Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2023-02-07, n. 202301348
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Pubblicato il 07/02/2023
N. 01348/2023REG.PROV.COLL.
N. 04543/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Settima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4543 del 2021, proposto da:
A R A, O B, P B, L B, V C, M C, M D C, S D E, T D, P G, M G, P G, A R I, F L M, S L, I L, M M, G M, G P M, V M, A N, O P, A P, N R, D S, F S, A S, S S, C T, A T, M C V, A Z, L T, C T, rappresentati e difesi dall'avvocato M U, con domicilio digitale come da PEC dei Registri di Giustizia;
contro
Ministero dell'istruzione, in persona del legale rappresentante
pro tempore,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso cui è domiciliato
ex lege
in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza) n. 13742/2020.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'istruzione;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore il Cons. L M;
Udito, nell'udienza pubblica del giorno 24 gennaio 2023, l’avvocato M U;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Gli appellanti sono docenti a tempo indeterminato alle dipendenze del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca (Miur), che hanno presentato domanda di mobilità territoriale, in quanto titolari di sedi di servizio distanti rispetto al luogo di residenza.
1.1. Con il ricorso n. 6225 del 2018, essi hanno impugnato, innanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, l’ordinanza del Miur n. 207 del 2018 di disciplina della mobilità del personale docente, educativo e Ata per l’anno scolastico 2018/2019, nella parte in cui ha limitato la mobilità territoriale al 30% dei posti disponibili, essendo il 60% dei posti riservato a nuove assunzioni e il 10% alla mobilità professionale, e non al 100% dei posti disponibili o, comunque, con priorità rispetto alle nuove assunzioni.
Il TAR, con la sentenza 9 luglio 2018, n. 7619, ha dichiarato il difetto di giurisdizione, ritenendo che la giurisdizione spetti al giudice ordinario.
Tale sentenza è stata annullata con rinvio al primo giudice con sentenza della Sez. VI di questo Consiglio, n. 5565 del 27 settembre 2018, la quale ha affermato la giurisdizione del giudice amministrativo venendo in rilievo atti di macro-organizzazione.
La causa è stata, quindi, riassunta.
Con ricorso per motivi aggiunti è stata impugnata, per analoghi motivi, anche l’ulteriore ordinanza del Miur n. 203 dell’8 marzo 2019, con il quale si dava avvio alla mobilità del personale docente, educativo ed ATA per gli anni scolastici 2019/2020, 2020/2021 e 2021/2022, considerato che anche per gli aa.ss. 2019/2020, 2020/2021 e 2021/2022 i trasferimenti venivano previsti solo sul 50% dei posti disponibili, mentre il restante 50% veniva riservato alle nuove assunzioni.
Il TAR del Lazio, con ordinanza n. 2367 del 19 aprile 2019, accoglieva l’istanza cautelare rilevando in particolare che « nel rapporto tra mobilità e nuove assunzioni vada attribuita prevalenza alla prima alla luce dell’art. 470, primo comma, D.Lgs. n. 297 del 1994, ai sensi del quale specifici accordi contrattuali tra le organizzazioni sindacali ed il Ministero della pubblica istruzione definiscono tempi e modalità per il conseguimento dell’equiparazione tra mobilità professionale (passaggi di cattedra e di ruolo) e territoriale, nonché per il superamento della ripartizione tra posti riservati alla mobilità da fuori provincia e quelli riservati alle immissioni in ruolo, in modo che queste ultime siano effettuate sui posti residui che rimangono vacanti e disponibili dopo il completamento delle operazioni relative ».
Il Consiglio di Stato, Sezione VI, con ordinanza n. 3722 del 22 luglio 2019, nel rigettare l’appello cautelare del Ministero, ribadiva la validità del principio enunciato nell’art. 470, 1° comma, del D.Lgs. n. 297/1994 (testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado), « ovvero la preferenza per il trasferimento di chi sia già in ruolo rispetto all’assegnazione di sede per le nuove nomine ».
Nelle more, poiché l’ordinanza cautelare n. 2367/2019 non risultava eseguita, i ricorrenti ne chiedevano l’ottemperanza;tuttavia il TAR del Lazio, con sentenza n. 11671 del 9 ottobre 2019, dichiarava nuovamente il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.
Tale sentenza era riformata dal Consiglio di Stato, Sezione VI, con sentenza n. 8902 del 30 dicembre 2019 di annullamento con rinvio, riaffermando la giurisdizione del giudice amministrativo.
Il giudizio è stato nuovamente riassunto.
Con ulteriori motivi aggiunti i ricorrenti impugnavano l’ordinanza del MIUR n. 182 del 23 marzo 2020, sulla mobilità del personale docente, educativo ed ATA per l’anno scolastico 2020/2021, a condizioni invariate rispetto ai decreti dei due anni precedenti, per motivi analoghi.
