Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2013-01-21, n. 201300328

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2013-01-21, n. 201300328
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201300328
Data del deposito : 21 gennaio 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01169/2007 REG.RIC.

N. 00328/2013REG.PROV.COLL.

N. 01169/2007 REG.RIC.

N. 01170/2007 REG.RIC.

N. 01171/2007 REG.RIC.

N. 01172/2007 REG.RIC.

N. 08040/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1169 del 2007, proposto da:
C S, rappresentato e difeso dall'avv. C P, con domicilio eletto presso Loredana Piattoni in Roma, via Ugo De Carolis 74;

contro

Ministero dell'Economia e delle Finanze, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;



sul ricorso numero di registro generale 1170 del 2007, proposto da:
C S, rappresentato e difeso dall'avv. C P, con domicilio eletto presso Loredana Piattoni in Roma, via Ugo De Carolis 74;

contro

Ministero dell'Economia e delle Finanze, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;



sul ricorso numero di registro generale 1171 del 2007, proposto da:
C S, rappresentato e difeso dall'avv. C P, con domicilio eletto presso Loredana Piattoni in Roma, via Ugo De Carolis 74;

contro

Ministero dell'Economia e delle Finanze, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;



sul ricorso numero di registro generale 1172 del 2007, proposto da:
C S, rappresentato e difeso dall'avv. C P, con domicilio eletto presso Loredana Piattoni in Roma, via Ugo De Carolis 74;

contro

Ministero dell'Economia e delle Finanze, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;



sul ricorso numero di registro generale 8040 del 2010, proposto da:
Sebastiano C, rappresentato e difeso dall'avv. C P, con domicilio eletto presso Loredana Piattoni in Roma, via Ugo De Carolis 74;

contro

Ministero dell'Economia e delle Finanze, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti di

Fernando Giuliani, Federica Silvestrini, Chiara Rulli;

per la riforma

quanto al ricorso n. 1169 del 2007:

della sentenza del T.a.r. Lazio - Roma: Sezione Ii n. 00403/2006, resa tra le parti, concernente trasferimento di sede

quanto al ricorso n. 1170 del 2007:

della sentenza del T.a.r. Lazio - Roma: Sezione II n. 00402/2006, resa tra le parti, concernente provvedimento del rimprovero scritto

quanto al ricorso n. 1171 del 2007:

della sentenza del T.a.r. Lazio - Roma: Sezione II n. 00687/2006, resa tra le parti, concernente chiusura procedimento disciplinare

quanto al ricorso n. 1172 del 2007:

della sentenza del T.a.r. Lazio - Roma: Sezione II n. 00383/2006, resa tra le parti, concernente giudizio complessivo per anno 1996

quanto al ricorso n. 8040 del 2010:

della sentenza del T.a.r. Lazio - Roma: Sezione II Quater n. 06267/2009, resa tra le parti, concernente concorso interno per titoli di servizio professionali e di cultura integrato da colloquio per n. 163 posti di dirigente


Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell'Economia e delle Finanze e di Ministero

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 30 ottobre 2012 il Cons. A M e uditi per le parti gli avvocati C P e G B (Avv. St.)

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Il dott. Sebastiano C, funzionario del Ministero delle Finanze impugnava innanzi al TAR del Lazio il provvedimento con cui l’Amministrazione ha disposto il trasferimento del predetto dalla X alla II Sezione del Servizio Ispettivo Centrale, presso la sede A.C.I. di via Marsala in Roma, denunciandone la illegittimità sotto vari profili.

L’adito Tribunale con sentenza n.403/2006 rigettava il ricorso, ritenendolo infondato e avverso tale decisum è insorto l’interessato con atto di appello ( n.1169/2006 ), deducendo a sostegno del proposto gravame, con un unico, articolato motivo, le censure di violazione e falsa applicazione degli artt. 31 e 32 del DPR n.3/1957 e dei principi fondamentali previsti dagli artt.24, 97 e 113 della Costituzione, eccesso di potere per sviamento, errore dei presupposti e manifesta ingiustizia.

Lo stesso funzionario poi impugnava innanzi al Tar del Lazio il silenzio- rigetto sul ricorso gerarchico proposto avverso la sanzione disciplinare del rimprovero scritto inflittagli dal dirigente dalla Sez. II del Servizio Ispettivo Centrale con nota n.125 Ris del 1777/1998 .

