Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2019-05-03, n. 201902874
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Pubblicato il 03/05/2019
N. 02874/2019REG.PROV.COLL.
N. 06663/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 6663 del 2018, proposto da:
Eco Soc. Coop. Onlus, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dall'avvocato L T, con domicilio eletto presso il suo studio in Napoli, via Toledo, n. 323;
contro
Anac - Autorita' Nazionale Anticorruzione, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
per la riforma della sentenza del T.A.R. LAZIO – ROMA, SEZIONE I n. 06896/2018, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Anac - Autorita' Nazionale Anticorruzione;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 febbraio 2019 il Cons. G L B e uditi per le parti gli avvocati Fortunato, su delega di Tozzi, e dello Stato Garofoli;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.Con la sentenza segnata in epigrafe il Tar per il Lazio, sezione prima, ha respinto il ricorso proposto dalla Eco Società Cooperativa Sociale per l’annullamento della nota prot. n. 5461 del 19 gennaio 2018, notificata a mezzo PEC in pari data, con la quale è stata trasmessa la delibera dell’Autorità Nazionale Anticorruzione n. 1318 del 20 dicembre 2017 che aveva disposto l’annotazione della ricorrente nel casellario informatico dell’Autorità, la sanzione dell’esclusione per un mese dalla partecipazione alle procedure di affidamento e la sanzione pecuniaria di € 1.000,00 (mille/00).
1.1. Il provvedimento sanzionatorio è stato adottato in quanto, nel corso di una procedura d’appalto bandita dal Comune di Assisi per l’affidamento dei servizi scolastici a favore di alunni disabili, era stata riscontrata la produzione, da parte della ricorrente, di falsa documentazione riguardante il personale;ciò, che aveva comportato la sua esclusione a mezzo di provvedimento, la legittimità del quale era stata riconosciuta dal giudice amministrativo di primo e di secondo grado.
1.2. Proposti dalla cooperativa ricorrente due motivi articolati in più censure, cui ha resistito l’ANAC, sono stati ritenuti infondati sia il primo motivo - con il quale la ricorrente aveva sostenuto l’illegittimità del provvedimento finale perché adottato e comunicato in violazione dei termini perentori previsti dal Regolamento unico in materia di esercizio del potere sanzionatorio da parte dell’Autorità -, sia il secondo motivo - col quale la ricorrente aveva contestato la ritenuta ascrivibilità nei suoi confronti di un comportamento qualificabile in termini di colpa grave.
1.3. Il ricorso è stato perciò respinto con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.
2. Per ottenere la riforma della sentenza la società ECO soc. Coop. ha avanzato appello con due motivi, corrispondenti a quelli del ricorso introduttivo.
2.1. L’ANAC – Autorità Nazionale Anticorruzione ha resistito, costituendosi in giudizio e depositando memoria.
2.2. Depositata memoria anche da parte appellante, alla pubblica udienza del 28 febbraio 2019 la causa è stata trattenuta in decisione.
3. Va premesso che il provvedimento sanzionatorio oggetto di impugnazione è stato emesso all’esito del procedimento avviato con comunicazione in data 21 marzo 2017, è stato deliberato il 20 dicembre 2017 e comunicato il 19 gennaio 2018: a tale ultima data - pur al netto dei periodi di sospensione previsti per esigenze istruttorie e difensive, nonché del periodo di sospensione dei termini procedimentali disposta, con nota del 4 ottobre 2017, fino alla pubblicazione della sentenza del Consiglio di Stato nel procedimento n. 3348/2017 (riguardante la esclusione della cooperativa dalla procedura di gara indetta dal Comune di Assisi) - risulta superato il periodo di 180 giorni, previsto dal Regolamento Unico ANAC in materia di esercizio del potere sanzionatorio adottato il 26 febbraio 2014 (d’ora innanzi “Regolamento”), per la conclusione del procedimento sanzionatorio.
