Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2020-12-10, n. 202007872

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2020-12-10, n. 202007872
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202007872
Data del deposito : 10 dicembre 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 10/12/2020

N. 07872/2020REG.PROV.COLL.

N. 02630/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2630 del 2020, proposto da
P S, rappresentata e difesa dall'avvocato A A, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Enrico Luberto in Roma, viale delle Milizie, n. 9;

contro

Comune di Avigliana, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato G M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Torino, via Giuseppe Giusti, n. 3;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte n. 24/2020.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Avigliana;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 novembre 2020 il Cons. Giordano Lamberti e dato atto che l’udienza si svolge ai sensi dell’art. 4, comma 1, Decreto Legge 28 del 30 aprile 2020 e dell'art. 25, comma 2, del Decreto Legge 137 del 28 ottobre 2020 attraverso videoconferenza con l’utilizzo di piattaforma “Microsoft Teams” come previsto della circolare n. 6305 del 13 marzo 2020 del Segretario Generale della Giustizia Amministrativa;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1 – L’appellante ha impugnato avanti il T.A.R. per il Piemonte l’ordinanza n. 46 del 20 marzo 2018, con la quale il Comune di Avigliana le ha ordinato di rimuovere le opere abusivamente realizzate in assenza del previsto titolo abilitativo edilizio nonché della prescritta autorizzazione paesaggistica (RG n. 498/2018).

2 – L’opera di cui si discute è un murale presente sulla facciata ovest dell’abitazione dell’appellante - sita in c.so Laghi, n. 216 - realizzato da un noto street-artist spagnolo (E) e rappresenta “... al piano terra un indiano a cavallo ed una scritta, al piano secondo all'altezza del balcone una locomotiva a vapore che va a fuoco, al piano secondo e sul timpano di chiusura del sottotetto un altro indiano a cavallo ed il fumo della locomotiva ”.

L’immobile sul quale è stata realizzata l’opera è sito in area sottoposta a vincolo ambientale e paesaggistico ai sensi degli artt. 142 e 136 del d.lgs. n. 42/2004, in quanto ricade nella perimetrazione di cui al DM 1.8.1985;
inoltre, l’immobile si trova nell'ambito del centro storico del comune di Avigliana.

2.1 – Parte appellante riferisce che tale opera è stata realizzata nei giorni 22-23-24 settembre 2017 in occasione di una iniziativa denominata “ Wall Susa 2017 ” contemporaneamente ad altre numerose opere di artisti mondiali di street-art (E, A, E, A, C e K, B, M F, C, T, M B, il fumettista Z e altri), su pareti esterne di immobili pubblici e privati, muri di contenimento e piloni autostradali, nei comuni di Avigliana, Bussoleno, Villarfocchiardo, San Didero e Chiomonte.

L’appellante sostiene che il Comune di Avigliana è stata l’unica amministrazione, tra quelle interessate, che ha ritenuto di assumere iniziative al fine di distruggere una delle opere realizzate.

2.2 – L’appellante riferisce anche che contro la distruzione del murale di E intervenivano altresì insigni professori dell’Universitat Politecnica di Valencia, stante il rilievo internazionale dell’autore.

3 - La ricorrente si è attivata, presentando: a) domanda di provvedimento di dichiarazione di interesse storico-artistico dell’opera ex art. 13, D. Lgs. n.142/2004 (rigettata per l’assenza dei requisiti di cui all’art. 10 comma 5);
b) domanda di accertamento di compatibilità paesaggistica ex art. 167, D. Lgs. 142/2004.

Quindi, ha impugnato avanti il T.A.R. per il Piemonte il diniego di accertamento di compatibilità paesaggistica n. AA/2018/043 del 6 marzo 2019 (RG n. 549/2019).

4 – Il T.A.R., previa riunione dei due ricorsi, li ha respinti con la sentenza n. 24/2020.

5 - Con il primo motivo, l’appellante deduce la violazione di legge e l’eccesso di potere (con travisamento dei fatti) in riferimento agli artt. 9 Cost. e 20, comma 1, L. n. 633/1941 nonché del D. Lgs. n. 42/ 04.

A tal fine rivendica il fatto che la tutela delle opera d’arte è sancita a livello costituzionale dall’art. 9 e che l’attuazione di tali principi si rinviene nella specifica normativa sul diritto d’autore e nel codice dei beni culturali (D. Lgs. n. 42/2004).

Per tale ragione invoca l’applicazione dell’art. 50 del D. Lgs. 42/2004, richiamato dall’art. 11, comma 1, lett. a) del medesimo D. Lgs., che espressamente prevede che “ E’ vietato, senza l’autorizzazione del soprintendente, disporre ed eseguire il distacco di affreschi, stemmi, graffiti, lapidi, iscrizioni, tabernacoli ed altri elementi decorativi di edifici, esposti o non alla pubblica vista ”.

