Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2023-02-07, n. 202301367

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2023-02-07, n. 202301367
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202301367
Data del deposito : 7 febbraio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 07/02/2023

N. 01367/2023REG.PROV.COLL.

N. 04439/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4439 del 2021, proposto da:
A F, rappresentata e difesa dall'avvocato M D, con domicilio digitale come da PEC dei Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato V P in Roma, via Rodolfo Lanciani, 69;

contro

Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza) n. 10967/2020;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore il Cons. L M;

Nessuno presente per le parti nell'udienza pubblica del giorno 24 gennaio 2023;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. L’appellante ha impugnato la sentenza n. 10967 del 27 ottobre 2020 con cui il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sezione Terza Bis , ha respinto il ricorso collettivo, integrato da motivi aggiunti, proposto per l’annullamento del decreto ministeriale del 3 giugno 2015, avente ad oggetto le operazioni di aggiornamento delle graduatorie ad esaurimento, nella parte in cui non prevede l'inclusione per l'insegnamento nella scuola dell'infanzia e nelle scuole primarie, dei diplomati magistrali che abbiano conseguito un valido diploma presso la scuola magistrale o gli istituti magistrali entro l'anno 2001/2002.

L’appellante è titolare di diploma di maturità magistrale conseguito entro l’anno scolastico 2001/2002, non considerato come titolo idoneo per l’inserimento nelle graduatorie ad esaurimento (GAE) del personale docente, per effetto del DM 1 aprile 2014, n. 235, al quale ha fatto seguito il DM 3 giugno 2015 n. 325.

Per tale ragione ella, con altri ricorrenti, ha agito dinanzi al TAR Lazio impugnando tale ultimo decreto con ricorso principale e successivi motivi aggiunti.

Con ordinanza n. 247/2016 il Consiglio di Stato ha disposto, in riforma alla pronuncia cautelare di primo grado, l’inserimento dei ricorrenti con riserva nelle GAE, ivi compresa l’appellante, la quale, a seguire, in data 16 gennaio 2020 ha sottoscritto un contratto di lavoro a tempo indeterminato.

Il TAR, tuttavia, con la sentenza impugnata ha respinto il ricorso richiamando le statuizioni rese nella decisione dell’Adunanza Plenaria n.11 del 20 dicembre 2017, poi ribadita con le sentenze numeri 4 e 5 del 5 febbraio 2019.

Il Ministero appellato non si è costituito nel presente grado di giudizio.

L’istanza cautelare è stata respinta con ordinanza n. 3598 del 2 luglio 2021.

La causa è stata chiamata all’udienza pubblica del 24 gennaio 2023 e, all’esito, è stata decisa sugli scritti, come da richiesta della parte appellante.

2. L’appello è affidato ai motivi di seguito sintetizzati che, in sostanza, ripropongono le censure formulate in primo grado.

Con il primo motivo si sostiene la tempestività del ricorso proposto nel 2015, essendo stato impugnato l’atto che aveva attualizzato la lesione della sfera giuridica della parte ivi ricorrente.

Con il secondo motivo si sostiene il valore abilitante del diploma magistrale conseguito entro l’a.s.2001/2002.

Con il terzo motivo si sostiene che non sussistesse alcun onere di impugnare il decreto ministeriale n. 235/2014 trattandosi di atto di natura regolamentare o generale, che sarebbe stato annullato con efficacia erga omnes dalla sentenza n. 1973/2015 del Consiglio di Stato, nella parte in cui non consentiva l’ingresso nelle GAE dei diplomati magistrali.

Con il quarto motivo l’appellante lamenta l’erroneità della sentenza per non aver considerato che il ricorso era stato proposto in un momento storico in cui la giurisprudenza era orientata a attribuire valore abilitante al diploma magistrale conseguito entro l’a.s.2001/2002. Quindi denuncia la violazione del legittimo affidamento.

