Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2022-04-06, n. 202202547

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2022-04-06, n. 202202547
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202202547
Data del deposito : 6 aprile 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 06/04/2022

N. 02547/2022REG.PROV.COLL.

N. 06028/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6028 del 2015, proposto dal sig. V N, nonché, in qualità di eredi, dai sigg. C C, T N, S N e G N, rappresentati e difesi dall’avvocato A F, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato G P in Roma, via B. Tortolini, n. 30;

contro

Comune di Pollica, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Giuseppe D’Amico, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato D C in Roma, via della Vite, n. 27;
Ministero della cultura (già Ministero per i beni e le attività culturali), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sezione staccata di Salerno (Sezione Prima), n. 00055/2015, resa tra le parti, concernente diniego condono edilizio, rimozione opere abusive e ripristino dello stato dei luoghi.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Pollica e del Ministero della cultura;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 7 ottobre 2021 il consigliere Andrea Pannone;

Nessuno è comparso per le parti costituite;

Viste le conclusioni delle parti come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

A) La sentenza, qui impugnata, del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sezione staccata di Salerno (Sezione Prima), 9.01.2015, n. 55, ha statuito, per quel che qui rileva quanto segue.

<<In data 23 settembre 2003, il sig. V N, odierno [appellante], otteneva dal Comune di Pollica il permesso di costruire n. 31, avente come oggetto la realizzazione di una vasca interrata per raccolta dell’acqua nel fondo di sua proprietà, sito alla località Scaravitoli.

In data 11 dicembre 2003, il Comune di Pollica rilasciava al sig. N il permesso di costruire n. 52, in variante al precedente, per “diversa ubicazione” della vasca per raccolta acqua;
risulta dalla richiesta presentata che tale vasca “si rende necessaria onde sfruttare l’acqua a vantaggio delle colture praticate in azienda”, che essa sarà “eseguita interamente nel terreno … con solaio in laterocemento” e che “soprastante il solaio, sarà rimesso nuovamente il terreno rimosso”, “il tutto senza alterazione dello stato dei luoghi, in quanto non vi saranno modifiche alla profilatura del terreno”>>.

In data 13 gennaio 2005, da sopralluogo dell’Ufficio tecnico comunale risultava che sulla proprietà del sig. N erano stati realizzati i seguenti abusi edilizi:

a. un corpo di fabbrica di m 10 x 5, in calcestruzzo armato, avente altezza interna di m 2,70, portato alla luce mediante la rimozione del terreno circostante;

b. sul prospetto valle del corpo di fabbrica, due vuoti per predisposizione porta e uno per finestra;
sui prospetti laterali, altri tre vuoti per predisposizione finestre;

c. sul retro del manufatto, uno sbancamento di terreno e travi di fondazioni con una platea in calcestruzzo, per una superficie di circa mq. 50;

d. sul retro del fabbricato, predisposizione di un muro di contenimento in calcestruzzo armato, con ferri di armatura parzialmente posti in opera;

e che la struttura si presentava al grezzo, priva di ogni finitura.

Sempre in data 13 gennaio 2005, il responsabile U.T.C. di Pollica emetteva l’ordinanza n. 5, di sospensione dei lavori, notificata il giorno stesso al sig. N.

In data 18 gennaio 2005, il sig. N dichiarava di aver sospeso i lavori e chiedeva di poter ripristinare lo stato dei luoghi (prot. n. 393).

In data 31 gennaio 2005, il sig. N presentava istanza di “condono ambientale”, ai sensi della legge n. 308/2004 per gli abusi realizzati (prot. n. 736), come sopra descritti.

Riferisce il Comune di Pollica che, in data 5 gennaio 2006, con nota n. 507, la Soprintendenza di Salerno esprimeva per la prima volta parere contrario in merito all’istanza prodotta dal sig. N. E che in data 28 febbraio 2006, il sig. N chiedeva il riesame del diniego di condono ambientale (prot. n. 1767).

In seguito a ciò, in data 30 marzo 2007, con nota n. 15706, la Soprintendenza esprimeva parere contrario in merito all’istanza di riesame del condono prodotta dal sig. N.

In data 22 giugno 2007, con nota n. 4877, il Responsabile U.T.C., “ritenuto di doversi attenere al parere contrario espresso dalla Soprintendenza”, emetteva provvedimento di diniego del condono ambientale.

