Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2021-08-12, n. 202105867

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2021-08-12, n. 202105867
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202105867
Data del deposito : 12 agosto 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 12/08/2021

N. 05867/2021REG.PROV.COLL.

N. 08214/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8214 del 2018, proposto da Vodafone Italia S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati A B C, G L P e F C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio F C in Roma, via Vittoria Colonna 32;

contro

Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM) - Roma, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

Fastweb S.p.A., Wind Tre S.p.A. non costituiti in giudizio;
Telecom Italia S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Francesco Saverio Cantella, Francesco Cardarelli, Filippo Lattanzi, Jacopo D’Auria, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Filippo Lattanzi in Roma, via G. P. Da Palestrina n.47;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Sezione Terza) n. 06690/2018, resa tra le parti, concernente la delibera dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni n. 584/16/cons del 1° dicembre 2016 recante “approvazione delle linee guida per la valutazione della replicabilità delle offerte al dettaglio dell’operatore notificato per i servizi di accesso alla rete fissa”.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’AGCOM e di Telecom Italia s.p.a.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza del giorno 28 gennaio 2021 il consigliere A P e uditi per le parti gli avvocati indicati nel verbale d’udienza;

L’udienza si svolge ai sensi dell’art.4, comma1, del decreto legge n. 28 del 30 aprile 2020 e dell’art.25, comma 2, del decreto legge n. 137 del 28 ottobre 2020 attraverso videoconferenza con l’utilizzo di piattaforma "Microsoft Teams" come previsto dalla circolare n. 6305 del 13 marzo 2020 del Segretario generale della Giustizia amministrativa;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO


Vodafone Italia s.p.a. impugna la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (sezione terza) n. 6690/2018 del 15 giugno 2018, che ha rigettato il ricorso contro la delibera dell'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni n. 584/16/CONS del 1° dicembre 2016 (pubblicata sul sito istituzionale dell'Autorità in data 23 dicembre 2016), recante “Approvazione delle Linee Guida per la valutazione della replicabilità delle offerte al dettaglio dell'operatore notificato per i servizi di accesso alla rete fissa”. Si tratta, cioè, delle Linee guida mediante le quali AGCOM definisce i criteri e le modalità del c.d. test di prezzo volto a verificare la replicabilità delle offerte commerciali di Telecom Italia S.p.A. da parte di operatori alternativi, come l’odierna appellante Vodafone Italia S.p.A. (di seguito “Vodafone” o “Società”), nei mercati delle telecomunicazioni fisse.

Il test di prezzo rappresenta lo strumento regolamentare maggiormente utilizzato dall’AGCOM al fine di prevenire comportamenti abusivi ed escludenti basati sul prezzo da parte dell’operatore dotato di significativo potere di mercato (i.e.: Telecom) ai danni degli operatori concorrenti.

La funzione del test è quella di garantire che il prezzo delle offerte rivolte ai clienti finali lanciate dall’operatore dotato di significativo potere di mercato (SPM, nella specie Telecom), sia replicabile dagli operatori concorrenti.

La sentenza appellata è impugnata nella parte in cui ha respinto i motivi di ricorso di Vodafone che contestano all’AGCOM la fissazione di criteri per l’effettuazione del test di prezzo ritenuti contraddittori ed irragionevoli, in contrasto con il quadro normativo-regolamentare di riferimento e che, anziché assicurare la replicabilità delle offerte al dettaglio di Telecom da parte degli operatori concorrenti, finirebbero per avvantaggiare ingiustificatamente l’operatore dominante.

La società Telecom Italia, quale fornitore di rete e servizi di telefonia fissa ex monopolista, è stata identificata da AGCOM come operatore che detiene un significativo potere di mercato (“SMP”), definito dall’art. 17, comma 2, del d.lgs. n. 259/2003 (“Codice delle comunicazioni elettroniche” o “CCE”) come quel soggetto che “individualmente o congiuntamente con altri, gode di una posizione equivalente ad una posizione dominante, e dunque di forza economica tale da consentirle di comportarsi in misura notevole in modo indipendente dai concorrenti, dai clienti e dai consumatori”.

