Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2022-11-22, n. 202210265
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Testo completo
Pubblicato il 22/11/2022
N. 10265/2022REG.PROV.COLL.
N. 09495/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9495 del 2015, proposto da
D G, rappresentata e difesa dall'avvocato F P, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Gavinana 1;
contro
Comune di Pergine Valsugana, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati A L e P S R, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato P S R in Roma, viale Giuseppe Mazzini, 11;
nei confronti
per la riforma
della sentenza del T.R.G.A. del Trentino-Alto Adige – Sezione di Trento n. 00294/2015, resa tra le parti, concernente ingiunzione di riduzione in pristino di opere abusive.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Pergine Valsugana;
Vista l’ordinanza n. 2265/2016 con la quale è stata respinta la domanda cautelare;
Viste le ordinanze istruttorie n. 60/2022 e n. 2404/2022 e la relazione del Verificatore;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 novembre 2022 il Cons. Thomas Mathà e uditi per la parte appellante l’avvocato F P;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con ricorso in appello (n. R.g. 9495/2015) D G ha chiesto a questo Consiglio la riforma della sentenza del Tribunale regionale di giustizia amministrativa, sede di Trento, n. 294/2015, con la quale è stato respinto il ricorso (R.g. n. 375/2014, seguito da motivi aggiunti) proposto dalla predetta al fine di ottenere l’annullamento: a) del provvedimento del 23 luglio 2014 (prot. 2014-22986/LM) con la quale il Comune di Pergine Valsugana aveva ingiunto la riduzione in ripristino dello stato dei luoghi relativamente ad una rampa di accesso a piano scantinato, modifiche alla distribuzione interna e cambio di destinazione d'uso dello stesso e variazioni alle sistemazioni esterne, opere realizzate in difformità dalla concessione edilizia n. 561 del 23.9.1970 e succ., insistenti sulla p.ed. 158 del C.C. Canale, via dell'Angi;b) del silenzio rigetto sulla domanda di concessione edilizia in sanatoria presentata in data 27.10.2014, per tutte le opere indicate nell'ingiunzione del 23.7.2014.
2. La vicenda che fa da sfondo al presente contenzioso in grado di appello può essere sinteticamente ricostruita sulla scorta dei documenti e degli atti prodotti dalle parti controvertenti nei due gradi di giudizio nonché da quanto sintetizzato nella parte in fatto della sentenza qui oggetto di appello, come segue:
- l’immobile oggetto di questa vertenza, la p.ed. 158, è un edificio di civile abitazione, realizzato in base alla concessione edilizia del 1970 (seguito da una concessione in sanatoria del 1990 ed un ulteriore concessione del 1996), acquistato dalla ricorrente nel 1999;
- in seguito ad un sopralluogo di giugno 2014, il Comune di Pergine adottava e notificava alla S G un’ingiunzione di riduzione in pristino (atto del 23.7.2014), contestando la presenza dei seguenti abusi in difformità all’originaria concessione edilizia del 1970: a) una rampa d’accesso realizzata in calcestruzzo (carrabile e pedonabile) al piano scantinato con accesso dalla strada comunale (la via dell’Angi);b) modifiche alla distribuzione interna dei locali di piano scantinato e cambio di destinazione d’uso dei locali di piano scantinato da intercapedine a deposito;c) modifiche alle sistemazioni esterne del piazzale di pertinenza;
- l’odierna appellante, quindi, ha proposto ricorso dinanzi al TRGA, sede di Trento, nei confronti della suindicata ordinanza, deducendo: 1) errata applicazione degli artt. 127 e 129 nonché dell'art. 128 della L.P. 1/2008 e ss.mm., istruttoria generica, insufficiente ed inadeguata, eccesso di potere per erroneità dei presupposti e travisamento della realtà di fatto e delle risultanze documentali, erroneità, difetto di motivazione e violazione dell'art. 4 della L.P. 23/1992 e dell'art. 3 della L. 241/1990, eccesso di potere per ingiustizia manifesta, palese illogicità, contraddittorietà tra atti;2) istruttoria insufficiente ed inadeguata, eccesso di potere, erroneità dei presupposti, travisamento della realtà di fatto, difetto di motivazione, eccesso di potere per sviamento;3) violazione degli artt. 7 e 8 della L. 241/1990 e artt. 24 e 25 della L.P 23/1992 per mancata comunicazione di avvio del procedimento, violazione dei principi costituzionali di buon andamento, di imparzialità e di trasparenza della pubblica amministrazione, istruttoria insufficiente, incompleta ed inadeguata e conseguente eccesso di potere, difetto di motivazione;4) illegittimità derivata;