In data 20 luglio 2007, il sig. N presentava nuova richiesta di riesame della pratica di condono ambientale (prot. n. 5752), “avendo apportato delle modifiche al progetto di completamento”.

Con un primo ricorso (n. 1619 del 2007), il sig. N impugnava il diniego di condono ambientale n. 4877/2007, in una al parere contrario n. 15706/2007.

Nelle more del giudizio, con nota n. 29044 del 24 ottobre 2007, in riscontro alla richiesta di riesame, la Soprintendenza comunicava che “le modifiche introdotte nell’ipotesi di completamento non sono tali da consentire una revisione” del parere n. 15706 del 30 maggio 2007 già reso e da intendersi perciò “integralmente richiamato”.

In data 9 gennaio 2008, con nota n. 175, il Responsabile U.T.C. reiterava il provvedimento di diniego del condono ambientale ai sensi della legge n. 308/2004.

Con motivi aggiunti il sig. N chiedeva l’annullamento del provvedimento n. 175/2008 e del parere n. 29044/2007.

In data 7 maggio 2009, l’U.T.C., a seguito di nuovo sopralluogo nell’area del sig. N, riscontrava che sul manufatto, già oggetto di richieste di condono come sopra enunciate, erano stati effettuati ulteriori lavori:

a. infissi esterni, posa in opera di pavimenti, rivestimenti, impianti elettrico ed idrico e di un bagno completo di tutti gli accessori;

b. antistante e ai due lati del manufatto, una platea in cls avente forma irregolare e una superficie di circa 100 mq per un’altezza media fuori terra di cm 15;

c. recinzione del terreno mediante posa in opera di pali in legno, infissi al suolo, rete metallica plastificata e telo ombreggiante verde, in fase di ultimazione;

d. in prossimità della strada che costeggia la proprietà, un getto in cls per una superficie di circa mq. 30 destinato (secondo dichiarazioni del sig. N) alla posa di un cancello in legno per ultimare l’opera di recinzione.

Dopo la diffida verbale dall’eseguire ulteriori lavori, contestuale al sopralluogo, in data 14 maggio 2009 il Responsabile dell’U.T.C. emanava l’ordinanza n. 34, di sospensione dei lavori.

In data 16 giugno 2009, veniva data al sig. N comunicazione di avvio del procedimento per il ripristino dello stato dei luoghi, in relazione agli abusi constatati in sede di sopralluogo del 7.5.2009.

In data 1° settembre 2009, il Responsabile U.T.C. adottava l’ordinanza n. 60, notificata il 9 settembre successivo, con la quale, in applicazione dell’art. 167, d.lgs. n. 42/2004, e dell’art. 31 del D.P.R. n. 380/2001, si ordinava al sig. N di provvedere, entro il termine di giorni novanta dalla data di notifica, alla rimozione delle opere edili abusive e al ripristino dello stato dei luoghi.

In data 11 agosto 2011, veniva inviata al sig. N (con nota n. 7390) la relazione di accertamento della inottemperanza (n. 7368/2011) alla ordinanza n. 60/2009, riscontrata in sede di sopralluogo effettuato il 9 agosto precedente.

Con ricorso (n. 284 del 2012) il sig. N chiedeva l’annullamento del provvedimento n. 7368/2011, della nota n. 7390/2011, dell’ordinanza n. 60/2009.

<<Il Collegio ritiene di dover preliminarmente procedere alla riunione dei giudizi nn. 1619/2007 e 284/2012, per evidenti ragioni di connessione oggettiva e soggettiva.

Le doglianze di parte ricorrente sono infondate e devono essere respinte>>.

L’oggetto del contendere riguarda la trasformazione di una vasca interrata per la raccolta dell’acqua, in un fabbricato fuori terra per civile abitazione.

<<In particolare, l’istanza di condono ambientale da parte dell’odierno ricorrente ha come oggetto le opere abusive rilevate nel sopralluogo dell’Ufficio tecnico comunale del 13 gennaio 2005: lo sbancamento del terreno circostante la vasca interrata (la quale soltanto era stata assentita), necessario a portare alla luce il corpo di fabbrica;
la platea in calcestruzzo, il muro di contenimento, le nuove superfici utili (nell’accezione sopra illustrata) derivate dalla diversa fruibilità del manufatto, e di cui sono prova i “due vuoti per predisposizione porta e uno per finestra” e “sui prospetti laterali, altri tre vuoti per predisposizione finestre”.

