Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2018-10-06, n. 201805754
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Pubblicato il 06/10/2018
N. 05754/2018REG.PROV.COLL.
N. 09333/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9333 del 2017, proposto da:
Regione Veneto, in persona del Presidente
pro tempore
della Giunta regionale, rappresentato e difeso dagli avvocati L L, F Z, E Z e A M, con domicilio eletto presso lo studio A M in Roma, via Federico Confalonieri, 5;
contro
Comune di Falcade non costituito in giudizio;
Panificio Restel di Z N &C. S.n.c., in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso dagli avvocati M P, D S P e M A, con domicilio eletto presso lo studio M A in Roma, piazza Gondar, 22
per la riforma della sentenza del T.A.R. del Veneto, Sezione I, n. 936/2017
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Panificio Restel di Z N &C. S.n.c.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 settembre 2018 il Cons. Claudio Contessa e uditi per le parti l’avvocato Caruso per delega dell’avvocato Manzi e l’avvocato Viglione per delega dell’avvocato Antonelli;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue
FATTO
Con decisione C(2001) 2889 del 26 novembre 2001, la Commissione europea approvava il Documento Unico di Programmazione (DOCUP) per l’obiettivo 2, anni 2000-2006, per il Veneto, all’interno del quale, nell’ambito dell’Asse 1 “ Potenziamento e sviluppo delle imprese ” è inserita la Misura 1.4 “ Arredo ed accessibilità ai centri urbani a sostegno del piccolo dettaglio ”, riguardante i Comuni rientranti nella zonizzazione dell’obiettivo 2 per il periodo 2000-2006 e quelli previsti a sostegno transitorio per il periodo 2000-2005 di cui alla D.G.R. n.920/2000.
Con la suddetta D.G.R. 73/2002, ai fini dell’attuazione della citata Misura 1.4, veniva approvato il “ Bando Pubblico per l’attuazione della Misura 1.4 Arredo ed Accessibilità ai Centri Urbani a Sostegno del Piccolo Dettaglio ”, suddiviso in due tipologie di intervento (Azione A rivolta ai soggetti pubblici e Azione B rivolta a piccole imprese commerciali): in particolare l’Azione B (in regime di aiuto, attraverso la concessione del contributo in conto capitale per un massimo del 15 percento sulla base dei costi di investimento ai sensi del punto 12 del Bando) riguardava, ai sensi del punto 7 del Bando, le seguenti iniziative:
b1) Locali: b1.1) ammodernamento e ristrutturazione di attività commerciali situate, che si trasferiscono o di nuova localizzazione, all’interno delle aree individuate dalla singola Amministrazione, consistente in: b1.1a) acquisizione dei locali;b1.1b) ristrutturazione così come definita dalla lettera d, art. 31 della legge 457/78 dei locali adibiti all’esercizio dell’attività d’impresa e delle parti esterne dell’edificio;b1.1c) ampliamento;b2) Attrezzature: b2.1) acquisto, rinnovo e ampliamento delle attrezzature necessarie per l’attività stessa dell’impresa.
In data 8 maggio 2002 il Panificio Restel di Z N e Laura s.n.c., in qualità di piccola impresa commerciale (operante nel Comune di Falcade rientrante nella zonizzazione dell’obiettivo 2 per il periodo 2000-2006), chiedeva di essere ammesso a fruire dei benefici previsti dal Documento unico di programmazione per gli interventi strutturali comunitari nella Regione Veneto dell’Obiettivo 2 2000-2006 Asse 1, Misura 1.4 per il seguente progetto “ Nuova costruzione fabbricato artigianale – Acquisto nuova attrezzatura ”.
Con delibera della Giunta Regionale n.1064 dell’11 aprile 2003 veniva approvata la graduatoria degli interventi ammessi a finanziamento, tra i quali anche l’intervento oggetto della domanda presentata dal Panificio Restel.
La Regione Veneto, con nota del 5 maggio 2008, restituiva al Sindaco del Comune di Falcade numerose fatture (anche relative al Panificio Restel) poiché non ammissibili “ in quanto relative a iniziative non rientranti tra quelle elencate al punto 7 del bando pubblico per l’attuazione della Misura 1.4. Quest’ultimo non contempla l’ipotesi di una “nuova costruzione ” ma prevede: - l’acquisizione di locali, che in base alla norma n.6 del Regolamento CE n.1685/2000 e s.m.i. devono già essere costruiti;- la ristrutturazione;- l’ampliamento dei locali”;inoltre la Regione, con successiva nota del 18 agosto 2008, con specifico riferimento alla posizione del Panificio Restel, richiedeva al Sindaco del Comune di Falcade “ un nuovo nulla osta comunale, opportunamente ricalibrato, tenuto conto che il contributo sarà erogato sulla base della sola spesa ammessa per l’acquisto di attrezzature ”.
