Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2018-03-01, n. 201801264
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Pubblicato il 01/03/2018
N. 01264/2018REG.PROV.COLL.
N. 07061/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7061 del 2016, proposto da F F, rappresentato e difeso dagli avvocati R L e S M, con domicilio eletto presso lo Studio Legale Liccardo Landolfi in Roma, via Ovidio, 20;
contro
il Comune di Galluccio, non costituitosi in giudizio;
nei confronti di
M T F, non costituitasi in giudizio;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. CAMPANIA - NAPOLI - SEZIONE VIII, n. 774/2016, resa tra le parti, concernente diniego di permesso di costruire in sanatoria;
Visto il ricorso in appello, con i relativi allegati;
Vista l’ordinanza della Sezione n. 4905 del 2016 di accoglimento della istanza di misure cautelari;
Vista la memoria difensiva;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del 5 dicembre 2017 il cons. Marco Buricelli e udito per la parte appellante l’avvocato R L;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.Con la sentenza n. 774 del 2016 l’ottava sezione del Tribunale amministrativo regionale per la Campania ha respinto il ricorso proposto dal signor F F avverso il provvedimento prot. n. 2354 del 10 maggio 2011 con il quale il Comune di Galluccio (CE) si è rifiutato di rilasciare al ricorrente il permesso di costruire in sanatoria richiesto dallo stesso F in relazione a opere realizzate in difformità parziale dalla concessione edilizia n. 5/1983, con riferimento a modesti ampliamenti di superficie e di volumetria realizzati nel piano interrato (un piccolo vano destinato a cantina), e “ tra la copertura della casa e il primo piano, con la realizzazione di un sottotetto ”, a quanto consta, non abitabile.
2.Con il ricorso n. r. g. 5109 del 2011 il signor F esponeva, in sintesi, di avere conseguito la concessione edilizia n. 5/1983 per la costruzione di un fabbricato bifamiliare in località “Mattei”;di avere ultimato i relativi lavori, con riferimento al rustico e al tetto di copertura, nel settembre del 1983, come si ricava anche dalla documentazione fotografica prodotta in giudizio;di avere presentato, il 30 settembre 1986, istanza di sanatoria ai sensi della l. n. 47/1985, per alcuni abusi commessi nel corso dei lavori, consistenti in modesti ampliamenti di superficie e di volume, riferibili peraltro a vani non abitabili e non residenziali, e che comunque i lavori, come detto, erano stati ultimati entro il 1° ottobre 1983;che il Comune aveva domandato documentazione integrativa, tra cui lo stato dei lavori, il grafico quotato, una perizia giurata sull’immobile, l’accatastamento e la ricevuta del pagamento degli oneri di urbanizzazione;di avere ottemperato alla richiesta producendo parte della documentazione in data 21 marzo 1991, ulteriori documenti il 6 ottobre 2004 e la prova del pagamento a saldo dell’oblazione nel giugno 2007;che l’Amministrazione, dopo che la Commissione condono, nella seduta del 26 giugno 2007, aveva dato parere favorevole sulla istanza, quasi tre anni dopo, con lettera del 17 maggio 2010, chiedeva al signor F di chiarire la differenza di destinazione d’uso del sottotetto tra i grafici dell’istanza di condono e le schede catastali, e delucidazioni sulla data di ultimazione delle opere, in quanto nell’atto di collaudo depositato la data suddetta veniva individuata nel 3 gennaio 1984;che, nonostante il deposito di documentazione integrativa ulteriore e di una dichiarazione sostitutiva di atto notorio attestante la data di ultimazione dei lavori, il Comune concludeva il procedimento rifiutando il rilascio del permesso in sanatoria ex l. n. 47 del 1985, essenzialmente perché la costruzione doveva considerarsi ultimata dopo il 30 settembre 1983, risultando, dalla documentazione integrativa prodotta, “ uno stato di consistenza dell’immobile non definito ”, non essendo rilevabile con certezza il completamento della copertura entro la data suindicata.
A sostegno del ricorso il signor F formulava un unico, articolato motivo, concernente violazione di legge ed eccesso di potere sotto svariati profili.
3.Con la sentenza n. 774 del 2016 il TAR ha respinto il ricorso, a spese compensate.