Sicché non può fondatamente sostenersi, come vorrebbe parte ricorrente, che “viene in rilievo un piccolissimo manufatto che si estende su un unico piano”, senza incorrere in una rappresentazione affatto parziale della realtà.

Non convince dunque il ricorrente quando afferma che “non è possibile non considerare gli effetti della legittima esistenza del corpo di fabbrica che determina l’inutilità di riportare la prescrizione urbanistica, avendo il competente Comune effettuato tale valutazione al momento della costruzione”. Né laddove sostiene che trattasi di condono per opere eseguite su immobile esistente e che vengono in rilievo solo opere di rifinitura – addirittura migliorative per il paesaggio circostante – del corpo di fabbrica legittimamente realizzato.

La valutazione del Comune – in sede di rilascio del p.d.c. – aveva infatti ad oggetto un’opera diversa, completamente interrata e del tutto impercettibile dall’esterno (come dichiarato dallo stesso ricorrente nella relazione tecnica allegata alla richiesta di p.d.c. in variante).

Mentre l’opera per la quale viene chiesto il condono ambientale è il risultato di un rilevante sbancamento del terreno, circostante la vasca, per il quale nessun permesso è stato mai richiesto né rilasciato e che pertanto è totalmente abusivo>>.

<<La disciplina del condono ambientale non ha mutato i parametri per il rilascio del parere soprintendentizio, che resta legato alla compatibilità dell’intervento con il contesto paesaggistico.

Orbene, nell’impugnato parere n. 15706/2007, la Soprintendenza muove dalle seguenti premesse:

- la località interessata dall’intervento ricade nella perimetrazione del Parco nazionale del Cilento e Vallo di Diano, giusta d.P.R. 5 giugno 1995, patrimonio dell’Unesco;

- l’intervento ricade in ambito di particolare pregio ambientale-paesaggistico, costituito dal contesto collinare e destinato dal vigente piano regolatore comunale a “zona M verde privato di tutela”, che “comprende le aree inedificate private, che per motivi di tutela delle visuali panoramiche e prospettiche, della configurazione degli spazi urbani, della qualità insediativi, della sicurezza residenziale, debbono essere nella misura massima possibile conservate e mantenute nella condizione di aree verdi e permeabili con la presenza di arbusti, nonché di alberature con specie decorative e/o da frutto obbligatoriamente autoctone”.

Tale richiamo alla destinazione urbanistica non vale a fondare la censura di sviamento di potere, sollevata dal ricorrente, costituendo piuttosto un elemento ad adiuvandum nell’apprezzamento della rilevanza paesaggistica del sito.

Di fatto, il parere negativo si fonda una serie di considerazioni, tutte afferenti all’area di competenza del Ministero:

a. l’intervento ha determinato rilevanti sbancamenti e movimenti di terra, resisi necessari per portare a emersione la struttura cementizia della vasca onde trasformarla in civile abitazione (e altri ne renderà necessari laddove dovesse essere portata a compimento la previsione di trasformare il manufatto in civile abitazione, così come indicato nel progetto di completamento che ipotizza la realizzazione di viabilità di accesso e di muri di contenimento);

b. le opere oggetto di sanatoria consistono nell’abusiva realizzazione di un manufatto interamente in calcestruzzo cementizio armato di circa 150 metri cubi, realizzato in variazione essenziale (per le ragioni sopra esposte, non può in questo caso parlarsi di abuso minore) rispetto all’autorizzazione originariamente rilasciata dal comune di Pollica (n. 52/2003) per la costruzione di una vasca di raccolta acque, completamente interrata;

c. la stabilizzazione e il completamento dell’intervento abusivo introdurrebbero un elemento di notevole alterazione del paesaggio collinare, incidendo negativamente sull’immagine paesaggistica del sito;

d. ciò vanificherebbe anche le specifiche disposizioni dello strumento urbanistico, che in questa sede vengono richiamate in considerazione della coincidenza dei fini, i.e. la tutela del paesaggio e la garanzia dell’equilibrato rapporto tra aree edificate e aree verdi.

Quanto all’avvenuto pagamento della sanzione pecuniaria di cui all’art. art 167, d.lgs. n. 42/2004, esso costituisce condizione necessaria ma non sufficiente per l’ottenimento del condono ambientale.

