Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2015-03-09, n. 201501167

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2015-03-09, n. 201501167
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201501167
Data del deposito : 9 marzo 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 02180/2014 REG.RIC.

N. 01167/2015REG.PROV.COLL.

N. 02180/2014 REG.RIC.

N. 02599/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2180 del 2014, proposto dalla Provincia di Grosseto, in persona del Presidente pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato A B, con domicilio eletto presso lo studio legale associato Legance in Roma, via San Nicola da Tolentino, n. 67;

contro

La s.r.l. S.A.C.R.A., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati M S e L G, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato M S, in Roma, viale Parioli, n. 180;

nei confronti di

Il Comune di Capalbio, in persona del Commissario straordinario pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato A A, con domicilio eletto presso la Segreteria della Sez. V del Consiglio di Stato, in Roma, piazza Capo di Ferro, n. 13;
i signori M F C e A O, rappresentati e difesi dall'avvocato L L, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, piazza della Libertà, n. 20;
l’Associazione Italia Nostra Onlus, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati Michele Greco e L L, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato L L, in Roma, piazza della Libertà, n. 20;
i signori Claudio Pancheri, Maria Antonia Garito, Vincenza Marchetti, Carlo Marchetti, Massimiliano Marchetti, Alduina Ceci, Cinzia Lalle, Mafaldo Lalle, Claudio Donati, Marcello Donati, Walter Piacentini e Catia Culicchi, tutti non costituiti in giudizio;



sul ricorso numero di registro generale 2599 del 2014, proposto dal Comune di Capalbio, in persona del Commissario straordinario pro tempore, come sopra rappresentato, difeso e domiciliato;

contro

La s.r.l. S.A.C.R.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, come sopra rappresentata, difesa e domiciliata;

nei confronti di

della Provincia di Grosseto, in persona del Presidente pro tempore, come sopra rappresentata, difesa e domiciliata;
i signori M F C e A O, come sopra rappresentati, difesi e domiciliati;
l’Associazione Italia Nostra Onlus, in persona del legale rappresentante pro tempore, come sopra rappresentata, difesa e domiciliata;
i signori Maria Amata Garito, Claudio Pancheri, Vincenza Marchetti, Carlo Marchetti, Massimiliano Marchetti, Alduina Ceci, Cinzia Lalle, Mafaldo Lalle, Claudio Donati, Marcello Donati, Walter Piacentini, Catia Culicchi, Sabrina Santinelli e Benito Pizzingrilli, tutti non costituiti in giudizio;

per la riforma

quanto ad entrambi i ricorsi:

della sentenza del T.A.R. Toscana, Sezione II, n. 1492/2013, resa tra le parti.


Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della s.r.l. S.A.C.R.A., dei signori M F C ed A O, nonché della Associazione Italia Nostra Onlus;
inoltre, nel ricorso n. 2180 del 2014, del Comune di Capalbio e, nel ricorso n. 2599 del 2014, della Provincia di Grosseto;

Visti gli appelli incidentali;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti delle cause;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 gennaio 2015 il Cons. A A e uditi per le parti gli avvocati A B, L G, M S, L L e A A;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

1.- La s.r.l. S.A.C.R.A., titolare di una azienda agricola nel Comune di Capalbio, ha presentato nell’anno 2010 al Comune una istanza per l’approvazione di un iano aziendale pluriennale di miglioramento agricolo ambientale (“PAPMAA”) al fine di ottenere l’autorizzazione unica necessaria per la realizzazione di un impianto a biogas, connesso alla attività svolta, su terreni che erano stati oggetto di un preliminare di compravendita conclusosi con la stipula di un affitto agrario per 15 anni con il procuratore speciale dei proprietari degli stessi.

Il Comune di Capalbio ha approvato in data 14 dicembre 2011 la variante al “PAPMAA” chiesta dalla società ricorrente, che ha allora presentato alla Provincia di Grosseto una richiesta di autorizzazione per la realizzazione e l’esercizio dell’impianto biogas.

Il Comune ha approvato il progetto dell’impianto, indicando ‘prescrizioni’ di mitigazione ambientale e di monitoraggio di acqua e di aria.

E’ stato poi presentato, su richiesta del Comune, uno studio di incidenza, sul quale la Provincia ha espresso parere favorevole.

E’ stata poi convocata in data 11 aprile 2012 la conferenza di servizi per il rilascio del parere propedeutico al rilascio dell’autorizzazione unica di cui all’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003.

In precedenza i proprietari dei terreni dati in affitto alla società avevano inviato una lettera, nella quale affermavano che il contratto di affitto era nullo per avere il rappresentante travalicato i suoi poteri e che comunque andava considerato come simulato.

A seguito di tale comunicazione, il Comune di Capalbio ha annullato l’atto di approvazione del “PAPMAA”.

Contro tale provvedimento, la società ha presentato il ricorso n. 576 del 2012 al T.A.R. Toscana, con richiesta cautelare accolta in via provvisoria con decreto presidenziale del 24 aprile 2012.

Nel corso della seduta della conferenza di servizi del 23 aprile 2012, la società ha effettuato la richiesta di un provvedimento di autotutela da parte del Comune di Capalbio sull’annullamento dell’atto di approvazione del “PAPMAA”;
a seguito di ciò la conferenza stessa, rinviata alla data del 2 maggio 2012, si è conclusa con l’approvazione del progetto.

Con provvedimento n. 1428 del 17 maggio 2012, la Provincia ha rilasciato l’autorizzazione unica.

In data 19 aprile 2012 i proprietari dei terreni hanno ratificato con atto notarile gli atti precedentemente stipulati dal loro procuratore e hanno stipulato altresì il contratto di compravendita dei medesimi terreni, sottoposto alla condizione risolutiva del mancato rilascio dell’autorizzazione alla realizzazione dell’impianto.

Il T.A.R. ha poi respinto la richiesta cautelare, evidenziando che la ratifica da parte dei proprietari degli accordi intervenuti tra la società ricorrente ed il loro procuratore avrebbe reso possibile la reiterazione della richiesta di approvazione del “PAPMAA”.

La Provincia ha quindi sospeso l’efficacia della rilasciata autorizzazione ed ha avviato un procedimento di autotutela;
in data 24 maggio 2012 la società ha chiesto la riapprovazione del “PAPMAA”, con istanza dichiarata improcedibile dal Comune nell’assunto che si sarebbe dovuta presentare una nuova richiesta che comportava una completa istruttoria, dal momento che il precedente “PAPMAA” era stato annullato.

A seguito della presentazione da parte della società in data 6 giugno 2012 di una richiesta di approvazione del “PAPMAA”, in data 2 ottobre 2012 esso è stato nuovamente approvato.

