Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2024-08-05, n. 202406964

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2024-08-05, n. 202406964
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202406964
Data del deposito : 5 agosto 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 05/08/2024

N. 06964/2024REG.PROV.COLL.

N. 10745/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10745 del 2021, proposto dal signor V T, rappresentato e difeso dagli avvocati S M e C T, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

il Comune di Ardea, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato G D P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale Liegi 35/B;

per la riforma

della sentenza del T.a.r. per il Lazio, Sezione II bis , n. 7132 del 14 giugno 2021, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Ardea;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 giugno 2024 il consigliere M C e uditi per le parti gli avvocati come da verbale.


FATTO e DIRITTO

1. Il giudizio ha ad oggetto la domanda di risarcimento del danno per illegittima occupazione dei fondi appartenenti al signor V T, proposta in via principale, e la domanda di pagamento dell’indennità di occupazione del fondo, previa sua restituzione, proposta in subordine.

2. Si espongono i fatti rilevanti per la decisione.

3. Il signor V T è proprietario, a titolo originario, degli immobili censiti nel nuovo catasto terreni del Comune di Ardea al foglio 50, particella 72, di mq. 32, particella 73, di mq 1100, e particella 254, di mq 730 e delle grotte a cui si accede dai suddetti fondi.

3.1. Secondo quanto deduce l’appellante, i predetti immobili erano contemplati nella procedura espropriativa richiamata nella delibera di giunta n. 392 del 3 maggio 1985, mai avviata, perché relativa al progetto di sistemazione e pulizia della rupe approvato con la deliberazione del Consiglio comunale n. 29 del 29 febbraio 1980, decaduto e mai realizzato dal Comune di Ardea.

3.2. Gli immobili avevano costituito oggetto della causa incardinata, presso il Tribunale di Velletri con n.r.g. 5920/2003, dal signor V T, con l’atto di citazione notificato il 19 dicembre 2003 al Comune di Ardea, non costituito e contumace, e decisa con la sentenza n. 291del 26 febbraio 2008, non appellata e passata in giudicato, con la quale l’amministrazione comunale era stata condannata a pagare la somma di € 10.501,68 a titolo di indennizzo per occupazione legittima del fondo di proprietà dell’attore, oltre interessi al tasso legale dal 19 settembre 2006 al saldo ed il rimborso delle spese legali.

3.3. Successivamente a questo processo, il signor T ha convenuto nuovamente in giudizio il Comune di Ardea innanzi al Tribunale civile di Velletri, deducendo l’avvenuta illegittima occupazione dei fondi e la loro irreversibile trasformazione da parte dell’ente locale.

3.4. Si è costituito in giudizio il Comune di Ardea, eccependo il difetto di giurisdizione del Giudice civile e difendendosi nel merito.

3.5. Con la sentenza n. 291 del 6 febbraio 2008, il Tribunale civile ha dichiarato il difetto di giurisdizione in favore del T.a.r..

4. Il signor T ha pertanto riassunto il giudizio innanzi al T.a.r. per il Lazio.

4.1. Si è costituito in giudizio l’ente resistendo al ricorso.

5. Con la sentenza n. 7132/2021, il T.a.r. ha respinto il ricorso e ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese di lite.

5.1. Il signor T ha proposto appello avverso la sentenza di primo grado, ripercorrendo le annose vicende giudiziarie svoltesi in sede civile e dinanzi al T.a.r. (da pagina 1 a pagina 30) e formulando due motivi di appello (da pagina 30 a pagina 37).

5.2. Si è costituito in giudizio il Comune di Ardea, resistendo all’appello.

5.3. Il 15 maggio 2024, l’appellante ha depositato una memoria difensiva reiterativa delle deduzioni già contenute in appello.

5.4. Con la memoria del 17 maggio 2024, il Comune ha proposto alcune eccezioni pregiudiziali di rito e preliminari di merito, alcune delle quali attinenti a circostanze rilevabili d’ufficio.

5.5. Il 28 maggio 2024, le parti hanno depositato le repliche.

6. All’udienza del 20 giugno 2024, la causa è stata trattenuta in decisione.

7. In limine litis , va esaminata l’eccezione di difetto di giurisdizione formulata dal Comune.

7.1. L’eccezione è infondata.

7.2. La causa risulta infatti essere stata riassunta innanzi al Giudice amministrativo, da parte dell’odierno appellante, dopo il passaggio in giudicato della sentenza del Giudice civile che ha declinato la sua giurisdizione in favore del giudice amministrativo.