Nemmeno rileva – ai fini della asserita illegittimità del provvedimento – il richiamo alla necessità, da parte del Comune, di disporre la demolizione: in disparte ogni valutazione di merito, tale indicazione da parte della Soprintendenza non ha natura provvedimentale e non risulta immediatamente lesiva degli interessi del ricorrente.

Deve infine essere respinta la censura di carenza di motivazione della determinazione comunale di diniego del condono, attesa la congruità del rimando al contrario parere soprintendentizio, le cui conclusioni il Comune ha del tutto ragionevolmente ritenuto di per sé impeditive di una decisione favorevole all’istante.

Quanto alla integrità del contraddittorio procedimentale – che il ricorrente asserisce violata in relazione sia all’art. 7 sia all’art. 10-bis, legge n. 241/1990, in occasione del diniego n. 4877/2007 come del n. 175/2008 – rileva il Collegio che:

a. i provvedimenti adottati scaturiscono da due richieste di riesame (n. 1767/2006 e n. 5752/2007) e da successive integrazioni documentali richieste dalla Soprintendenza (note nn. 8117 e 1239/2007) e soddisfatte dal ricorrente (nn. 1181 e 10289/2007);
sicché, al di là dell’elemento formale, la partecipazione del sig. N all’azione amministrativa deve ritenersi non solo assicurata in potenza ma altresì dispiegata in atti;

b. l’Amministrazione ha dimostrato in sede processuale che i provvedimenti adottati giammai avrebbero potuto avere esito favorevole all’istante, risultando esclusa in maniera evidente la natura di “abusi minori” delle opere realizzate;
sicché, in applicazione dell’art. 21-octies della stessa legge n. 241/1990, non può essere ritenuta la illegittimità dei provvedimenti impugnati.

La infondatezza dei vizi allegati in ordine al primo ricorso rende ragione del rigetto delle censure di illegittimità derivata contenute nel ricorso per motivi aggiunti.

Del pari infondata è la doglianza di difetto di motivazione del diniego di condono n. 175/2008, fondato sul parere n. 29044/2007, in relazione al diverso progetto di completamento presentato dal ricorrente, che prevede il parziale interramento del manufatto e la ricostruzione del declivio naturale, riducendo al minimo la visibilità del costruito.

Osserva infatti correttamente la Soprintendenza che qualunque parere in sede di istanza di condono non avrebbe potuto essere commisurato ad altro che all’esistente, non rilevando al riguardo possibili interventi futuri.

Gli impugnati provvedimenti, dunque, fondandosi nella sostanza su un (legittimo) diniego di riesame, hanno contenuto meramente confermativo dei precedenti, dei quali mutuano la legittimità.

In ordine alla impugnazione della ordinanza di demolizione n. 60/2009, notificata il 9 settembre 2009, il ricorrente invoca la rimessione in termini per errore scusabile dovuto alla omessa indicazione, all’interno del provvedimento, della possibilità di impugnazione, dell’Autorità cui ricorrere, del termine entro cui presentare gravame, in violazione dell’art. 3, c. 4, legge n. 241/1990.

L’istanza non può trovare accoglimento (Cons. di Stato, Ad. plen. n. 2/2001).

Orbene, nessuna giustificata incertezza sugli strumenti di tutela utilizzabili da parte del destinatario dell’atto può trovare riscontro nel caso in esame, avendo il ricorrente già proposto ricorso davanti a questo Tribunale in relazione alla medesima vicenda.

In disparte la tardività del ricorso, deve comunque rilevarsi l’infondatezza dei motivi di illegittimità introdotti dal ricorrente in relazione all’ordinanza n. 60/2009:

- le opere sanzionate con l’ordinanza di demolizione sono state realizzate in assenza di titolo edilizio e in carenza di nulla osta paesaggistico;

- la domanda di condono ambientale, comunque riguardante solo una parte delle opere abusive di cui è ordinata la rimozione (quelle realizzate prima del 2005), è stata (legittimamente, come si è acclarato) rigettata dal Comune di Pollica sulla scorta del parere negativo della competente Soprintendenza;

- gli interventi sanzionati, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, non possono in alcun modo essere considerati pertinenze dell’unico immobile regolarmente assentito (i.e. la vasca interrata per la raccolta dell’acqua), avendo dato luogo, a seguito della rimozione del terreno circostante alla vasca, a un organismo edilizio del tutto nuovo, a destinazione abitativa, che, in contrasto con le disposizioni urbanistiche vigenti, costituisce volumetria non consentita in “zona M verde privato di tutela”;