Contro la determinazione del Comune, di improcedibilità dell’istanza di riapprovazione del 25 maggio 2012, la società ha proposto motivi aggiunti presso il T.A.R. e in seguito, con un secondo ricorso per motivi aggiunti, ha impugnato anche la determinazione 340 del 2 ottobre 2012, di nuova approvazione del “PAPMAA” (sia perché inteso dal Comune come un nuovo programma e sia perché era stato richiesto il parere a soggetti non interpellati in occasione della prima approvazione).

All’esito della nuova approvazione del “PAPMAA”, sono state convocate alcune conferenze di servizi (per stabilire se revocare la precedente autorizzazione unica all’impianto, sospesa dopo la pronuncia cautelare del T.A.R., o se rilasciare l’autorizzazione), la cui conclusione è stata negativa.

Conseguentemente, la Provincia di Grosseto ha annullato l’autorizzazione unica n. 1428 del 17 maggio 2012 con provvedimento n. 126 del 15 gennaio 2013, avverso il quale la società ha presentato al T.A.R. un terzo ricorso per motivi aggiunti.

2.- Con la sentenza in epigrafe indicata, il T.A.R. ha dichiarato l’improcedibilità del ricorso principale e dei primi due ricorsi per motivi aggiunti, mentre, con riguardo ai terzi motivi aggiunti, ha respinto l’eccezione di improcedibilità degli stessi formulata dalle controparti ed ha accolto il secondo motivo, con il quale era stata dedotta l’insussistenza di elementi negativi nel parere della ASL e la carenza di adeguata motivazione del mutamento del negativo parere del Comune;
ha quindi riconosciuto il diritto della società al risarcimento del danno cagionatole, del quale il Comune di Capalbio e la Provincia di Grosseto sono stati chiamati a rispondere in solido.

3.- Con il ricorso in appello n.r.g. 2180 del 2014, la Provincia di Grosseto ha chiesto l’annullamento o la riforma della sentenza del T.A.R., deducendo i seguenti motivi:

a) Erroneità ed ingiustizia manifesta della sentenza per illogicità, contraddittorietà, travisamento dei presupposti di fatto e di diritto e per insussistenza degli elementi costitutivi dell’illecito provvedimentale.

Erroneamente il T.A.R. avrebbe ritenuto che il parere della ASL emanato nel corso della conferenza dei servizi conclusiva del procedimento non fosse negativo e comunque la Provincia ha dovuto prendere atto del parere, di quello del Comune di Capalbio e delle conclusioni della conferenza stessa.

Non sarebbe condivisibile l'affermazione contenuta nell’impugnata sentenza secondo cui la Provincia non avrebbe dato conto delle specifiche ragioni di interesse pubblico poste a base dell’atto di autotutela.

b) Erroneità e ingiustizia manifesta;
falsa applicazione del d.m. 12 dicembre 2008, del d.lgs. n. 28 del 2011 e del d.m. 6 luglio 2012;
insussistenza dei presupposti per l'accoglimento della richiesta risarcitoria, carenza di prova.

Il T.A.R. avrebbe erroneamente ritenuto risarcibile sia il danno emergente per i costi sostenuti per la richiesta di approvazione del progetto, che il lucro cessante, per mancato conseguimento degli utili che la società si riprometteva per l'esercizio dell'impianto da autorizzare.

Ciò in particolare con riferimento alla scadenza del termine entro cui si sarebbe dovuto realizzare l'impianto per ottenere le agevolazioni tariffarie, alla sua perdurante incentivabilità e rimuneratività, al difetto del requisito del possesso di un titolo autorizzativo rilasciato in data anteriore al 1° luglio 2012 e alla carenza di congrua dimostrazione, quanto meno presuntiva, del probabile avveramento delle condizioni per l'accesso al regime agevolativo.

4.- Con atto depositato il 1° aprile 2014, si è costituita in giudizio l’Associazione Italia Nostra Onlus, che ha chiesto l’accoglimento dell’appello.

5.- Con atto depositato il 16 aprile 2014, si sono costituiti in giudizio i signori M F C e A O, che hanno chiesto l’accoglimento dell’appello.

6.- Con memoria depositata il 24 aprile 2014, i suddetti signori hanno sottolineato profili di erroneità della sentenza impugnata ed hanno ribadito la fondatezza dell’appello.

7.- Con memoria depositata il 24 aprile 2014, la Provincia di Grosseto ha sostanzialmente ribadito le proprie deduzioni.

8.- Con memoria depositata il 24 aprile 2014, l’Associazione Italia Nostra Onlus ha effettuato precisazioni in punto di fatto ed ha eccepito l’inammissibilità del ricorso introduttivo per carenza di interesse della ricorrente in primo grado (sia per essersi verificata la condizione risolutiva dei contratti stipulati il 30 novembre 2012 e non sussistendo i presupposti per il risarcimento del danno, sia avendo il “PAPMAA” ad oggetto un impianto sensibilmente modificato, per la cui realizzazione non potrebbe essere presentata una nuova domanda di autorizzazione utile, a causa della rinuncia ai terreni da parte della s.r.l. S.A.C.R.A.).

Nel merito, l’Associazione ha dedotto la fondatezza dell’appello.

9.- Con atto notificato il 24 aprile 2014 e depositato in pari data, si è costituita in giudizio ed ha proposto appello incidentale la s.r.l. S.A.C.R.A., che ha eccepito l’inammissibilità dell’appello per mancata contestazione di parti essenziali della sentenza e violazione dell’art. 101 del c.p.a., ne ha dedotto l’infondatezza nel merito ed ha riproposto i motivi di ricorso non esaminati in primo grado.

Nel merito, la società ha dedotto l’infondatezza in particolare del primo motivo d’appello, perché i pareri resi nel corso della conferenza dei servizi conclusiva non sarebbero stati unanimemente negativi (in particolare quello della ASL sarebbe stato favorevole, mentre i rilievi negativi del Comune non avrebbero tenuto conto della realtà).

La società ha poi proposto appello incidentale, per erroneità della sentenza nella parte in cui ha dichiarato l’improcedibilità del ricorso principale, nonché del primo e del secondo dei motivi aggiunti proposti in primo grado.

La società conserverebbe infatti un interesse quantomeno morale all’accertamento giudiziale dell’illegittimità dei provvedimenti impugnati per la risonanza mediatica che ha avuto la vicenda e allo scopo di definire il momento in cui si è verificato l’avvio della catena di atti illegittimi, anche in ragione dell’essenziale fattore tempo.

L’appellante ha quindi espressamente riproposto i motivi posti a base del ricorso n. 576 del 2012, introduttivo del giudizio, e dei primi due motivi aggiunti di cui trattasi, nonché la seconda parte dei terzi motivi aggiunti, non esaminata dal primo giudice, nella parte in cui era stata censurata la violazione della l. n. 241 del 1990 e del d. lgs. n. 387 del 2003, per non essere stata invitata la s.r.l. S.A.C.R.A. alle sedute conclusive della conferenza dei servizi, che ha condotto all’atto di autotutela.