La statuizione sulla giurisdizione risulta dunque irrevocabile, il che determina la reiezione della relativa eccezione comunale.

8. Quanto alle rimanenti eccezioni pregiudiziali e preliminari formulate dal Comune, in applicazione del criterio della ragione più liquida, il Collegio ritiene che non sia necessario procedere alla loro disamina, bensì che si possano esaminare direttamente i motivi di impugnazione, essendone palese la loro infondatezza (cfr. Cons. Stato, Ad. plen. n. 5 del 2015, § 5.3.).

9. Preliminarmente, però, il Collegio evidenzia che con il ricorso in riassunzione e anche con l’appello proposto innanzi al Consiglio di Stato, l’appellante domanda, ancora, che venga dichiarata, in via principale, “ l’intervenuta occupazione appropriativa e senza alcun titolo del fondo di proprietà del Sig. V T ”.

9.1. A tale riguardo, il Collegio richiama i principi enunciati dall’Adunanza plenaria con la sentenza n. 4 del 2020, a mente dei quali “… l’ordinamento processuale amministrativo offre un adeguato strumentario per evitare nel corso del giudizio, che le domande proposte in primo grado, congruenti con quello che allora appariva il vigente quadro normativo e l’orientamento giurisprudenziale di riferimento assurto a diritto vivente, siano di ostacolo alla formulazione di istanze di tutela adeguate al diverso contesto normativo e giurisprudenziale vigente al momento della decisione della causa in appello, quali la conversione della domanda ove ne ricorrano le condizioni, la rimessione in termini per errore scusabile ai sensi dell’art. 37 Cod. proc. amm. o l’invito alla precisazione della domanda in relazione al definito quadro giurisprudenziale, in tutti i casi previa sottoposizione della relativa questione processuale, in ipotesi rilevata d’ufficio, al contraddittorio delle parti ex art. 73, comma 3, Cod. proc. amm., a garanzia del diritto di difesa di tutte le parti processuali .”.

Analogamente, l’Adunanza plenaria n. 2 del 2020 ha affermato che: “ Qualora, invece, sia invocata solo la tutela (restitutoria e risarcitoria) prevista dal codice civile e non si richiami l'art. 42-bis, il giudice deve pronunciarsi tenuto conto del quadro normativo sopra delineato e del carattere doveroso della funzione attribuita dall'articolo 42bis all'amministrazione.

Non sarebbe peraltro ammissibile una richiesta solo risarcitoria, in quanto essa si porrebbe al di fuori dello schema legale tipico previsto dalla legge per disciplinare la materia ponendosi anzi in contrasto con lo stesso.

Il che non significa che il giudice possa nondimeno, ove ne ricorrano i presupposti fattuali, accogliere la domanda.

È infatti la legge speciale, nel caso di espropriazione senza titolo valido, a indicare quali siano gli effetti dell'accertata illegittimità .”.

9.2. La domanda di parte va dunque esaminata secondo i suesposti principi e, dunque, riqualificata come se si trattasse della domanda proposta per ottenere o la declaratoria dell’obbligo dell’amministrazione di emanare il provvedimento di cui all’art. 42 bis d.P.R. n. 327/2001 oppure in alternativa, a scelta dell’amministrazione, di restituire il fondo previa sua riduzione in pristino, in ambedue i casi con le conseguenze ripristinatorie previste dalla legge.

10. Premessa questa necessaria puntualizzazione, il Collegio evidenzia che la sentenza di primo grado merita conferma.

10.1. Con il primo motivo di appello, il signor T impugna la sentenza deducendo che il T.a.r. non avrebbe correttamente esaminato le prove offerte, che avrebbero comprovato che successivamente al giudizio deciso dal Tribunale di Velletri il Comune avrebbe continuato ad occupare l’area di sua proprietà e, in particolare, il documento n. 7, prodotto in primo grado, nel quale si afferma che, a seguito dei lavori di consolidamento della rupe situata sul terreno limitrofo, le aree occupate, tra le quali vi sarebbero anche quelle del signor T, sarebbero state riconsegnate al Comune piuttosto che al proprietario.