Di conseguenza il Comune di Falcade, con nota del 23 settembre 2008, attestava, con riferimento al solo acquisto di attrezzature, che la spesa ammessa a contributo ammontava ad euro 36.802,17 e rilasciava il relativo nulla osta alla liquidazione del contributo per euro 5.520,32 (pari al 15 per cento della spesa ammessa).
Con decreto dirigenziale n. 28 del 13 febbraio 2009, la Regione Veneto, premesso che costituisce spesa ammissibile (ai sensi del Regolamento CE n.1685/2000 attuativo del Regolamento CE n.1260/1999) la sola spesa per l’acquisto di un bene immobile già esistente e che, pertanto, non può essere ammessa a contributo la spesa necessaria per le nuove costruzioni, riduceva, sulla base del citato nulla osta comunale, il contributo assegnato alla ditta Panificio Restel dall’originario importo di euro 56.604,51 ad euro 5.520,33.
Avverso tale provvedimento insorgeva una prima volta il Panificio Restel di Z N e Laura s.n.c. il quale impugnava il provvedimento di rideterminazione dinanzi al competente Tribunale amministrativo regionale. Il Tribunale amministrativo adito accoglieva il ricorso e annullava una prima volta la delibera impugnata (sentenza n. 134/2010).
Con decreto della competente direzione in data 23 settembre 2010 la Regione Veneto disponeva per la seconda volta la rideterminazione del contributo spettante al Panificio Restel di Z N e Laura s.n.c.
Anche questo nuovo atto veniva impugnato dall’interessato dinanzi al Tribunale amministrativo regionale del Veneto il quale, con la sentenza in epigrafe (n. 936/2017) accoglieva il ricorso e annullava gli atti impugnati.
La sentenza è stata impugnata in appello dalla Regione Veneto la quale ne ha chiesto la riforma articolando i seguenti motivi:
1) In via preliminare: illegittimità della sentenza per carenza di giurisdizione del G.A.;
2) (nel merito): Illegittimità della sentenza per travisamento ed erronea lettura ed applicazione degli atti e documenti di causa – Illegittimità della sentenza per violazione del D.lgs. n. 165 del 2001 e della L.R. 1 del 1997, vigente all’epoca dei fatti.
Si è altresì costituito in giudizio il Panificio Restel di Z N e L s.n.c. il quale ha concluso nel senso della reiezione dell’appello e ha, altresì, articolato appello incidentale (condizionato alla mancata reiezione dell’appello principale) riproponendo i motivi di ricorso già articolati in primo grado e dichiarati assorbiti dal primo giudice mercé l’accoglimento del motivo di ricorso relativo all’incompetenza del dirigente regionale.
Alla pubblica udienza del 20 settembre 2018 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
1. Giunge alla decisione del Collegio il ricorso in appello proposto dalla Regione Veneto avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale del Veneto che ha accolto il ricorso proposto dal Panificio Restel di Z N e L s.n.c. e, per l’effetto, ha annullato gli atti con cui la stessa Regione aveva rideterminato in riduzione l’importo di un finanziamento finalizzato al miglioramento e alla riqualificazione dei centri urbani.
2. Deve in primo luogo osservarsi che non osta alla definizione della presente controversia il fatto che sia ancora pendente il ricorso di appello n. 4358/2010 con il quale la Regione Veneto ha chiesto la riforma della sentenza di primo grado n. 134/2010 (con la quale, come si è anticipato in narrativa, è stato annullato il primo provvedimento regionale di rideterminazione del beneficio per cui è causa).
Al riguardo ci si limita ad osservare: i ) che fra i due provvedimenti di rideterminazione (quello del 2009 e quello del 2010) non sussiste un nesso di pregiudizialità; ii ) che il secondo provvedimento di rideterminazione ( i.e .: quello che rileva ai fini del presente giudizio) non trae la propria origine dal primo e risulta conseguentemente indifferente rispetto alle sue sorti.
3. Può ora essere esaminata la questione relativa alla controversa sussistenza della giurisdizione amministrativa.
La Regione appellante nega la sussistenza di tale giurisdizione richiamando l’orientamento secondo cui, in materia di contributi pubblici, il riparto di giurisdizione deve fondarsi sulla natura della situazione giuridica azionata, ragion per cui sussiste la giurisdizione ordinaria quante volte si faccia questione della fase di erogazione o di ripetizione del contributo sul presupposto di un dedotto inadempimento del beneficiario alle condizioni statuite in sede di erogazione (viene richiamata – fra le altre – la sentenza Cass., SS.UU., 18 agosto 2017, n. 20182).