10.- Con memoria depositata il 29 aprile 2014, si è costituito in giudizio il Comune di Capalbio, che ha chiesto la riunione col giudizio d’appello n.r.g. 2599 del 2014 dallo stesso proposto, alle cui conclusioni si è riportato, ed ha chiesto integrazioni istruttorie.

11.- Con memoria depositata il 7 giugno 2014, la Provincia appellante ha evidenziato, con riguardo all’eccezione di inammissibilità dell’appello formulata dalla società resistente, di aver impugnato tutti i capi della sentenza per essa pregiudizievoli, ha contestato la fondatezza delle asserzioni di controparte e, con riguardo all’appello incidentale, ha affermato la condivisibilità della statuizione di improcedibilità del ricorso introduttivo del giudizio e dei primi due motivi aggiunti contenuta in sentenza.

12.- Con memoria depositata il 12 dicembre 2014, il Comune ha, in particolare, evidenziato che la rappresentante della ASL, nel corso della seduta della conferenza dei servizi del 9 novembre 2012, aveva affermato che condicio sine qua non del parere positivo della ASL era il sistema di spandimento del digestato.

13.- Con memoria depositata il 13 dicembre 2014, la Provincia ha evidenziato la sopravvenienza di interventi normativi relativi alla rimodulazione volontaria degli incentivi alle fonti rinnovabili elettriche diverse dal fotovoltaico.

14.- Con memoria depositata il 23 dicembre 2014, gli interventori signori M F C ed A O hanno illustrato le ragioni poste a base della richiesta di accoglimento dell’appello, in particolare evidenziando le esigenze di tutela della riserva naturale del lago di Burano.

15.- Con memoria depositata il 23 dicembre 2014, la Provincia ha replicato alle avverse argomentazioni.

16.- Con memoria depositata il 23 dicembre 2014, l’Associazione Italia Nostra Onlus ha replicato alle deduzioni della s.r.l. S.A.C.R.A.

17.- Con memoria depositata il 23 dicembre 2014, la società ha a sua volta replicato alle avverse argomentazioni, in particolare con riguardo alla memoria del Comune, eccependo la tardività e l’inammissibilità della produzione del verbale della conferenza dei servizi del 9 novembre 2012 e della richiesta di acquisizione istruttoria formulata, nonché, con riguardo alla memoria della Provincia, l’irrilevanza del richiamo al d.l. n. 145 del 2013 e al d.m. di attuazione.

18.- Con ricorso in appello n.r.g. 2599 del 2014, anche il Comune di Capalbio ha impugnato la sentenza, deducendo i seguenti motivi:

a) In relazione alla mancata reiezione, in tesi, e alla mancata declaratoria di improcedibilità, in ipotesi, del ricorso principale: violazione dell’art. 35, comma 1, lettera c) del c.p.a.;
violazione dell’art. 1360 del c.c.;
violazione dell’art. 42.2 e dell’art. 83 della l.r. Toscana n. 1 del 2005.

Erroneamente il Tribunale avrebbe sostenuto che il ricorso principale non poteva essere dichiarato improcedibile perché il venir meno dell’efficacia dell’atto di acquisto dei terreni su cui avrebbe dovuto sorgere l’impianto era stata conseguenza della determinazione della Provincia che rendeva irrealizzabile il progetto.

Infatti, a prescindere dal fatto che la società non aveva mai avuto la giuridica disponibilità dei terreni, la clausola risolutiva espressa si sarebbe già avverata dal 30 novembre 2012, con la scadenza dell’ultima proroga concordata tra le parti, e la messa in esercizio dell’impianto sarebbe stata solo la condizione per ottenere più favorevoli benefici tariffari. La mancanza della disponibilità dei terreni, che costituiva il titolo legittimante alla proposizione della domanda di rilascio del titolo abilitativo all’edificazione, avrebbe viziato la d.d. n. 488 del 2011 e comportava la legittimità della d.d. n. 98 del 2012, con la quale la precedente era stata annullata.

L’eliminazione dei contratti di compravendita avrebbe fatto venir meno anche il presupposto del “PAPMAA” approvato con d.d. n. 340 del 2012, impugnata con i secondi motivi aggiunti, e avrebbe travolto ogni successivo atto del procedimento.

b) In relazione all’accoglimento dei III motivi aggiunti: errato apprezzamento e travisamento dei fatti con riferimento al contenuto del parere reso in conferenza dei servizi dalla ASL n. 9 sul progetto in esame.

Erroneamente il T.A.R. avrebbe ritenuto non negativo il parere espresso dalla ASL nel corso della conferenza dei servizi del 9 novembre 2011.

c) In relazione alla condanna del Comune al risarcimento del danno: errato apprezzamento dei fatti, con riferimento alla valutazione del comportamento del Comune.

Il Comune non avrebbe mutato parere circa la fattibilità dell’impianto per ragioni illogiche e frutto di mutata volontà politica, ma avrebbe sempre tenuto distinte le funzioni gestionali da quelle politiche e si sarebbe sempre coerentemente espresso nel merito degli atti, nel rispetto delle proprie competenze, tanto che il T.A.R. non ha potuto annullare atti, ma ha censurato il comportamento del Comune in conferenza dei servizi.

d) In relazione ai terzi motivi aggiunti e alla condanna del Comune al risarcimento del danno: violazione e mancata applicazione dell’art. 12 del d. lgs. n. 387 del 2003.

La tesi del primo giudice - secondo cui la segnalazione da parte del Comune della indisponibilità dei terreni sarebbe stata irrilevante perché non era compito della conferenza dei servizi verificare la circostanza - sarebbe erronea, atteso che la Provincia sarebbe stata tenuta a verificare la disponibilità dei terreni ex art. 12 del d. lgs. n. 387 del 2003 ed il Comune si sarebbe fatto parte diligente nel far rilevare la circostanza, sicché l’autorizzazione unica, in carenza di detto presupposto, non poteva essere rilasciata.

e) In relazione ai terzi motivi aggiunti e alla condanna del Comune al risarcimento del danno: erroneo apprezzamento dei fatti circa la valenza del parere sanitario espresso dal Sindaco in conferenza dei servizi.

La statuizione del Tribunale – sulla l’assenza di poteri del Sindaco quale autorità sanitaria locale di un parere negativo sotto il profilo sanitario - sarebbe erronea, atteso che spetterebbe ad esso anche l’espressione del parere che l’autorità competente (la Provincia) sarebbe stata libera di valutare discrezionalmente e che peraltro non avrebbe condizionato l’emanazione del provvedimento finale, che si reggerebbe su motivazioni indipendenti dal parere.

f) In relazione ai terzi motivi aggiunti e alla condanna del Comune al risarcimento del danno: erroneo apprezzamento dei fatti circa la mancata sottoscrizione dell’atto d’obbligo da parte della proponente, violazione dell’art. 41.4, lettera b), della l.r. Toscana n. 1 del 2005.

