Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2015-09-15, n. 201504322

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2015-09-15, n. 201504322
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201504322
Data del deposito : 15 settembre 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 04464/2013 REG.RIC.

N. 04322/2015REG.PROV.COLL.

N. 04464/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4464 del 2013, proposto da:
G M M, rappresentato e difeso dall'avv. B P, con domicilio eletto presso l’avv. B P in Roma, viale Angelico n. 301;

contro

Ministero dell'Interno e Presidenza del Consiglio dei ministri, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE I BIS n. 01070/2013, resa tra le parti, concernente rettifica del ruolo ed attribuzione di un incarico di funzione correlato alla qualifica posseduta di dirigente superiore


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno e della Presidenza del Consiglio dei ministri;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 luglio 2015 il Cons. Angelica Dell'Utri e uditi per le parti l’avv. Raffaele Cavaliere, su delega di B P, e l'avv. dello Stato Tito Varrone;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con atto notificato il 28 e 29 maggio 2013 l’ing. G M M ha appellato la sentenza 30 gennaio 2013 n. 1070 del TAR per il Lazio, sede di Roma, sezione I bis , non notificata, con la quale è stato dichiarato inammissibile il suo ricorso diretto ad ottenere il riconoscimento del diritto ad essere inserito nel ruolo dei dirigenti del Corpo nazionale del vigili del fuoco con la qualifica di dirigente superiore, alla corrispondente rettifica del ruolo stesso ed alla ricostruzione della carriera.

L’appellante ha esposto in fatto di essere stato inquadrato dal 18 giugno 1974 nel ruolo del Corpo nazionale del vigili del fuoco e di aver conseguito la promozione a primo dirigente con decorrenza dal 1° luglio 1983. Egli però prestava servizio in posizione di comando dal 1985 al 1988 presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, nel cui ruolo dei consiglieri era inquadrato dal 1° gennaio 1989;
era promosso a dirigente superiore dal 1°gennaio 1990 per turno di anzianità e poi dal 1° gennaio 1989 quale vincitore di concorso. Transitato dall’8 giugno 2000 nel ruolo unico dei dirigenti di tutte le amministrazioni dello Stato, prestava servizio presso il Ministero del lavoro, ottenendo anche l’autorizzazione alla permanenza in servizio sino al 67° anno di età. A seguito dell’abolizione del detto ruolo unico in data 29 luglio 2003 chiedeva di optare per il reinquadramento nel ricostituito ruolo dei dirigenti della Presidenza del Consiglio dei ministri, la quale tuttavia comunicava che l’opzione doveva essere esercitata presso l’Amministrazione di accesso iniziale alla qualifica dirigenziale, cioè presso il Ministero dell’interno, Dipartimento dei vigili del fuoco. Accettato l’incarico (in base alla mobilità interministeriale e non come riammissione in servizio) di addetto al Comando provinciale di Milano (vice comandante), assumeva servizio dal 1° settembre 2004. Peraltro, con nota pervenuta al detto Comando il 16 febbraio 2005 la Direzione centrale per le risorse umane del Dipartimento comunicava di non considerare una continuità di servizio, dunque di non voler applicare la legge n. 142 del 2002 col relativo regolamento né il d.lgs. 343 del 2003, trattandosi di riammissione in servizio e non di mobilità interministeriale;
ciò riconfermava con note del 17 maggio e 1° luglio 2005. Con d.lgs. 13 ottobre 2005 n. 217 era istituito il ruolo dei dirigenti superiori del vigili del fuoco, in cui egli chiedeva invano di essere collocato. Promuoveva perciò il tentativo obbligatorio di conciliazione e, scaduti i prescritti termini, in data 17 marzo 2006 adìva ex art. 700 c.p.c. il giudice del lavoro, poi dichiaratosi privo di giurisdizione, e poco dopo, il 4 aprile 2006, chiedeva davanti al TAR per il Lazio la declaratoria del diritto al riconoscimento della promozione, della continuità del servizio, delle funzioni e degli incarichi svolti e dell’inquadramento come primo del ruolo, con condanna dell’Amministrazione alla rettifica del ruolo stesso, alla ricostruzione di carriera ed a tutte le conseguenze di carattere economico. Come detto, il ricorso era dichiarato inammissibile. Nelle more del giudizio era collocato in pensione dal 1° febbraio 2008.

