Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2021-12-01, n. 202108027
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Pubblicato il 01/12/2021
N. 08027/2021REG.PROV.COLL.
N. 03019/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3019 del 2021, proposto dall’Inps - Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato D M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto in Roma, via Cesare Beccaria 29;
contro
G G, rappresentato e difeso dagli avvocati G S, A S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. G S in Roma, corso del Rinascimento 11;
Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio
ex lege
in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza) n. 12727/2020.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di G G e dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 novembre 2021 il Cons. U M e dato atto, quanto ai difensori e alla loro presenza, di quanto indicato a verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Il dr. G G, già dipendente del Ministero delle comunicazioni, ha prestato servizio presso l'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, dal 6.3.2000, in regime di comando, poi in fuori ruolo, dall’1.2.2002, infine, a decorrere dall’1.1.2005, come dipendente inquadrato nei ruoli dell’Autorità presso cui transitava a seguito di procedura di mobilità.
In vista della cessazione dal servizio ha esercitato l'opzione per il regime del TFS erogato dall’INPS, e cioè la indennità di buonuscita ex d.p.r. n. 1032 del 1973, poiché la delibera 498/2011/CONS, nel porre una alternativa netta tra il regime del TFS erogato dall’INPS e quello dell'indennità di fine rapporto, disciplinato dal regolamento adottato dalla stessa Autorità, escluderebbe la possibilità di un cumulo tra i due trattamenti, anche se relativamente a periodi diversi.
Pur tuttavia, non essendo l’AGCOM riuscita a definire con l’Ente previdenziale una modalità condivisa di regolarizzazione della posizione di quei dipendenti interessati alla liquidazione del TFS, il ricorrente non ha percepito alcuna liquidazione del TFS.
1.1. Da qui la proposizione del ricorso di primo grado con richiesta di condanna delle Amministrazioni intimate al versamento all'Inps (ex Inpdap) dei contributi ai fini assistenziali per il periodo del servizio prestato dal ricorrente alle dipendenze dell’Agcom dal 1° giugno 2015 all'atto del pensionamento.
2. Il TAR, con la sentenza qui appellata, ha accolto il ricorso e, per l’effetto, ordinato all’INPS di iscrivere ai fini previdenziali il ricorrente, e di corrispondergli la indennità di buonuscita nella misura dovuta, previo versamento delle somme che l’AGCOM ha accantonato o avrebbe dovuto accantonare nel corso degli anni.
3. Con l’appello in epigrafe l’INPS, costituito con memoria di stile in primo grado, ha chiesto la riforma del suindicato decisum deducendo la violazione e falsa applicazione degli articoli 1 e 6 della legge n. 554 del 1988, nonché dell’art. 15 del d.p.r. n. 104 del 1993. Violazione e falsa applicazione del d.p.r. n. 1032 del 1973.
Segnatamente, nel costrutto giuridico dell’appellante il caso qui in rilievo sarebbe diverso da quelli già decisi in senso sfavorevole all’Istituto in quanto verrebbe in rilievo una fattispecie di mobilità di un dipendente pubblico cui si aggancerebbe la predicabilità di un obbligo esigibile nei confronti della sola Amministrazione ad quem .
4. Resistono in giudizio il dr. G e l’AGCOM.
5. All’udienza del 4.11.2021 la causa è stata trattenuta in decisione.
6. L’appello è infondato e, pertanto, va respinto.
Il TAR ha, invero, fatto buon governo dei principi predicabili in subiecta materia siccome mutuati da un orientamento già affermatosi nella giurisprudenza di questo Consiglio di Stato.
7. Il Collegio intende qui ribadire, infatti, non essendovi ragioni per discostarsene, l’orientamento affermato con il parere del Consiglio di Stato, Sezione Prima, dell’8 novembre 2006, n. 4489, avente ad oggetto “ problematiche relative al trattamento di quiescenza [e] di previdenza del personale dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ”, e di recente confermato (cfr. Cons. St., 4 maggio 2015, n. 2212).
Si è, invero, affermato che, in base alle disposizioni recate dall’art. 1 del D.lgs. n. 479/1994 (Attuazione della delega conferita dall’art. 1, comma 32, della legge n. 537/1993 per il riordino e soppressione di enti pubblici di previdenza e assistenza), l’INPDAP è competente “ per quanto attiene alla previdenza dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche ”, mentre l’INPS è competente “ per quanto attiene alla previdenza dei lavoratori dipendenti del settore privato e dei lavoratori autonomi ”.
Pertanto, il criterio di ripartizione delle competenze tra i predetti enti fissato da norma primaria “ è tale per cui è la natura (pubblica o privata) dei soggetti verso cui si esplica il rapporto di lavoro a qualificare il rapporto previdenziale e per conseguenza a stabilire se i rapporti rientrino nella competenza dell’uno o dell’altro ente ”. In altri termini, la riforma introdotta dal D.lgs. n. 479/1994 ha definitivamente chiarito che il criterio discretivo per stabilire il riparto di competenza tra INPS ed INPDAP è dato dalla natura giuridica del datore di lavoro.
7.1. Proprio perché il criterio di ripartizione delle competenze tra i due enti strumentali è stabilito a livello di norma primaria, è indisponibile ai suoi destinatari la scelta del soggetto con cui allacciare il rapporto previdenziale (nonché il connesso rapporto contributivo), e dunque la scelta del soggetto erogatore delle prestazioni previdenziali.
Da ciò, dunque, deriva la necessità di iscrizione all’Inpdap dei dipendenti di tutte le amministrazioni pubbliche tra cui certamente va annoverata anche l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni” e, nella specie, il diritto del personale dell'AGCOM proveniente da altre Amministrazioni statali di conservare l'iscrizione all'INPDAP ai fini contributivi e previdenziali con trattamento di fine rapporto ai sensi del DPR 1032/73, ovvero di un trattamento commisurato all'intera anzianità del servizio nell’Amministrazione e all'ultimo stipendio in godimento per il TFS. Resta da precisare che l’art. 26, comma 1, D.L. 201/2011 ha soppresso l’Inpdap a decorrere dal 1.1.2012, e le relative funzioni sono attribuite all'Inps, che succede in tutti i rapporti attivi e passivi dell’Ente soppresso.
7.2. Nel solco della salvaguardia di tale principio si iscrive – per come ricostruito dalle parti nel corso del giudizio - anche il Regolamento concernente l'indennità di fine rapporto, di cui alla delibera dell'