5.1 – La censura non può essere accolta.

Le pur suggestive tesi dell’appellante, facenti leva sul presunto pregio artistico dell’opera, risultano irrilevanti nel presente giudizio, nel quale vengono in considerazioni solo gli aspetti edilizio – urbanistico e paesaggistico (come di seguito meglio precisato).

Risulta infatti dirimente il fatto che la domanda di dichiarazione di interesse storico-artistico dell’opera ex art. 13, D. Lgs. n.142/2004 è stata rigettata con un provvedimento espresso dell’amministrazione competente.

Tale provvedimento non è stato impugnato e non possono introdursi in questa sede argomenti idonei a superare la decisione ivi contenute, che ha riscontrato la violazione dell’art. 10 comma 5 (“ Salvo quanto disposto dagli articoli 64 e 178, non sono soggette alla disciplina del presente titolo le cose indicate al comma 1 e al comma 3, lettere a) ed e), che siano opera di autore vivente o la cui esecuzione non risalga ad oltre settanta anni, nonché le cose indicate al comma 3, lettera d-bis), che siano opera di autore vivente o la cui esecuzione non risalga ad oltre cinquanta anni ”).

Per la medesima ragione risulta irrilevante nel presente giudizio anche la prospettata incostituzionalità del citato art. 10, D. Lgs. n.104/2004 nella parte in cui esclude dalla dichiarazione di interesse artistico le opere di autore vivente, posto che nel caso di specie ogni diverso esito risulta precluso dalla mancata impugnazione del provvedimento che ha escluso il particolare interesse artistico dell’opera.

6 – Con il secondo motivo di appello si deduce la violazione di legge e l’eccesso di potere (con travisamento dei fatti) in relazione agli artt. 3, comma 1, e 32, comma 3, D.P.R. n. 380/2001;
la violazione di legge per carenza (assenza) di motivazione su un punto essenziale e determinante del provvedimento impugnato (contrasto con le N.T.A. della variante al P.R.G.C. relativa al centro storico).

A tal fine l’appellante insiste nel contestare la collocazione della vicenda esclusivamente nell’ambito della legislazione urbanistico-edilizia, prospettando che la realizzazione di un’opera d’arte murale ne esulerebbe.

6.1 – La censura è infondata.

Si è già detto che non è possibile per il giudicante valutare il supposto pregio artistico dell’opera in questione, dovendosi a tal fine seguire il procedimento all’uopo previsto dall’ordinamento ed in quella sede far valere, se del caso, ogni pertinente rilievo. Ne discende che, ai fini del presente giudizio, l’operato dell’amministrazione non potrà che essere sindacato solo alla stregua della disciplina edilizia e vincolistica applicabile.

Al riguardo, dove condividersi la valutazione del T.A.R. che ha rilevato l’impossibilità di ricondurre l’opera nella categoria della manutenzione ordinaria, che riguarda gli interventi di rivestimento e tinteggiatura “ senza modifiche dei preesistenti oggetti, ornamenti, materiali e colori ”.

Tale assunto trovo conferma nella Circolare ministeriale 24 febbraio 1998 n. 57: ” sono ricompresi nella manutenzione ordinaria i seguenti interventi: (…) - rivestimenti e tinteggiature di prospetti esterni senza modifiche dei preesistenti oggetti, ornamenti, materiali e colori ”.

Nella fattispecie in esame, la ricorrenza – del tutto palese – di una radicale modifica del “colore” e dell’”ornamento” del prospetto impedisce di considerare quale manutenzione ordinaria il relativo intervento.

L’intervento appare invece riconducibile alla categoria della manutenzione straordinaria, trattandosi di un’opera che rinnova e sostituisce una parte dell’edificio (sono interventi di manutenzione straordinaria: le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici).

In assenza di ulteriori e specifici rilievi da parte dell’appellante a tale conclusione, è sufficiente rilevare che, nel caso si specie, è intervenuta una radicale modifica dei colori e quindi, pur nella peculiarità della problematica, l’inquadramento nella manutenzione ordinaria non risulta compatibile.

Da un altro punto di vista non rileva la dedotta genericità e indeterminatezza della violazione delle N.T.A. della variante al P.R.G.C. relativa al centro storico, posto che ciò che viene sanzionata è l’esecuzione dell’opera senza il relativo titolo edilizio, a prescindere dalla sua conformità ai regolamenti ed agli strumenti edilizi.

7 – Risulta infondato anche il motivo con cui si deduce che l’amministrazione non sia intervenuta prima del completamento dell’opera, sostenendo di avere di fatto maturato un affidamento circa l’accettazione dell’intervento.