3.1. Denunciata dalla ricorrente la violazione dei termini procedimentali, il Tribunale amministrativo regionale ne ha ritenuto la natura ordinatoria , poiché gli artt. 6 e 29 del Regolamento non li qualificano come perentori;non individuano ipotesi di decadenza dalla potestà sanzionatoria;non prevedono una specifica illegittimità del provvedimento tardivamente adottato.
3.2. Elementi a favore della natura ordinatoria del termine di conclusione del procedimento, quindi della mera irregolarità dell’atto adottato dopo la scadenza del medesimo, sono stati individuati nella ricorrenza di un interesse pubblico di particolare rilievo, al cui raggiungimento è finalizzata la norma sanzionatoria, e nella natura non legislativa dell’atto che fissa il termine.
3.3. Si è inoltre esclusa la riferibilità della tardività alla comunicazione del provvedimento al destinatario, per l’assenza di dati, testuali o collegabili alla finalità dell’atto, da cui desumerne la natura recettizia, sì da escludere altresì che la comunicazione sia elemento integrativo o requisito di validità o condizione di efficacia del provvedimento.
3.4. Conferma della natura non recettizia del provvedimento sanzionatorio dell’ANAC è stata rinvenuta nel fatto che “ l’interesse del privato a non subire gli effetti del provvedimento sanzionatorio adottato a seguito della falsa dichiarazione da esso rilasciata va contemperato con l’interesse pubblico alla conoscenza di informazioni rilevanti nella scelta di futuri contraenti con l’amministrazione […]”
4. Il primo motivo d’appello ( Error in iudicando – Erronea, insufficiente ed omessa motivazione – Violazione e falsa applicazione di legge (artt. 2, 7 L. 241/90, artt. 6 e ss. d.lgs. 163/06, artt. 80 e 213 del d.lgs. 50/2016, artt. 7, 8 DPR 207/2010, Artt. 6, 28 e ss. Regolamento Unico ANAC in materia di esercizio del potere sanzionatorio) – difetto di istruttoria – Difetto di motivazione – Violazione del principio di proporzionalità amministrativa – Violazione dei termini procedimentali ), censura le ragioni della decisione appena enunciate, rilevando che:
- il fondamento della perentorietà dei termini de quibus sarebbe riscontrabile sia nei principi generali applicabili alla fattispecie, sia nelle norme di rango primario, in particolare l’art. 8, co. 4, del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163;a questa norma di legge l’Autorità ha fatto un rinvio, sia interno che esterno, al momento dell’emanazione del Regolamento del febbraio 2014, così auto-vincolandosi al rispetto sia di quanto ivi disposto, sia dei principi generali dallo stesso richiamati, come ritenuto, in fattispecie analoga, dalla sentenza di questo Consiglio di Stato, V, 30 luglio 2018, n. 4657;
- l’art. 29 del Regolamento prevede un termine non superiore a 180 giorni per la conclusione del procedimento, decorrente dalla ricezione della comunicazione di avvio e, nel caso di specie, siffatto termine di durata massima del procedimento è stato indicato nella comunicazione di avvio ex art. 7 della legge n. 241 del 1990 (nota trasmessa il 21 marzo 2017);il procedimento è stato sospeso per 94 giorni, ma, secondo l’appellante, da questi andrebbero detratti 51 giorni di cui alla nota di sospensione del 4 ottobre 2017 (da reputarsi illegittima perché il Regolamento non consente la sospensione del procedimento sanzionatorio in pendenza di processo dinanzi al giudice amministrativo);tenendo conto perciò della sospensione pari soltanto a 43 giorni, il procedimento sanzionatorio risulta essersi concluso dopo 261 giorni dall’avvio (21 marzo 2017-19 gennaio 2018);
- nel computo del termine di durata del procedimento si sarebbe dovuto considerare anche il periodo compreso tra l’adozione del provvedimento e la sua comunicazione all’interessato, contrariamente a quanto ritenuto dal primo giudice, in contrasto tuttavia con altri precedenti dello stesso Tribunale amministrativo regionale (T.a.r. Lazio – Roma, sezione terza, 29 marzo 2016, n. 3848 e id, sezione terza, 15 settembre 2016, n. 9776), nonché del Consiglio di Stato (Cons. Stato, V, 30 luglio 2018, n. 4657 cit.);
- conseguentemente, anche a voler considerare il periodo di sospensione di 51 giorni sopra contestato, si sarebbero avuti in totale 94 giorni di sospensione, ed il procedimento risulterebbe comunque concluso oltre il termine di 180 giorni, essendo decorsi 210 giorni (21 marzo 2017- 19 gennaio 2018) al netto delle sospensioni (304 giorni totali – 91 di sospensione=210 giorni).
