Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2020-12-09, n. 202007820

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2020-12-09, n. 202007820
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202007820
Data del deposito : 9 dicembre 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 09/12/2020

N. 07820/2020REG.PROV.COLL.

N. 03250/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3250 del 2020, proposto dalla Regione Lazio, in persona del Presidente pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocato G A, domiciliata presso la sede dell’Avvocatura regionale in Roma, via Marcantonio Colonna, n. 27;

contro

Nomentana Hospital S.r.l. (già Centro di Sanità S.p.A. in liquidazione), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli Avvocati M M e L D, domiciliata elettivamente presso il loro studio in Roma, piazza Sant’Andrea della Valle, n. 3;
Commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dei disavanzi del settore sanitario della Regione Lazio, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
Conferenza Permanente per i rapporti tra lo Stato e le Regioni e le Provincie Autonome di Trento e di Bolzano, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
Azienda Unità Sanitaria Locale RM5, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocato A C M, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via G. Bettolo, n. 9;

nei confronti

Ministero della Salute, in persona del Ministro pro tempore, e Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente del Consiglio pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
San Raffaele S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza) n. 3507/2020, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Salute, della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dei disavanzi del settore sanitario della Regione Lazio, della Conferenza Permanente per i rapporti tra lo Stato e le Regioni e le Provincie Autonome di Trento e di Bolzano e dell’Azienda Unità Sanitaria Locale RM5;

Visto l'atto di costituzione in giudizio ed il ricorso incidentale proposto da Nomentana Hospital S.r.l. (Già Centro di Sanita' S.p.A. in Liquidazione);

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 15 ottobre 2020 il Cons. P A A P e uditi per le parti gli Avvocati G A, M M, A C M e l'Avvocato dello Stato B D;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1.- Con ricorso al TAR per il Lazio r.g.n. 9406/2014, integrato da motivi aggiunti, la Nomentana Hospital S.r.l. (Già Centro di Sanita' S.p.A. in Liquidazione, struttura accreditata dalla Regione per lo svolgimento di attività sanitarie a carico del Servizio Sanitario Nazionale, che ha stipulato periodicamente con l'ASL gli accordi di cui al D.lgs. n. 502 del 1992, art.

8-quinquies e successive modifiche) impugnava gli atti coi quali la ASL RMG aveva comunicato gli esiti dei controlli esterni dell’attività di ricovero relativa agli anni 2009, 2011 e 2012, nonché gli atti presupposti e successivi.

La ricorrente agiva, quindi, per il conseguente accertamento del diritto all'integrale retribuzione delle prestazioni sanitarie erogate per i predetti ricoveri sottoposti a verifica, previo annullamento delle sanzioni amministrative comminate, e previo accertamento che i fatti contestati (tra cui la mancata precisazione nella documentazione di ciascun ricovero, per gli anni 2011 e 2012, del tempo dedicato giornalmente alle attività riabilitative) non erano adeguatamente indicati tra le prestazioni dovute in base all’accordo-contratto stipulato e neppure quale criterio per la verifica dell’appropriatezza delle prestazioni erogate, ai sensi dell'art.

8-octies d.lgs. 502/1992.

La ricorrente deduceva, quanto all’anno 2009, l’illegittimità della contestazione relativa ai criteri di accesso alle prestazioni sanitarie sostenendo che i ricoveri oggetto di contestazione erano stati valutati, prima, e disposti, dopo, dalla stessa ASL ROMA G.