Il suindicato Tribunale amministrativo con sentenza n.402/2006 giudicava il ricorso infondato e lo respingeva.

Il dr. C ha impugnato tale sentenza con l’appello n. 1170/2006 in cui dopo aver rilevato che la giurisdizione in ordine alla controversia spetta al giudice ordinario del lavoro, ha dedotto i seguenti motivi:

1) difetto di competenza :

2) violazione per omessa applicazione dell’art.59 comma 5 del dlgs n.29 del 1993 e dell’art.24 commi 2 e 3 del

CCNL

19/2/1995: Violazione di termini;

3) difetto di motivazione sulle argomentazioni a difesa. Violazione del principio di tipicità;
eccesso di potere per omessa valutazione della oggettiva responsabilità. Comportamento incongruo ed illogico;

4) Violazione del principio di terzietà, eccesso di potere per sviamento dell’interesse pubblico.

Con un altro appello ( n.1171/07) il dr C ha impugnato la sentenza del Tar del Lazio n.

687/06 che ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto dal medesimo avverso il silenzio- rigetto sul ricorso gerarchico avente ad oggetto il provvedimento del Dirigente Delegato prot. n. 10 del 15/9/1998 con cui è stato disposta la chiusura del procedimento disciplinare in danno dello stesso funzionario

A sostegno di tale gravame sono stati posti i seguenti motivi:

1)Violazione ed omessa applicazione dell’art.24 comma 4 CCNL del 10/2/1995;

2) Omessa motivazione. Violazione del principio del “ ne bis in idem “ ;

Viene poi in rilievo altro appello ( il n. 1172 /07 ) proposto da C avverso al sentenza del Tar Lazio n.383/2006 che ha respinto il ricorso proposto avverso il giudizio complessivo per l’anno 1996 espresso nei confronti dell’appellante dal Consiglio di amministrazione nella seduta dell’1/6/1998.

Questi i motivi dell’impugnativa:

1) Violazione art.97 Cost. e 42 DPR n.3/1957: eccesso di potere per irragionevolezza , sviamento di funzione ed incongruità temporale;

2) Violazione art.42 DPR n.3/1957, 36 e 37 DPR n.1077/1970 e 62 DPR n.287&1992: Violazione legge n.241/90: eccesso di potere per difetto di istruttoria, falsità dei presupposti e incompletezza del rapporto informativo. Contraddittorietà ed illogicità del giudizio. Carenza di motivazione . Sviamento della funzione.

Con un ultimo appello ( il n.8040/2010 ) il dr. C ha impugnato la sentenza del Tar del Lazio n. 6267/2009 recante dichiarazione di inammissibilità del ricorso proposto dal predetto avverso il DPR 17/12/2003 che ha dichiarato inammissibile il ricorso straordinario al Capo dello Stato proposto avverso il provvedimento di approvazione della graduatoria di merito del concorso a n. 163 posti di dirigente presso il Ministero delle Finanze.

Parte appellante deduce la erroneità della pronuncia di inammissibilità e, in particolare, delle argomentazioni poste alla base della pronuncia della statuizione di contenuto processuale assunta dal Tar, dalì dove, a suo dire non sussisterebbe, contrariamente a quanto affermato dal primo giudice alcun giudicato preclusivo dell’interesse ad impugnare la graduatoria del concorso in questione né si evidenzierebbe un difetto in ordine alla notificazioni del ricorso effettuate nei confronti dei controinteressati.

Nel merito l’appellante insiste nella denuncia d un situazione di incompatibilità a carico del Presidente della Commissione esaminatrice, vizio che invaliderebbe la sua esclusione dalla graduatoria.

L’Amministrazione statale delle Finanze si è costituita in giudizio per tutti i cinque gli appelli suindicati, dei quali ha chiesto la reiezione.

All’odierna udienza pubblica la causa viene introitata per la decisione.

DIRITTO

Va preliminarmente disposta la riunione degli appelli in epigrafe indicati in ragione degli evidenti legami di connessione, quanto meno sotto il profilo soggettivo, esistenti fra gli stessi.

Oggetto della controversia di cui al primo degli appelli all’esame è il provvedimento dell’8 maggio 1997 con cui il dr. C, funzionario del IX livello del Ministero delle Finanze, alle dipendenze del Servizio Ispettivo, è stato trasferito dalla Sezione X alla Sezione II del SIC, presso la sede ACI di via Marsala, in Roma.