- il provvedimento sanzionatorio costituisce atto dovuto e vincolato, in relazione all’accertata abusività della costruzione;

- nel provvedimento, gli abusi sono adeguatamente qualificati attraverso la indicazione delle norme giuridiche violate (art. 31, d.lgs. n. 380/2001;
artt. 146, 159, 167, d.lgs. n. 42/2004);

- l’U.T.C. ha congruamente motivato i ordine alla scelta del tipo di sanzione da irrogare, laddove rileva che “è interesse pubblico primario ed insopprimibile, non solo ristabilire la legalità violata, quanto restituire l’area alla sua originaria fruibilità e godibilità, anche da un punto di vista paesistico;
… che, pertanto, per tali motivi si ritiene più opportuno, nell’interesse della protezione delle bellezze naturali e panoramiche, disporre … la demolizione a spese del contravventore dell’opera realizzata in carenza di idoneo nulla osta ex art.159, d.lgs. n. 42/2004…anche in considerazione che le opere, come realizzate, non possono essere oggetto di sanatoria …”;

- l’invocato art. 34, c. 2, d.P.R. n. 380/2001, che esclude la demolizione che colpisca anche le parti legittimamente realizzate, non può trovare applicazione al caso in esame, nel quale il ripristino della situazione conforme ai titoli abilitativi rilasciati vorrebbe il fabbricato nuovamente interrato attraverso l’eliminazione (degli effetti) dell’avvenuto sbancamento.

Quanto, infine, alla relazione di accertamento della inottemperanza all’ordine di demolizione, per la quale il ricorrente eccepisce l’avvenuta notifica in luogo diverso da quello di residenza del ricorrente - che perciò ne ha avuto conoscenza solo in data 12 dicembre 2011 - come rilevato dalla difesa del Comune deve osservarsi che “… il verbale con cui viene accertata la mancata ottemperanza all’ordinanza di demolizione rappresenta un mero atto endoprocedimentale avente contenuto conoscitivo e di accertamento di un fatto storico, inidoneo, di per sé, a ledere situazioni giuridiche” (T.A.R. Salerno, I, sent. n. 1419/2014).

Per completezza, si rileva infine che comunque - anche a voler considerare autonomamente impugnabile il verbale di inottemperanza all’ordine di demolire - dovrebbe ritenersi infondata pure la censura relativa alla circostanza che il ricorrente sarebbe stato impossibilitato ad adempiere all’ordine di demolizione, a causa del sequestro penale cui l’immobile era sottoposto.

È infatti pacifico in giurisprudenza che “l’esistenza di un sequestro penale sul manufatto abusivo oggetto di ingiunzione comunale di demolizione e di ripristino dello stato dei luoghi, non determina la sospensione del termine di novanta giorni, il cui decorso comporta, in caso di inottemperanza, l’acquisizione gratuita di diritto al patrimonio del comune ex art. 31 D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380: infatti il sequestro non rientra tra gli impedimenti assoluti che non consentono di dare esecuzione all’ingiunzione, atteso il disposto dell’art. 85 disp. att. c.p.p.. L’interessata avrebbe dunque potuto, e dovuto, attivarsi positivamente al fine di rimuovere l’abuso realizzato in violazione del vincolo paesaggistico, per cui il provvedimento di sequestro penale a nulla rilevava sul piano della legittimità del provvedimento di demolizione” (Cons. di Stato, IV, sent. n. 1994/2014).

Tutto ciò premesso e considerato, il Collegio ritiene di dover:

a) respingere il ricorso avverso il provvedimento n. 4877/2007 dell’U.T. Comune di Pollica, il provvedimento n. 15706/2007 della Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio, per il patrimonio storico artistico ed etnoantropologico di Salerno e Avellino;
il provvedimento n. 175/2008 dell’U.T. Comune di Pollica;
il provvedimento n. 29044/2007 della Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio, per il patrimonio storico artistico ed etnoantropologico di Salerno e Avellino;

b) dichiarare irricevibile il ricorso avverso l’ordinanza n. 60/2009 dell’U.T. Comune di Pollica;

c) dichiarare inammissibile il ricorso avverso la relazione di sopralluogo n. 7368/2011 dell’U.T. Comune di Pollica e la relativa nota di trasmissione n. 7390/2011>>.

B) Propone ricorso in appello l’interessato deducendo quanto segue.

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