Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2023-02-14, n. 202301539

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2023-02-14, n. 202301539
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202301539
Data del deposito : 14 febbraio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 14/02/2023

N. 01539/2023REG.PROV.COLL.

N. 04786/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4786 del 2016, proposto dal signor R D M, rappresentato e difeso dagli avvocati G G, F D, P P e F B, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato G in Roma, via del Quirinale 26;

contro

il Comune di Aprilia, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato G N, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Tagliamento, 76, Sc. 7, Int. 8;
la Regione Lazio, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato E C, con domicilio eletto in Roma, via Marcantonio Colonna 27 presso la sede dell’Avvocatura regionale;

nei confronti

del signor Enrico De Angelis, non costituito in giudizio;

per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio sezione staccata di Latina (Sezione Prima) n. 118/2016, resa tra le parti


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Aprilia e della Regione Lazio;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4- bis , cod.proc.amm.;

Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 14 dicembre 2022 il Cons. Sergio Zeuli;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. La sentenza impugnata ha rigettato il ricorso presentato dalla parte appellante avverso la deliberazione del Consiglio Comunale di Aprilia n. 21 del 3, 4 e 17 maggio 2012, nonché, i motivi aggiunti avverso la deliberazione della Giunta Regionale del Lazio n. 622 del 21 dicembre 2012 recante approvazione della variante speciale per il recupero dei nuclei abusivi sorti nel Comune di Aprilia, nella parte in cui entrambi i provvedimenti non avevano incluso, nel piano di recupero, terreni in sua proprietà.

Avverso la sentenza sono dedotti i seguenti motivi di appello: 1. Omessa pronuncia sul motivo n.3 del ricorso introduttivo, riproposto con il motivo n.2 del ricorso per motivi aggiunti.

2. Error in iudicando della sentenza appellata per non aver accolto i motivi di ricorso con i quali si è censurata la violazione, da parte dei provvedimenti impugnati in primo grado, dell’art.4 della l. Reg. n.28 del 1980, nonché il loro eccesso di potere per manifesta illogicità, contraddittorietà, disparità di trattamento, travisamento dei presupposti. Error in procedendo e in iudicando per violazione del principio dispositivo di cui all’art.64 comma 2, c.p.a. Eccesso di potere giurisdizionale.

2. Si sono costituiti in giudizio il Comune di Aprilia e la Regione Lazio, contestando l’avverso dedotto e chiedendo il rigetto dell’appello.

3. La presente controversia si origina dalla deliberazione n.8 del 22 marzo del 2005, con cui il Consiglio Comunale di Aprilia adottava la variante speciale, concernente il recupero di 55 nuclei abusivi esistenti sul suo territorio, ai sensi di quanto previsto dalla Legge Regionale Lazio n.28 del 1980. Nel piano, a seguito delle osservazioni dell’appellante, venivano ricompresi anche terreni in sua proprietà.

Successivamente la variante veniva trasmessa alla Regione che, dopo avere acquisito il parere del Comitato regionale del Territorio del Lazio, espresso con il cd. “voto” n.189/1 del 10 marzo del 2011, chiedeva il ridimensionamento della variante, per conformarla a quanto previsto dall’art.6 comma 6 della citata Legge Regionale n.28, che imponeva di ricomprendere la volumetria nel fabbisogno complessivo dello strumento urbanistico generale.

Le modifiche indicate dalla Regione venivano recepite dal Consiglio comunale di Aprilia con la delibera del 28 novembre del 2011, pubblicata ai sensi di legge.

Anche in quest’occasione l’appellante presentava osservazioni, che però venivano respinte, sicché la variante veniva definitivamente approvata dalla Regione con Delibera di Giunta Regionale n.622 del 21 dicembre del 2012.

4. Il primo motivo di appello lamenta che la sentenza di primo grado non si sarebbe pronunciata sul terzo motivo sollevato nel ricorso di primo grado che denunciava il contrasto della deliberazione del Comune di Aprilia n.21 del 3 agosto 2012 – contenente la cd. “riperimetrazione dei nuclei abusivi” con le disposizioni della L. Regionale n.28/80.

Il medesimo contrasto era stato rilevato dall’allora ricorrente anche con il secondo motivo sollevato con i motivi aggiunti presentati avverso la ricordata delibera della Giunta Regionale n.622 del 17 gennaio 2013.

Più specificamente, la parte appellante, dopo aver ricordato che i nuclei abusivi originariamente individuati dal Comune – stralciate “tutte le aree bianche presenti all’interno dei nuclei”, eliminati “gli agglomerati e case sparse che non presentano i requisiti di nucleo previsti dalla legge”, ridefiniti “alcuni comparti edificatori ai sensi dell’art.23 della L.1150/42” - avrebbero dovuto essere ri-perimetrati alla luce di precisi parametri, segnalava che l’art. 6 bis della citata L. regionale n.28 prevedeva specificamente che “per i lotti interclusi, di superficie non superiore ai 1500 metri quadrati che, per la loro limitata estensione, non sono suscettibili di essere destinati a verde pubblico od a servizi pubblici, le norme di attuazione della variante possono prevedere la possibilità della loro edificazione a fini esclusivamente abitativi [..] e che “ai fini dell’applicazione di cui al comma precedente il lotto di terreno deve essere delimitato, per almeno due lati, da lotti sui quali insistono fabbricati già realizzati per i quali sia possibile la sanatoria e, per i restanti lati, da superfici già destinate a strade o diversa destinazione urbanistica.”