La Sezione chiamata a pronunciarsi sulla legittimità o meno del suindicato atto ministeriale ritiene che vada confermata l’impugnata sentenza del Tar, non emergendo dal gravato provvedimento i profili di illegittimità dedotti col proposto appello, riproduttivi di quelli già denunciati in primo grado.

Parte appellante in via preliminare richiama e sottolinea le condizioni dell’ambiente di lavoro in ragione delle quali avrebbe avuto varie vicissitudini e subito degli “atteggiamenti persecutori” classificabili come fenomeni di mobbing, ma tali circostanze non incidono sul thema decidendum costituito dalla verifica della sussistenza o meno a carico degli atti impugnati di vizi propri della funzione amministrativa.

Quanto al merito del provvedimento impugnato, il dott. C sostiene che nella specie non si tratterebbe di una semplice assegnazione presso altro Ufficio, bensì di un trasferimento disposto senza che vi siano ragioni giustificative . L’Amministrazione non avrebbe, in particolare, fornito sufficiente motivazione in ordine alla esigenze di servizio giustificative della determinazione in contestazione ed inoltre il trasferimento avrebbe provocato un mutamento in pejus delle mansioni proprie del predetto funzionario.

Le su illustrate censure di gravame rubricate sotto la figura dei vizi di violazione delle norme del testo unico degli impiegati civili e dei principi costituzionali di cui agli artt.24 e 27 Cost. e di eccesso di potere sotto vari aspetti, si rivelano destituite di giuridico fondamento.

Quello disposto nei confronti dell’appellante si presenta dal punto di vista formale come un trasferimento, ma in realtà si tratta dello spostamento di un funzionario da un ufficio ad un altro, entrambi siti nella medesima città ( Roma ) nell’ambito della stessa articolazione amministrativa ( il SIC ).

Invero, il C è passato a volgere la propria attività lavorativa dalla Sezione X alla Sezione II del Servizio Ispettivo Centrale entrambi nell’ambito di una redistribuzione del personale tra i vari uffici della stessa struttura amministrativa avente sede nella capitale

Ebbene, lo spostamento di un dipendente pubblico da un ufficio ad un altro della stessa città senza apprezzabili problemi di distanze, mezzi , ecc non costituisce trasferimento inteso quale istituto che tutela le esigenze di vita familiare e sociale che sono suscettibili di essere minacciate soltanto da spostamenti rilevanti nello spazio.

Ora , correttamente inquadrate la natura e la portata sia dei contenuti sia degli effetti del provvedimento impugnato,occorre prendere atto che la nuova assegnazione disposta nei confronti del dr. C presso la Sez. II operante presso l’ACI , non è altro che una misura di tipo organizzatorio operata nell’esercizio di una potestà appunto, quella organizzativa che è propria degli apparati pubblici al fine di assicurare la economicità, speditezza e rispondenza al pubblico interesse dell’azione amministrativa.

E’ evidente allora che nel caso de quo non v’era nemmeno bisogno di fornire da parte dell’amministrazione procedente una dettagliata motivazione circa le ragioni degli spostamenti a farsi e comunque quanto rappresentato dalla documentazione illustrativa in ordine allea carenza di personale fatta registrare dalla Sezione II cui fa riferimento pure il primo giudice ben può assurgere a causa giustificativa dell’adottato provvedimento.

Parte appellante lamenta infine di aver subito una reformatio in pejus delle sue mansioni in conseguenza del disposto “trasferimento”: si osserva che non sono evincibili elementi di giudizio idonei a far emergere l’esercizio presso l’ufficio di destinazione di mansioni di rango inferiore a quelle dello status rivestito dal C che è rimasto nella “nuova” sede sempre nell’ambito del Servizio di appartenenza e cioè presso il SIC , in un’articolazione organizzativo- logistica dislocata presso la sede ACI di via Marsala per lo svolgimento dei compiti istituzionali.

In forza di quanto esposto l’appello è infondato e va, perciò, respinto.

Passando al secondo dei gravami in epigrafe, oggetto di contestazione giudiziale è formalmente il silenzio- rigetto su ricorso gerarchico proposto avverso il provvedimento di rimprovero scritto assunto a carico del C per essersi, questi, assentato dal luogo di lavoro, ma le censure attengono tutte al provvedimento sanzionatorio in sé, con riferimento sia alle modalità procedimentali sia al “ merito” della sanzione disciplinare irrogata.