Il T.A.R. non avrebbe adeguatamente valorizzato le conseguenze della mancata sottoscrizione da parte della proponente dell’atto d’obbligo relativo all’atto di approvazione del “PAPMAA”, che non si sarebbe potuto considerare efficace, atteso che, in base alla richiamata disposizione, tra i presupposti legittimanti è prevista la disponibilità del suolo per un periodo pari alla durata delle obbligazioni assunte con l’atto d’obbligo.

g) In relazione ai terzi motivi aggiunti e alla condanna del Comune al risarcimento del danno: violazione dell’art. 30 del c.p.a. e del combinato disposto degli artt. 2697 del c.c., 63, comma 1, e 64, comma 1, del c.p.a.;
errato apprezzamento delle circostanze di fatto.

Sarebbe errata l’affermazione del T.A.R. secondo cui , essendo scaduto il termine per la realizzazione dell’impianto, non sussisteva più la convenienza a realizzarlo, atteso che il termine non sarebbe affatto scaduto e la scelta di non realizzare l’impianto sarebbe dipesa da scelte della società;
ciò escluderebbe anche che l’atto illegittimo si poneva in rapporto di causalità con la mancata realizzazione dell’impianto.

Sarebbero mancati l’elemento soggettivo, l’illegittimità del provvedimento impugnato e la prova dei presupposti per il risarcimento del danno.

h) In relazione ai terzi motivi aggiunti e alla condanna del Comune al risarcimento del danno in solido con la Provincia: violazione dell’art. 30 del c.p.a., in relazione all’art. 2055 del c.c., errato apprezzamento delle circostanze di fatto;
in ipotesi: graduazione delle responsabilità (art. 2055, comma secondo, del c.c.).

Sarebbe illogica la condanna del Comune in solido con la Provincia, atteso che nessun atto comunale è stato annullato o comunque censurato nel merito, con non imputabilità del danno conseguente al mancato rilascio dell’autorizzazione unica da parte della Provincia al Comune, che ha solo partecipato alla conferenza dei servizi.

Comunque si sarebbe dovuta accertare la responsabilità dei soggetti che avevano contribuito a cagionare il danno.

19.- Con atto depositato il 1° aprile 2014, si è costituita in giudizio l’Associazione Italia Nostra Onlus, che ha chiesto l’accoglimento dell’appello.

20.- Con memoria depositata il 16 aprile 2014, si sono costituiti in giudizio i signori M F C e A O, che hanno chiesto l’accoglimento dell’appello.

21.- Con atto notificato il 2 maggio 2014 e depositato il 6 maggio 2014, la Provincia di Grosseto ha proposto appello incidentale condizionato all’accoglimento delle argomentazioni contenute nell’atto di appello principale n. 2180 del 2014 del Comune, suscettibili di attribuzione alla Provincia della responsabilità in ordine ai danni asseritamente subiti dalla s.r.l. S.A.C.R.A. a seguito dell’annullamento dell’autorizzazione unica in precedenza rilasciata.

La tesi sarebbe infatti priva di pregio in quanto l’annullamento disposto dalla Provincia sarebbe conseguenza dell’annullamento del “PAPMAA” e della emanazione di pareri negativi in sede di conferenza dei servizi da parte del Comune.

A sostegno del gravame, la Provincia ha dedotto i seguenti motivi:

a) Erroneità ed ingiustizia della sentenza per illogicità, contraddittorietà, travisamento dei presupposti di fatto e di diritto, nonché violazione dell'art. 41 della l.r. n. 1 del 2005, dell’art. 14 ter, comma 6 bis, della l. n. 241 del 1990 e degli artt. 1337, 1338 e 2043 del c.c..

Venuto meno il secondo “PAPMAA”, a seguito dell'ordinanza del T.A.R. Toscana n. 335 del 2012, l’autorizzazione unica rilasciata sul presupposto della rinnovata efficacia del secondo “PAPMAA” sarebbe stata carente della condizione per il suo rilascio;
la Provincia aveva avviato il procedimento di riesame di detta autorizzazione, sospendendone gli effetti e convocando diverse conferenze dei servizi, nel corso delle quali il Comune ha sostenuto l’impossibilità di confermare l’autorizzazione ed escludendo la sussistenza dei presupposti per l’approvazione del terzo “PAPMAA”.

La Provincia non avrebbe potuto far altro che prendere atto dei negativi pareri espressi dal Comune in sede di conferenza dei servizi e delle posizioni da esso prese con riguardo allo strumento urbanistico, di sua esclusiva competenza.

In realtà la perdita di rimuneratività dell’iniziativa imprenditoriale sarebbe dipesa esclusivamente dal comportamento del Comune.

Comunque la s.r.l. S.A.C.R.A. non sarebbe stata in possesso del requisito di un titolo autorizzativo rilasciato in data antecedente all’11 luglio 2012 esclusivamente per effetto dell’annullamento da parte del Comune del secondo “PAPMAA”, con conseguente responsabilità risarcitoria a carico solamente di detto Ente.

22.- Con atto notificato il 30 aprile 2014 e depositato il 6 maggio 2014 si è costituita in giudizio la s.r.l. S.A.C.R.A., che ha anche proposto un appello incidentale, deducendo l’erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui ha dichiarato l’improcedibilità del ricorso principale e del primo e secondo dei motivi aggiunti proposti dalla s.r.l. S.A.C.R.A. in primo grado e riproponendo i motivi posti a base del ricorso (r.g. n. 576 del 2012) introduttivo del giudizio e dei primi due motivi aggiunti di cui trattasi, nonché la seconda parte dei terzi motivi aggiunti non esaminata dal primo giudice, nella parte in cui era stata censurata la mancata convocazione della s.r.l. S.A.C.R.A. alle sedute conclusive della conferenza dei servizi culminata con l’atto di autotutela.

23.- Con memoria depositata il 12 dicembre 2014, la s.r.l. S.A.C.R.A. ha dedotto l’infondatezza di tutti i motivi posti dal Comune a fondamento dell’appello ed ha ribadito la fondatezza del proprio appello incidentale.

24.- Con memoria depositata il 13 dicembre 2014, la Provincia si è riportata alle eccezioni ed alle difese dedotte nei precedenti scritti difensivi, ivi compreso l'appello incidentale.

25.- Con memoria di replica depositata il 23 dicembre 2014 la Provincia ha affermato che nella memoria del 12 dicembre 2014 la società avrebbe insistito “ nell’articolare un’eccezione di inammissibilità dell’appello della Provincia destituita di ogni fondamento ”, contestando la fondatezza delle argomentazioni di controparte e sostenendo l’ineccepibilità della sentenza del T.A.R. nella parte in cui ha rilevato l’improcedibilità del ricorso principale di primo grado e dei primi e secondi motivi aggiunti.

26.- Con memorie depositate il 23 dicembre 2014, l’Associazione Italia Nostra Onlus. la s.r.l. S.A.C.R.A. ed i signori M F C ed A O hanno replicato alle avverse argomentazioni per le stesse ragioni indicate nelle coeve memorie depositate nel ricorso in appello n. 2180 del 2014.