In diritto l’ing. M, sintetizzate le deduzioni di primo grado, ha formulato i seguenti motivi:

1.- Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 3 del d.lgs. n. 104/2010 per carenza assoluta di motivazione della sentenza impugnata. Erronea qualificazione della situazione giuridica soggettiva vantata dal ricorrente. Erronea qualificazione dell’azione proposta. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 3, co. 4, della legge n. 145/2002, dell’art. 2, co. 2 e 3, del d.P.R. n. 108/2004, dell’art. 9, co. 5 bis , del d.lgs. n. 303/1999, così come introdotto dall’art. 2, co. 2, del d.lgs. n. 343/2003. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 3 della Costituzione.

Il TAR ha configurato come di interesse legittimo la sua posizione soggettiva a fronte della nota ministeriale pervenuta il 16 febbraio 2005, di diniego di riconoscimento della continuità di servizio, dunque di diniego di applicazione della legge n. 145 del 2002 e del d.lgs. n. 343 del 2003;
ha perciò ritenuto che tale nota doveva essere impugnata nel termine decadenziale previsto dall’art. 21 della legge n. 1034 del 1971, ma impugnazione non vi era stata. Con tale scarna motivazione il TAR non ha esternato l’ iter logico seguito.

Le conclusioni a cui è pervenuto non sono condivisibili poiché egli ha proposto azione non di impugnazione, bensì di accertamento e la lesione denunciata riveste natura di diritto soggettivo scaturente direttamente dal quadro normativo in rubrica, non residuando alcuno spazio per interventi autoritativi dell’amministrazione. Pertanto la domanda non era soggetta al predetto termine decadenziale, pena altrimenti porre il ricorrente su un piano diverso rispetto al suo omologo privatizzato in spregio al fondamentale principio costituzionale di uguaglianza.

2.- Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 4 della legge n. 252/2004. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 3 della Costituzione.

Il rapporto d’impiego del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco è stato sottoposto al regime privatistico sino al 31 dicembre 2005 per transitare in quello pubblicistico dal 1° gennaio 2006, data di entrata in vigore dell’ordinamento del personale del Corpo di cui al d.lgs. 13 ottobre 2005 n. 217, tenuto conto che l’art. 4 della legge delega 30 settembre 2004 n. 252 stabilisce l’applicazione delle vigenti disposizioni normative e contrattuali fino all’entrata in vigore dei previsti decreti legislativi. Le vicende in questione si collocano prima del passaggio delle relative controversie nell’ambito della giurisdizione amministrativa. Per il solo fatto del mutamento di giurisdizione, ancorare all’emanazione di un provvedimento illegittimo e sottoporre a termine di decadenza l’azione involgente fatti e rapporti anteriori al 31 dicembre 2005 ed alla stessa legge delega significa operare una discriminazione di tutela esterna, rispetto all’omologo privatizzato, ed interna, rispetto alla stessa situazione dedotta in giudizio.

3.- Violazione e falsa applicazione dell’art. 4 della legge n. 252/2004. Violazione e falsa applicazione dell’art. 21 della legge n. 1034/1971. Omessa valutazione di documenti depositati in atti. Errore scusabile. Rimessione in termini.

Quand’anche dovesse ritenersi che la posizione soggettiva azionata e l’azione proposta siano qualificabili come interesse legittimo ed azione di annullamento soggetta al termine decadenziale, va tenuto conto che il mutamento di giurisdizione è avvenuto a far data dal 1° gennaio 2006, che il ricorrente ha promosso il tentativo obbligatorio di conciliazione con raccomandata del 3 dicembre 2005, che nei prescritti termini ha proposto ricorso ex art. 700 cod. proc. civ. e subito dopo ricorso al giudice amministrativo (mentre avrebbe potuto attendere l’esito del giudizio dinanzi all’ago e riassumerlo dinanzi al TAR) e che le vicende si collocano prima del mutamento di giurisdizione, nonché della disposizione transitoria di cui all’art. 4 e dell’assenza di termini decadenziali per le questioni insorte precedentemente. Ciò depone per la tempestiva proposizione del ricorso o, comunque, per l’esistenza di complessi dubbi interpretativi che giustificano la rimessione in termini per errore scusabile.

4.- Omessa pronuncia sul merito del ricorso e sulla domanda di accertamento proposta con il ricorso di primo grado.