Dopo aver richiamato anche in questa occasione le condizioni di “compressione lavorativa e psicologica” caratterizzanti i rapporti con i suoi superiori, circostanze che però in relazione alla verifica della legittimità del provvedimento impugnato qui non rilevano, parte appellante eccepisce sostanzialmente il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo ad occuparsi della controversia all’esame, in ragione della condotta tenuta dal dipendente.

L’eccezione si appalesa infondata.

Nella fattispecie vengono dedotti sia in primo grado che in appello vizi di legittimità attinenti il procedimento disciplinare culminato con il provvedimento del rimprovero scritto e il relativo giudizio non può non rientrare nell’ambito della giurisdizione amministrativa alla stregua dello spartiacque fissato dallo stesso legislatore con il dlgs 31 marzo 1998 n.80, secondo cui le controversie relative alle questioni attinenti al periodo del rapporto di lavoro dei pubblici impiegati anteriore al 30 giugno 1998 rientrano nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

Ora il dato temporale sopra indicato deve intendersi fissato, ai fini della ripartizione della giurisdizione, nei sensi sottolineati dalla stessa Corte regolatrice ( Cassazione Sezioni Unite 3 maggio 2005 n.9101) con riferimento ai fatti storici su cui si basano gli atti assunti dalla P.A. e nella specie il primo atto di avviamento del procedimento disciplinare, quello recante la contestazione di addebiti reca la data del 7 aprile 1998 in relazione a fatti avvenuti nel marzo del 1998.

Col primo mezzo d’impugnazione parte appellante denuncia il vizio di incompetenza , atteso che il provvedimento doveva essere assunto dal capo della struttura, come previsto dall’art.59 del dlgsn.29 del 1993 e non già , come avvenuto, dal dirigente della II sezione del SIC.

La censura va disattesa.

Come correttamente osservato dal Tar la disposizione invocata, avuto riguardo alla specificità del caso all’esame , va letta in senso atecnico.

Invero, il SIC è un ufficio del tutto peculiare, con un assetto organizzativo proprio e per certi versi “anomalo” rispetto ad altre strutture ministeriali, sicchè l’articolazione esistente presso l’ACI ( la Sezione II ) ben può configurarsi come un ufficio a sè stante. In ogni caso, al predetto Ufficio è preposta una figura di livello dirigenziale cui spetta la gestione del personale, e nelle funzioni e prerogative proprie dello status di dirigente va senz’altro compreso il potere di irrogare sanzioni minori quali il rimprovero orale o scritto .

Col secondo mezzo di gravame si deduce l’avvenuta non osservanza dei termini procedimentali previsti dall’art.24 del CCNL che devono intercorrere dalla contestazione di addebiti e il provvedimento conclusivo del procedimento disciplinare.

La doglianza è infondata.

Invero in relazione ai fatti svoltesi e alle date di adozione degli atti qui in rilevo, risulta che la contestazione di addebiti recante la data del 7/4/1998 risulta essere stata assunta tempestivamente ed inoltre l’unico termine da tenersi presente era quello finale dei 120 giorni dalla data delle contestazioni, che non risulta qui in discussione.

Quanto alle censure dedotte col terzo mezzo di gravame con cui si contesta la motivazione insufficiente ed illogica del provvedimento impugnato, i profili di doglianza appaiono inconferenti , dal momento che attengono a ragioni che non sono quelle poste a fondamento del provvedimento impugnato e sulle quali si è formato il giudizio del Tar.

Il provvedimento sanzionatorio di cui alla nota del 17/7/1998 prot. n.125 impugnato in primo grado ed oggetto della qui gravata sentenza del Tar n.402/2006 chiude un procedimento disciplinare che prende l’abbrivio, come riferito dal primo giudice, dall’allontanamento senza autorizzazione dalla sede di lavoro del dr. C e per tale ingiustificata assenza viene irrogata la sanzione de qua.

Tale fattispecie appare divergere da quanto riferito dall’interessato in sede di formulazione del suindicato motivo, lì dove si riferisce che il fatto contestato sarebbe il mancato rispetto del termine di espletamento dell’incarico e dal momento che il giudizio di appello avviene in relazione fatti e gli atti oggetto di controversia instaurata in prime cure, le doglianze formulate col mezzo qui in rilievo appaiono inconferenti.