27.- Alla pubblica udienza del 13 gennaio 2015, i ricorsi in appello sono stati trattenuti in decisione alla presenza degli avvocati delle parti come da verbale di causa agli atti del giudizio.

28.- Innanzitutto, il collegio ritiene di dover riunire i gravami in esame, per la loro connessione oggettiva (trattandosi della stessa sentenza impugnata) e soggettiva, per cui i medesimi devono essere esaminati e decisi con un’unica pronuncia.

29.- In secondo luogo la Sezione, per ragioni di logica processuale, deve valutare la fondatezza dell’eccezione della s.r.l. S.A.C.R.A., di inammissibilità dell’appello n. 2180 del 2014 proposto dalla Provincia di Grosseto per mancata contestazione di parti essenziali della sentenza e violazione dell’art. 101 del c.p.a..

In particolare, con l’eccezione la società sostiene che nell’atto d’appello non sarebbe contenuta alcuna contestazione e censura in merito alle parti della sentenza che hanno ritenuto infondate le motivazioni poste a supporto del provvedimento provinciale di autotutela (e degli atti della conferenza dei servizi nello stesso richiamati) ossia delle parti della sentenza in cui il T.A.R. ha rilevato: a) la "sostanziale identità" fra i due progetti posti a base rispettivamente dell'autorizzazione originaria e del procedimento di riesame;
b) la "assenza di una adeguata motivazione" per il "mutamento di opinione" del Comune di Capalbio;
c) l’erroneità delle conclusioni cui è pervenuta la conferenza dei servizi in ordine alla mancata documentazione della connessione ENEL;
d) l’erroneità delle conclusioni cui è pervenuta la conferenza in ordine alla assenza di disponibilità dell'area da parte della S.A.C.R.A. s.r.l.;
e) l'illegittimità del parere negativo reso dal Sindaco quale autorità sanitaria locale;
f) l'erroneità delle conclusioni cui è pervenuta la conferenza in ordine alla mancata produzione di atto d'obbligo.

29.1.- Al riguardo, la Provincia ha replicato di aver impugnato tutti i capi della sentenza che hanno comportato la sua soccombenza, compresi quelli indicati dalla società, nella prospettiva di dimostrare la legittimità del suo operato e la mancanza dei presupposti per una sua condanna risarcitoria;
l’Amministrazione ha aggiunto che comunque la società ha rinnovato le proprie doglianze avverso i capi della sentenza asseritamente passati in giudicato, che, peraltro non sarebbero veri e propri “capi”, non essendo dotati di autonomia ed in grado di sorreggere la pronuncia di primo grado, quanto meno con riguardo alla responsabilità della Provincia, e comunque impugnati dal Comune, il cui operato sono volti a censurare, con autonomo appello.

29.2.- Osserva il Collegio che la sentenza impugnata ha accolto il terzo ricorso per motivi aggiunti della società avverso la determinazione n. 126 del 2013 (con la quale la Provincia di Grosseto, preso atto che i lavori della conferenza dei servizi si erano conclusi con unanime parere negativo, ha annullato l’autorizzazione unica rilasciata con provvedimento n. 1428 del 2012), rilevando che nell’atto impugnato si fa riferimento ad un parere della ASL erroneamente ritenuto negativo ed al mutamento del parere del Comune di Capalbio che a suo tempo si era espresso positivamente sull’autorizzazione, mentre, in occasione delle ultime conferenze di servizi, si era opposto all’utilizzazione degli atti procedimentali posti a fondamento della deliberazione del 17 maggio 2012.

Con il primo motivo d’appello, la Provincia ha contestato la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che il parere della ASL non fosse negativo sulla base di chiarimenti ed osservazioni dell'Azienda successivi sia alla conferenza dei servizi del 3 gennaio 2013 che al provvedimento di annullamento in autotutela del 15 gennaio 2013, cioè sulla base di chiarimenti e precisazioni contraddittori con le risultanze delle conferenze dei servizi e dei pareri in tale sede resi dalla A.S.L. e che neppure potevano essere da essa conosciuti prima dell'annullamento.

Inoltre, con riguardo alla contestazione contenuta nell’impugnata sentenza dei presupposti del parere negativo del Comune, ha asserito la Provincia che aveva dovuto prendere atto del parere, il primo dei quali peraltro reso sul “PAPMAA”, il cui esame ed approvazione sono riservati alla esclusiva competenza del Comune;
non sarebbe quindi condivisibile la statuizione del T.A.R. (secondo cui la Provincia non avrebbe evidenziato le specifiche ragioni di interesse pubblico sottese all'esercizio dei poteri di autotutela), sia perché l'annullamento aveva fatto seguito alla volontà unanime degli enti in conferenza, orientata al ritiro dell'autorizzazione unica, sia perché esso non poteva che conseguire all’illegittimità dell'autorizzazione unica precedentemente rilasciata in forza di un presupposto rivelatosi illegittimo (il secondo “PAPMAA”).

Il Collegio ritiene che siano condivisibili le deduzioni formulate, con riguardo all’eccezione in esame, dalla Provincia, che – con articolate deduzioni - ha impugnato entrambi i sostanziali capi posti a base della sentenza censurata;
osserva inoltre che, comunque, essendo il provvedimento con essa annullato basato sulla sussistenza di pareri negativi espressi nel corso della definitiva conferenza dei servizi, è sufficiente l’analitica contestazione contenuta nell’atto d’appello della insussistenza della negatività del parere della ASL ritenuta dal primo giudice per comportare la riforma della sentenza stessa, nell’ipotesi di fondatezza di detta contestazione, in quanto anche la sussistenza di un solo parere negativo era idonea a supportare la legittimità della negativa determinazione poi assunta dalla Provincia.

Le censure formulate con l’atto d’appello della Provincia sono quindi astrattamente idonee a comportare l’integrale riforma della sentenza impugnata, con conseguente infondatezza dell’eccezione in esame (di inammissibilità dell’appello per mancata contestazione di parti essenziali della sentenza).

30.- In terzo luogo, per motivi di logica processuale, il Collegio deve valutare la fondatezza degli appelli incidentali proposti dalla s.r.l. S.A.C.R.A. con cui è stata dedotta l’erroneità della sentenza di cui trattasi nella parte in cui ha dichiarato l’improcedibilità del ricorso principale e del primo e secondo dei motivi aggiunti proposti dalla s.r.l. S.A.C.R.A. in primo grado.

La società conserverebbe infatti un interesse quantomeno morale all’accertamento giudiziale dell’illegittimità dei provvedimenti impugnati per la risonanza mediatica che ha avuto la vicenda e allo scopo di definire il momento in cui si è verificato l’avvio della catena di atti illegittimi anche in ragione dell’essenziale fattore tempo.

30.1.- Il Collegio ritiene che per tale profilo gli appelli incidentali della società vadano respinti .