Con il quinto motivo, in subordine, denuncia la violazione dell’art. 1, comma 605, della legge n. 296/2006 a tenore del quale « Con effetto dalla data di entrata in vigore della presente legge le graduatorie permanenti di cui all'articolo 1 del decreto-legge 7 aprile 2004, n. 97, … sono trasformate in graduatorie ad esaurimento. Sono fatti salvi gli inserimenti nelle stesse graduatorie da effettuare per il biennio 2007-2008 per i docenti già in possesso di abilitazione ». Ritiene che l’unico presupposto necessario e sufficiente per ottenere l’inserimento in GAE sarebbe costituito dal conseguimento del titolo abilitante prima della soppressione delle graduatorie permanenti (ossia entro il 31 dicembre 2006).

Con il sesto motivo, in ulteriore subordine, ripropone le questioni di pregiudizialità comunitaria, riguardanti l’incompatibilità dell’art. 1, comma 605, lett. c) della legge n. 296/2006, qualora interpretato nel senso di precludere l’inserimento in GAE dei diplomati magistrali “storici”, per contrasto con le clausole 4 e 5 dell’accordo quadro del 18 marzo 1999 sul lavoro a tempo determinato.

3. Deve premettersi che, stando alla documentazione in atti, la stipula del contratto e l’immissione in ruolo con cancellazione della GAE non possono determinare il consolidamento della posizione dell’appellante, essendo il risultato di atti meramente privatistici che non costituiscono in alcun modo il frutto di una rinnovata valutazione degli interessi coinvolti, con il definitivo superamento di quella posta a base dei provvedimenti impugnati giurisdizionalmente.

Non emerge dagli atti di causa una condotta provvedimentale dell’amministrazione volta a ritirare i provvedimenti impugnati in prime cure o a sostituirli con un nuovo atto idoneo a legittimare l’inserimento della ricorrente nelle graduatorie in parola.

La circostanza per cui l’appellante, nelle more del giudizio, sia stata assunta, ammessa al periodo di formazione e di prova ed eventualmente immessa in ruolo, da un lato non potrebbe comunque ovviare all’assenza di un titolo idoneo all’inserimento nelle medesime graduatorie e dall’altro, non è dipesa dalla manifestazione di una rinnovata volontà dispositiva, promanante dall’organo ministeriale competente, volta a riconoscere la valenza abilitante del diploma posseduto dalla parte appellante ai fini dell’inserimento nelle graduatorie per cui è causa.

L’amministrazione, in particolare, in esecuzione del provvedimento cautelare favorevole alla parte ricorrente, si è limitata a dar corso al normale iter riservato ai docenti inseriti nelle GAE, destinato ad essere travolto dal definitivo venir meno di tale presupposto a seguito della sentenza di merito, che ha disconosciuto la pretesa all’inserimento in dette graduatorie.

Ad una diversa soluzione non potrebbe addivenirsi neppure valorizzando l’eventuale mancata apposizione, nel contratto, di condizione di riserva all’esito del presente giudizio, mancando, come già detto una chiara volontà provvedimentale favorevole all’appellante e trattandosi, comunque, di atto di micro organizzazione assunto dal dirigente in veste di datore di lavoro, sul quale, oltretutto, non sussisterebbe la giurisdizione del giudice amministrativo, in relazione al quale deve escludersi che un singolo dirigente si determini autonomamente all’assunzione di un soggetto al di fuori di quelle che sono le modalità e le procedure a tal fine previste dall’ordinamento e, nello specifico, in assenza di un preciso requisito.

Per tale ragione, ai fini del presente giudizio, non può essere utilmente apprezzato neppure l’argomento facente leva sul fatto che l’amministrazione, procedendo alle ulteriori attività, prodromiche e successive alla conferma in ruolo, in completa autonomia avrebbe confermato l’adeguatezza professionale degli appellanti, consolidandone la posizione, anche alla stregua del principio dell’assorbimento desumibile dall’art. 4 comma 2 bis del decreto legge 30 giugno 2005, n. 115 convertito con legge 17 agosto 2005, n.168.