4.1. L’ANAC si difende affermando la tempestività del procedimento ed individuando in 110 giorni il periodo di sospensione legittimo, con la conseguenza che sarebbe tempestivo il provvedimento adottato in data 20 dicembre 2017, poiché il termine ultimo per la sua adozione entro 180 giorni sarebbe stato il 5 gennaio 2018, non dovendosi computare il periodo di tempo necessario per la comunicazione del provvedimento al destinatario.
Contesta comunque che si tratti di termine perentorio, mancando un’espressa previsione di tale natura o di una decadenza correlata alla sua violazione ed evidenziando come sia finalizzato, da un lato, all’esercizio quanto più ampio possibile del diritto di difesa da parte del soggetto destinatario e, dall’altro, alla necessità di assicurare l’esercizio ottimale e imparziale dei poteri sanzionatori della pubblica amministrazione.
5. Il motivo di appello è fondato e la sentenza va riformata su entrambe le questioni dirimenti ai fini della definizione del presente gravame: la natura perentoria del termine di conclusione del procedimento sanzionatorio da parte dell’ANAC e la computabilità nel termine di 180 giorni del periodo compreso tra l’adozione e la comunicazione del provvedimento al destinatario.
6. Questa Sezione ha già trattato entrambe le questioni con le sentenze Cons. Stato, V, 30 luglio 2018, n. 4657, richiamata dall’appellante, nonché con la successiva 3 ottobre 2018, n. 5695.
6.1. In merito alla prima questione, va ribadito che, in linea di principio, in assenza di specifica disposizione che espressamente preveda il termine come perentorio, comminando la perdita della possibilità di azione da parte dell’amministrazione al suo spirare o la specifica sanzione della decadenza, il termine va inteso come meramente sollecitatorio o ordinatorio, sicché il suo superamento non determina l’illegittimità dell’atto.
Va tuttavia confermata la specialità del procedimento sanzionatorio rispetto al generale paradigma del procedimento amministrativo, essendo soggetto il primo alla normativa generale della legge 24 novembre 1981, n. 689, oltre che alle norme di settore, e non alla legge sul procedimento amministrativo 7 agosto 1990, n. 241 (cfr. Cass. S.U., 27 aprile 2006, n. 9591, secondo cui << La disposizione di cui all'art. 2, comma 3, della legge 7 agosto 1990, n. 241, tanto nella sua originaria formulazione, applicabile "ratione temporis", secondo cui il procedimento amministrativo deve essere concluso entro il termine di trenta giorni, quanto nella formulazione risultante dalla modificazione apportata dall'art. 36-bis del d.l. 14 marzo 2005, n. 35, convertito dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, secondo cui detto termine è di novanta giorni, nonostante la generalità del testo legislativo in cui è inserita, è incompatibile con i procedimenti regolati dalla legge 24 novembre 1981, n. 689, che costituisce un sistema di norme organico e compiuto e delinea un procedimento di carattere contenzioso scandito in fasi i cui tempi sono regolati in modo da non consentire, anche nell'interesse dell'incolpato, il rispetto di un termine così breve >>).