Col quarto ed ultimo mezzo d’impugnazione viene denunciato a carico del provvedimento de quo il vizio di sviamento di potere , atteso che, ad avviso dell’appellante, “l’atto sanzionatorio , lungi dall’apparire diretto a punire un’attività disciplinarmente rilevante , appare finalizzato a soddisfare ragioni di particolare antipatia nei confronti del funzionario”.

La censura è inammissibile.

Fermo restando che lo sviamento di potere, quale figura sintomatica dell’eccesso di potere si rinviene solo qualora l’atto è posto in essere per finalità diverse da quelle perseguite dall’Amministrazione ( Cons. Stato Sez. V 25 maggio 2010 n.3221), l’esistenza del vizio in questione deve essere dimostrata mediante precisi, concordanti elementi di prova atti ad individuare la divergenza del provvedimento dalla sua tipica funzione ( Cons. Stato Sez. IV 27 aprile 2005 n.1947;
Cons. Stato Sez. V 11 luglio 2008 n.3438) e nella specie le circostanze dedotte non assurgono alla dignità di prova.

L’appello esaminato, per quanto sopra esposto, in quanto infondato, va respinto.

Quanto al terzo gravame ( rubricato al n. 1171/07) con il quale si controverte del silenzio- rigetto sul ricorso gerarchico proposto dal dr. C avverso il provvedimento dirigenziale del 15/9/1998 di chiusura del procedimento disciplinare “in danno del ricorrente” , va confermata la statuizione di inammissibilità del ricorso di primo grado assunta dal Tar con la sentenza ( la n.687/2006 ) qui impugnata.

Dunque con provvedimento prot. n. 10 del 15/9/1998 Il Dirigente Delegato dell’Ufficio Istruttore

disponeva la chiusura del procedimento disciplinare attivato nei confronti del C dal dirigente della Sezione II del SIC del 15/5/1998, “ in considerazione che al dr. C è stata già comminata una sanzione disciplinare per gli addebiti in premessa”, dovendosi precisare che la precedente sanzione, come pare di capire, è da identificarsi nel rimprovero scritto già oggetto di impugnativa da parte del predetto funzionario.

L’interessato con i motivi d’impugnazione qui dedotti lamenta, in sostanza il fatto che l’Ufficio istruttore ha omesso di applicare la regola del ne bis in idem e avrebbe così anticipato un giudizio di colpevolezza su un fatto la cui sanzione non era definitiva. Inoltre nell’appello si deducono quali vizi di carattere sostanziale la incompetenza e l’iniqua duplicazione di contestazioni.

Ciò precisato, la controversia all’esame va definita in limine litis con una pronuncia di inammissibilità, come esattamente rilevato dal primo giudice.

Invero, oggetto della impugnativa del primo grado è in concreto la reiezione del ricorso gerarchico proposto avverso il provvedimento con cui il Dirigente Delegato dell’Ufficio istruttore ha “chiuso” il procedimento disciplinare : orbene, la determinazione oggetto dell’originario ricorso amministrativo, in quanto assunto dal funzionario delegato dal Dirigente dell’Ufficio dirigenziale generale del Servizio ispettivo , Capo del personale, è da ritenersi provvedimento definitivo a mente dell’art.15 comma 4 del dlgs n.29 del 1993, come tale non suscettibile di ricorso gerarchico .

In altri termini all’interessato in relazione agli aspetti soggettivi dell’atto adottato a suo carico era precluso ricorrere alla stessa Amministrazione in via gerarchica con conseguente improponibilità di un gravame giurisdizionale avverso il silenzio avente contenuto di rigetto formatosi su detto rimedio amministrativo ( non attivabile ) .

L’appello va quindi respinto.

Il quarto gravame ( il n.1172/2007 ) verte sul giudizio complessivo per l’anno 1996 espresso nei confronti del dr. C dal Consiglio di amministrazione del Ministero delle Finanze oltrechè del relativo rapporto informativo, atti della cui legittimità o meno questa Sezione è chiamata a pronunciarsi in base ai motivi di gravame.

Ritiene il Collegio che l’appello non sia fondato, meritando l’impugnata sentenza integrale conferma.