3.1. Il motivo non può trovare accoglimento.
3.1.1. E’ vero che, in base a orientamenti consolidati, laddove l'amministrazione ravvisi l'inadempimento del beneficiario e disponga la revoca di un contributo o di una agevolazione, sussiste la giurisdizione del giudice ordinario per la controversia avente per oggetto la legittimità della revoca (sul punto – ex multis -: Cons Stato, VI, 29 gennaio 2014, n. 6).
E’ stato osservato al riguardo che in siffatte ipotesi non sussiste né la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (non potendo essere assimilata l’agevolazione ad una concessione di un bene pubblico), né quella di legittimità (poiché la revoca costituisce espressione di una ‘autotutela privatistica’ dell'amministrazione ed incide sul diritto soggettivo sorto con l'erogazione -sia pure provvisoria- del contributo o dell'agevolazione).
Tuttavia nel caso in esame non viene in rilievo un inadempimento del beneficiario rispetto agli obblighi rinvenienti dal provvedimento di concessione del beneficio. Al contrario, si fa qui questione della sussistenza (anche solo parziale) degli stessi presupposti e condizioni che davano ab origine titolo alla percezione del beneficio medesimo.
Si discute, in definitiva, della legittimità degli originari atti di riconoscimento del beneficio (il quale, è bene rammentarlo, era stato riconosciuto alla società appellata già con la deliberazione di Giunta regionale n, 1064 dell’11 aprile 2003).
Il fatto che il mancato riconoscimento da parte della Regione di una parte delle spese ammissibili sia intervenuto solo dopo il completamento dell’intervento non modifica i termini della questione. In particolare, la circostanza non elide il fatto – determinante in punto di giurisdizione – che ciò che viene qui in rilievo è un elemento genetico e costitutivo dello stesso riconoscimento del beneficio.
3.1.2. La seconda – e dirimente - ragione che consente di affermare la giurisdizione amministrativa in relazione alla controversia per cui è causa deriva dalla consistenza e dal contenuto stesso del provvedimento dirigenziale di riduzione del contributo impugnato in primo grado (si tratta del decreto n. 141 del 23 settembre 2010).
Il provvedimento in questione, integrando in parte qua il contenuto del precedente, analogo provvedimento in data 13 febbraio 2009 (e al dichiarato fine di superare i profili di illegittimità che avevano condotto all’annullamento di tale promo atto) ha rilevato e ponderato le ragioni di interesse pubblico che – nonostante il decorso del tempo – inducevano nel senso del parziale ritiro in autotutela dell’originario provvedimento di concessione,
E’ pertanto chiaro che nel caso in esame si faccia questione della spendita di un potere di carattere discrezionale, in relazione al quale non può che sussistere la giurisdizione amministrativa.
Si osserva al riguardo che, , appartiene alla giurisdizione ordinaria la controversia sulla revoca di una pubblica sovvenzione soltanto laddove tale revoca sia stata disposta per l'inadempimento del beneficiario agli obblighi imposti dalla legge o dal provvedimento concessorio nella fase esecutiva del rapporto, e quindi in assenza di margini discrezionali di apprezzamento delle ragioni di pubblico interesse sottese all'erogazione del contributo (Cass., SS.UU.., 22 giugno 2017, n. 15638).
In ogni altro caso di revoca fondata sull’apprezzamento discrezionale dei presupposti e delle condizioni per far luogo al provvedimento di autotutela, la giurisdizione spetta al giudice amministrativo.
3.2. Il primo motivo di appello deve dunque essere respinto.
4. Con il secondo motivo di appello la Regione Veneto ha chiesto la riforma della sentenza in epigrafe per avere la sentenza appellata erroneamente ritenuto l’incompetenza del dirigente di settore all’adozione del provvedimento di rideterminazione dell’importo del contributo in data 23 settembre 2010.
In particolare, l’appellante:
- contesta che l’atto regionale sia qualificabile come provvedimento di autotutela in senso proprio. Al contrario, l’atto costituirebbe semplicemente l’atto conclusivo del procedimento di erogazione del contributo (un atto in relazione al quale la competenza spetterebbe certamente al dirigente di settore);
- osserva che, in base alla disciplina generale in ordine alla distinzione fra attività di indirizzo politico e attività gestionale, l’adozione del provvedimento in parola non potrebbe che spettare al dirigente di settore;
- richiama alcuni precedenti giurisprudenziali che conforterebbero la tesi qui sostenuta.