In particolare, la sentenza di primo grado ha:
- ritenuto che sulla istanza di condono non si sia formato il silenzio assenso, come viceversa sostenuto dal ricorrente, posto che, sulla base del costante orientamento della giurisprudenza, a tale fine occorre che la domanda sia conforme al modello legale previsto e che possieda quindi i requisiti necessari per essere accolta, oltre alla necessità di comprovare l’avvenuto completo pagamento delle somme dovute a titolo di oblazione, e all’integrale assolvimento degli oneri di documentazione;
- rilevato che per l’ultimazione dei lavori, in base a quanto dispone l’art. 31, comma 2, della l. n. 47/1985, secondo cui “ ai fini dell'applicazione delle regole sul condono, "si intendono ultimati gli edifici nei quali sia stato eseguito il rustico e completata la copertura, ovvero, quanto alle opere interne agli edifici già esistenti e a quelle non destinate alla residenza, quando esse siano state completate funzionalmente" , occorre la presenza delle tompagnature e della copertura;
- osservato che è onere del soggetto autore dell’abuso dare la prova della data della avvenuta ultimazione dei lavori, non bastando a tal fine la dichiarazione sostitutiva di atto notorio, che non assurge a prova idonea della data della realizzazione dell’abuso;e che solo la deduzione, da parte dell’autore dell’abuso, di elementi concreti, che non possono limitarsi a sole allegazioni documentali a sostegno delle proprie affermazioni, trasferisce l’onere della prova suddetto in capo all’Amministrazione;
- affermato che l’Amministrazione ha respinto in modo legittimo la domanda di condono, avendo riscontrato che la relazione di collaudo indica la data del 3 gennaio 1984 quale data di ultimazione dei lavori, e che la documentazione fotografica prodotta non è idonea a comprovare con certezza l’ultimazione delle strutture in epoca anteriore al 1° ottobre 1983;
- rilevato ancora che la circostanza addotta dal ricorrente secondo la quale il disarmo delle strutture in cemento armato sarebbe avvenuto a oltre 60 giorni di distanza dall’ultimazione delle opere appare difficilmente sostenibile a fronte dei tempi medi di maturazione del materiale e della usuale necessità di riutilizzo delle strutture provvisorie;
- ritenuto non superato dalle allegazioni di parte ricorrente il dato, risultante dalla relazione di collaudo, inerente alla ultimazione dei lavori alla data del 3 gennaio 1984, di tal che è corretta la motivazione del diniego di condono, e non può considerarsi formato il silenzio assenso sulla istanza.
4.Il signor F ha proposto appello con un unico motivo di gravame, articolato in più profili e imperniato, in particolare, sulla insufficiente valutazione di fatti e prove e sulla violazione del principio della tutela dell’affidamento.
Parte appellante deduce l’erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui il TAR ha ritenuto che la data di ultimazione dei lavori al 3 gennaio 1984, ricavata da quella del verbale di collaudo, non sarebbe stata smentita dalle allegazioni di parte.
L’erroneità di tale argomentazione risulta comprovata alla luce dell’art. 31 della l. n. 47/1985, in base al quale si intendono ultimati gli edifici nei quali sia stato eseguito il rustico e completata la copertura.
Dagli atti di causa risulta chiaramente dimostrato che alla data del 1° ottobre 1983 il fabbricato era stato eseguito al rustico con la copertura completata.
La data indicata nel verbale di collaudo attesta la data della stesura della “relazione, a struttura ultimata”, ma non attesta la data della ultimazione dei lavori, poiché la nozione di struttura ultimata ai fini del condono e ai fini della verifica statica è diversa.
A differenza di quanto si ritiene in sentenza, la documentazione fotografica e i preventivi di spesa in atti sono idonei a dimostrare il completamento delle opere in epoca anteriore al 1° ottobre 1983 e a smentire l’affermazione comunale secondo la quale il rustico sarebbe stato completato solo il 3 gennaio 1984.
In particolare, la foto del 10 agosto 1983 rende manifesto che a quella data il rustico era già in corso di ultimazione, mancando, per il suo completamento, la sola tamponatura del sottotetto e la posa delle tegole, lavori che sarebbero stati completati nei successivi 50 giorni.
Parte appellante rimarca di avere fornito elementi concreti e un principio di prova adeguato sulla data della ultimazione dei lavori (esecuzione al rustico e completamento della copertura) entro il 30 settembre 1983, sicché, diversamente da quanto ritenuto dal giudice di primo grado, nella specie doveva considerarsi già maturato il silenzio assenso sulla istanza di condono.
In conclusione, parte appellante ha chiesto a questo Consiglio di accogliere l’appello e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, di annullare il diniego di sanatoria del 10 maggio 2011, “ sussistendo i presupposti per l’accoglimento della domanda di condono, essendo già stata ultimata, alla data del 30 settembre 1983, la struttura, costituita dal rustico e dalla sua copertura, con conseguente accertamento, anche ai sensi dell’art. 31 del c.p.a., dell’obbligo dell’Amministrazione di provvedere al rilascio del permesso di costruire in sanatoria” , essendo già intervenuto, ai sensi dell’art. 35 della l. n. 47 del 1985, il silenzio accoglimento sulla domanda di concessione in sanatoria presentata dal ricorrente nel 1986.
