Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2021-05-12, n. 202103729

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2021-05-12, n. 202103729
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202103729
Data del deposito : 12 maggio 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 12/05/2021

N. 03729/2021REG.PROV.COLL.

N. 09046/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso NRG 9046/2017, proposto da Reti Televisive Italiane - RTI s.p.a., corrente in Roma, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avv.ti L M, M M e G R, con domicilio eletto in Roma, via Panama n. 58,



contro

l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni - AGCOM, in persona del Presidente pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12,



per la riforma

della sentenza del TAR Lazio, sez. III, n. 9821/2017, resa tra le parti, concernente il provvedimento AGCOM n. 175/06/csp del 20 dicembre 2006, con cui è stata irrogata all’appellante la sanzione pecuniaria di € 100.000,00, per violazione dell'art. 4, co. 1, lett. b) del D.lgs. 31 luglio 2005 n. 177,

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’AGCOM;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore all'udienza pubblica del 24 settembre 2020 il Cons. Silvestro Maria Russo;

Dato atto che nessuno è presente per le parti, avendo i loro avvocati presentato istanza congiunta di passaggio in decisione della causa;


Ritenuto in fatto che:

– nel corso del programma televisivo « Grande Fratello » trasmesso sull’emittente Canale 5 del Gruppo RTI s.p.a., alle ore 23,57 del 4 novembre 2004, uno dei concorrenti diede in escandescenze, usando un linguaggio blasfemo;

– com’è noto, tal programma appartiene alla categoria dei c.d. reality show , ove i soggetti coinvolti operano in un contesto ove le riprese avvengono in diretta e al di fuori d’un copione predefinito, sì da impedire ogni preventiva censura o interventi che cancellino od oscurino immediatamente la visione e l’ascolto di comportamenti illeciti istantanei di costoro;

– la RTI s.p.a., corrente in Roma e soggetto gestore dell’emittente stessa esclude, a suo dire, ogni sua culpa in eligendo per il concorrente che commise tal illecito, essendo questi stato sottoposto ad un’attenta verifica al fine di valutarne l’adeguatezza a partecipare al programma, oltre ad aver egli previamente accettato, come ogn’altro concorrente, il regolamento comportamentale (che vietava condotte scurrili) e ricevuto copia e lettura integrale del Codice di autoregolamentazione per la TV ed i minori;

– detto concorrente fu immediatamente espulso e, pur avendo pronunciato parole di pentimento e deplorato tal suo condotta, non gli fu più concessa altra possibilità d’apparizione sulle reti RTI;

– tuttavia, l’AGCOM ravvisò in tal vicenda la violazione, da parte dell’emittente e della RTI s.p.a., dell’art. 4, co. 1, lett. b) del D.lgs. 31 luglio 2005 n. 177, onde iniziò, con l'atto di contestazione n° proc. 1427-fb in data 2 agosto 2006, il relativo procedimento sanzionatorio;

– in esito a quest’ultimo e con provvedimento n. 175/06/CSP del 20 dicembre 2006, l’Autorità accertò la responsabilità di detta Società e le irrogò la sanzione pecuniaria di € 100.000, ritenendo: a) che «… la pronuncia di una bestemmia è idonea a suscitare nei minori la legittimazione di un linguaggio aggressivo e blasfemo, configurandosi, nel suo insieme, come nociva degli interessi morali, etici e di corretto sviluppo degli stessi nonché, comunque, offensiva del sentimento religioso …»; b) l’irrilevanza del fatto che l’illecito avvenne poco prima della mezzanotte, trattandosi di un «… programma di largo ascolto a interesse progressivamente crescente, che ha avuto inizio in prima serata …»; c) l’irrilevanza inoltre dell’imprevedibilità dell’accaduto, «… dovendo aversi riguardo esclusivamente all’effetto oggettivamente prodotto dalla pronuncia della bestemmia e dovendo escludersi ogni valutazione in ordine all’assenza di intenzionalità …»;

Rilevato allora che:

– avverso tal statuizione e gli atti presupposti, la RTI s.p.a. si gravò innanzi al TAR Lazio, con il ricorso NRG 3215/2007, deducendo: 1) – il mero richiamo dell’AGCOM ai principi enunciati da Cass., 6 aprile 2004 nn. 6759 e 6760 (con riguardo all’analoga fattispecie di cui al previgente art. 15, co. 10 della l. 6 agosto 1990 n. 223, che contemplava i due distinti illeciti, l’uno di pericolo concreto e l’altro di pericolo presunto), senza indicare in modo specifico gli elementi concreti per cui l’illecito commesso nella citata trasmissione avrebbe leso lo sviluppo dei minori, visto che la ricorrente che il programma non avallò in alcun modo la bestemmia e censurò la condotta del partecipante, fermo restando che, in relazione all’orario in cui essa fu tenuta e nonostante il largo ascolto della trasmissione a interesse progressivamente crescente, non si poté escludere la normale assenza del pubblico di minori; 2) – l’erronea interpretazione dell’art. 35, co. 2 del D.lgs. 177/2005, quasi che detta norma avesse configurato un’ipotesi di responsabilità oggettiva (rendendo così superflua ogni indagine sull’atteggiamento della ricorrente verso l'illecito contestato), sì da violare l’art. 3 della l. 24 novembre 1981 n. 689 ed omettendo di considerare l’impossibilità, per le trasmissioni in diretta, di prevedere le reazioni ingiuriose di uno dei partecipanti, salvo l’obbligo di selezionare i partecipanti al fine di evitare rischi diseducativi; 3) – l’omessa considerazione, da parte dell’Autorità, che la vicenda riguardò espressioni avulse dal resto della trasmissione, senza alcuna responsabilità diretta della ricorrente e in un orario successivo alla fascia protetta (ossia, in assenza di minori), irrilevante essendo il richiamo ad un analogo episodio già sanzionato, avvenuto in un diverso reality show trasmesso da altra emittente della ricorrente, sebbene si fosse trattato di un fatto isolato e risalente nel tempo;

– l’adito TAR, con sentenza n. 9821 del 19 novembre 2017, respinse integralmente la pretesa così azionata, essenzialmente perché: A) la giurisprudenza della Cassazione non qualificò il regime posto dall’art. 4, co. 1, lett. b), del D.lgs. 177/2005 come illecito di pericolo concreto anche a fronte del disposto di cui all’art. 2.5) del Codice di autoregolamentazione e, anzi, confermò che la fattispecie ex art. art. 15, co. 10 della previgente l. 223/1990 avesse integrato un’ipotesi d’illecito di pericolo astratto per il bene giuridico del buon costume (inteso come corretto sviluppo e libera formazione dei minori), come s’evince dal citato art. 2.5); B) la vicenda costituì un’ipotesi d’illecito di pericolo astratto, donde l’irrilevanza sia dell’orario in cui messa in onda la trasmissione (anche se fuori dalla fascia di televisione per tutti), sia delle misure repressive assunte dalla ricorrente (solo successive alla consumazione dell’illecito); C) l’Autorità sanzionò la Società ricorrente non per responsabilità oggettiva, bensì per motivate ragioni di culpa in vigilando , non avendo infatti gli organizzatori del programma approntato ogni cautela preventiva, atta ad evitare situazioni che potessero recare nocumento ai minori, per cui non pertinente fu il richiamo alla giurisprudenza sulla irresponsabilità della emittente per illeciti di diffamazione commessi da terzi in trasmissioni in diretta, ove, però, l’ospite era stato invitato occasionalmente; D) – la pronuncia di un’espressione blasfema non fu certo una sortita imprevedibile, sicché la ricorrente ben avrebbe dovuto adottare meccanismi di controllo sui dialoghi dei partecipanti;

– appellò quindi la RTI col ricorso in epigrafe, deducendo l’erroneità della gravata sentenza per:

I) – l’indebita integrazione postuma della motivazione del provvedimento di AGCOM (che non fece alcun riferimento al Codice di autoregolamentazione, peraltro applicabile solo alla fascia della “televisione per tutti”) e, comunque, l’art. 2.5) di detto Codice al più riguardava gli spettacoli che “ per impostazione o per modelli ” erano nocivi per i minori e non certo Il Grande Fratello , che non ebbe e non ha ictu oculi una siffatta impostazione, ma nel quale si verificò un (isolato) episodio sì disdicevole, però avulso dal contesto del programma medesimo e dallo stesso non “provocato” e, in ogni caso, non si versò in un’ipotesi di illecito amministrativo di pericolo astratto (questi ultimi son delineati in modo preciso dal legislatore), né in alcuna vicenda di concreto pericolo per lo sviluppo psichico dei minori;

II) – aver voluto l’Autorità sì ascrivere all’appellante un illecito a titolo di colpa (cioè una culpa in vigilando sulla rispondenza delle trasmissioni alla normativa vigente), ma non tenendo conto che in tal caso il contenuto dell’obbligo di vigilanza varia a seconda del tipo di programma e l’idoneità delle relative misure è valutabile non ex post (come piuttosto fecero l’Autorità ed il TAR, onde, in pratica, il mero verificarsi dell’evento non voluto finirebbe sempre per dimostrare l’inidoneità delle cautele adottate, cioè una responsabilità oggettiva), ma ex ante (tenendo conto delle peculiarità del caso concreto), con la precisazione che, per le trasmissioni in diretta, un controllo ex ante è limitato al genere del programma ed alla scelta dei relativi partecipanti e che non è possibile prevedere con assoluta certezza le reazioni umane, a pena di esigere controlli preventivi impossibili;

III) – l’evidente sproporzione, tenuta in non cale dal TAR, della sanzione

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