10.2. Con il secondo motivo di appello, il signor T impugna la sentenza per non aver considerato che “ la stessa riconosciuta circostanza che una porzione di terreno che prima dell’intervento della Pubblica Amministrazione era un terreno coltivato ad orto irriguo e frutteto ” mentre successivamente venga utilizzato come parcheggio per recarsi presso il cimitero ubicato nelle vicinanze “ dimostra di per sé l’intervenuta irreversibile trasformazione del fondo da parte della Pubblica Amministrazione .”.

Si censurano, altresì, le affermazioni relative all’apposizione di cartelli elettorali sull’area, che ne comproverebbero ulteriormente l’occupazione e l’uso da parte dell’ente.

Si deduce, infine, che l’interessato ha richiesto più volte, nel corso degli anni, la restituzione del fondo.

10.3. I due motivi sono infondati.

10.4. L’art. 42 bis , comma 1, d.P.R. n. 327/2001 dispone, per quel che rileva ai fini del presente giudizio, che l’amministrazione “ che utilizza un bene immobile per scopi di interesse pubblico, modificato in assenza di un valido ed efficace provvedimento di esproprio o dichiarativo della pubblica utilità, può disporre che esso sia acquisito, non retroattivamente, al suo patrimonio indisponibile ”.

10.5. Il T.a.r. ha respinto il ricorso di primo grado, affermando che “… difetta il presupposto di base, ovvero la cosiddetta irreversibile trasformazione del fondo… ”, premettendo in proposito che: “ Il ricorrente ha lamentato anche, in relazione al proprio immobile, l’installazione di cartelloni di pubblicità elettorale negli anni 2010, 2012, una recinzione del 2012, l’utilizzo del terreno come parcheggio macchine per recarsi nel frontistante cimitero, l’inserimento al lato del marciapiede.

Dette circostanze non comportano tuttavia l’irreversibile trasformazione del fondo: spetta infatti al proprietario tutelarsi a fronte di episodi di parcheggio abusivo, anche mediante apposite denunce alle Autorità competenti nonché interrelazionarsi con l’Amministrazione comunale in tema di pannelli elettorali;
inoltre la recinzione del 2012 era di cantiere, per consentire lo svolgimento del summenzionato intervento di consolidamento e messa in sicurezza della rocca tufacea nel limitato periodo 2012-2014;
il marciapiede infine veniva collocato a lato della proprietà privata
.”.

10.6. Il Collegio rileva che la motivazione della sentenza di primo grado si palesa immune da vizi in diritto o in fatto.

10.6.1. Dagli atti di parte non si evince in cosa sarebbe consistita l’irreversibile trasformazione del fondo che, in astratto, costituirebbe il presupposto per l’applicazione della norma di cui all’art. 42 bis d.P.R. n. 327/2001.

La circostanza dedotta che il fondo non è al momento coltivato non implica la sussistenza del presupposto dell’irreversibile trasformazione sotteso all’uso del lemma “modificato” da parte della norma, ben potendosi riprendere la coltivazione del predio in futuro.

10.6.2. Nella memoria del 15 maggio 2024, l’appellante afferma che l’area sarebbe stata pavimentata per adibirla a parcheggio.

Tuttavia, le foto depositate dal medesimo appellante, in data 21 dicembre 2020, rendono evidente che l’area non risulta pavimentata.

Questa convinzione viene rafforzata anche dalle foto che mostrano l’istallazione di alcuni tabelloni elettorali (doc. 12 dei documenti depositati innanzi al Tribunale di Velletri), che, per loro natura sono rimovibili, sull’area in questione.

10.6.3. Ancora, l’invocata consulenza tecnica espletata dinanzi al Tribunale di Velletri, evidenzia che “ non vi è stato alcun intervento di sistemazione, oltre allo sbancamento del terreno… ”, il che, però, non implica né la perdurante utilizzazione e neppure, certamente, l’irreversibile trasformazione del fondo.

10.6.4. In base agli atti processuali, non risulta, inoltre, che l’area sia nella disponibilità materiale del Comune, il quale afferma che quelle compiute sarebbero state soltanto occupazioni temporanee.

Qualora, poi, l’ente dovesse effettivamente utilizzare l’area al di fuori di qualsivoglia procedimento amministrativo, ciò configurerebbe una mera condotta di spoglio, avverso la quale l’appellante avrebbe tutela dinanzi al Giudice civile.

11. In definitiva, dunque, l’appello deve essere respinto.

12. Le spese del presente grado di giudizio, regolamentate secondo l’ordinario criterio della soccombenza in favore del Comune di Ardea, sono liquidate in dispositivo.

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