Da ultimo con la delibera n. 623/15/CONS, TIM è stata individuata operatore SMP nei mercati dell’accesso locale e centrale all’ingrosso in postazione fissa, mentre non lo è più sui mercati dei servizi al dettaglio.

La società Telecom è soggetta ad obblighi regolatori imposti dall’Autorità, tra i quali quello di fornire agli operatori concorrenti (OLO: Other Licensed Operators) alcuni servizi di rete a condizioni eque e non discriminatorie, garantendo l’accesso anche a quelli aventi inferiore o nessuna infrastruttura di rete.

I costi dei diversi servizi dell’una e dell’altra categoria comprendono tra l’altro le spese per investimenti effettuati rispettivamente dai singoli operatori nell’ambito della propria attività.

Per realizzare il principio di non discriminazione nelle attività commerciali di fornitura di tali servizi, sono previste verifiche di replicabilità delle offerte al dettaglio dei servizi di Telecom Italia di accesso alla rete, nelle quali tali offerte debbono essere sottoposte, prima del lancio commerciale, ad una verifica secondo il metodo dei flussi di cassa attualizzati (DCF), consistente nella determinazione del valore attuale, differenziato tra le offerte su reti in rame oppure in fibra, dei flussi di cassa attesi dall’attività svolta.

Tra gli effetti negativi derivanti dalla posizione di vantaggio dell’operatore SMP rispetto agli altri, che il test di replicabilità è preordinato ad impedire, vi è la compressione dei margini di rivendita (margin squeeze) imposti dall’impresa verticalmente integrata, tali da non consentire ad altre imprese del medesimo settore di offrire servizi della medesima specie e natura in forma altrettanto competitiva, così pregiudicando la concorrenza in un determinato mercato e, di conseguenza, anche i connessi interessi dei consumatori.

Il test di replicabilità si basa su alcune categorie di costi rispettivamente sostenuti da un operatore in relazione alle rispettive appartenenze o meno a mercati all’ingrosso.

Sono quindi elementi di tale calcolo, espresso in una formula indicata nel provvedimento impugnato e negli atti presupposti, i costi dei fattori produttivi di rete essenziali e non, nonché di quelli di natura squisitamente commerciale.

Ora, mentre la delibera AGCOM n. 499/10 aveva previsto la verifica della replicabilità dell’offerta rispetto sia a tutti i costi (fissi e variabili) in un periodo di riferimento dato dalla permanenza media del cliente nell’offerta (analisi DCF o Discounted Cash Flow) definito come pari a 24 mesi per le offerte in rame e 36 mesi per le offerte in fibra, sia ai soli costi variabili in relazione a singoli periodi di dodici mesi (analisi Period by Period o PdP), la successiva delibera n. 584/16/CONS qui impugnata, pur confermando le premesse della delibera n. 499/10/CONS, ha tuttavia stabilito alcune modifiche dei test di replicabilità.

In particolare, con l’ultima delibera n. 623/15/CONS del 5 novembre 2015, AGCOM ha concluso l’analisi dei mercati dei servizi di accesso alla rete fissa svolta ai sensi degli artt. 19 e ss. del CCE, rilevando che Telecom, “nonostante la presenza di alcuni operatori alternativi che stanno investendo o pianificano di investire in reti di nuova generazione in alcune zone del territorio italiano, ... è ancora l’unico operatore verticalmente integrato lungo tutta la catena tecnologica e impiantistica a livello nazionale” e, dunque, “è comunque ancora in grado di razionalizzare i costi di natura tecnico-operativa ed effettuare scelte coordinate tra livelli wholesale e retail della catena del valore”. Gli operatori alternativi (quali Vodafone, Fastweb, Wind), invece, “dispongono di una minore libertà d’azione in quanto, da un lato, devono rispettare i vincoli imposti da Telecom Italia nell’acquisto di servizi intermedi e, dall’altro lato, si trovano a competere con quest’ultima nel mercato a valle” (v. par. 273-275). Pertanto, AGCOM ha ritenuto che nei mercati rilevanti dei servizi all’ingrosso di accesso locale e di accesso centrale alla rete telefonica fissa (sia su rete in rame, sia su rete in fibra ottica) vi sia Telecom come operatore con significativo potere di mercato (SMP) a livello nazionale.