Infatti, nel processo amministrativo si verifica la sopravvenuta carenza d'interesse ad una pronuncia di annullamento dell’atto impugnato ogni qualvolta vi sia una modificazione della situazione di fatto o di diritto tale da comportare per il ricorrente l'inutilità dell'eventuale sentenza di accoglimento del ricorso, non essendo più configurabile in capo ad esso un interesse, anche solo strumentale o morale, alla decisione stessa ovvero quando sia stato adottato dall'Amministrazione un provvedimento idoneo a ridefinire l'assetto degli interessi in gioco che, pur senza avere alcun effetto pienamente satisfattivo nei confronti del ricorrente, renda certa e definitiva l'inutilità della sentenza (Consiglio di Stato, sez. V, 29 dicembre 2014, n. 6412).

Nel caso di specie, a seguito dell’emanazione del provvedimento n. 126 del 2013 (con il quale la Provincia di Grosseto ha annullato l’autorizzazione unica rilasciata con provvedimento n. 1428 del 2012) per le condivisibili ragioni indicate nell’impugnata sentenza non si può considerare sussistente l’interesse, anche morale, della società all’annullamento degli atti pregressi, in quanto è divenuto rilevante l’interesse ad impugnare il provvedimento emesso in sede di autotutela (nel senso che le statuizioni rese dalla Sezione sugli appelli principali rende irrilevante la verifica della legittimità degli atti poi rimossi).

31.- Alla reiezione - sotto tale profilo - degli appelli incidentali della s.r.l. S.A.C.R.A. consegue l’inutilità della disamina dei motivi posti a base del ricorso (r.g. n. 576 del 2012) introduttivo del giudizio e dei primi due motivi aggiunti di cui trattasi, riproposti dalla società nei giudizi in appello in esame, stante la confermata improcedibilità di detti ricorsi.

32.- Nel merito gli appelli principali in esame sono fondati.

32.1.- Con il primo motivo dell’appello n. 2180 del 2014, la Provincia di Grosseto ha dedotto che l'ASL ha partecipato mediante una propria rappresentante alle sedute della conferenza dei servizi del 7 febbraio 2012, del 29 ottobre 2012 (nel corso della quale ha depositato il parere del 26 ottobre 2012, prot. 41309) e del 9 novembre 2012;
inoltre che, nel corso della prima di tali sedute, il rappresentante della ASL aveva espressamente dichiarato che il proprio parere favorevole veniva espresso sulla base della documentazione presentata dalla società alla A.S.L., relativa alle modalità con cui il sistema di spandimento era stato realizzato, e che era condizionato " alla prescrizione che la distribuzione del digestato avvenisse proprio secondo il sistema descritto in tale documento ". Aggiunge la Provincia che, con il parere del 26 ottobre 2012, l’A.S.L. aveva confermato il precedente parere favorevole reso verbalmente nel corso della conferenza dei servizi del 7 febbraio 2012 (condizionato alla ‘prescrizione’ che l'impianto fosse dotato di un sistema di spandimento del digestato, quale misura di mitigazione), inoltre che nella seduta del 9 novembre 2012 l’A.S.L. aveva ribadito l'importanza di realizzare tale opera di mitigazione, cui era da intendersi subordinato il proprio assenso, e che la sua rappresentante aveva insistito affinché " tale parte fosse inserita nel progetto e non stralciata ai fini dell'autorizzazione " e si era mostrata stupita per non aver letto nel precedente verbale di conferenza dei servizi del 7 febbraio 2012 che il proprio parere era da intendersi subordinato al rispetto di tale condizione .

Pur non essendo intervenuta l’ASL alla conferenza dei servizi decisoria del 3 gennaio 2013, poiché il progetto sottoposto dalla società non prevedeva più la realizzazione del sistema di spandimento, le conclusioni della conferenza sarebbero state negative.

Il T.A.R. ha ritenuto che il parere della ASL non fosse in effetti negativo, sulla base di chiarimenti ed osservazioni della Azienda del 17 gennaio 2013, successivi sia alla conferenza dei servizi del 3 gennaio 2013 che al provvedimento di annullamento in autotutela del 15 gennaio 2013;
quindi sulla base di chiarimenti e precisazioni contraddittori con le risultanze delle conferenze dei servizi e dei pareri in tale sede resi dalla A.S.L. e che neppure potevano essere da essa conosciuti prima dell'annullamento.

Risulterebbe infatti per tabulas la volontà della A.S.L. di consentire la costruzione dell'impianto solo alla condizione della contestuale realizzazione di un sistema di spandimento digestato e di tale volontà la Provincia non avrebbe potuto non tenere conto nel valutare il parere della Azienda come negativo.

Il modulo procedimentale della conferenza dei servizi presupporrebbe che gli Enti possano esprimersi solo in tale sede, e che l'Amministrazione procedente deve tenere conto della volontà manifestata solo in tale consesso.

L’Amministrazione ha criticato la statuizione del T.A.R. - secondo cui la nota sopra richiamata non costituiva un'illegittima espressione di parere fuori dal contesto in cui doveva avvenire, ma il chiarimento circa un'erronea interpretazione che era stata data di un parere formulato nella sede competente – richiamando le affermazioni della ASL sopra richiamate, nonché la costante giurisprudenza in materia, per la quale il legislatore – nel prevedere l’inammissibilità dei pareri postumi resi fuori dalla conferenza di servizi - avrebbe inteso disporne la nullità.

Inoltre la Provincia non avrebbe potuto fare altro che prendere atto del parere, il primo dei quali peraltro reso sul “PAPMAA”, il cui esame e la cui approvazione sono riservati alla esclusiva competenza del Comune. Una volta che il Comune, che ha svolto l'istruttoria ed ha approvato i “PAPMAA”, ha sostenuto in conferenza dei servizi che essi erano tra lori diversi e che l'autorizzazione unica rilasciata sul presupposto dell'approvazione del secondo “PAPMAA” non potesse essere convalidata per effetto dell'approvazione del terzo “PAPMAA”, la Provincia non poteva che prenderne atto, perché, se avesse svolto autonomamente l'istruttoria sul terzo “PAPMAA”, avrebbe violato non solo la normativa regionale che attribuisce tale funzione ai Comuni, ma anche le finalità della conferenza dei servizi, che presuppone il rispetto delle specifiche competenze di cui ciascun Ente partecipante è portatore in tale sede.

La Provincia non si sarebbe quindi potuta sostituire al Comune, né la motivazione contenuta in sentenza circa le ragioni del mutamento di orientamento con riguardo all'opportunità del nuovo impianto poteva essere utilizzata dall'Ente per superarne il dissenso, trattandosi di mera congettura del T.A.R., dal momento che il precedente orientamento del Comune era stato espresso su presupposti differenti (il secondo “PAPMAA”) da quelli che lo hanno indotto ad esprimersi negativamente in conferenza dei servizi (il ritiro dell'autorizzazione unica per effetto del venir meno del secondo “PAPMAA”).