1.1.- In particolare, con il ricorso introduttivo, la ricorrente struttura ospedaliera impugnava i seguenti atti:

-la nota ASL RMG prot. 4510 del 17.04.2014 e la nota ASL RMG prot. 4555 del 18.04.2014, che comminavano la sanzione dell’importo di euro 1.493.985,02 (limitatamente alla somma di € 4.146,78 relativa all’anno 2009) per effetto dell’attività di controllo esterno svolta dalla ASL RMG sulle prestazioni sanitarie del 2009 e da ASP su quelle afferenti al 2011 e 2012, previo annullamento/disapplicazione degli atti amministrativi connessi, presupposti e successivi, e in particolare, della nota Regione Lazio prot. 87549 del 12.2.2014, della nota Regione Lazio prot. 147164 del 10.3.2014 e le presunte risultanze del sistema gestionale documentale Regionale SIMPS, in esse citato, come pure le tabelle in formato elettronico relative ai controlli automatici per gli anni 2009, 2011 e 2012, e, per quanto occorra, del decreto del Commissario ad acta per l’attuazione del piano di rientro del settore sanitario della Regione Lazio n. U00058 del 4.08.2009 con all. 1, della Direttiva ASP – Agenzia Sanità Pubblica della Regione Lazio n. 3 del 30.10.2009 con l’all. A, del decreto del Commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro del settore sanitario della Regione Lazio n. 40 del 26.03.2012 con l’all. 1, della Direttiva ASP n. 1 del 28.11.2012, dei verbali di verifica redatti dai funzionari della ASL RMG relativi all’anno 2009 e i verbali di verifica redatti dai funzionari dell’ASP relativi all’anno 2011 e 2012, con relativi allegati e le schede analitiche di revisione, le linee guida fornite dal Ministero della Sanità per le attività di riabilitazione sulla base del provvedimento della Conferenza Stato Regioni del 7.05.1998, il Decreto Presidenza del Consiglio dei Ministri 29.11.2001, la DGR Lazio n. 864 del 28.06.2002, la DGR Lazio n. 996 del 10.07.2001, la DGR Lazio n. 1178 del 14.11.2003, la DGR Lazio n. 427/2006, la circolare applicativa della Regione Lazio n. 59/2002, le linee guida e il Regolamento per l'effettuazione dei controlli esterni dell'attività di ricovero, la DGR Lazio n. 731/2005, la DGR Lazio n. 143/2006, il D.M. 380 del 27.10.2000 contenente regole per la corretta compilazione della scheda di dimissione ospedaliera, l’accordo Stato Regioni del 6.06.2002, ex art.4, co. 2, D.lgs. n. 281/97, le linee guida per la codifica delle informazioni cliniche presenti nella Cartella di Dimissioni Ospedaliere, in part. all.1, la DGR Lazio n. 408 del 11.07.2006, la DGR Lazio n.

922/2006, il D.M. 18.12.2008 “aggiornamento dei sistemi di classificazione adottati per la codifica delle informazioni cliniche contenute nella scheda di dimissione ospedaliera e per la remunerazione delle prestazioni ospedaliere”.

Con i primi motivi aggiunti, depositati il 27.05.2019, la ricorrente impugnava:

-la sanzione amministrativa dell’importo di € 570.385,64 oltre interessi, comminata con nota ASL RM5 prot. 10007, del 04.04.2019, afferente all’attività di controllo esterno svolta dalla Regione Lazio sulle prestazioni sanitarie del 2012 e atti presupposti e, in particolare, per quanto di interesse, la nota Regione Lazio 182239 GR/11/22 del 02.03.2015, le risultanze del sistema gestionale documentale Regionale SIMPS, come pure delle tabelle in formato elettronico relative ai controlli automatici per l’anno 2012 in essa citate, nonché del file (denominato “12-Asl Roma Controlli esterni 2009-2015 NOMENTANA HOSPITAL.xlsx”), contenente “i valori dei controlli esterni”, previo annullamento e/o disapplicazione della nota Regione Lazio U.0326052 del 29.04.2019 avente ad oggetto “Procedimento di definizione agevolata in materia di controlli esterni in ambito sanitario ex art. 9, commi 2-4, LR n. 13/2018 – Sospensione termini”.

Con i secondi motivi aggiuntivi, depositati il 02.08.2019, la ricorrente impugnava:

-la nota della Regione Lazio, registro ufficiale Int. 0439446 del 07.06.2019 (doc. 39), la nota ASL RM 5 prot. 21218 del 24.06.2019 a mezzo della quale la ASM RM 5 ha comunicato a NH il recupero forzoso, a titolo di sanzioni e interessi per l’anno 2011 e 2012, della somma di € 2.690.581,61 (di cui € 1.773.553,86 per sanzioni ed € 917.027,75 per interessi).