Premesso che il giudizio di valutazione è contestato nella parte in cui non viene attribuita al C la variazione in aumento del 5% nonché nella parte in cui non è attestata, in motivazione, l’attitudine ad assolvere a funzioni di qualifica superiore, anche in questo appello è preliminarmente (ri )proposta la questione del difetto di giurisdizione.

L’eccezione in parola va disattesa per le ragioni già esposte in precedenza , riconducibili in estrema sintesi, al fatto che per il periodo temporale in cui si sono svolti i fatti in contestazione ( 1996 ) è stata prevista legislativamente che le relative controversie sono attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ( dlgs n.80 del 1998).

Passando al merito delle censure dedotte con i vari mezzi d’impugnazione, col primo motivo parte appellante si duole della tardività del giudizio complessivo, intervenuto a notevole distanza di tempo , in violazione di quanto previsto in proposito dall’art.42 del DPR n.3/1957.

La doglianza non è fondata.

Come più volte affermato dalla giurisprudenza in subjecta materia, il termine previsto per la redazione del rapporto informativo e relativo giudizio di valutazione ha natura ordinatoria ( Cons. Stato Sez. IV 13 dicembre 1990 n. 1041) ;
in ogni caso non può non osservarsi come la valutazione si basi su elementi conoscitivi emersi nell’anno di riferimento ( 1996 ).

Col secondo mezzo di gravame vengono formulate censure di violazione di legge ed eccesso di potere sotto vari profili, nei sensi così riassumibili:

a) il giudizio reca incongruenze, omissioni ed inesattezze che ne inficiano la validità;

b) la valutazione complessiva è illogica e non dà contezza della mancata attribuzione di aggettivazioni positive e qualifiche ottimali pure riportate negli anni precedenti e tale carenza motivazionale si appalesa ancor più grave ove si consideri che per gli anni precedenti ( 1989-92 e 1993 e 1994 ) al funzionario è stata assegnata la variazione in aumento del 5% del punteggio complessivo.

Le doglianze come sopra articolate non sono condivisibili.

Quanto ai rilievi sub a) si osserva come trattasi di meri errori materiali che non valgono a mettere in discussione la validità del giudizio in parola. In relazione poi al fatto che non sarebbe stata presa in debita considerazione la verifica ispettiva espletata dal dr C ai fini dell’accertamento degli obblighi d tributari relativi alla TOSAP presso il Comune di Viareggio, vale qui far presente che la stessa Amministrazione ha avuto modo di evidenziare il ritardo fatto registrare nel deposito della relazione conclusiva, sicchè non pare che questa singola attività di verifica possa giovare ai fini delle rivendicazione della maggiorazione di che trattasi.

L’assenza poi di aggettivazioni di tipo positivo in passato pure presenti non è di per sé sintomo di illegittimità del giudizio complessivo reso, in ragione dell’autonomia di ogni giudizio attribuito in relazione a ciascuna annualità, ben potendo il funzionario far registrare una sia pur minima flessione nel rendimento che giustifica una qualifica meno lusinghiera

L’appellante lamenta poi il fatto che alcune voci del rapporto attinenti alla cultura generale , alla capacità professionale e all’attitudine ad assolvere funzioni di qualifiche superiore sarebbero state ignorate, senonchè per dette voci, come riportate nell’apposito stampato, il dirigente competente alla compilazione ha dato punteggio massimo, sicchè di alcunchè al riguardo ha da lamentarsi l’interessato.

Per quanto sin qui considerato anche tale gravame non appare meritevole di accoglimento.

Viene ora all’esame il quinto ed ultimo ricorso in appello ed è qui utile effettuare una più precisa esposizione degli eventi, brevemente accennati nel “fatto”.

Con tale gravame viene in rilievo la vicenda riguardante la partecipazione del dr. C al concorso per titoli di servizio, professionali e di cultura integrato da colloquio a n.163 posti di dirigente presso il Ministero delle Finanze.

L’interessato produceva avverso l’esito negativo del colloquio finale ricorso straordinario al Capo dello Stato che veniva respinto con D.P.R. dell’1/8/2002, in recepimento del parere reso dal Consiglio di Stato nell’adunanza del 16/1/2001.

Il dr. C in relazione sempre alla predetta procedura selettiva impugnava, ancora a mezzo di ricorso straordinario al Capo dello Stato il decreto direttoriale dell’11/12/2001 di approvazione della graduatoria di merito del concorso nella parte in cui lo escludeva dalla graduatoria stessa.