Sulla base di tali pareri negativi la Provincia, in applicazione delle norme in materia di conferenza dei servizi ed, in particolare, dell'art. 14 ter, comma 6 bis, della l. n. 241 del 1990, ha ritirato la precedente autorizzazione unica perché rilasciata in carenza di un presupposto indefettibile: il secondo “PAPMAA”.

Non sarebbe quindi condivisibile l'affermazione del primo giudice secondo cui la Provincia non avrebbe dato conto delle specifiche ragioni di interesse pubblico sottese all'esercizio dei poteri di autotutela: ciò sia perché l'annullamento ha fatto seguito alla volontà unanime degli enti in conferenza, orientata al ritiro dell'autorizzazione unica, sia perché tanto imponeva l’illegittimità dell'autorizzazione unica precedentemente rilasciata in forza di un presupposto rivelatosi illegittimo (il secondo “PAPMAA”).

Al riguardo, con il secondo dei motivi posti a base dell’appello n. 2599 del 2014, il Comune di Capalbio ha a sua volta sostenuto che, contrariamente a quanto ritenuto dal T.A.R. con riguardo alla non negatività del parere espresso dalla A.S.L., risulterebbe dalla fonoregistrazione della conferenza dei servizi del 9 novembre 2011 che la rappresentante della Azienda, durante la conferenza dei servizi, aveva affermato che aveva condizionato il suo parere alla ‘prescrizione’ che la distribuzione del digestato avvenisse proprio secondo il sistema descritto in un documento pervenutole dalla ditta;
inoltre risulterebbe dal verbale di detta conferenza che la medesima rappresentante aveva affermato che condicio sine qua non del parere positivo della A.S.L. era il sistema di spandimento del digestato, che non era previsto nel progetto sottoposto alla conferenza dei servizi, con mancanza di giustificazioni e contraddittorietà del tardivo ripensamento di detta rappresentante citato in sentenza.

32.1.1.- Ritiene la Sezione che le censure dell’appellante sopra riportate siano fondate e vadano accolte.

Risulta che con il parere del 26 ottobre 2012, reso in sede di riesame dell'autorizzazione unica, la A.S.L. aveva confermato il precedente parere favorevole reso in sede della conferenza dei servizi del 7 febbraio 2012, con la motivazione, tra l’altro, che “ anche la distribuzione del digestato attraverso la rete di distribuzione descritta in relazione è da considerare come una misura di mitigazione ”.

Risulta dal verbale della seduta della conferenza dei servizi del 9 novembre 2012 (depositato in atti) che la dott.ssa S, rappresentante della ASL, ha spiegato che il suo parere emanato nel corso della conferenza dei servizi del febbraio 2012 era condizionato " alla prescrizione che la distribuzione del digestato avvenisse proprio secondo il sistema descritto in tale documento ".

Risulta ancora dal medesimo verbale che la dott.ssa S aveva affermato “ di aver ribadito sempre che, quale condicio sine qua non del parere positivo di ASL vi era il sistema di spandimento del digestato ”.

Alla conferenza dei servizi decisoria del 3 gennaio 2013, la rappresentante della A.S.L. non è intervenuta. Tuttavia, poiché il progetto sottoposto dalla s.r.l. S.A.C.R.A. non prevedeva più la mitigazione consistente nella realizzazione del sistema di spandimento, tenuto conto delle specifiche richieste dell'A.S.L. in ordine alla realizzazione di tale opera di mitigazione, il parere dell’Azienda è stato legittimamente inteso come negativo dalla Provincia all’atto dell’emanazione del provvedimento di autotutela impugnato.

Tale conclusione non poteva essere sovvertita in base ai chiarimenti postumi della A.S.L. del 17 gennaio 2013, perché essi erano successivi sia alla conferenza dei servizi del 3 gennaio 2013, sia a detto provvedimento di annullamento in autotutela del 15 gennaio 2013 e sono stati quindi resi al di fuori del procedimento conclusosi con il provvedimento stesso e comunque al di fuori della conferenza dei servizi e della dialettica che lo contraddistingue (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 15 marzo 2013, n. 1562).

Non può condividersi la deduzione della società secondo cui le misure di mitigazione imposte dalla A.S.L. non avessero un vero e proprio carattere doveroso, perché esse avevano l'obiettivo di ridurre gli impatti sull'ambiente derivanti dalla costruzione del progetto di cui trattasi, in applicazione del D.M. 10 settembre 2010, che impone l' individuazione di misure compensative da parte degli Enti in conferenza dei servizi, al fine di limitare le conseguenze negative che la realizzazione di un impianto da fonte rinnovabile può arrecare all'ambiente.

Non possono, in conclusione, condividersi le considerazioni del giudice di primo grado, per il quale la nota del 17 luglio 2013 avrebbe chiarito che il parere della ASL era stato frainteso e che essa costituiva il chiarimento circa un’erronea interpretazione che era stata data di un parere formulato nella sede competente.

Quindi, con il provvedimento impugnato n. 126 del 15 gennaio 2013, legittimamente la Provincia (preso atto che la conferenza dei servizi conclusiva aveva ritenuto che il parere della ASL prodotto nella conferenza del 9 novembre 2012 fosse favorevole, ma alla imprescindibile condizione della presenza del sistema di spandimento del digestato, rendendo di fatto il parere negativo, e del parere negativo del Comune) “ in ragione di tale esito del procedimento di riesame ” ha deciso che dovessero “ ritenersi sussistenti le ragioni di interesse pubblico per l’annullamento, ai sensi dell’art. 21 nonies della legge n. 241/1990, dell’autorizzazione unica n. 1428 del 15/05/2012 ” che all’attualità risultava “ illegittima, per violazione dell’art. 42, comma 2, della L.R. Toscana n. 1/2005 ”, decidendo di annullarla “ per carenza assoluta ed insanabile degli atti e pareri presupposto (PAPPMAA e pareri espressi in conferenza dei servizi) ”.

E’ infatti da ritenersi che fosse sufficiente anche un solo parere negativo per comportare l’adozione del provvedimento suddetto, peraltro previa valutazione delle ragioni di pubblico interesse che lo giustificavano.

32.2.- Ritiene la Sezione che sono anche condivisibili le censure contenute nell’atto d’appello n. 2599 del 2014, con le quali il Comune di Capalbio ha dedotto, con riguardo ai rilievi contenuti nell’impugnata sentenza al parere espresso dall’Ente nel corso della conclusiva conferenza dei servizi, che l’Ente stesso non avrebbe mutato parere circa la fattibilità dell’impianto per ragioni illogiche e frutto di mutata volontà politica, ma avrebbe sempre tenuto distinte le funzioni gestionali da quelle politiche e si sarebbe sempre coerentemente espresso nel merito degli atti, nel rispetto delle proprie competenze, tanto che il T.A.R. non ha potuto annullare atti, ma ha censurato il comportamento tenuto dal Comune in conferenza dei servizi.