Con ricorso per terzi motivi aggiunti, depositato il 6.11.2019, la ricorrente ha impugnato:

-la nota ASL prot. 24634 del 04.09.2019 (doc. 46), a mezzo della quale la ASL RM 5 ha comunicato il recupero forzoso, a titolo di sanzioni e interessi, per l’anno 2011 e 2012, della somma di € 1.804.937,46.

2.- Con la sentenza in epigrafe, il TAR, in parte, dichiarava inammissibile il ricorso per difetto di giurisdizione del giudice adito, dichiarando nel contempo la giurisdizione del Giudice ordinario, e, in parte, rigettava l’impugnazione dei DCA 58/2009 e 40/2012.

3.- Con l’appello in esame, notificato a mezzo pec in data 18 aprile 2020, la Regione Lazio impugna la sentenza in epigrafe nella parte in cui dichiara il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo ed, evidenziato come le posizioni delle Sezioni Unite in materia di controlli esterni ex art. 8 octies D. Lgs. 502/92 non abbiano seguito, negli ultimi anni, un orientamento costante e uniforme, rileva che, nella specie, si configurerebbe la giurisdizione amministrativa per il fatto che “ la richiesta delle Amministrazioni appare, però, giustificata sulla base dell'esercizio di un'attività riconducibile ad un potere autoritativo”.

3.1. - L’istanza di sospensione della sentenza appellata, proposta in via incidentale dalla Regione, è stata respinta con ordinanza n. 3128/2020 del 5 giugno 2020, attesa la carenza del periculum in mora e con riserva al merito dell’approfondimento della questione di giurisdizione.

4.- Nomentana Hospital S.r.l. (di seguito, anche “NH” o “Casa di cura”) impugna in via incidentale autonoma, ex artt. 96 c.p.a. e 333 c.p.c., con atto notificato tempestivamente a mezzo pec l’11 maggio 2020, la sentenza del Tar Lazio in epigrafe, rimettendosi a questo giudice per quanto concerne il profilo della giurisdizione e chiedendo la riforma dei capi della sentenza con cui il giudice di prime cure ha rigettato, per infondatezza, taluni motivi di doglianza che ripropone, ai sensi dell’art. 101, comma 2, c.p.a., anche in funzione dell’eventuale accoglimento dell’appello principale promosso dalla Regione in punto di giurisdizione.

Tra i motivi di doglianza proposti dall’appellante incidentale due questioni attengono all’illegittimità (finanche costituzionale) del sistema sanzionatorio congegnato nella materia de qua

dalla Regione Lazio con i DCA 58/2009 e 40/2012.

Tali doglianze, che sono state negativamente scrutinate dal Tar al paragrafo 6 della sentenza impugnata, vengono riproposte e affrontate con il primo e secondo motivo dell’appello incidentale.

La ricorrente critica la sentenza per aver ritenuto non violata la riserva relativa di legge in materia di sanzioni amministrative, per aver escluso che possa configurarsi il vizio di eccesso di potere per disparità di trattamento, stante l’evidente differenza intercorrente tra un controllo avente ad oggetto atti già individuati rispetto a un altro non preparato, e il differente e più severo trattamento sanzionatorio di quest’ultima ipotesi rispetto alla prima, e, infine, per aver ingiustamente ritenuto infondata anche la censura inerente la sproporzione tra le due fattispecie.

Erroneamente il TAR avrebbe ritenuto non contrastare con i dedotti principi di proporzionalità e adeguatezza l’attribuzione all’Amministrazione della scelta circa la tipologia di controlli da eseguire.