6.1.2. In considerazione, appunto, della peculiarità del procedimento sanzionatorio, nel condividere i principi espressi da diversi precedenti (Cons. Stato, VI, 29 gennaio 2013, n. 542, seguita da Cons. Stato, VI, 6 agosto 2013, n. 4113, entrambe in tema di procedimento sanzionatorio di competenza della Banca d’Italia ai sensi dell’art. 145 del d.lgv. 1 settembre 1993, n. 385, nonché Cons. Stato, VI, ord. 19 febbraio 2016, n. 544, in riferimento all’art. 8 d.lgs. n. 163 del 2006 e al Regolamento sanzioni ANAC), le citate sentenze n. 4657 e n. 5695 del 2018 hanno precisato che, pur non richiedendosi un’espressa previsione della perentorietà del termine per provvedere, è tuttavia necessario rinvenire nell’impianto normativo che regola lo specifico procedimento sanzionatorio una norma di legge che, imponendo la previsione di termini per l’avvio e la conduzione del procedimento, nonché per la sua conclusione, in deroga alle previsioni generali della legge n. 689 del 1981, ne consenta anche la qualificazione come termini perentori.
Nel caso di specie, la norma di riferimento di rango primario è stata individuata nell’art. 8, comma 4, del d.lgs. n. 163 del 2006, secondo cui: << Il regolamento dell'Autorità disciplina l'esercizio del potere sanzionatorio da parte dell'Autorità nel rispetto dei principi della tempestiva comunicazione dell'apertura dell'istruttoria, della contestazione degli addebiti, del termine a difesa, del contraddittorio, della motivazione, proporzionalità e adeguatezza della sanzione, della comunicazione tempestiva con forme idonee ad assicurare la data certa della piena conoscenza del provvedimento, del rispetto degli obblighi di riservatezza previsti dalle norme vigenti >>.
Il regolamento applicabile è il “Regolamento unico in materia di esercizio del potere sanzionatorio da parte dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture di cui all’art. 8, comma 4, del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163”, adottato con delibera del 26 febbraio 2014, che, ai sensi dell’art. 49, con la sua entrata in vigore, a seguito della pubblicazione nella G.U. – Serie Generale, 8 aprile 2014, n. 82, ha abrogato tutti i regolamenti anteriori.
Il procedimento sanzionatorio in materia di comprova, da parte degli operatori economici, del possesso dei requisiti generali o speciali di qualificazione è regolato nel titolo I della parte III, artt. 28 e seg. del Regolamento.
La considerazione che “ l’esercizio di una potestà sanzionatoria, di qualsivoglia natura, non può restare esposta sine die all’inerzia dell’autorità preposta al procedimento sanzionatorio, ciò ostando ad elementari esigenze di sicurezza giuridica e di prevedibilità in tempi ragionevoli delle conseguenze dei comportamenti ” (così Cons. Stato, V, n. 5695/2018 cit.) e la valorizzazione della portata dell’art. 8, comma 4, del d.lgs. n. 163 del 2006 e del relativo richiamo nelle premesse del Regolamento dell’Autorità, nonché la lettura combinata degli artt. 29, 31, 32 e 48 di tale Regolamento hanno indotto i citati precedenti di questa Sezione alle conclusioni che la determinazione del termine di durata del procedimento dia attuazione a quella disposizione normativa e la relativa durata, fissata in centottanta giorni, vincoli la stessa Autorità che l’ha prevista ad osservare il principio di tempestività sia nella fase di avvio, che in quella di conclusione del procedimento sanzionatorio.
6.1.3. Tali conclusioni vengono qui confermate, ribadendosi altresì che la ratio della fissazione di termini perentori non va rinvenuta (soltanto) nell’esigenza di garanzia dell’efficienza dell’azione amministrativa, bensì in quella di evitare che i tempi dilatati del procedimento sanzionatorio siano penalizzanti per gli interessi degli operatori economici coinvolti, non solo nella fase iniziale, ma anche in riferimento alla durata complessiva del procedimento, onde evitare di prolungare lo stato di incertezza in ordine all’esito del medesimo, per tutte le ragioni esposte nelle motivazioni dei citati precedenti giurisprudenziali, cui è qui sufficiente fare rinvio.