Quale operatore SMP nei mercati di telecomunicazione di rete fissa, Telecom è soggetta, giusta l’art. 45 del codice delle comunicazioni elettroniche (d.lgs. 01/08/2003 n° 259), ad alcuni obblighi in ordine all’offerta di servizi sia all’ingrosso (ad es. per l’accesso alla propria rete di altri operatori), sia al dettaglio, tra cui quello di non discriminazione, per garantire “che l’operatore applichi condizioni equivalenti in circostanze equivalenti nei confronti di altri operatori che offrono servizi equivalenti, e inoltre che esso fornisca a terzi servizi e informazioni garantendo condizioni e un livello di qualità identici a quelli che assicura per i propri servizi o per i servizi delle proprie società consociate o dei propri partner commerciali” (art.47 codice cit.);
nonché all’obbligo di controllo dei prezzi “qualora l'analisi del mercato riveli che l'assenza di un'effettiva concorrenza comporta che l’operatore interessato potrebbe mantenere prezzi ad un livello eccessivamente elevato o comprimerli a danno dell’utenza finale” (art. 50 codice cit.). Tali obblighi “possono includere prescrizioni affinché le imprese identificate non applichino prezzi eccessivi, non impediscano l'ingresso sul mercato né limitino la concorrenza fissando prezzi predatori, non privilegino ingiustamente determinati utenti finali, non accorpino in modo indebito i servizi offerti” (art. 67, co. 2, codice cit.).

La delibera n. 623/15/CONS, AGCOM nell’attuare tali prescrizioni nei confronti di Telecom, ha stabilito che “tutte le offerte di Telecom Italia di servizi di accesso al dettaglio (inclusi i bundle) devono essere replicabili da parte di un operatore efficiente e, pertanto, sono sottoposte ad un test di replicabilità, in modalità ex ante ossia prima del lancio commerciale, da parte dell’Autorità” (art. 11, comma 7;
art. 65, commi 1 e 2).

Quindi, la verifica della replicabilità delle offerte di Telecom per i servizi di accesso al dettaglio alla rete fissa avviene mediante il c.d. test di prezzo, le cui modalità e criteri di svolgimento sono definiti dall’AGCOM con propria delibera, per verificare che le offerte retail dell’operatore con significativo potere di mercato (SMP) siano replicabili da parte dei concorrenti, evitando così il pericolo della c.d. “compressione dei margini” (margin squeeze), quale possibile pratica anticoncorrenziale messa in opera dall’operatore dominante, che avrebbero l’effetto perverso di escludere la concorrenza degli operatori alternativi.

Del resto, un operatore con significativo potere di mercato (SMP), disattendendo l’attività di regolazione, potrebbe ridurre la differenza fra prezzi al consumo e prezzi di accesso all’ingrosso ad un livello tale da impedire lo sviluppo di una concorrenza sostenibile, ad es. col vendere all’ingrosso prodotti (wholesale) ai propri concorrenti a prezzi superiori ai costi sottostanti (fornendo implicitamente i medesimi prodotti alle proprie divisioni commerciali a prezzi inferiori), sia mediante la vendita di tali prodotti wholesale ai concorrenti e alle proprie divisioni al livello di costo, ma praticando prezzi predatori nel mercato al dettaglio, sia infine, ricorrendo ad una combinazione delle prime due strategie” (cfr. par. 313, delibera 623/15/CONS).