Benché ritualmente intimato, il Comune non si è costituito.
L’istanza di misure cautelari è stata accolta, valutato il danno, grave e irreparabile, e tenuto anche conto della sopravvenuta notifica, nel luglio del 2016, di una “ ordinanza di demolizione delle opere abusive e di ripristino dello stato dei luoghi ”.
All’udienza del 5 dicembre 2017 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
5.L’appello è fondato e va accolto: il ricorso di primo grada andava accolto e il diniego di condono annullato.
E’ cruciale, per decidere, risolvere la questione relativa alla data della ultimazione delle opere entro il 1° ottobre 1983.
Diversamente da quanto ritenuto in sentenza, e come fondatamente osservato nell’atto di appello, dagli atti di causa risulta sufficientemente comprovato – o, comunque, certamente non smentito – che, alla data del 30 settembre 1983, i lavori potevano considerarsi ultimati.
Preliminarmente e in termini generali pare opportuno rammentare che, riguardo alla ultimazione dei lavori alla data del 1° ottobre 1983, l’articolo 31, comma 2, della l. n. 47 1985 specifica che “ si intendono ultimati gli edifici nei quali sia stato eseguito il rustico e completata la copertura ”;e che a questo proposito la giurisprudenza amministrativa ha in più occasioni precisato che “ ai fini del condono, per edifici “ultimati” si intendono quelli completi almeno al “rustico”. Costituisce principio pacifico che per edificio al rustico si intende un’opera mancante solo delle finiture (infissi, pavimentazione, tramezzature interne), ma necessariamente comprensiva delle tampognature esterne, che realizzano in concreto i volumi, rendendoli individuabili e esattamente calcolabili (cfr., fra le tante, Cons. Stato, sez. IV, 16 ottobre 1998, n. 130) ” (così Cons. di Stato, sez. VI, n. 4287/2015).
Nella specie, la documentazione allegata dal ricorrente e odierno appellante per comprovare che la “barriera temporale” del 1° ottobre 1983 non era stata infranta consiste in fotografie, perizie, fatture, oltre a una dichiarazione sostitutiva di atto notorio. Un cenno a parte merita il certificato di collaudo, nel quale si richiama “ la relazione a struttura ultimata, in data 3.1.1984, redatta dal direttore dei lavori…” .
Come si è rilevato sopra, al p. 3., l’Amministrazione, con argomentazione condivisa dal TAR, ha ritenuto la documentazione fotografica prodotta, insufficiente per comprovare con certezza l’avvenuta ultimazione dei lavori in un momento anteriore al 1° ottobre 1983.
Scendendo più in dettaglio, sulla base degli atti e dei documenti di causa appare, in effetti, tutt’altro che agevole tracciare una linea temporale di demarcazione sicura in ordine alla ultimazione dei lavori prima, o dopo, il 1° ottobre 1983.
Tuttavia, questo Collegio d’appello, diversamente da quanto opinato dal Giudice di primo grado, e come fondatamente rilevato dall’appellante nell’atto di impugnazione e nella memoria del 2 novembre 2017, ritiene che, alla stregua della documentazione probatoria complessivamente fornita dal ricorrente e odierno appellante, risulti comprovata in maniera adeguata l’ultimazione delle opere al rustico alla data del 1° ottobre 1983.
Tale conclusione è ricavabile anzitutto alla luce della fotografia del 10 agosto 1983, in atti, nella quale appare una struttura quasi completata al rustico. Sono presenti le chiusure esterne sui due piani, mancando solo la chiusura tra copertura esterna e soffitto dell’ultimo piano. La copertura sembra in fase di ultimazione apparendo mancante, rispetto alla foto del 2015, solo una minima parte di copertura sul lato destro. Alla data del 10 agosto 1983 la struttura sembra pressoché ultimata al rustico in quanto tra copertura e rifiniture esterne il manufatto risulta quasi completamente individuato nelle sue caratteristiche dimensionali e strutturali necessarie ai fini della quantificazione del volume, non essendo più modificabile.
E se anche la foto non risulta pienamente definita, oltre a fotografare lo stato dell’edificio solo da un lato, la stessa, come sottolinea parte appellante, non costituisce l’unico elemento addotto dal signor F a sostegno della tesi della ultimazione dei lavori al rustico entro il 1° ottobre 1983.
