I.T.D. è considerato “aiuto di Stato”, come tale tendenzialmente vietato dalla normativa di settore comunitaria.

8.4 Paradigmatico al riguardo è il c.d. salvataggio di Banca Tercas, richiamato, per trarne opposte conclusioni, dalle parti in causa.

Il dato di fatto è in sé incontrovertibile: la crisi di tale banca era stata superata con l’intervento congiunto della Banca Popolare di Bari - che si era resa cessionaria dell’azienda bancaria di Tercas - e del F.I.T.D. che aveva apportato alla Banca cessionaria l’ammontare di 295 milioni di euro, pari allo “sbilancio di cessione” stimato al momento del perfezionamento dell’operazione, qualificato per l’appunto “aiuto di Stato” (cfr. comunicazione della Commissione europea del 23 dicembre 2015).

8.5 Sicché, a conclusione del giudizio controfattuale, l’appellante ipotizza in via meramente congetturale la lesione dei diritti di azionista sulla base dell’omesso avvio di una procedura – peraltro tentata senza esito positivo – non più consentita dall’ordinamento giuridico di settore;
ed il cui esito sarebbe un vero e proprio capovolgimento concettuale dei presupposti stessi dell’azione di risarcimento: contra ius o ingiusta non sarebbe affatto la lesione sofferta, bensì la pretesa (sostanziale) sottesa alla domanda di risarcimento del danno.

9. D’altra parte, e conclusivamente sul punto, l’appellante non ha assolto al benché minimo onere probatorio, finanche di allegazione del pregiudizio patrimoniale sofferto (c.d. conseguenza).

9.1 Viceversa gli appellati hanno dimostrato che se si fosse seguita l’ordinaria procedura della liquidazione coatta amministrativa, una volta ceduto l’attivo, la massa attiva sarebbe stata posta a servizio dei creditori (le cui pretese sopravanzavano largamente l’attivo) con nessun ritorno monetario per azionisti ed obbligazionisti subordinati.

10. L’improcedibilità in parte e l’infondatezza per l’altra dell’appello conducono alla declaratoria d’irrilevanza, nel giudizio a quo, delle questioni di costituzionalità genericamente dedotte dall’appellante.

11. L’assenza di specifici precedenti giurisprudenziali giustifica la compensazione delle spese di lite del presente grado di giudizio.

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