Questo secondo ricorso straordinario veniva dichiarato inammissibile con DPR 17/12/2003 per non essere stato il gravame notificato ritualmente ai controinteressati.

Il predetto funzionario impugnava innanzi al Tar del Lazio quest’ultimo decreto del Presidente della Repubblica, emesso in conformità del parere della III Sezione del Consiglio di Stato, reso nell’adunanza del 27/5/2003, con richiesta di annullamento del medesimo e del conseguente decreto direttoriale dell’11/12/2001 di approvazione della graduatoria in questione in parte qua.

L’adito Tribunale con sentenza n.6267/09 dichiarava inammissibile sotto vari aspetti il proposto ricorso e avverso tale decisum, ritenuto errato ed ingiusto è insorto il dr. C con l’appello all’esame.

Parte appellante contesta la fondatezza delle osservazioni e prese conclusioni del primo giudice in ordine alla affermata carenza di interesse per non aver superato la prova del colloquio il cui esito pure impugnato è divenuto definitivo con la reiezione del primo ricorso straordinario.

Rileva inoltre la erroneità della affermata inammissibilità del ricorso giurisdizionale di primo grado pure affermata dal Tar in relazione ad una notificazione del gravame ai contro interessati giudicata non ritualmente effettuata.

Nel merito, l’interessato deduce il vizio di violazione dell’obbligo di astensione in capo al Presidente della Commissione esaminatrice, con conseguente invalidità degli atti impugnati.

Tanto doverosamente precisato, l’appello è infondato, meritando la sentenza qui impugnata integrale conferma.

Il primo giudice è pervenuto ad un pronuncia di inammissibilità del ricorso vuoi per la rilevata carenza di interesse vuoi soprattutto per la non corretta instaurazione del contraddittorio processuale, in ragione della non regolare notificazione del gravame giurisdizionale ai contro interessati

Le statuizioni assunte appaiono ineccepibili.

Pur volendo tralasciare i profili di improponibilità del ricorso in ragione della riscontrata carenza di interesse , pur sempre rilevati, l’inammissibilità è senz’altro rilevabile con riferimento alla notificazione del ricorso di primo grado in relazione alle modalità con cui tale adempimento processuale è stato effettuato.

Premesso che l’impugnativa dell’approvazione di un graduatoria definitiva di merito di un procedura selettiva deve essere notificata, onde assicurare la tutela dei soggetti che vantano un interresse alla conservazione dell’atto che si vuole contestare ai controinteressati candidati ( Cons Stato Sz. IV n.3891 del 2006 e 1198 del 2003 ), nella specie la notifica del gravame a due concorrenti dei tre individuati come controinteressati è avvenuta presso l’ufficio e non a mani proprie, sicchè occorre verificare la regolarità o meno di tale notificazione.

Ritiene il Collegio che la notificazione in questione sia nulla.

Nel processo amministrativo la regola generale è che la notificazione a persone fisiche è la consegna a mani proprie ex artt.3 e r.d. n.642 del 1907 e 137 e 138 c.p.c.

In particolare, sul versante strettamente processuale amministrativo, la giurisprudenza è unanime nel ritenere che sia affetta da nullità la notificazione effettuata, come verificatosi nel caso de quo, nella sede di lavoro del destinatario ma non a mani proprie ( Cons. Stato Sez. .V 3 febbraio 2006;
idem 25agosto2008 n.4078) .

Quanto poi alla possibilità di notificare il ricorso alla persona addetta all’ufficio, trattasi di ipotesi , per così dire derogatoria della regola sopra indicata, applicabile solo agli uffici privati.

Relativamente poi all’altra notifica, quella effettuata al terzo controinteressato, il sig. G F, anche tale notificazione risulta non essere andata a buon fine.

Insomma, nella specie ilo rapporto processuale, avuto riguardo ad una notificazione del ricorso non effettuata nelle forme di rito, risulta essersi non correttamente instaurato, con conseguente inammissibilità del gravame giurisdizionale.

L’inammissibilità preclude qualsiasi disamina delle censure di merito del proposto gravame.

Sussistono, peraltro, giusti motivi, anche tenuto conto della difesa meramente formale dell’Amministrazione resistente, per compensare tra le parti le spese e competenze del presente grado del giudizio.

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