Il TAR del Lazio, con decreto ex art. 56 c.p.a. n. 3053 del 23 aprile 2020, accordava la tutela cautelare monocratica « alla luce dell’ordinanza del Consiglio di Stato n. 3722/2019 », tuttavia, in sede collegiale, l’istanza cautelare era respinta sul presupposto « che la previsione impugnata appare regolata da due fonti, una sulla quale può astrattamente esprimersi il giudice amministrativo e l’altra (contratto collettivo) in relazione alla quale tale intervento è precluso » e che, quindi, l’eventuale annullamento in parte qua del provvedimento amministrativo appare inidonea ad attribuire il bene della vita a parte ricorrente, rimanendo comunque efficace e vigente l’altra e diversa fonte che disciplina la medesima fattispecie.
Infine, con sentenza n. 13742 del 21 dicembre 2020, il TAR ha respinto il ricorso ribadendo che una eventuale sentenza di annullamento « sarebbe comunque inutiliter data » in quanto un’ipotetica caducazione dell’ordinanza ministeriale non potrebbe comunque condurre alla soddisfazione dei ricorrenti atteso che, nel riesercizio della sua azione, il Ministero non potrebbe conformarsi al giudicato.
In ogni caso il TAR ha ritenuto infondato il ricorso affermando che l’art. 470 del D.Lgs. n. 297/1994 « non pone una chiara regola precettiva idonea a incidere sulla validità del decreto impugnato », non stabilendo una priorità assoluta e necessaria, ma conferendo alla contrattazione collettiva l’individuazione dei tempi e delle modalità per il superamento della ripartizione tra posti riservati alla mobilità da fuori provincia e quelli riservati alle immissioni in ruolo.
1.2. Gli appellanti hanno impugnato tale decisione articolando due motivi.
1) Violazione dell’art. 8 del c.p.a.;motivazione apparente, lacunosa e contraddittoria.
L’affermazione del TAR secondo cui una eventuale sentenza di annullamento “sarebbe comunque inutiliter data” e che “un’ipotetica caducazione dell’ordinanza ministeriale, pertanto, non potrebbe comunque condurre alla soddisfazione dei ricorrenti e ciò nella considerazione che nel riesercizio della sua azione il Ministero intimato non potrebbe conformarsi al giudicato” sarebbe apodittica.
Sostengono gli appellanti che non sarebbe precluso al giudice amministrativo conoscere, senza efficacia di giudicato, sulla eventuale efficacia del contratto;infatti, il comma 2.2 dell’art. 30 del D.Lgs. n. 165/2001 dispone che « I contratti collettivi nazionali possono integrare le procedure e i criteri generali per l’attuazione di quanto previsto dai commi 1 e 2. Sono nulli gli accordi, gli atti o le clausole dei contratti collettivi in contrasto con le previsioni di cui ai commi 1 e 2 ».
L’art. 30, comma 2 bis , del D.Lgs. n. 165/2001 dispone: « Le amministrazioni, prima di procedere all’espletamento di procedure concorsuali, finalizzate alla copertura di posti vacanti in organico, devono attivare le procedure di mobilità ».
Ciò significa che le disposizioni contrattuali possono solo integrare ma non sovvertire le norme di legge, pena la nullità delle stesse disposizioni contrattuali, anche perché le disposizioni contenute nel D.Lgs. n. 165/2001 costituiscono principi fondamentali dell’ordinamento, ai sensi degli artt. 97 e 117 della costituzione.
Nella fattispecie, in esecuzione del giudicato, il Ministero dovrebbe solo rivedere le percentuali previste per la mobilità interprovinciale, assegnando i posti disponibili prioritariamente a chi ha chiesto il trasferimento e, solo in via residuale, alle immissioni in ruolo, sicché l’eventuale pronuncia non sarebbe inutile anche perché le percentuali del regime della mobilità non sarebbero potute essere incluse nella contrattazione, ai sensi dell’art. 40, comma 1, del D.Lgs. n. 165/2001, che esclude espressamente dalla contrattazione collettiva nazionale ed integrativa le materie attinenti all’organizzazione degli uffici.
Le percentuali dei posti riservati alla mobilità previste nei contratti collettivi, pertanto, sarebbero nulle, perché violerebbero l’art. 470 del testo unico della scuola e l’art. 30, comma 2 bis , del D.Lgs. n. 165/2001 e tale nullità determinerebbe un’assenza di regolamentazione, che sarebbe dovuta essere colmata dai decreti ministeriali che disciplinano la mobilità.
I decreti che regolamentano la mobilità per gli anni scolastici 2018/2019, 2019/2020 e 2020/2021, impugnati dai ricorrenti, non prevedono alcunché in proposito, né stabiliscono il principio della prevalenza della mobilità sulle nuove assunzioni, previsto dalla legge speciale (l’art. 470 del TU della scuola).
Nella fattispecie, la norma convenzionale di cui all’art. 8