La parte appellante si duole perciò che, senza aver seguito queste indicazioni, la Regione avrebbe incluso nella variante sia terreni inedificati aventi superficie maggiore dei 1500 metri quadri massimi consentiti, sia terreni inedificati che non potevano considerarsi fondi interclusi ai sensi della predetta legge. Di converso, i terreni in sua proprietà, sebbene rientranti nel nucleo di Casalazzara 2, sarebbero stati incomprensibilmente esclusi dal piano.

4. Il secondo motivo di appello censura, per più versi, la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che i lotti del ricorrente non avessero i requisiti previsti dalla legge per rientrare nella perimetrazione.

A dire dell’appellante, nell’elaborazione della tavola relativa alla zona “Casalazzara 2” il Comune avrebbe innanzitutto commesso degli errori evidenti, in particolare con riferimento ai suoi terreni e che la tavola sarebbe stata disegnata dall’ente locale senza rispettare i parametri forniti dalla Regione Lazio. A dimostrazione di quanto dedotto, il D M cita il caso delle particelle n.13 e 506 che, secondo la Regione sarebbero rientrate nella variante di recupero, mentre secondo il Comune ne erano state escluse.

Dunque il Comune avrebbe male interpretato le indicazioni fornite dal Comitato regionale, o, nella peggiore delle ipotesi, avrebbe utilizzato una mappatura diversa da quella esaminata da quest’ultimo, in entrambi i casi incorrendo in un travisamento dei presupposti.

E pure vero – conclude l’appellante – che, come riconosciuto dalla stessa sentenza appellata nell’ultimo capoverso di pagina 28, la Regione Lazio aveva incluso nella perimetrazione le suddette particelle n.13 e 506, ma era altresì vero che aveva indebitamente escluso quelle nn. 513 e 515, sull’erroneo presupposto che, oltre ad essere inedificate, non presentassero i requisiti di cui all’art.4 comma 1 lett. c) della l. reg. 28 del 1980. Al contrario, poiché erano particelle edificate – oltretutto interessate da domande di condono e da ordinanze di demolizione – la loro esclusione sarebbe il frutto di un evidente errore commesso da Regione e Comune.

Sotto altro versante, col medesimo motivo, la parte appellante contesta alla sentenza appellata di avere ravvisato la presenza di un motivo ostativo per il recupero dei suddetti lotti in quanto previsto dall’art.4 comma 1 lett. c) della L. reg. 28, disposizione che impedisce il recupero in presenza di vincoli di inedificabilità, nonostante non vi fosse traccia di tale argomento nei provvedimenti impugnati, e tanto meno gli intimati lo avessero eccepito nel corso del giudizio.

Dunque quest’ultima dovrebbe considerarsi un’inammissibile motivazione postuma, per di più rilevata ex officio dal giudice.

Anche nel merito la parte appellante contesta che quella indicata sia effettivamente una causa ostativa. Sul punto dopo averla (correttamente) identificata nelle norme di tutela del Paesaggio Agrario di Rilevante Valore (cd. P.A.R.V.) individuata dal P.T.P.R. in relazione all’area controversa, la parte obietta che tutta l’area di Casalazzara 2 vi rientrerebbe, e dunque che risulta davvero incomprensibile perché, di tutta la zona ricompresa nel suddetto P.A.R.V., siano state sacrificate le sole particelle in sua proprietà. Il tutto, segnala, in chiaro contrasto con la ratio dello strumento urbanistico in questione, che è quella di recuperare i nuclei abusivi che, nel corso degli anni, abbiano perso la loro vocazione agricola. Nel caso dell’appellante la diversa destinazione urbanistica dei suoi terreni, riveniente dall’essere gli stessi inclusi nel P.A.R.V. invece di rappresentare, insieme alla loro edificazione, un requisito di inclusione, sarebbe divenuto, contraddittoriamente, il rilevante, e forse unico motivo di esclusione.

Anche a voler ammettere la presenza di vincoli esistenti sull’area – aggiunge ancora l’appellante- esistendo una residua discrezionalità tecnica dell’amministrazione nel valutarne la compatibilità col piano di recupero, giammai il giudice amministrativo avrebbe potuto sostituirsi ad essa, negando la riperimetrazione alla sua proprietà.

In conclusione e quale ulteriore doglianza a corredo del motivo, la parte appellante ricorda infine che, nel caso di specie, comunque mancherebbe una specifica motivazione a supporto della variante impressa al piano regolatore, nonostante l’unanime giurisprudenza amministrativa – trattandosi di variante specifica - la ritenga doverosa.

5. I due motivi sono stati accorpati, quanto a descrizione, perché, almeno in parte, possono essere trattati unitariamente.

La sentenza di primo grado infatti si è lungo intrattenuta su entrambi con un argomentare articolato e puntuale, che converrà richiamare in questa sede, non prima di aver osservato che, proprio per quanto appena detto, l’assunto di cui al primo motivo di appello è sicuramente infondato perché, come si vedrà, la sentenza impugnata ha trattato in modo approfondito sia il terzo motivo del ricorso originario (sebbene lo abbia ritenuto inammissibile per omessa notifica alla Regione), che il secondo motivo dei motivi aggiunti, contenente medesima doglianza, peraltro ritenendoli entrambi infondati.

6. Il giudice di primo grado, dopo aver premesso che la doglianza di cui al terzo motivo del ricorso principale era inammissibile per l’omessa integrazione del contraddittorio nei confronti della Regione Lazio e dopo aver ricordato che “ Con ulteriore doglianza, dedotta con il terzo motivo del ricorso originario, riproposto con il secondo motivo aggiunto, il sig. D M lamenta che la riperimetrazione della variante speciale, compiuta dalla Regione e recepita dal Comune di Aprilia, non rispetterebbe i parametri stabiliti dall’art.

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