Il test di prezzo, prima che nella delibera qui impugnata, era oggetto della delibera n. 499/10/CONS del 23 settembre 2010, e della delibera n. 604/13/CONS che ne aveva esteso ai servizi su banda ultralarga la disciplina.

Con la delibera AGCOM n. 537/13/CONS del 30 settembre 2013 si è disposto l’“aggiornamento della metodologia dei test di replicabilità”, a modifica della delibera n. 499/10/CONS, per adeguarsi sia alla Raccomandazione della Commissione UE dell’11 settembre 2013 (2013/466/U) “relativa all’applicazione coerente degli obblighi di non discriminazione e delle metodologie di determinazione dei costi per promuovere la concorrenza e migliorare il contesto per gli investimenti in banda larga”, sia all’evoluzione dei mercati di servizi di comunicazione elettronica connessa allo sviluppo delle reti di nuova generazione basati sull’infrastruttura di accesso in fibra ottica.

Dopo una lunga fase interlocutoria, con delibera 1 dicembre 2015 n. 660/15/CONS, AGCOM ha sottoposto a consultazione pubblica la definitiva proposta di “Linee guida per la valutazione della replicabilità delle offerte al dettaglio dell’operatore notificato”, volte a disciplinare la metodologia del test di prezzo, alla quale ha partecipato anche Vodafone.

La proposta di Linee guida è stata quindi trasmessa dall’Autorità alla Commissione europea. Quest’ultima, con decisione del 31 ottobre 2016 ha espresso le proprie osservazioni, ai sensi dell’art. 7 comma 3 della direttiva 2002/21/CE, formulando anch’essa specifiche riserve su alcuni punti della proposta, quali quelle sull’eventuale futura differenziazione per aree geografiche delle misure correttive e sull’adattamento del test di prezzo per le offerte relative alla fibra al fine di “favorire la concorrenza e migliorare il contesto per gli investimenti nella banda larga ultraveloce”.

Acquisito il parere della Commissione europea del 31 ottobre 2016, ai sensi dell’art. 7 comma 3 della direttiva 2002/21/CE, è stata adottata la conclusiva delibera n. 584/16/CONS del 1 dicembre 2016, qui impugnata, di approvazione delle “Linee guida per la valutazione della replicabilità delle offerte al dettaglio dell’operatore notificato per i servizi di accesso alla rete fissa”, in cui è disciplinato il test di prezzo idoneo a garantire la replicabilità di ogni offerta di telefonia, trasmissione dati ed accesso ad internet in postazione fissa, in banda larga o in banda stretta, rivolta alla clientela residenziale od a quella aziendale, dall’operatore con significativo potere di mercato (SMP).

Il test di prezzo disciplinato dalle Linee guida è stato ritenuto dall’appellante affetto da alcuni profili di irragionevolezza e contraddittorietà, non coerenti con il contesto regolamentare di riferimento, e comunque inidonei a garantire condizioni di effettiva concorrenza, finendo per assicurare un indebito vantaggio competitivo in favore dell’operatore dominante. Vodafone ha quindi impugnato la delibera 584/16/CONS, chiedendone l’annullamento in parte qua, per le seguenti censure:

(a) la delibera 584/16/CONS è illegittima per violazione di legge, oltre che per eccesso di potere per difetto di motivazione ed irragionevolezza, nella parte in cui prevede degli adattamenti che rendono il test di prezzo applicato alle offerte retail su rete in fibra maggiormente ‘flessibile’ e meno rigoroso rispetto a quello applicato alle offerte retail su rete in rame, così favorendo ingiustificatamente Telecom in questo specifico settore di mercato;

(b) la delibera 584/16/CONS è illegittima anche nella parte in cui prevede l’effettuazione di un test di prezzo differenziato per le c.d. offerte local di Telecom (ossia per le offerte destinate a specifiche aree geografiche) rispetto a quello previsto in via generale per tutte le offerte rivolte all’intero territorio nazionale;