Al riguardo, è sufficiente richiamare la decisione dell’Adunanza Plenaria n. 9 del 2017, che in ragione della natura vincolata e rigidamente ancorata al ricorrere dei relativi presupposti in fatto e in diritto, esclude che l’ordinanza di demolizione (o ripristino) debba dare conto di ragioni diverse da quelle inerenti al ripristino della legittimità violata, quale l’ipotetico affidamento del privato.

8 – Con il quarto motivo di appello, avente ad oggetto l’atto di diniego sulla domanda di compatibilità paesaggistica, si contestano i passaggi della motivazione della sentenza di primo grado con cui sono state respinte le censure di parte ricorrente volte a mettere in luce: a) la strumentalità delle ragioni del diniego (per non aver attemperato alla richiesta di interazione documentale);
b) il mancato coinvolgimento della Soprintendenza.

Il T.A.R. ha ritenuto che “ quanto all’assunto che la documentazione richiesta sarebbe acquisibile in autonomia dall’amministrazione, la tesi, al limite, giustificherebbe l’invocazione del soccorso istruttorio con disponibilità alla produzione documentale (non offerta in alcun modo neppure in giudizio) ma non muta la sostanza della non istruibilità di una pratica carente di elementi prescritti per legge" (primo motivo);
dall'altro che la censura per cui l’amministrazione si sarebbe pronunciata senza il prescritto parere della sovrintendenza ...non coglie nel segno perché l’amministrazione ha semplicemente archiviato una istanza presentata con documentazione carente che, come già detto, la parte, neppure in questa sede, si offre di colmare”
.

7 – La doglianza deve trovare accoglimento.

Con l’entrata in vigore dell’art. 146 del d.lgs. 22 gennaio 2004 n.42, la Soprintendenza esercita, non più un sindacato di mera legittimità (come previsto dall’art. 159 d.lgs. n. 42/04 nel regime transitorio vigente fino al 31 dicembre 2009) sull’atto autorizzatorio di base adottato dalla Regione o dall’ente subdelegato, con il correlativo potere di annullamento ad estrema difesa del vincolo, ma una valutazione di “merito amministrativo”, espressione dei nuovi poteri di cogestione del vincolo paesaggistico ( cfr . Cons. Stato, Sez. VI, 25 febbraio 2013, n. 1129).

In fatto, nel caso di specie, è pacifico che la soprintendenza non si è mai pronunciata circa la compatibilità dell’opera, avendo il Comune adottato l’atto di diniego – o meglio di archiviazione - in ragione della supposta carenza documentale, senza in alcun modo coinvolgere l’amministrazione statale e senza neppure valutare il merito dell’istanza.

7.1 – In riferimento a quest’ultimo aspetto deve osservarsi come - stante la tipologia e la peculiarità dell’intervento, che si sostanzia in null’altro che nel murales realizzato sulla parete dell’edificio - la richiesta istruttoria dell’amministrazione comunale, seppur astrattamente consentita (art. 8 comma 1 del DPR 31/2017), non appare in ogni caso idonea a giustificare l’archiviazione della pratica senza neppure trasmetterla alla Soprintendenza per quanto di competenza.

Nello specifico, l’amministrazione ha richiesto di “ voler integrare la richiesta in argomento con gli elaborati di seguito indicati: specifica relazione sull'intervento realizzato completa di: cartografia (mappa catastale, estratto P.R.G.C, ed estratti cartografici delle tavole degli strumenti di pianificazione paesaggistica regionale attualmente vigenti, P.P.R. approvato in-data 03.10.2017);
idonea documentazione fotografica con indicazione dei punti di ripresa, che permetta una vista di dettaglio del fabbricato e una vista panoramica del contesto da punti dai quali è possibile cogliere con completezza le fisionomie fondamentali del contesto, descrizione dello stato dei luoghi;
descrizione completa dell'intervento posto in essere;
indicazione dei contenuti -precettivi- della disciplina paesaggistica vigente e conseguentemente la conformità con i contenuti della disciplina”
.

Incide sulla valutazione in esame il fatto che l’amministrazione era già a conoscenza della situazione dei luoghi e di ogni aspetto rilevante, avendo in precedenza notificato l’ordinanza di demolizione (preceduta dalla “ relazione in data 20.02.2018 da parte del Tecnico Comunale a seguito di sopralluogo effettuato in data 26.10.2017” ) in cui, oltre a descriversi in modo minuzioso le caratteristiche dell’intervento, si dava atto del contesto normativo e vincolistico dell’area (“ l'opera risulta essere in contrasto con le N.T.A. della variante al P.R.G.C. relativa al centro storico e pertanto non può essere oggetto di sanatoria edilizia;
l'ambito interessato ad oggi risulta sottoposto al vincolo ambientale e paesaggistico ai sensi dell'Art. 157 ovvero dell'Art. 136 lett. c) e d) ( D.M. 01.08.1985 ) del Decreto Legislativo 22.01.2004 n. 42, recante "Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'art. 10 delle Legge 6 luglio 2002 n. 137";
il fabbricato risulta localizzato in ambito Ab21, unità di suolo VII, fabbricato 2, della variante parziale al P.R.G.C. vigente relativa al Centro Storico, e risulta distinto a C.T. come Foglio XXV mappale n° 50
”).