33.- Per le ragioni che precedono, gli appelli principali vanno accolti, con conseguente reiezione delle censure poste a base degli esaminati terzi motivi aggiunti di primo grado proposti dalla s.r.l. S.A.C.R.A.

Si deve pertanto passare all’esame delle ulteriori censure contenute nei medesimi motivi aggiunti e non esaminate dal primo giudice, riproposte in appello dalla società, nella parte in cui era stata censurata la violazione della l. n. 241 del 1990 e del d. lgs. n. 387 del 2003 in materia di funzionamento della conferenza dei servizi per non essere stata invitata la società alle sedute conclusive della conferenza dei servizi, cui è seguito l’atto di autotutela.

33.1.- Le censure riproposte in questa sede vanno respinte.

La società poteva infatti essere invitata alla conferenza dei servizi, svoltasi ai sensi dell’art. 12 del d. lgs. n. 387 del 2003, solo a titolo informativo.

Invero l’autorizzazione unica per la realizzazione dell’impianto in questione è rilasciata, ai sensi del comma 4 del medesimo art. 12, “ a seguito di un procedimento unico, al quale partecipano tutte le Amministrazioni interessate, svolto nel rispetto dei principi di semplificazione e con le modalità stabilite dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni e integrazioni .”

In tale conferenza di servizi tutti gli interessi pubblici, rilevanti in un certo ambito, sono palesati e confrontati e sono destinati a sintetizzarsi nel provvedimento finale.

In linea di principio, alla procedura in questione è quindi applicabile il comma 2 bis, dell'art. 14 ter, l. n. 241 del 1990 (introdotto dall'art. 9, l. 18 giugno 2009, n. 69), secondo il quale deve essere consentita la partecipazione, senza diritto di voto, del soggetto proponente il progetto, restando possibile la partecipazione, nella forma di audizione e a fini istruttori, di privati portatori di interessi che siano riconosciuti rilevanti nella valutazione del responsabile del procedimento (Consiglio di Stato, sez. VI, 15 luglio 2010, n. 4575).

Comunque la partecipazione di soggetti privati alla conferenza di servizi è prevista in veste informativa e collaborativa per quanto riguarda il procedimento volto alla valutazione del progetto, nei suoi aspetti tecnici, che possono essere utilmente approfonditi, se del caso, con l’apporto del proponente.

Quando invece tutti gli aspetti tecnici siano stati approfonditi (e non vadano di per sé discussi), e si tratti, come nella specie, di constatare la mancanza di un presupposto indefettibile per la sua relativa approvazione (mancanza che ha comportato l’illegittimità di atti precedenti), nel corso della rinnovata conferenza di servizi non è necessaria l’ulteriore partecipazione del proponente: come è avvenuto nella specie, la constatazione di una determinazione obiettivamente contraria – in precedenza erroneamente ritenuta favorevole – non necessita della presenza del proponente, sul cui progetto si è a suo tempo esaurita la discussione.

Pertanto, il mancato invito della s.r.l. S.A.C.R.A. alla ulteriore conferenza conclusiva non comporta l’illegittimità della determinazione finale che ha constatato l’obiettiva insussistenza di tutti i presupposti necessari per l’originario rilascio della autorizzazione.

34.- Consegue all’accoglimento degli appelli in esame, ed alla reiezione dei riproposti motivi dei terzi motivi aggiunti di primo grado riproposti in appello, la riforma dell’impugnata sentenza anche nella parte in cui ha accolto le richieste risarcitorie formulate dalla società S.A.C.R.A.: l'infondatezza dei motivi di ricorso comporta l'inaccoglibilità della domanda di risarcimento danni dei quali viene chiesto il ristoro, perché non è stato dimostrato il nesso di causalità tra essi danni e l'attività delle Amministrazioni intimate, non potendo essere considerata ingiusta o illecita la condotta da essa tenuta in esecuzione di provvedimenti riconosciuti legittimi (Consiglio Stato, sez. V, 14 febbraio 2011, n. 965).

35.- L’accoglimento degli appelli in esame comporta l’improcedibilità dell’appello incidentale proposto dalla Provincia di Grosseto, condizionato all’accoglimento delle argomentazioni contenute nell’atto di appello principale n. 2180 del 2014 del Comune, suscettibili di attribuzione alla Provincia della responsabilità in ordine ai danni asseritamente subiti dalla s.r.l. S.A.C.R.A. a seguito dell’annullamento dell’autorizzazione unica in precedenza rilasciata;
comporta inoltre l’assorbimento del primo motivo dell’appello principale n. 2599 del 2014 proposto dal Comune di Capalbio con il quale è stata censurata l’impugnata sentenza nella parte in cui ha sostenuto che il “ricorso principale” (recte: il terzo ricorso per motivi aggiunti) non poteva essere dichiarato improcedibile perché il venir meno dell’efficacia dell’atto di acquisto dei terreni su cui avrebbe dovuto sorgere l’impianto era stata conseguenza della determinazione della Provincia che rendeva irrealizzabile il progetto.

36.- Le considerazioni che precedono comportano anche l’inutilità della disamina dell’eccezione formulata nel ricorso in appello n. 2180 del 2014 dall’Associazione Italia Nostra Onlus, di inammissibilità del ricorso introduttivo in primo grado della s.r.l. S.A.C.R.A. per carenza di interesse (per essersi verificata la condizione risolutiva dei contratti stipulati il 30 novembre 2012, non sussistendo i presupposti per il risarcimento del danno e per rinuncia ai terreni da parte della società).

Diventa altresì irrilevante la disamina dell’eccezione formulata dalla società nell’appello n. 2180 del 2014 di tardività ed inammissibilità della produzione del verbale della conferenza dei servizi del 9 novembre 2012 e della richiesta di acquisizione istruttoria formulata dal Comune, non essendo tale documentazione rilevante ai fini del decidere.

37.- In conclusione vanno riuniti gli appelli principali in esame, vanno accolti entrambi e vanno respinte le censure poste a base dei terzi motivi aggiunti assorbite dal T.A.R. e riproposte in appello dalla s.r.l. S.A.C.R.A., va respinto l’appello incidentale proposto dalla società nel ricorso in appello n. 2180 del 2014 e va dichiarato improcedibile l’appello incidentale condizionato proposto dalla Provincia di Grosseto nel ricorso in appello n. 2599 del 2014.

Per l’effetto, in parziale riforma della prima decisione, vanno integralmente respinti i terzi motivi aggiunti proposti in primo grado, così come va respinta la richiesta di risarcimento del danno pure formulata in primo grado.

38.- Le spese del doppio grado di giudizio - quanto agli appellanti principali - seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo.

Con riferimento alla posizione dell’Associazione Italia Nostra Onlus e dei signori M F C ed A O, il collegio ravvisa ragioni per compensare, ai sensi degli artt. 26, comma 1, del c.p.a. e 92, comma secondo, del c.p.c., le spese del doppio grado di giudizio.

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