5.- Si è costituita in giudizio la AUSL RM5 rilevando come la giurisdizione spetti al giudice amministrativo, avendo la Corte Suprema di Cassazione, Sezioni Unite Civili, con l’ordinanza n. 18168/2017 emessa all’udienza del 24 gennaio 2017 e depositata in Cancelleria il successivo 24 luglio 2017, a seguito di regolamento preventivo di giurisdizione proposto dalla ricorrente Nomentana Hospital S.r.l., dichiarato la giurisdizione del giudice amministrativo per le questioni pendenti davanti al Tribunale di Tivoli, aventi il medesimo oggetto del giudizio pendente davanti al TAR.

Nel merito, la AUSL RM5 eccepisce l’infondatezza dei motivi proposti da Nomentana Hospital S.r.l. con l’appello incidentale.

6.- A seguito di scambi di memorie, alla Camera di consiglio del 15 ottobre 2020, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1.- Il Collegio ritiene fondato l’appello.

2.- Viene in decisione la questione di giurisdizione relativa ai provvedimenti che afferiscono al complesso procedimento di monitoraggio e controllo delle attività e prestazioni oggetto dei rapporti contrattuali intercorsi negli anni 2009, 2011 e 2012 tra l’ASL RM 5 e la Nomentana Hospital S.r.l., di cui all’art. 8 quinquies del D.lgs. n. 502/1992 e successive modifiche.

Oggetto del giudizio è, dunque, la verifica dell’azione autoritativa della P.A. nell’esercizio delle funzioni di vigilanza e controllo sul rapporto concessorio sottostante.

2.1.- Il primo giudice ha ritenuto che mentre rientra nella giurisdizione amministrativa il giudizio sulla legittimità degli atti che stabiliscono i criteri di esercizio del controllo, in quanto espressione di potestà autoritativa (difatti ha trattenuto e deciso le questioni riguardanti l’impugnazione dei DCA n. 58/2009 e n. 40/2012), viceversa, allorché siano impugnati gli atti a valle, meramente applicativi di tali criteri, privi di discrezionalità, coi quali l’Amministrazione ha proceduto al calcolo ed alla richiesta di pagamento delle somme che, in forza dei presupposti atti generali, le strutture sanitarie sono tenute a corrispondere a titolo sanzionatorio, si tratterebbe esclusivamente della verifica dell’adempimento delle prestazioni sanitarie cui la struttura è obbligata.

In tale caso, la controversia sarebbe devoluta all’autorità giudiziaria ordinaria, in quanto l’amministrazione non opera tramite poteri autoritativi, bensì, in sostanza, compie una attività

di verifica, non compresa nella giurisdizione amministrativa esclusiva in materia concessoria in ragione del disposto dell’art. 133, comma 1, n. 6, lett. c), c.p.a., in quanto vertente su “indennità, canoni ed altri corrispettivi”.

2.2.- Ritiene il Collegio di dovere, innanzitutto, richiamare l’art. 79, comma 1- septies , del d.l. 25 giugno 2008, n. 112, conv. con l. 6 agosto 2008, n. 133, che così recita:

“All’articolo 88 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, il comma 2 è sostituito dal seguente:

«2. Al fine di realizzare gli obiettivi di economicità nell’utilizzazione delle risorse e di verifica della qualità dell'assistenza erogata, secondo criteri di appropriatezza, le regioni assicurano, per ciascun soggetto erogatore, un controllo analitico annuo di almeno il 10 per cento delle cartelle cliniche e delle corrispondenti schede di dimissione, in conformità a specifici protocolli di valutazione. L’individuazione delle cartelle e delle schede deve essere effettuata secondo criteri di campionamento rigorosamente casuali. Tali controlli sono estesi alla totalità delle cartelle cliniche per le prestazioni ad alto rischio di inappropriatezza individuate dalle regioni tenuto conto di parametri definiti con decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, d’intesa con il Ministro dell’economia e delle finanze». ”.