Al riguardo si rileva che il principio dell’assorbimento configura un istituto eccezionale, da interpretare in senso restrittivo e inapplicabile a fattispecie diverse da quelle per cui è espressamente tipizzato: il consolidamento della posizione di vantaggio conseguita in esecuzione di un ordine cautelare deroga i principii di strumentalità ed interinalità della tutela cautelare, avente la tipica funzione di proteggere la sfera giuridica della parte processuale nelle more della definizione del giudizio, senza pregiudicare la soluzione nel merito della controversia.

La disposizione in rassegna ha lo scopo di evitare che il superamento delle prove di un esame di abilitazione venga reso inutile dalle vicende processuali successive al provvedimento, con il quale un giudice o la stessa amministrazione, in via di autotutela, abbiano disposto l'ammissione alle prove di esame o la ripetizione della valutazione.

La Corte costituzionale, con la sentenza n. 108 del 2009, nel disattendere la sollevata questione di legittimità costituzionale, ha posto in rilievo che la disposizione, come già evidenziato dalla giurisprudenza amministrativa, non si applica ai concorsi pubblici, ma solo agli esami di abilitazione, atteso che questi ultimi sono volti ad accertare l'idoneità dei candidati a svolgere una determinata attività professionale ed accertata questa idoneità, tale attività deve potersi liberamente esplicare.

Nella specie, dunque, non potrebbe applicarsi il principio dell’assorbimento, non facendosi questione dell’idoneità professionale di ciascun docente o comunque del superamento delle prove di abilitazione all’esito di un ordine cautelare di riammissione (circostanza regolata dall’art. 4 comma 2 bis D.L. 30 giugno 2005, n. 115 conv. con L. 17 agosto 2005), bensì della valutazione di un titolo, ovvero alla sussistenza di un requisito necessario per poter accedere alle graduatorie, con conseguente inconsistenza del rilievo operato dalle parti appellanti (in senso conforme cfr. Adunanza Plenaria n. 1 del 2015, secondo cui: « non è possibile ritenere che il favorevole esito di alcuni esami del corso di studi, cui s’è avuto accesso in relazione al favorevole esito del giudizio di primo grado instaurato contro il diniego di iscrizione motivato con il mancato superamento del test di accesso previsto per i corsi di laurea ad accesso limitato, possa ritenersi assorbente del mancato possesso di quel requisito di ammissione» ).

4. Le ulteriori questioni dedotte nell’atto di appello sono state già affrontate e definite in numerosi precedenti (da ultimo: Cons. Stato, Sez. VII, 16 novembre 2022, n. 10097;
ma anche Sez. VI, n. 2985 del 2020;
n. 3802 del 2020), che si sono uniformati alle pronunce dell’Adunanza Plenaria n. 11 del 2017 e n. 4 e 5 del 2019 (cfr. da ultimo anche Corte di Cassazione, n. 3830/2021), le cui argomentazioni e conclusioni - da intendersi richiamate anche ai sensi e per gli effetti dell’art. 88, comma 2, lett. d), c.p.a – non consentono di poter apprezzare favorevolmente le censure di parte appellante, dovendosi ribadire che il possesso del diploma magistrale conseguito entro l’anno scolastico 2001/2002 non consente l’inserimento nelle attuali GAE.

Ne discende che non può essere ammessa alcuna riapertura delle graduatorie a favore di coloro che si trovino nella condizione della parte appellante.