- la ricorrente presentava successivamente una domanda di concessione in sanatoria (27.10.2014), chiedendo di sanare le opere contestate dal gravato provvedimento;
- alla domanda non è stato dato positivo apprezzamento da parte del Comune, e quindi la parte ricorrente ha proposto motivi aggiunti contro tale silenzio rigetto, deducendo: errata applicazione dell'art. 135 della L.P. 1/2008 e ss.mm., istruttoria inesistente, eccesso di potere per erroneità dei presupposti e travisamento della realtà di fatto e delle risultanze documentali, erroneità, difetto di motivazione e violazione dell'art. 4 della L.P. 23/1992 e dell'art. 3 della L. 241/1990;
3. Il TRGA di Trento, con la sentenza n. 294/2015 oggetto di appello:
A) ha respinto il primo motivo di ricorso accertando che la rampa di accesso non era stata autorizzata con la concessione edilizia in sanatoria del 1990, confermando quindi l’abusività del manufatto, essendo stato realizzato sine titulo ;
B) ha ritenuto inammissibile il secondo motivo del ricorso, con il quale la ricorrente denunciava lo sviamento di potere dell’amministrazione, sulla natura vincolata dell’ordine di demolizione;
C) ha, quindi, escluso la fondatezza anche del terzo motivo di gravame, e ha ritenuto corretto l’operato dell’amministrazione per quanto riguarda il soggetto e la tempistica del provvedimento;
D) ha rigettato anche il quarto motivo, di illegittimità derivata della lettera del 23.9.2014 (con la quale il Comune di Pergine aveva declinato di voler ripristinare un’opera abusiva);
E) ha infine anche respinto il ricorso con motivi aggiunti, sul diniego-silenzio della sanatoria del 27.10.2014, concludendo per l’assente natura sanatoria dell’atto e, per il resto ha rigettato la domanda in quanto l’amministrazione non si era ancora espressa su tale domanda.
4. Propone quindi appello nei confronti della sentenza del TRGA la medesima signora G, chiedendone la riforma, con conseguente accoglimento del ricorso di primo grado e annullamento dell’ordinanza di demolizione adottata dal Comune di Pergine Valsugana del 2014, o, in via subordinata, l’accoglimento del ricorso per motivi aggiunti volto a dichiarare illegittimo il silenzio rigetto sulla domanda di concessione edilizia in sanatoria, in quanto:
a) (i) il giudice di primo grado non avrebbe correttamente valutato le prove che dimostravano che la rampa sarebbe stata prevista nella concessione in sanatoria del 1990, come emergerebbe dalla foto allegata alla sanatoria, nonché dallo stato di raffronto in prospetto e dal parere preventivo favorevole del Comune del 1996 per un nuovo edificio vicino;(ii) per quanto riguarda le modifiche alla distribuzione interna ed il cambio di destinazione d’uso, il TRGA avrebbe erroneamente ricostruito il fatto, per non corretta lettura degli elaborati progettuali e per errata valutazione complessiva delle prove;(iii) in merito alle sistemazioni interne ed esterne il primo giudice non avrebbe detto nulla e quindi sul punto l’appellante denuncia un omessa pronuncia, censurando che le contestazioni del comune sul punto sarebbero solo generiche e lamentando l’assenza di un’istruttoria (semmai solo superficiale);
b) la sentenza sarebbe errata anche nella parte che aveva ritenuto completa la documentazione depositata dalle parti, respingendo l’istanza istruttoria, deducendo che la verifica dei complessi elaborati progettuali richiederebbe particolari competenze tecniche;
c) anche la statuizione del TRGA sull’estraneità della signora G agli abusi sarebbe errata, che risulterebbero invece esistere prima che lei avesse acquistato l’immobile;
d) l’appellante critica il rigetto del quarto motivo del ricorso introduttivo, insistendo che le opere non sarebbero abusive, deducendo che tale motivo non aveva come oggetto una richiesta di indennizzo, essendo quindi la sentenza affetta da nullità per ultra petizione;
e) la sentenza (nei punti 10.1-10.3) avrebbe erroneamente accertato la natura non di sanatoria della domanda e non avrebbe censurato la mancante comunicazione di motivi ostativi all’accoglimento della domanda medesima, rimanendo comunque il silenzio rigetto senza motivazione (denunciando quindi l’omessa pronuncia del giudice);
f) chiede infine la riforma del capo della sentenza che riguarda le spese del giudizio.
5. Si è costituito nel presente giudizio di appello il Comune di Pergine Valsugana che ha contestato la fondatezza dei motivi di gravame dedotti dall’appellante e ha confermato la legittimità della procedura svolta e del provvedimento impugnato in primo grado, ribadendo la correttezza della sentenza qui oggetto di appello con riferimento alle valutazioni in essa contenute.