L’erronea declaratoria di inammissibilità comporta l’esame del merito della controversia, fondata sulla violazione dell’art. 3, co. 4, della legge n. 145/2002, dell’art. 2, co. 2 e 3, del d.P.R. n. 108/2004 e dell’art. 9, co. 5 bis , del d.lgs. n. 303/1999 come introdotto dall’art. 2, co. 2, del d.lgs. n. 343/2003, che attribuivano al ricorrente il diritto soggettivo perfetto alla qualifica di dirigente superiore già conseguita ed alla continuità del servizio, con ogni conseguenza sia in termini economici che di progressione di carriera.

In data 18 giugno 2013 il Ministero dell’interno e la Presidenza del Consiglio dei ministri si sono costituiti in giudizio ed in date 13 settembre 2013 e 21 maggio 2015 hanno depositato documenti.

La causa è stata introitata in decisione all’udienza pubblica del 9 luglio 2015.

Ciò posto, quanto alla prima censura di difetto di motivazione della sentenza appellata, si osserva che, com’è noto, l’inadeguatezza della motivazione della sentenza impugnata, se anche dimostrata, non ne imporrebbe ex se la riforma, in quanto al carattere devolutivo dell'appello consegue la necessità di riesaminare comunque il thema decidendum sostanziale del giudizio di primo grado, naturalmente ove reintrodotto nel giudizio di secondo grado.

In quest’ottica, considerato che nell’intero contesto dell’appello dell’ing. M, segnatamente nel quarto motivo, si insiste sulla fondatezza della domanda proposta in primo grado, può soprassedersi dalla trattazione delle restanti doglianze avanzate nei primi tre motivi diretti a contestare la declaratoria di inammissibilità del ricorso, la cui eventuale riforma non comporterebbe che l’esame nel merito della medesima domanda, per pervenire immediatamente ad affrontare appunto il thema decidendum sostanziale.

Si tratta, pertanto, di stabilire se sia applicabile o meno alla dirigenza del Corpo nazionale dei vigili del fuoco il disposto della legge 15 luglio 2002 n. 145, del d.P.R. 23 aprile 2004 n. 108 e del d.lgs. 5 dicembre 2003 n. 343, i quali, nell’abolire il ruolo unico dei dirigenti dello stato ed istituire nuovamente i singoli ruoli di ciascuna amministrazione, assicurano la mobilità dei dirigenti stessi (art. 3, co. 4, della l. n. 145 del 2002, che sostituisce l’art. 23 del d.lgs. 30 marzo 2001 n. 165, recante norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), l’inquadramento secondo il criterio di anzianità maturata nella fascia di appartenenza con indicazione degli incarichi conferiti (art. 2, co. 2 e 3, del d.P.R. n. 108 del 2004, recante regolamento per l’istituzione, l’organizzazione ed il funzionamento del ruolo dei dirigenti delle amministrazioni dello Stato) e l’equiparazione a tutti gli effetti giuridici e di carriera del servizio prestato in posizione di comando, fuori ruolo o analoga presso la Presidenza del Consiglio dei ministri al servizio presso le amministrazioni di appartenenza (art. 9, co. 5 bis, del d.P.R. 30 luglio 1999 n. 303, recante ordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri, introdotto dall’art. 2, co. 2, del d.lgs. n. 343 del 2003).

Al quesito deve darsi risposta negativa.

Nonostante la c.d. “privatizzazione” e già anteriormente all’istituzione del menzionato ruolo unico (art. 23, d.lgs. 3 febbraio 1993 n. 29, come sostituito dall’art. 15, d.lgs. 31 marzo 1998 n. 80, e poi modificato dall’art. 8, d.lgs. 29 ottobre 1998 n. 387) erano mantenute ferme le vigenti norme in materia di accesso alle qualifiche dirigenziali dei vigili del fuoco, unitamente a quelle della carriere diplomatiche e prefettizie, delle Forze di polizia e delle Forze armate (art. 28 del cit. d.lgs. n. 29 del 1993, come mod. dall’art. 5 bis, co. 5, del d.l. 12 maggio 1995 n. 163 come conv. con mod. dalla l. 11 luglio 1995 n. 273), evidentemente in virtù della specialità di tali carriere.

In sede contrattuale, poi, l’art. 28, co. 11,

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