2.3.- L’art. 8- octies del d.lgs. n. 502/1992 (come inserito dall’art. 8, comma 4, del d.lgs. n. 229/1999 e, quindi, ulteriormente integrato dall’art. 8, comma 3, lett. o), del d.lgs. n. 254/2000), sotto la rubrica “ controlli ”, dispone:

- al comma 1, che “ La regione e le aziende unità sanitarie locali attivano un sistema di monitoraggio e controllo sulla definizione e sul rispetto degli accordi contrattuali da parte di tutti i soggetti interessati nonché sulla qualità dell’assistenza e sulla appropriatezza delle prestazioni rese ”;

- al comma 3, lett. a), per quanto qui interessa, che “ con atto di indirizzo e coordinamento, emanato entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229, sentita l’Agenzia per i servizi sanitari regionali, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono stabiliti, sulla base dei criteri di cui all’articolo 8- quinquies , i principi in base ai quali la regione assicura la funzione di controllo esterno sulla appropriatezza e sulla qualità della assistenza prestata dalle strutture interessate ”;

- al comma 4, che “ l’atto di indirizzo e coordinamento di cui al comma 3 individua altresì i criteri per la verifica di:

a) validità della documentazione amministrativa attestante l’avvenuta erogazione delle prestazioni e la sua rispondenza alle attività effettivamente svolte;

b) necessità clinica e appropriatezza delle prestazioni e dei ricoveri effettuati, con particolare riguardo ai ricoveri di pazienti indirizzati o trasferiti ad altre strutture;

c) appropriatezza delle forme e delle modalità di erogazione della assistenza;

d) risultati finali della assistenza, incluso il gradimento degli utilizzatori dei servizi ”.

2.4. Orbene, dalla riferita normativa emerge che i controlli di appropriatezza non esauriscono la loro funzione nella verifica dell’adempimento, da parte del soggetto convenzionato, alle obbligazioni derivanti a suo carico dal rapporto concessorio di accreditamento, ma sono volti a perseguire obiettivi, di pubblico interesse, di economicità nell’utilizzo delle risorse e di verifica della qualità dell’assistenza erogata, a tutela del diritto alla salute.

Ed infatti, “ le disposizioni dell’art. 79 del D.L. n. 112/2008, superando definitivamente la disciplina transitoria e sommaria della tariffazione forfettaria nell’ambito delle prestazioni sanitarie, in quanto inadeguata a garantire una efficiente ed imparziale allocazione delle risorse a tutela del diritto alla salute, garantiscono l’efficienza, l’economicità e l’appropriatezza del Sistema sanitario nazionale ” (C.d.S., Sez. III, 10 agosto 2018, n. 4902).

2.5.- Né va trascurato che gli atti impugnati sono strumentali all’attuazione del Piano di rientro della Regione Lazio dal disavanzo finanziario nel settore della Sanità, tant’è che taluni assumono la veste di atti del Commissario ad acta (di tal ché, in questa prospettiva, anche la veste formale dell’atto acquista rilevanza).

2.6.- Orbene, secondo la giurisprudenza, “ il Piano di rientro, previsto dalla legge in presenza di un disav0anzo eccessivo della spesa sanitaria in una determinata Regione, ha lo scopo di fissare l’obbligo giuridico della sua riduzione verso livelli sostenibili, definiti in obiettivi quantitativi e tempi determinati e vincolanti, alla condizione del pieno rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni secondo gli standard acquisiti in campo nazionale;
di conseguenza esso persegue contestualmente e paritariamente due ordini di obiettivi, entrambi egualmente vincolanti ed egualmente sottoposti a penetranti controlli nelle sedi nazionali, con conseguenti meccanismi premiali o sanzionatori: a) l’esigenza di ripristinare l’equilibrio economico-finanziario del sistema sanitario regionale interessato;
b) la necessità di salvaguardare il pieno rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni secondo gli
standard acquisiti in campo nazionale. Nella logica della legislazione di risanamento finanziario è quindi chiaro l’ordine sostanziale di priorità e di valore dal momento che la ratio profonda ed essenziale, che anima il procedimento del piano di rientro, è proprio la garanzia del rispetto dei livelli essenziali e la loro sostenibilità nel futuro, ed è a tutela di questo interesse generale e, dunque, a tutela dei diritti fondamentali dei cittadini, soprattutto in prospettiva di tempo, che la legge prescrive il rispetto delle compatibilità finanziarie secondo gli standard di maggiore efficienza e, ove tali compatibilità non siano rispettate, è necessario il contenimento della spesa negli ambiti estranei o eccedenti i livelli essenziali di assistenza. Ne consegue che il peso della attuazione del piano di rientro deve ridistribuirsi secondo criteri di massima appropriatezza e di ragionevolezza tra i settori diversi o i profili di spesa considerati in eccesso rispetto ai livelli essenziali, incidendo sui livelli di spesa storica acquisita con riduzione degli andamenti tendenziali ” (così C.d.S., Sez. III, 3 febbraio 2016, n. 431;
v. pure Sez. III, 27 febbraio 2015, n. 982).