6. La Sezione, con ordinanza 17 giugno 2016 n. 2265, “ ritenuto – ad una sommaria delibazione propria di questa sede – che l’esame della documentazione agli atti del fascicolo di primo grado appare confermare la bontà delle argomentazioni poste a base della gravata sentenza, con particolare riferimento alla mancata previsione delle opere contestate nella concessione in sanatoria originariamente rilasciata ed ai peculiari contenuti della richiesta di permesso di costruire in sanatoria da ultimo presentata ”, ha respinto la domanda di sospensione interinale della sentenza qui oggetto di appello.
7. Con ordinanza 7 gennaio 2022 n. 60, avendo la Sezione valutato necessario “ disporre verificazione, ai sensi e per gli effetti dell'art. 66 cod. proc. amm., al fine di rispondere al quesito se gli interventi edilizi oggetto dell’ingiunzione di riduzione in pristino gravata siano state in realtà autorizzate con la concessione edilizia 561 del 23.9.1970 e con quella in sanatoria n. 411/c del 21.11.1990 ”, ha affidato il relativo incarico al dirigente della Direzione regionale Governo del Territorio del Trentino Alto Adige.
8. Con ordinanza 1° aprile 2002 n. 2404 è stato rinnovato l’adempimento istruttorio nominando quale nuovo verificatore il Dirigente apicale del Servizio Urbanistica e Tutela del Paesaggio della Provincia Autonoma di Trento, con facoltà di delega ad un funzionario con adeguata competenza tecnica.
9. In data 30 giugno 2022 veniva depositata nel fascicolo digitale del presente processo la relazione di verificazione da parte del dott. R S, dirigente del servizio urbanistica e tutela del paesaggio della Provincia Autonoma di Trento.
10. Nel corso del processo le parti costituite ribadivano le opposte posizioni con memorie conclusive e di replica, confermando le conclusioni rassegnate nei precedenti atti processuali.
11. L’appello proposto, ad avviso del Collegio, come già sommariamente delibato in sede cautelare, non è fondato per le ragioni qui di seguito descritte.
12. Assume rilevanza dirimente l’esito della verificazione con la quale la Sezione ha chiesto l’approfondimento in ordine al fatto storico se gli interventi edilizi oggetto dell’ingiunzione di riduzione in pristino gravata fossero stati in realtà autorizzati con la concessione edilizia n. 561 del 23.9.1970 o con quella in sanatoria n. 411/c del 21.11.1990.
13. Il verificatore su tali punti ha rilevato, in contradditorio con le parti, e in seguito all’analisi di copiosa documentazione, quanto segue.
13.1 Sulla rampa d’accesso.
a) “ negli elaborati della licenza di costruire del 1970 il terreno mostrato nel prospetto sud presenta un andamento lievemente declive caratterizzato da una pendenza sempre più accentuata da ovest verso est;la detta configurazione del terreno non corrisponde a quella rappresentata nello stato di sanatoria in quanto, in quella sede, viene autorizzato proprio uno stato di fatto del terreno diverso da quello autorizzato nel 1970. Anche volendo immaginare che fosse stata prevista, nel titolo originario, una rampa sul fronte sud, la stessa sarebbe stata, in ogni caso, diversa, quantomeno per pendenza e posizione, rispetto a quella ad oggi contestata posto che la sanatoria ha regolarizzato, proprio su quel fronte, uno sbancamento maggiore del terreno, eliminando ogni traccia di un’eventuale rampa che fosse stata rappresentata negli elaborati autorizzati nel 1970: l’esistenza di una rampa come quella accertata nel 2014 non si può riscontrare nella licenza del 1970 non solo per la differente posizione nella quale si sarebbe venuta a trovare (in disparte dal non essere citata nè rappresentata come invece avvenuto nella planimetria ove, con un significativo grado di dettaglio, viene invece disegnato il vialetto di accesso all’immobile stesso, sul fronte ovest) ma anche, a fortiori, per la carenza di una ragione giustificativa ad un detto accesso al piano scantinato che sul fronte sud non presentava, nello stato autorizzato, locali ”;
b) “ peraltro, dall’analisi della documentazione reperita dallo S è emerso che nelle ortofoto del 1973 e 1994 reperite sul portale geocartografico della Provincia autonoma di Trento (http://www.territorio.provincia.tn.it/portal/server.pt/community/portale_geocartografico_trentino/254) è rilevabile, già nell’immagine dell’anno 1973, la presenza di un tracciato che corre sul lato sud dell’edificio p.ed. 158 C.C. Canale che pare collegato alla strada comunale, dipartendosi da essa per proseguire in corrispondenza dell’immobile de quo: infatti, sul lato sud della p.ed. 158 - e quindi nella medesima posizione dove è collocata la rampa in contestazione -, si rileva un’ombreggiatura più chiara, di colore analogo a quello che risulta identificare la strada pubblica e la vicina stradina laterale;nella stessa