Quanto precede trova conferma in alcuni documenti, in gran parte prodotti in primo grado, e in parte depositati solo in grado di appello (ma si tratta di documentazione comunque ammissibile, ai sensi dell’art. 104, comma 2, del c.p.a.: né del resto v’è alcun argomento ostativo alla produzione di documenti nuovi sotto l’aspetto della non necessità degli stessi per decidere la causa).
Parte ricorrente ha depositato, a sostegno, anzitutto il preventivo redatto in data 11 novembre 1983 dalla ditta Laboratorio di falegnameria Verrecchia Vincenzo di Filignano (IS) a seguito del sopralluogo effettuato il 24 settembre 1983 presso il rustico del fabbricato. Ha prodotto, poi, la bolla di accompagnamento degli infissi, realizzati e consegnati dalla ditta Verrecchia in data 24 novembre 1983, e le fatture emesse dalla ditta Verrecchia nei confronti del signor F F relative agli infissi e ai controtelai, ricevute dal ricorrente in data 22 dicembre 1983.
Pare evidente come la documentazione relativa alle rifiniture non possa che riguardare, secondo logica, un manufatto già strutturalmente completato.
Nel dare atto della difficoltà per il ricorrente di reperire documentazione certa in ordine alla data di ultimazione del rustico, in seguito alla richiesta di chiarimenti del Comune inoltrata nel maggio del 2010, vale a dire parecchi anni dopo l’esecuzione dei lavori, occorre convenire con l’appellante là dove rileva che la misurazione di finestre, balconi e infissi esterni, effettuata nel corso del sopralluogo svoltosi in data 24 settembre 1983, presupponeva il completamento delle tamponature e, quindi, la realizzazione e ultimazione del sottotetto (ovvero del rustico) entro il termine del 30 settembre 1983.
Se a ciò si aggiunge la dichiarazione sostitutiva dell’atto notorio, sottoscritta non solo dai F ma anche dal direttore dei lavori dell’epoca, risulta del tutto superato uno degli argomenti–cardine a sostegno della insufficiente dimostrazione della ultimazione delle opere al rustico entro il 1° ottobre del 1983, vale a dire quello per cui il verbale di collaudo in atti comproverebbe l’avvenuto completamento della struttura soltanto alla data del 3 gennaio 1984, ossia circa tre mesi dopo lo scadere del limite temporale di legge del 1° ottobre 1983.
A quest’ultimo proposito, precisato che in un primo tempo – nel 2007, all’epoca dell’espressione del parere favorevole dato dalla Commissione di condono – l’elemento della ultimazione dei lavori al 3 gennaio del 1984, ricavabile dal verbale di collaudo, era stato considerato meramente indicativo e non probante, è corretto quanto indicato dalla parte appellante e, cioè, che la data del 3 gennaio 1984 indicata nel certificato di collaudo era riferita alla stesura della relazione, a struttura ultimata, redatta dal direttore dei lavori, e appare plausibile “ che l’ultimazione ben poteva essere avvenuta già da tempo” ;che, cioè, ciò si fosse verificato dopo il disarmo di tutte le strutture in cemento armato, possibile soltanto dopo un lungo periodo di maturazione del cemento.
E’ corretto dunque considerare che le risultanze del verbale di collaudo appaiono smentite dalla documentazione complessiva prodotta in giudizio.
Dagli atti risulta dunque sufficientemente comprovato che il “criterio di esecuzione del rustico” mediante il completamento della copertura debba ritenersi, del tutto ragionevolmente, essere stato soddisfatto sin dal settembre del 1983.
Non può dirsi quindi che il formarsi del titolo edilizio implicito in sanatoria era stato impedito dalla mancanza del presupposto, essenziale per l’applicazione del condono, costituito dalla ultimazione delle opere entro il 30 settembre 1983.
Sulla base delle considerazioni esposte sopra si ricava che nella specie sussistevano le condizioni per l’accoglimento della domanda di condono, risultando adeguatamente comprovata l’avvenuta ultimazione, alla data del 30 settembre 1983, della struttura, costituita dal rustico e dalla sua copertura, sicché, dovendosi ritenere positivamente maturato il termine biennale per la formazione del silenzio assenso di cui all’art. 35 della l. n. 47 del 1985, e sempre che non vi siano elementi ostativi ulteriori, il Comune è da considerarsi tenuto a rilasciare all’appellante il permesso di costruire in sanatoria, entro 60 giorni dalla comunicazione in via amministrativa della presente sentenza, ovvero dalla notificazione della stessa, se anteriormente avvenuta.
Le spese del doppio grado del giudizio possono essere compensate per la metà, in via eccezionale, in considerazione delle singolarità della vicenda amministrativa per come si è svolta.
Per la restante metà le spese del doppio grado seguono come di regola la soccombenza e si liquidano nel dispositivo.