(c) la delibera 584/16/CONS contrasta con il quadro normativo di riferimento ed è viziata da eccesso di potere sotto vari profili anche nella parte dedicata all’identificazione del c.d. mix produttivo e della corrispondente formula matematica per il calcolo dei costi di acquisto dei servizi di accesso a banda larga sulla rete in rame di Telecom;

(d) la delibera 584/16/CONS, infine, è illegittima anche nella parte in cui detta la disciplina dell’analisi di replicabilità delle offerte che comprendono, oltre ai servizi di telefonia fissa, anche l’offerta di servizi audiovisivi, sia perché sottostima i costi che gli operatori di comunicazione devono sostenere per l’acquisizione della banda trasmissiva indispensabile per garantire alla clientela l’effettiva fruizione dei servizi audiovisivi, sia perché non chiarisce il metodo di calcolo dei costi relativi agli investimenti iniziali che gli operatori di comunicazione devono sostenere per l’acquisto di diritti di trasmissione di contenuti audiovisivi.

Il TAR Lazio, con la sentenza n. 6690/2018 qui appellata, ha respinto i quattro motivi di ricorso.

Vodafone con l’appello in esame ha dedotto i seguenti motivi:

I. erroneità della sentenza nella parte in cui ha ritenuto legittimo un test di prezzo differenziato per le offerte su rete in rame rispetto a quello previsto per le offerte su rete in fibra. Violazione e falsa applicazione artt. 13-14 della direttiva 2002/19/CE. Violazione e falsa applicazione degli artt. 17, 19, 45, 47, 50 e 67 del d.lgs. n. 259/2003. Violazione e falsa applicazione degli artt. 11 e 65 della delibera AGCOM n. 623/15/CONS. Violazione dell’art. 3 della l. n. 241 del 1990. Eccesso di potere per sviamento, contraddittorietà, carenza di istruttoria, travisamento dei fatti, nonché per irragionevolezza e intrinseca illogicità.

II. erroneità della sentenza nella parte in cui ha ritenuto legittimo un test di prezzo differenziato per le c.d. offerte local. Violazione e falsa applicazione artt. 13-14 della direttiva 2002/19/CE. Violazione e falsa applicazione degli artt. 17, 19, 45, 47, 50 e 67 del d.lgs. n. 259/2003. Violazione e falsa applicazione degli artt. 2, 11 e 65 della delibera AGCOM n. 623/15/CONS. Violazione dell’art. 3 della l. n. 241 del 1990. Eccesso di potere per contraddittorietà, carenza di istruttoria, travisamento dei fatti, nonché per irragionevolezza e intrinseca illogicità.

III. erroneità della sentenza nella parte in cui ha ritenuto corretta l’identificazione del mix produttivo da parte della delibera AGCOM n. 584/16/CONS in relazione al calcolo dei costi di acquisto dei servizi di accesso a banda larga sulla rete in rame di Telecom. Violazione e falsa applicazione artt. 13-14 della direttiva 2002/19/CE. Violazione e falsa applicazione degli artt. 17, 19, 45, 47, 50 e 67 del d.lgs. n. 259/2003. Violazione e falsa applicazione degli artt. 2, 11 e 65 della delibera AGCOM n. 623/15/CONS. Violazione dell’art. 3 della l. n. 241 del 1990. Eccesso di potere per contraddittorietà, carenza di istruttoria, travisamento dei fatti, nonché per irragionevolezza e intrinseca illogicità.

IV. erroneità della sentenza nella parte in cui in cui ha ritenuto legittimo il test di prezzo per offerte che comprendono anche servizi audiovisivi. Violazione e falsa applicazione artt. 13-14 della direttiva 2002/19/CE. Violazione e falsa applicazione degli artt. 17, 19, 45, 47, 50 e 67 del d.lgs. n. 259/2003. Violazione dell’art. 3 della l. n. 241 del 1990. Eccesso di potere per contraddittorietà, carenza di istruttoria, travisamento dei fatti, nonché per irragionevolezza e intrinseca illogicità

L’appello è infondato in tutti i motivi proposti.