2.7.- Venendo, dunque, in questione la contestazione delle risultanze (numeriche) dell’esercizio dei poteri di controllo volti al perseguimento delle menzionate finalità pubblicistiche, deve ritenersi ad avviso del Collegio che la presente causa fuoriesca dall’ambito delle controversie aventi ad oggetto “ indennità canoni ed altri corrispettivi ”, sottratte alla giurisdizione esclusiva del G.A. in materia di concessioni di pubblici servizi e devolute alla giurisdizione ordinaria, per rientrare invece nell’alveo della generale giurisdizione esclusiva di cui all’art. 133, comma 1, n. 6, lett. c), c.p.a....

3. - In senso contrario, non potrebbe argomentarsi dall’asserito carattere vincolato dei controlli esterni analitici, perché consistenti nella mera verifica della conformità dell’attività svolta in concreto dalle strutture accreditate, rispetto ai parametri enucleati dalle Regioni con atti a monte (espressione di un potere discrezionale) dove sono state fissate le modalità di svolgimento delle prestazioni sanitarie da parte delle predette strutture, i codici di ricovero, la durata delle prestazioni.

3.1.- Invero, si deve escludere che il carattere vincolato dell’attività svolta denoti ipso facto l’assenza, in capo alla P.A., di una posizione di supremazia, nonché la conseguente natura paritetica degli atti adottati dalla stessa P.A. nel rapporto con l’amministrato.

La circostanza che il potere amministrativo sia vincolato – e cioè che il suo esercizio sia predeterminato dalla legge nell’ an e nel quomodo – non trasforma il potere medesimo in una categoria civilistica, assimilabile ad un diritto potestativo, poiché l’Amministrazione esercita in questi casi una funzione di verifica, controllo, accertamento tecnico dei presupposti previsti dalla legge, quale soggetto incaricato della cura di interessi pubblici generali, esulanti dalla propria sfera patrimoniale: il potere vincolato, dunque, resta comunque espressione di “supremazia” o di “funzione”, con il corollario che dalla sua natura vincolata derivano conseguenze non sul piano della giurisdizione, ma su quello delle tecniche di tutela (si pensi al potere del giudice in sede di giudizio sul silenzio di pronunciarsi, ai sensi dell’art. 31, comma 3, c.p.a., sulla fondatezza della pretesa dedotta in giudizio).

3.2.- Del resto, che l’attività della P.A., per il solo fatto di essere vincolata, non cessi di essere attività autoritativa e di tradursi in atti aventi natura non già paritetica, bensì provvedimentale, sottoposti alla giurisdizione del G.A., emerge con chiarezza da molteplici istituti del diritto amministrativo. A mero titolo esemplificativo, si indicano i seguenti casi:

a) la materia edilizia, connotata per larga parte dall’esercizio di attività vincolata che, non per questo, cessa di essere attività autoritativa, espressione di potestà pubblicistiche. Basti pensare, al riguardo, al permesso di costruire ed all’ordine di demolizione, atti vincolati aventi natura di provvedimenti amministrativi (sul permesso di costruire: C.d.S., Sez. IV, 5 settembre 2016, n. 3805;
sull’ordine di demolizione: C.d.S., Sez. VI, 7 novembre 2019, n. 7603). La devoluzione della materia dell’edilizia alla giurisdizione esclusiva del G.A. ex art. 133, comma 1, lett. f), c.p.a., si spiega, del resto, proprio in ragione del carattere autoritativo e pubblicistico dei poteri esercitati dall’Amministrazione nella materia in esame, in coerenza con l’insegnamento della giurisprudenza costituzionale (Corte cost., n. 204/2004 e n. 191/2006);