In questa sede è sufficiente richiamare i passaggi salienti dei precedenti citati ai quali, per brevità, espressamente si rinvia:

- non risulta condivisibile la tesi per cui il termine per proporre ricorso giurisdizionale (e, ancora prima, per presentare la domanda di inserimento nelle graduatorie) decorra non dalla piena conoscenza del provvedimento e dei suoi effetti lesivi (o, con riferimento alla presentazione della domanda di inserimento, dal possesso effettivo del titolo abilitante), ma dal momento in cui, in sede giurisdizionale, viene accertata l’illegittimità dell’atto lesivo;

- fatta eccezione per l’ipotesi degli atti plurimi con effetti inscindibili (che qui non vengono in considerazione), deve escludersi che l’annullamento giurisdizionale di un atto amministrativo possa giovare ai cointeressati che non abbiano tempestivamente proposto il gravame e, per i quali, pertanto, si è già verificata una situazione di inoppugnabilità, con conseguente “esaurimento” del relativo rapporto giuridico;

- il dies a quo per proporre impugnazione andrebbe individuato (anche a voler prescindere dalla preclusione comunque derivante dalla mancata tempestiva presentazione della domanda di inserimento) nella pubblicazione del DM 16 marzo 2007, con il quale, in attuazione dell’art. 1, comma 605, legge 296/2006 (legge finanziaria per il 2007), veniva disposto il primo aggiornamento delle graduatorie permanenti, che la stessa legge finanziaria per il 2007 aveva “chiuso” con il dichiarato fine di portarle ad esaurimento;

- il DM 235/2014 disciplina - come emerge chiaramente dal tenore letterale di ciascuno degli articoli di cui si compone - i criteri di massima per la permanenza, l’aggiornamento e la conferma dell’inclusione di coloro che sono già iscritti nella graduatoria. Il decreto si rivolge a soggetti determinati o, comunque, facilmente determinabili e i destinatari del DM sono esclusivamente i docenti già inseriti nelle graduatorie, i quali, evidentemente, sono gli unici soggetti che possono ottenere l’aggiornamento della posizione o la conferma della stessa. Ne consegue che i destinatari del DM sono determinati sin dal momento della sua adozione e rappresentano una categoria chiusa, atteso che i criteri di aggiornamento hanno efficacia limitata nel tempo perché valgono solo per il triennio 2014-2017;

- sotto altro profilo, il DM 235/2014 presenta caratteristiche incompatibili con una eventuale sua riconducibilità nell’alveo dei provvedimenti a natura normativa, perché mancano gli elementi essenziali della norma giuridica, ovvero: l’astrattezza (intesa come capacità della norma di applicarsi infinite volte a tutti i casi concreti rientranti nella fattispecie descritta in astratto), la generalità (intesa come indeterminabilità, sia ex ante che ex post, dei destinatari della norma) e l’innovatività (ovvero la capacità di modificare stabilmente l'ordinamento giuridico). Il suddetto DM, infatti, ha ad oggetto una vicenda amministrativa specifica e temporalmente circoscritta (l’aggiornamento delle graduatorie per il triennio 2014/2017), ha destinatari determinati e non innova l’ordinamento giuridico, limitandosi a fissare criteri di massima per l’aggiornamento della graduatorie la cui applicazione è limitata nel tempo, oltre alla significativa circostanza che il suo procedimento di approvazione non è quello dei regolamenti ministeriali di cui all’art. 17, comma 4, della l. 23 agosto 1988, n. 400;

- il ridetto DM non è neppure iscrivibile nell’ambito della categoria degli atti amministrativi a contenuto generale che, sebbene privi (a differenza dell’atto normativo) dell’astrattezza, si caratterizzano per la generalità dei destinatari, intesa come indeterminabilità dei destinatari ex ante, ma non ex post, poiché il DM 235/2014, come si è già precisato, si rivolge a destinatari già noti al momento dell’adozione, ovvero tutti coloro e solo coloro che sono già inseriti nelle GAE;

- l’accoglimento della domanda di annullamento del DM 235/2014 intervenuto ad opera della sentenza della Sesta Sezione del Consiglio di Stato n. 1973 del 2015 non ha prodotto effetti erga omnes , perché è lo stesso dispositivo della sentenza di annullamento che si premura di specificare che gli effetti dell’annullamento operano solo a vantaggio di coloro che hanno proposto il ricorso (a ciò consegue anche l’inconsistenza della prospettata violazione dei principi dell’affidamento, dell’equo processo e della certezza del diritto, di cui agli artt. 6 e 13 della CEDU);