Con il primo motivo di appello, Vodafone contesta, come in primo grado, la legittimità della delibera n. 584/16/CONS nella parte in cui ha differenziato in modo senza una valida ragione l'analisi di replicabilità delle offerte su "rete in rame" da quella relativa ad offerte su "rete in fibra", e ciò all’inizio della diffusione delle reti in fibra ottica.

Vodafone sostiene quindi che l'Autorità avrebbe dovuto estendere al test previsto per le offerte in banda ultra larga su fibra ottica i criteri utilizzati per le offerte su rete in rame.

Il Tar ha ritenuto giustificata tale differenziazione in conseguenza delle diverse caratteristiche tra le reti in rame rispetto a quelle in fibra, che si traducono in un diverso utilizzo. Non sarebbe logico prevedere per le offerte in fibra un test meno stringente di quello stabilito per le offerte in rame senza favorire Telecom.

La Sezione al riguardo ritiene immune dalle censure dedotte la soluzione adottata, consistente nel differenziare le offerte su rete in rame da quelle in fibra destinate rispettivamente a diversi mercati, anche in ragione delle varie località nelle quali dislocare la rete sulla base di differenti condizioni competitive.

Infatti, dato per scontato che debbono essere assoggettate al test di replicabilità tutte le offerte "retail" dell'operatore con significativo potere di mercato (SMP), le offerte di servizi su fibra ottica vanno opportunamente differenziate da quelle con diversa tecnologia, tenendo conto che la verifica congiunta di tutte le promozioni applicate ad una stessa offerta ultrabroadband non è in contrasto con la delibera n. 623/15/CONS, là dove prevede che tutte le offerte di Telecom Italia di servizi di accesso al dettaglio debbano essere replicabili da parte di un operatore efficiente.

Altrettanto infondata è la censura che dubita della legittimità della valutazione nelle offerte retail su rete in fibra alla clientela residenziale, di una permanenza media del cliente di 36 mesi piuttosto che di 24 come per le offerte su rete in rame.

Questa soluzione discende dall’applicazione della Raccomandazione della Commissione UE n. 2013/466/UE dell'11 settembre 2013, relativa all’applicazione coerente degli obblighi di non discriminazione e delle metodologie di determinazione dei costi per promuovere la concorrenza e migliorare il contesto per gli investimenti in banda larga, ove si afferma espressamente che "nello stimare la permanenza media dei clienti, le ANR dovrebbero tenere nella dovuta considerazione le diverse caratteristiche e condizioni concorrenziali della fornitura di servizi di servizi sulle reti NGA, rispetto alla rete in rame esistente, nei casi in cui è probabile che tali differenze si traducano in una permanenza media dei clienti diversa tra gli utenti delle reti NGA": il che è perfettamente comprensibile, dato che di comune percezione che la clientela si sposti progressivamente verso sistemi di comunicazione più performanti.

Altrettanto conforme alla citata raccomandazione è la parte della delibera n. 519/15/CONS, in cui è previsto che il vincolo di permanenza contrattuale dei clienti non possa mai essere superiore a 24 mesi.

Neppure va condivisa la dedotta illegittimità della delibera 584/16/CONS per aver previsto l'effettuazione di un test di prezzo differenziato per le c.d. offerte local dell’operatore con significativo potere di mercato (SMP), destinate a specifiche aree geografiche, rispetto a quanto previsto in via generale per tutte le offerte rivolte all'intero territorio nazionale non ravvisando alcun motivo per un test di prezzo differenziato per aree geografiche.