b) il già citato potere del G.A., in sede di giudizio sul silenzio, di pronunciarsi sulla fondatezza della pretesa dedotta in giudizio, esercitabile, ai sensi dell’art. 31, comma 3, c.p.a., quando si tratti di atti vincolati, ovvero non residuino ulteriori margini di discrezionalità in capo alla P.A.: ciò, tenuto conto che il rimedio del rito del silenzio si applica in via esclusiva all’attività provvedimentale della P.A. (cfr., ex multis , C.d.S., Sez. III, 1° luglio 2020, n. 4204;
Sez. IV, 2 settembre 2019, n. 6048), essendo invece escluso tale rimedio quando si tratti di pretese fondate sull’esercizio di diritti soggettivi, ovvero per ottenere l’adempimento di obblighi convenzionali o, addirittura, la stipula di accordi contrattuali (C.d.S., Sez. III, 26 ottobre 2015, n. 402);

c) in terzo luogo, il dettato dell’art. 21- octies , comma 2, primo periodo, della l. n. 241/1990, lì dove inibisce al giudice amministrativo l’annullamento dei provvedimenti adottati in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti, qualora, “ per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato ”.

3.3.- A ciò si aggiunge che non mancano situazioni in cui, nei controlli di appropriatezza, la P.A. si trova a disporre di margini di discrezionalità tecnica, come nel caso in cui si contesti l’attribuzione ad una certa prestazione sanitaria di un DRG (raggruppamento omogeneo di diagnosi), in luogo di un altro, con i correlativi effetti sul piano del maggiore o minore esborso a carico della P.A.

Di tal ché anche da questo punto di vista emerge la riconducibilità della controversia alla giurisdizione amministrativa.

4.- Su altro versante, la soluzione prospettata dal T.A.R. porta a una segmentazione del procedimento di controllo in varie sotto-fasi ed alla conseguente frammentazione del contenzioso ad esso inerente in diversi plessi giurisdizionali, a seconda della sotto-fase che venga in considerazione, come appunto è avvenuto nel caso in esame, ciò che, però, secondo l’insegnamento della Corte regolatrice (Cass. civ., Sez. Un., 21 febbraio 2019, n. 5201;
id., 12 dicembre 2012, n. 22782) contrasta con il principio di rango costituzionale di concentrazione della tutela, la cui vigenza nel processo amministrativo è esplicitata dall’art. 7, comma 7, c.p.a..

Né sarebbe ipotizzabile, nel caso di specie, una vis espansiva della giurisdizione ordinaria, a ciò ostando il dettato dell’art. 133, comma 1, lett. c), c.p.a., che, come già detto, riserva alla predetta giurisdizione, in deroga alla giurisdizione esclusiva del G.A. in materia di concessioni di pubblici servizi, le sole controversie “ concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi ” e cioè le controversie di contenuto prettamente patrimoniale, quale non è quella qui in esame, che riguarda anche l’impugnazione degli atti che hanno definito i criteri del controllo, ritenuti correttamente dal TAR rientranti nella giurisdizione amministrativa, e, in ogni caso, involge, come si è visto più sopra, le stesse modalità di esercizio dei poteri di controllo e gli esiti a cui questi sono approdati.

4.1.- D’altro lato, la frammentazione del contenzioso conseguente alla pronuncia appellata si presta a un’ulteriore rilievo critico circa la possibilità di abuso della strumentazione giuridica, qual è quello che potrebbe derivare dall’inserimento dei risultati di una tipica attività amministrativa (nel caso qui in esame, il controllo) e che partecipano della natura di tale attività, all’interno di atti recanti partite di dare/avere, al fine di attrarre ad una diversa giurisdizione la cognizione sulla suddetta attività e sui suoi esiti.