- quanto al contenuto, il DM 235/2014 non contiene alcuna disposizione lesiva o escludente nei confronti dei diplomati magistrati non inseriti nelle GAE dal momento che, trattandosi di un decreto che detta criteri e procedure per aggiornare le graduatorie, il DM non si rivolge a coloro che, per qualsiasi motivo, non sono stati inseriti in dette graduatorie;

- il valore legale del diploma magistrale conseguito entro l’a.s. 2001/2002 può essere riconosciuto solo in via “strumentale”, nel senso di consentire a coloro che lo hanno conseguito di partecipare alle sessioni di abilitazioni o ai concorsi, pur se privi del diploma di laurea in scienze della formazione istituito con DPR 31 luglio 1996, n. 471 (in tal modo, la richiamata disciplina transitoria ha mostrato di tenere in debito conto la posizione di chi avesse conseguito il titolo del diploma magistrale precedentemente alla riforma operata con la L. 19 novembre 1990, n. 341 e non fosse già immesso in ruolo alla data di entrata in vigore del DM 10 marzo 1997, consentendogli la partecipazione a procedure selettive riservate ai fini del conseguimento di un titolo idoneo a consentire l'iscrizione nelle graduatorie);

- l’abilitazione all’insegnamento nella scuola materna ed elementare ex artt. 194 e 197 D.Lgs. 16 aprile 1994, n. 297 e DPR 23 luglio 1998, n. 323, non ha mai costituito titolo sufficiente per l’inserimento nelle graduatorie permanenti istituite dall'art. 401 D.Lgs. 297/1994, essendo, invece, previsto a tale fine il superamento di procedure di natura concorsuale (concorsi regionali per titoli ed esami) rispetto alle quali il diploma magistrale costituiva requisito di partecipazione (ai sensi dell’art. 402 D.Lgs. 297/1994). Ciò vale anche per le procedure riservate al personale in possesso del diploma magistrale e di determinati requisiti di servizio, istituite ai sensi dell’art. 2, comma 4, l. 3 maggio 1999, n. 124, (OM 153/99) ed ai sensi dell’art. 2, comma 1, lett. c bis ) D.L. 97/2004 conv. da L. 143/04 (OM 25 e 80 del 2005) che richiedevano, ai fini del rilascio del titolo, il superamento di una procedura selettiva di tipo concorsuale.

Tali considerazioni conducono alla conferma della sentenza impugnata, risultando le doglianze articolate dall’appellante tardivamente proposte in primo grado e, comunque, infondate.

Né può diversamente argomentarsi sul rilievo che il diploma magistrale conseguito entro l’anno scolastico 2001/2002 consentirebbe l’iscrizione nelle graduatorie di istituto di II fascia (cfr. DM n. 308 del 2014 e DM n. 353 del 2014).

Invero, l’inclusione nelle graduatorie di istituto di II fascia è finalizzata a garantire la possibilità di conferimento di supplenze o incarichi a tempo determinato (cfr. artt. 5 e 7 DM 13 giugno 2007, n. 131), mentre l’inclusione nelle GAE consente l’accesso diretto ad una assunzione a tempo indeterminato.

Pertanto, la circostanza che il diploma magistrale, conseguito entro l’anno scolastico 2001/2002, consenta l’iscrizione nella seconda fascia delle graduatorie di circolo e di istituto non è elemento dirimente per pretendere che lo stesso sia sufficiente anche per l’iscrizione in GAE, attesa la diversa finalità, anche in punto di accesso stabile ai ruoli, tra le diverse graduatorie in considerazione.

La necessità di un titolo (abilitante) ulteriore rispetto al mero possesso del titolo di studio trova, in particolare, pure giustificazione nella considerazione che l’inserimento in graduatoria è destinato a consentire per mero scorrimento lo stabile ingresso nel ruolo docente e tale ingresso, dunque, non può prescindere da una seria ricognizione dell’esperienza maturata o del percorso formativo seguito dopo il diploma.