In realtà, l’esistenza di diversi servizi wholesale disponibili su scala nazionale richiede un determinato "test di prezzo" che si adatti alle diverse modalità con cui gli operatori alternativi ricorrono, nell'ambito dell'intero territorio nazionale, ai servizi intermedi offerti dall’operatore SMP sulla propria rete. Il che impedirebbe l’utilizzo di un criterio determinato su scala nazionale, inadeguato alla valutazione di un'offerta al dettaglio ristretta a un'area geograficamente limitata.

Poiché il dato dipende dalle scelte commerciali dell'operatore notificato in relazione alle determinate aree geografiche nel cui ambito formulare offerte al dettaglio differenziate, deve valutarsi caso per caso il "mix produttivo" di servizi all'ingrosso per il test di replicabilità delle offerte local, necessariamente sulla base di un’apposita istruttoria.

Anche il secondo motivo di appello deve, pertanto, essere rigettato.

Con il terzo motivo di appello Vodafone censura l'illegittimità della delibera 584/16/CONS nella parte in cui, nell'identificare il mix produttivo e la corrispondente formula matematica per il calcolo dei costi di acquisto dei servizi di accesso a banda larga sulla rete in rame di Telecom, sopravvaluta in maniera illogica ed irragionevole il peso del servizio di accesso c.d. ULL (accesso disaggregato alla rete, Unbundling local loop, consistente nella possibilità per un operatore di utilizzare infrastrutture di telecomunicazioni di proprietà di altro operatore, con lo scopo di garantire ai consumatori i servizi contrattualmente stabiliti) rispetto a quello del servizio c.d. bitstream (servizio di interconnessione all'ingrosso consistente nella fornitura, da parte dell’operatore SMP, della connessione tra un cliente finale ed un point of presence di un altro operatore OLO che, a sua volta, vuole offrire servizi a banda larga ai propri clienti finali).

La differenza è però ampiamente giustificata dal fatto che il servizio ULL è economicamente più conveniente del servizio bitstream, e che il "test di replicabilità" fa riferimento al comportamento di un OLO efficiente, secondo gli artt. 11, comma 7, e 65, comma 1, della delibera n. 623/15/CONS.

Anche il terzo motivo si rivela quindi infondato.

Nel quarto motivo di appello, Vodafone contesta la formulazione del test di replicabilità delle offerte là dove vi si comprendono sia i servizi di telefonia fissa che l'offerta di servizi audiovisivi attraverso la rete telefonica.

Tale tesi tuttavia non considera che i servizi di streaming sono compatibili con una qualsiasi delle classi di servizio previste dall'offerta di riferimento, senza necessità di meccanismi di "prioritizzazione" né di classi di qualità superiore rispetto alla classe CoS=0, che viceversa può assicurare un adeguato livello di prestazioni, e ciò senza alcuna rilevanza del costo di acquisto dei diritti di trasmissione dei relativi contenuti.

Il metodo di calcolo dei costi dei contenuti si basa sul modello dell’Equally Efficient Operator" (EEO) adottato per la costruzione del test di replicabilità in modo conforme a quanto prescritto al n.64 dalla Raccomandazione n. 2013/466/UE, secondo cui l’uso del criterio dell’EEO permette alle ANR di favorire gli investimenti degli operatori SMP in reti NGA (Next Generation Access) in fibra ottica e rappresenta un incentivo all’innovazione dei servizi basati su reti di tale categoria.

Pertanto anche il quarto motivo di appello deve essere rigettato.

L’appello deve dunque respingersi.

Tutte le questioni esaminate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell'art. 112 c.p.c., e gli argomenti di doglianza non esaminati espressamente sono stati ritenuti dal Collegio non rilevanti ai fini della decisione e, comunque, inidonei a supportare una conclusione di segno diverso.

Né ravvisa il Collegio la necessità di rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell’Unione Europea, in quanto non rilevante e soprattutto perché le problematiche esaminate sono applicative di principi pacifici di diritto eurounitario.

Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo

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