4.1. Il motivo è infondato.
4.1.1. Il Collegio ritiene infatti corretta ed esente dalle censure rubricate la statuizione della sentenza, che ha rilevato che il provvedimento dirigenziale di rideterminazione impugnato in primo grado costituisca atto di autotutela (sia pure solo parziale) rispetto alla determinazione assunta dalla Giunta regionale con la delibera n. 1064/2003 di ammissione dell’intervento per cui è causa ai benefìci economici di cui al DOCUP – Asse 1 – Misura 1.4.
La sentenza è parimenti meritevole di conferma laddove ha statuito che il provvedimento dirigenziale impugnato in primo grado, laddove interviene sulla precedete determinazione (e relativa quantificazione) già operata dalla Giunta nel corso del 2003 risulti contro il generale criterio secondo cui i provvedimenti di autotutela devono ordinariamente essere adottati (in base al principio del contrarius actus ) dallo stesso organo che ha adottato l’atto originario (in tal senso – ex multis -: Cons. Stato, V, 9 luglio 2015 n. 3458).
4.1.2. Non può pervenirsi a conclusioni diverse in considerazione del fatto (sottolineato dalla difesa regionale) che il provvedimento dirigenziale di rideterminazione del quantum del beneficio rappresenti l’atto conclusivo del procedimento di erogazione del contributo originariamente riconosciuto con la delibera di Giunta regionale n. 1064/2003.
Tale circostanza non consente di superare il dato obiettivo secondo cui l’impugnato provvedimento regionale: i ) interviene con valenza sostitutiva sulla statuizione già adottata dalla Giunta regionale per ciò che riguarda la quantificazione del beneficio; ii ) individua a fondamento di tale rideterminazione ragioni di legittimità (quali quelle relative alla corretta determinazione delle spese ammissibili ai sensi del Reg(CE) n. 1685/2000; iii ) perviene alla statuizione di parziale annullamento – e di conseguente rideterminazione del quantum – all’esito di un’autonoma valutazione circa le ragioni di interesse pubblico sottese alla scelta di rideterminazione (ancora una volta sostituendosi a valutazioni demandate all’Organo collegiale).
4.1.3. Ancora, non può pervenirsi a conclusioni diverse in ragione del carattere gestionale del richiamato provvedimento dirigenziale.
Ancora una volta, ciò che risulta determinante ai fini della risoluzione della questione è la circostanza per cui l’atto originario di riconoscimento del beneficio fosse stato adottato dalla Giunta regionale (in base a un riparto di competenze di cui non è discussa la legittimità), ragione per cui – in ossequio al richiamato canone del contrarius actus – la competenza all’adozione di un eventuale provvedimento di autotutela non poteva che spettare al medesimo organo.
4.1.3. Non può poi trovare accoglimento il motivo basato sul presunto contrasto fra la decisione impugnata e la sentenza della VI Sezione di questo Consiglio di Stato, n. 1712/2011.
Con la sentenza in questione (e ai soli fini che qui rilevano) è stata affermata la competenza del dirigente regionale all’adozione del provvedimento di revoca di una concessione alla coltivazione di una cava, a suo tempo disposta con delibera della Giunta regionale.
Va premesso che l’obiettiva diversità fra le fattispecie di riferimento e le normative applicabili rende in radice non perspicuo il richiamo operato dall’appellante e non possibile alcuna forma di comparazione fra le fattispecie.
Si osserva comunque che il motivo non può trovare accoglimento per la dirimente ragione che, nel caso richiamato dalla Regione appellante, non si faceva questione (come invece nel caso in esame) di una revoca in autotutela per presunti vizi dell’originario provvedimento regionale.
Al contrario, vi si faceva questione della ben diversa ipotesi di revoca sanzionatoria, disposta a fronte di condotte antidoverose imputabili al concessionario.
Le due fattispecie risultano quindi profondamente e inconciliabilmente diverse.
4.2. Anche il secondo motivo di appello deve dunque essere respinto.
5, La reiezione dell’appello principale risulta idonea a soddisfare integralmente l’interesse del Panificio Restel di Z N e L s.n.c., ragione per cui l’appello incidentale dallo stesso proposto (peraltro, in via subordinata rispetto alla reiezione dell’appello principale) deve essere dichiarato inammissibile.
6. Per le ragioni esposte l’appello in epigrafe deve essere respinto, mentre l’appello incidentale condizionato proposto dal Panificio Restel di Z N e L s.n.c. deve essere dichiarato inammissibile.
Il Collegio ritiene che sussistano giusti ed eccezionali motivi per disporre l’integrale compensazione delle spese di lite fra le parti.