Per tali ragioni, non rileva il DPR 25 marzo 2014 (che ha recepito il parere del Consiglio di Stato n. 3818/13), in quanto in esso si riconosce esclusivamente il valore abilitante del titolo ai fini dell’inserimento nella II fascia delle graduatorie d’istituto e non anche ai fini dell’inserimento nelle GAE, le sole a rilevare nell’odierno giudizio.

Anche la clausola di riserva contenuta nell’art. 1, comma 605 L. 296/2006 deve intendersi riferita solo a quei titoli abilitanti che, secondo la normativa vigente, costituivano requisiti di accesso alle graduatorie, essendo volta a preservare le aspettative di coloro i quali avessero, confidando nel sistema pregresso, già affrontato un percorso di studi per munirsi del titolo necessario all’inserimento in GAE. Non a caso, infatti, la clausola di riserva si riferiva anche a coloro che, alla data di entrata in vigore della legge, frequentavano i corsi abilitanti che secondo la normativa previgente consentivano l’accesso alle graduatorie.

Per le stesse ragioni, similmente a quanto osservato per le graduatorie di circolo e di istituto, la valenza abilitante del diploma magistrale non potrebbe desumersi neppure dal DM n. 967 del 2014, regolante i soli percorsi di formazione della specializzazione per le attività di sostegno didattico, senza dunque influire sulla distinta disciplina delle graduatorie ad esaurimento, dal cui inserimento soltanto consegue la possibilità per il docente di accedere direttamente ad una assunzione a tempo indeterminato.

Si conferma, dunque, che, avuto riguardo alla funzione ordinaria assegnata alle relative graduatorie, solo l’inclusione nelle GAE consente l’accesso diretto ad una assunzione a tempo indeterminato, con conseguente impossibilità di assoggettare al medesimo trattamento giuridico fattispecie non analoghe;
per l’effetto, non potrebbe desumersi dalla legittimazione all’inclusione nelle GPS una legittimazione all’inserimento, sulla base del medesimo titolo (diploma magistrale de quo ), nelle diverse graduatorie ad esaurimento.

Come precisato dall’Adunanza Plenaria del 2017 cit., risulta evidente la differenza esistente tra la posizione di chi, già inserito nella graduatoria (e per effetto di tale inserimento titolare di un affidamento meritevole di tutela), viene cancellato perché omette di presentare domanda di conferma e la posizione di chi non ha mai presentato una domanda di inserimento in graduatoria.

Nessuna disposizione legislativa può legittimare la presentazione di una domanda di inserimento tardiva, non potendosi, del resto, in questo caso configurare alcun affidamento meritevole di tutela in capo a chi non ha mai nemmeno chiesto per tempo di essere inserito.

Non rileva neanche, come pure evidenziato dall’Adunanza Plenaria n. 4/19, la nota in data 31 gennaio 2014 con cui la Commissione europea (in risposta ad una petizione presentata da un diplomato magistrale a fronte del rifiuto del MIUR di certificare la conformità del diploma magistrale alla direttiva 2005/36/CE), pur senza mettere in discussione quanto affermato dallo Stato italiano in ordine alla necessità di superare un concorso per essere assunti a tempo indeterminato presso una scuola pubblica, ha, ciò nonostante, ritenuto, che il diploma magistrale, pur non permettendo di accedere ai posti di insegnamento con contratti a tempo indeterminato nelle scuole pubbliche italiane, attribuisse, comunque, una qualifica professionale suscettibile di essere certificata, ai sensi della direttiva 2005/36/CE, per il riconoscimento all’estero.