Alla luce delle peculiarità innanzi evidenziate il provvedimento di archiviazione dettato da ragioni esclusivamente formali, senza una effettiva valutazione di merito circa la compatibilità paesaggistica dell’opera, si pone in contrasto con il primario dovere di correttezza e buon andamento che l’amministrazione deve perseguire.

Infatti, la richiesta di integrazione documentale, il cui mancato adempimento è stato posto illegittimamente a fondamento del provvedimento impugnato, si pone in palese contrasto con i principi desumibili dalla l. 241/90 di economicità, di efficacia e collaborazione che devono ispirare la dialettica procedimentale, concretizzando un inutile aggravio del procedimento dal momento che il Comune già disponeva di tutti gli elementi rilevanti per effettuare una valutazione di merito sulla richiesta.

Più in generale, la giurisprudenza ( cfr . Cons. St. 965/2015) ha già avuto modo di affermare che l’amministrazione, nell’esercizio del proprio potere, non può applicare meccanicamente le norme, ma deve necessariamente eseguirle in coerenza con i parametri della logicità, proporzionalità ed adeguatezza. In tal senso, il criterio di ragionevolezza impone di far prevalere la sostanza sulla forma, qualora – come nel caso in esame - si sia in presenza di una difformità meramente formale quanto ai requisiti della domanda, il cui rispetto non avrebbe apportato alcun nuovo elemento, rispetto a quelli già in possesso dell’amministrazione, al fine di procedere alla valutazione di competenza ( cfr . Cons. Stato, sez. VI, 14 novembre 2014 n. 5609;
id. 18 agosto 2009 n. 4958;
id. 2 ottobre 2007 n. 5704).

7.2 – Tale conclusione supera l’affermazione del T.A.R., secondo cui la ricorrente non si sarebbe offerta neppure in giudizio di produrre la documentazione richiesta.

Per altro, a questo proposito, l’appellante ha precisato che nel giudizio (RG n. 498/2018) avverso l’ordine di ripristino aveva prodotto la documentazione utile all’istruzione della pratica di accertamento della compatibilità paesaggistica, che, quindi, a maggior ragione doveva ritenersi nota all’amministrazione (“ avendo già allegato all'istanza l'estratto della mappa catastale, l'elenco dei comproprietari e le riprese fotografiche a colori dell'immobile (interni ed esterni) con i punti di ripresa segnati su apposita planimetria ”).

7.3 – Per le ragioni esposte deve trovare accoglimento il ricorso avverso il diniego di accertamento di compatibilità paesaggistica n. AA/2018/043 del 6 marzo 2019, dovendo a tal fine l’amministrazione (ri)provvedere a valutare nel merito la compatibilità dell’opera con il vincolo che grava sull’area secondo il procedimento a tal fine previsto dall’ordinamento.

8 – Deve precisarsi che tale aspetto incide sulla possibilità di portare ad esecuzione l’ordinanza di demolizione.

Infatti, nel caso di specie, è solo l’assenza di una valutazione paesaggistica positiva che condiziona l’applicazione della misura ripristinatoria a fronte di un opera che altrimenti sarebbe sanzionabile solo in via pecuniaria.

L’art. 167, comma 5 del d.lgs. 22 gennaio 2004 n. 42 prevede che, a fronte di una istanza del richiedente, l’autorità competente (la stessa titolare della competenza al rilascio di autorizzazione paesaggistica) si determini entro 180 giorni acquisendo il parere favorevole della Commissione Paesaggio ed il parere vincolante della Soprintendenza (reso entro 90 giorni perentori). Ove l’accertamento sia favorevole, si applica una sanzione amministrativa;
ove l'accertamento sia negativo, si applica la rimessione in pristino.

In altri termini, la presentazione dell’istanza di accertamento di compatibilità paesaggistica non incide sulla legittimità dell’ordinanza di ripristino precedentemente emanata, determinando, tuttavia, la temporanea sospensione della sua esecuzione.

9 – Alla luce delle considerazioni che precedono, la sentenza impugnata deve essere parzialmente riformata, dovendosi accogliere il ricorso avverso il diniego di accertamento di compatibilità paesaggistica n. AA/2018/043 del 6 marzo 2019 nei sensi sopra esposti.

Vista la soccombenza reciproca le spese di lite del doppio grado di giudizio devono essere compensate.

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