Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2023-08-07, n. 202307613
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Pubblicato il 07/08/2023
N. 07613/2023REG.PROV.COLL.
N. 04235/2022 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Settima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4235 del 2022, proposto da
S.I.T.R.I.G. S.r.l.S. Unipersonale, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dall'avvocato V B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero dell'Istruzione, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti
Fallimento Iride S.r.l., Fallimento S.P.R.I.S.S. Lab S.r.l., non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l'Umbria (Sezione Prima) n. 155/2022
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Istruzione;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 luglio 2023 il Cons. Rosaria Maria Castorina;
Nessuno è comparso per le parti costituite;
Viste le conclusioni delle parti come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con l’originario ricorso Iride S.r.l. impugnava il provvedimento prot. 4132 - del giorno 8 marzo 2017, con cui era stato dichiarato non accoglibile il contratto per accedere alle agevolazioni ministeriali per la realizzazione del progetto DM58700, presentato ai sensi dell’art.14 del decreto ministeriale 8 agosto 2000 n.593, a valere sul Fondo Agevolazioni alla Ricerca (FAR). istituito dal decreto legislativo 27 luglio 1999 n. 297.
Con atto notificato il 23 agosto 2020 interveniva in giudizio S.I.T.R.I.G SRL, la quale spiegava intervento ad adiuvandum della Iride s.r.l., quale cessionaria di un ramo di azienda di quest’ultima, e dichiarava che, nelle more del giudizio, la ricorrente era stata dichiarata fallita con sentenza del Tribunale di Perugia n. 78 del 16 novembre 2018.
Il Tar adito, con sentenza n. 479 del 26 ottobre 2020, premesso che “ ai sensi dell’art. 43, terzo comma, della legge fallimentare (regio decreto 16 marzo 1942, n. 267), l'apertura del fallimento determina l'interruzione del processo, come conseguenza automatica della relativa dichiarazione giudiziale ”, dava atto dell'interruzione “ dalla data in cui il difensore di parte ricorrente ha reso la relativa dichiarazione ”.
La S.I.T.R.I.G. S.r.l.S. notificava, in data 27 dicembre 2020, l’atto di riassunzione - entro 90 giorni dalla data del deposito della sentenza, insistendo per le richieste già formulate nel ricorso introduttivo.
Con la sentenza n. 155/2022 del 24 marzo 2022 il Tar dichiarava il processo estinto in quanto la riassunzione era stata notificata, tardivamente rispetto al termine perentorio di cui all’art. 80, comma 3, cod. proc. amm, solo in data 27 dicembre 2020, mentre l’interveniente dichiarava di aver avuto conoscenza legale del fallimento in data 21 settembre 2020.
Appellata ritualmente la sentenza, resisteva il Ministero dell’Istruzione.
All’udienza pubblica del 18 luglio 2023 la causa passava in decisone.
DIRITTO
1.Con il primo motivo l’appellante deduce: Error in iudicando . Illegittimità e/o erroneità della sentenza per violazione dell’art. 80 c.p.a.;violazione dei principi di affidabilità, prevedibilità e uniformità dell’interpretazione delle norme processuali e falsa applicazione dei principi di diritto.
Evidenzia che il termine per la riassunzione del processo interrotto decorre da quando l’interruzione viene dichiarata dal giudice, anziché da quando viene dichiarata dal procuratore della parte interessata dall’evento interruttivo.
La censura è fondata.
Risolvendo il contrasto dedotto con l’ordinanza di rimessione, circa la individuazione del dies a quo del termine di decadenza per riassumere, a cura della parte non colpita da fallimento, il processo che sia stato interrotto ai sensi della legge fallimentare, art. 43, comma 3, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno fissato il seguente principio di diritto: “ in caso di apertura del fallimento, ferma l’automatica interruzione del processo (con oggetto i rapporti di diritto patrimoniale) che ne deriva ai sensi dell’art. 43 co. 3 l.f., il termine per la relativa riassunzione o prosecuzione, per evitare gli effetti di estinzione di cui all’art. 305 c.p.c. e al di fuori delle ipotesi di improcedibilità ai sensi degli artt. 52 e 93 l.f. per le domande di credito, decorre da quando la dichiarazione giudiziale dell’interruzione stessa sia portata a conoscenza di ciascuna parte;tale dichiarazione, ove già non conosciuta nei casi di pronuncia in udienza ai sensi dell’art. 176 co. 2 c.p.c., va direttamente notificata alle parti o al curatore da ogni altro interessato ovvero comunicata – ai predetti fini – anche dall’ufficio giudiziario, potendo inoltre il giudice pronunciarla altresì d’ufficio, allorché gli risulti, in qualunque modo, l’avvenuta dichiarazione di fallimento medesima ” (Cass. S.U. 12154/2021).
In applicazione al principio espresso deve ritenersi tempestivo l’atto di riassunzione effettuato dalla appellante, in quanto il dies a quo avrebbe dovuto essere calcolato dalla dichiarazione giudiziale di interruzione del processo pronunciata non con ordinanza a seguito della dichiarazione, ma con la sentenza n. 479 del 26 ottobre 2020 (cfr., in tal senso, anche Cons. Stato, V, n. 4870/2014).
L’appellante ha chiesto la riforma della sentenza e il rinvio del giudizio al medesimo Tar affinché possa esercitare la valutazione di merito richiesta.
Ai sensi dell’art. 105 del codice del processo amministrativo, il Giudice di appello rimette la causa al giudice di primo grado se è mancato il contraddittorio, oppure è stato leso il diritto di difesa di una delle parti, ovvero se dichiara la nullità della sentenza, o riforma la sentenza o l'ordinanza che ha declinato la giurisdizione o ha pronunciato sulla competenza o ha dichiarato l'estinzione o la perenzione del giudizio.
Trattandosi nel caso di specie di declaratoria da parte del Tar di estinzione del giudizio, trova applicazione la rimessione della causa al primo giudice ai sensi dell’art. 105 c.p.a.
La presente decisione, essendo preliminare, assorbe la trattazione delle altre eccezioni formulate relative alla legittimità dell’intervento.
Alla luce delle considerazioni che precedono l'appello va pertanto accolto e, per l'effetto, va disposta la rimessione della causa al primo giudice ai sensi dell'art. 105 c.p.a.
Le spese, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza del Ministero dell’Istruzione.
Sussistono i presupposti per la compensazione delle spese con i fallimenti intimati non costituiti in giudizio, in considerazione della natura dell’intervento ad adiuvandum spiegato.