La disciplina nazionale in parola non si espone neppure a critiche di incostituzionalità ed incompatibilità unionale: in particolare, non è ravvisabile alcuna violazione dei principi affermati dalla c.d. sentenza Mascolo (Corte Giust. UE, 28 novembre 2014, cause riunite nn. 22/2013, da C61/13 a C63/13 e 418/2013), in ordine all’interpretazione dell’accordo quadro sul rapporto di lavoro a tempo determinato di cui alla direttiva 1999/70/CE, come chiarito dall’Adunanza Plenaria, 20 dicembre 2017, n. 11, alle cui argomentazioni integralmente si rinvia.

Difettando un diritto vivente favorevole all’appellante, idoneo ad ingenerare un ragionevole affidamento sulla ricevibilità e fondatezza del ricorso proposto, non potrebbero neppure essere contestate:

- la violazione dell’art. 1 della L. n. 241/90, degli artt. 2 e 97 Cost., nonché dei principi di buona fede, affidamento, correttezza e di leale collaborazione, per effetto di un asserito affidamento ingenerato nell’appellante dalle sentenze di annullamento del Consiglio di Stato, in specie in relazione alla generalizzata applicazione delle reiterate pronunce del medesimo giudice amministrativo, aventi efficacia erga omnes ;

- la violazione del principio dell’equo processo e della certezza del diritto, in conseguenza della vanificazione in sede amministrativa delle sentenze con le quali questo Consiglio aveva annullato il DM n. 235/2014 e aveva riconosciuto la natura abilitante del diploma conseguito entro l’a.s. 2001/02;

- la violazione del principio del legittimo affidamento dei diplomati magistrali che, confidando sulla natura abilitante del diploma conseguito e sul necessario adeguamento del MIUR alle sentenze caducatorie emesse da questo Consiglio, si sarebbero dimessi dalle scuole paritarie presso cui lavoravano per prendere servizio alle dipendenze dello Stato Italiano.

L’insussistenza in capo all’appellante del titolo legittimante all’inserimento nelle graduatorie ad esaurimento non consentirebbe, peraltro, neppure di eccepire una presunta discriminazione tra i titolari del diploma magistrale per cui è causa e i neo abilitati al sostegno, argomentata sulla base di un presupposto erroneo, dato dal riconoscimento della valenza abilitante anche in relazione al diploma magistrale in contestazione.

Inoltre la disparità di trattamento, perché possa assumere rilevanza invalidante, implica la comparabilità delle fattispecie in raffronto, da accertare non in maniera generale e astratta, bensì in modo specifico e concreto.

Come precisato da questo Consiglio, un’irragionevole disparità di trattamento è, infatti, predicabile soltanto in caso di assoluta identità di situazioni di fatto e di conseguente assoluta irragionevole diversità del trattamento alle stesse riservato ( ex multis , Cons. Stato, Sez. II, 6 aprile 2021, n. 2776;
id. Sez. IV, 22 marzo 2021, n. 2418).

Nel caso di specie, non è ravvisabile una identità di situazioni, tale da imporre l’assoggettamento al medesimo trattamento giuridico del diploma magistrale conseguito anteriormente all’anno scolastico 2001/2002 e della abilitazione conseguita per il sostegno, non essendo dimostrata l’identità dei percorsi di studio e di formazione che danno luogo al rilascio dei titoli in raffronto.

Nessuna discriminazione potrebbe, inoltre, ravvisarsi tra i ricorrenti e i diplomati magistrali inseriti nelle graduatorie de quibus per effetto di provvedimenti giurisdizionali resi a definizione di giudizi inter alios pendenti.

Tali provvedimenti, infatti, ai sensi dell’art. 2909 c.c., come detto, esauriscono la loro efficacia tra le parti del processo a soluzione del quale sono emessi, non potendo influire sulla sfera giuridica dei soggetti terzi, quali sono gli odierni ricorrenti.

Per tutte le suesposte considerazioni l’appello deve essere respinto, con conferma della sentenza impugnata.

5. Nulla deve disporsi per le spese del presente grado di giudizio stante la mancata costituzione dell’amministrazione appellata.

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