Con il ché, si lascerebbe alla mercé dell’Amministrazione di decidere essa stessa il giudice deputato a conoscere dell’attività di controllo e dei suoi esiti, a seconda che l’Amministrazione scelga di formalizzare detti esiti in un’apposita veste provvedimentale, ovvero, come ora esposto, di inserirli all’interno di apposite partite di dare/avere, dando vita a quella che è stata criticamente definita dalla dottrina come “giurisdizione ballerina”, in violazione dei canoni costituzionali in tema di riparto della giurisdizione e dello stesso principio del giudice naturale precostituito per legge (e non lasciato alla libera disponibilità delle parti).

4.2. - Nel caso qui in esame, va ribadito, non viene in rilievo tanto la contestazione di atti di recupero di posizioni creditorie della A.S.L., quanto piuttosto si mette in discussione il profilo valutativo che ha condotto al saldo negativo posto alla base dell’iniziativa di recupero, tramite un apprezzamento – contestato dalla Nomentana Hospital S.r.l.– sulla congruità ed adeguatezza dei servizi resi dalla struttura accreditata.

Orbene, in presenza dell’esercizio del potere autoritativo di programmazione sanitaria, espresso sia nel relativo budget sia nella definizione del sistema dei controlli a posteriori sull’attività sanitaria e sui criteri operativi, in tanto la struttura sanitaria può contestare la debenza delle somme che l’Amministrazione pretende di riscuotere, in quanto essa metta in discussione quei controlli e i rispettivi esiti, contestandone la legittimità e il modo di esercizio (Cass. civ., Sez. Un., n. 23540/2019, cit.).

4.3. - Invero, trattandosi delle risultanze del potere di vigilanza, anche l’atto che le attesta e le certifica in via ultimativa è ascrivibile alla materia della concessione di pubblico servizio.

Esso risulta direttamente funzionale, infatti, alla tutela dell’interesse pubblico al corretto espletamento del servizio sanità, in un intreccio di posizioni soggettive che legittima l’attribuzione al G.A., in via esclusiva come disposto dalla legge, delle relative controversie: pertanto, la contestazione della debenza dell’importo richiesto a titolo di sanzione porta con sé, inevitabilmente, lo scrutinio sulla legittimità dell’attività provvedimentale autoritativa e tecnicamente discrezionale della P.A., che giustifica la devoluzione della controversia alla giurisdizione esclusiva del G.A. (cfr. Cass. civ., Sez. Un., n. 23540/2019, cit.).

4.4. -La funzione pubblica assolta dai controlli analitici esterni di cui si discute appare indiscutibile, perseguendo essi, come si è ampiamente illustrato, l’interesse pubblico a che le risorse destinate alla Sanità Pubblica siano allocate nel rispetto dei principi di efficienza, efficacia, economicità dell’azione pubblica, nonché di garanzia della qualità delle prestazioni rese e di rispetto degli standard connessi ai livelli essenziali di assistenza.

Dal ché consegue che l’eventuale valutazione di inappropriatezza delle prestazioni erogate non si limita al mero profilo patrimoniale, ma sta ad indicare l’espletamento del servizio sanità in modo non conforme ai principi ora esposti.

5.- In definitiva, l’appello è fondato e da accogliere, con la conseguenza che, in riforma della sentenza impugnata, va disposta la remissione della causa al primo giudice, ai sensi dell’art. 105, comma 1, c.p.a..

6.- Quanto all’appello incidentale autonomo proposto dalla Nomentana Hospital S.r.l. con riguardo ai capi di sentenza che hanno deciso su alcuni motivi di impugnazione (riguardanti il sistema sanzionatorio congegnato dalla Regione coi DCA nn. 58/2009 e 40/2012) rigettandoli, l’esame relativo va rimesso alla trattazione in pubblica udienza che viene fissata alla data del 18 marzo 2021.

7.- Sussistono, comunque, giusti motivi per disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese di giudizio, stante la complessità della questione di giurisdizione esaminata.

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