6.1.4. Giova aggiungere che, ai fini della decisione del presente gravame, non rileva che il quadro normativo di riferimento sia mutato a seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. 19 aprile 2016, n. 50 e che il procedimento sanzionatorio nei confronti della ECO soc. Coop. sia stato avviato ai sensi dell’art. 80, comma 12, e dell’art. 213, comma 13, del nuovo codice dei contratti pubblici.
Infatti, in attesa dell’adozione degli atti con i quali l’Autorità Nazionale Anticorruzione “ disciplina i procedimenti di sanzionatori di sua competenza ”, ai sensi dell’inciso finale dell’art. 213, comma 13, del d.lgs. n. 50 del 2016, il procedimento sanzionatorio conclusosi col provvedimento impugnato dalla ECO soc. Coop. è stato per intero disciplinato dal Regolamento delle sanzioni pubblicato l’8 aprile 2014, del quale si è fin qui detto.
A tale Regolamento ed ai relativi termini, infatti, l’Autorità si è riferita, non solo nella comunicazione di avvio del procedimento di cui alla già menzionata nota del 21 marzo 2017, ma anche nei successivi atti endo-procedimentali, oltre che nel provvedimento finale.
Pertanto, nella perdurante vigenza del Regolamento, si deve ritenere la perdurante operatività dell’auto-vincolo ivi contenuto al rispetto del termine per la conclusione del procedimento sanzionatorio.
6.2. Passando a trattare della seconda questione, va ribadito che nel termine di durata del procedimento deve essere computato anche il periodo necessario alla comunicazione del provvedimento all’interessato.
6.2.1. Al riguardo, ribadita l’inapplicabilità della legge n. 241 del 1990 e quindi l’impraticabilità della qualificazione della comunicazione/notificazione del provvedimento come requisito di efficacia (dei provvedimenti limitativi della sfera giuridica dei privati, ai sensi dell’art. 21 bis , inserito dall’art. 14 della legge n. 15 del 2005), va condivisa la conclusione già raggiunta in giurisprudenza, per la quale il rispetto del termine fino alla comunicazione del provvedimento “ si pone in stretta connessione con una adeguata ed effettiva tutela del diritto di difesa del destinatario del provvedimento, che non sarebbe pienamente assicurata se si consentisse all’Amministrazione di ritardare indebitamente la comunicazione all’interessato dell’esito del procedimento ” (così Cons. Stato, V, n. 4657/2018 e n. 5695/2018 cit., alle cui motivazioni nuovamente si fa integrale rinvio).
6.2.2. La durata del periodo compreso tra l’adozione del provvedimento impugnato e la sua comunicazione è rilevante nel caso di specie, poiché, alla data della deliberazione dell’Autorità (20 dicembre 2017) non era ancora decorso il termine massimo di durata del procedimento.
Invece è incontestato che - anche al netto del maggior periodo di 110 giorni di sospensione sostenuto dall’Avvocatura di Stato in difesa dell’ANAC - alla data della comunicazione del provvedimento (19 gennaio 2018) erano decorsi più di 180 giorni dalla data dell’avvio del procedimento (21 marzo 2017).
7. In conclusione, va accolto il primo motivo di appello e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata ed in accoglimento del primo motivo del ricorso avanzato dalla ECO soc. Coop., va annullato il provvedimento sanzionatorio impugnato.
Resta conseguentemente assorbito il secondo motivo di ricorso.
8.2. I contrasti giurisprudenziali evidenziati sulla questione di diritto posta dal gravame consentono di compensare per giusti motivi le spese processuali di entrambi i gradi.