posizione, meglio visibile in quanto la foto aerea si presenta più nitida, il tracciato si riconosce nell’ortofoto del 1994, come da immagini allegate. Da ciò discende, ad avviso dello S, che quantomeno già a partire dal 1973 un accesso al lato sud dell’immobile era, per le vie di fatto, presente. Pertanto, in ragione della posizione del detto tracciato e della nuova configurazione del terreno realizzata in difformità dalla concessione edilizia originaria e sanata con la concessione del 1990, si ritiene probabile che l’ortofoto di cui sopra mostri propriamente la rampa in questione. L’esistenza materiale di un accesso sul lato sud dell’edificio in questione si può apprezzare anche negli elaborati a tre dei titoli edilizi che hanno riguardano la p.ed. 158 e sono stati autorizzati tra gli anni 1970 e 1990. Con riguardo alla autorizzazione edilizia n. 4972 di data 24 aprile 1974 per i lavori di realizzazione recinzione, nella planimetria allegata si evidenziano, con frecce che dalla strada si direzionano verso l’immobile, due accessi o quantomeno due aperture sulla progettata cancellata, uno in corrispondenza del vialetto di accesso posto al centro della facciata e l’altro posto al confine sud della proprietà, ove ad oggi si colloca la rampa in contestazione. L’altro titolo edilizio, l’autorizzazione n. 4844 di data 25 aprile 1980, rilasciata per i lavori di tinteggiatura esterna, è corredato da una fotografia del lato sud della p.ed. 158 dalla quale si coglie la presenza di un portone al di sotto del balcone, testimoniando che la modificazione del piano di spiccato con la realizzazione dei locali piano scantinato sul fronte sud era già all’epoca realizzata. Anche da una diversa autorizzazione edilizia, presentata il 2 maggio 1988 e rilasciata il 21 novembre 1990, nella medesima data del permesso in sanatoria n. 411/c, in merito alla sostituzione del portoncino di ingresso sul lato ovest della p.ed. 158, si rileva distintamente l’esistenza della rampa riconoscendone pure le scanalature nel materiale a copertura del terreno;inoltre, significativa del suo carattere carraio è anche la presenza dell’auto in fondo al piazzale. Fermo quanto sopra, resta impregiudicato il fatto che residui da indagare il tema della legittima esistenza della rampa attraverso il rilascio del titolo edilizio abilitativo in sanatoria n. 411/c del 1990 ”;
c) “ la raffigurazione di una rampa che abbia la caratteristica di raccordarsi alla strada comunale e condurre al piano scantinato della p.ed. 158 non è riscontrabile, in questi esatti termini, negli elaborati e nella documentazione a corredo delle istanze edilizie, nè a livello descrittivo, considerando che il tecnico dell’epoca ha fornito un elenco non esaustivo delle opere portate in sanatoria, né grafico, risultando assente, per quanto qui più interessa, proprio la raffigurazione della intera pendenza del terreno sul prospetto sud dell’immobile fino al punto in cui si dovrebbe situare la strada comunale, non trovandosi indicazioni circa il confine con essa. Peraltro, come già sopra indicato, nella Tavola Prospetto sud - Stato di raffronto della concessione in sanatoria n. 411/c’è rappresentata la modificazione della linea di spiccato (linea gialla: stato autorizzato nel 1970 - linea rossa: intervento oggetto della sanatoria del 1990). Sul medesimo prospetto ma per quanto concerne lo Stato attuale (v. dettaglio prospetto sud - stato attuale), in corrispondenza del livello sistemato del terreno nella parte in cui assume un andamento in pendenza, è rilevabile al di sopra del suolo rappresentato con colorazione nera, una linea la cui presenza mostra un quid pluris rispetto al mero terreno sistemato, potendosi ritenere che raffiguri la rampa ;”
d) “ ritenendo pertanto che si possa ragionevolmente considerare provata l’esistenza fattuale della rampa fin dal 1973, epoca dei rilievi aerofotogrammetrici sopra illustrati, considerando che risulta nella tavola Stato attuale del Prospetto Sud la raffigurazione della sopra descritta linea che corre parallela al terreno nel tratto in pendenza, si potrebbe, ad avviso dello S, considerare che tale linea possa essere rappresentativa della rampa in discorso. Quanto all’avvenuta sua autorizzazione nella consistenza attuale, ovverosia fino a raccordarsi con la strada comunale, la circostanza non può essere desunta .”
13.2 Sulle modifiche alla distribuzione interna e al cambio di destinazione d’uso.
“ Il dato certo cui riferirsi per quanto concerne i punti 2 e 3 della ordinanza ingiunzione è offerto dalle tavole di sanatoria e, in particolare, dalla pianta piano scantinato, stato attuale. Saranno da considerarsi come in difformità tutte le opere distributive interne e gli usi diversi da quelli autorizzati, nella misura in cui dette opere non trovino corrispondenza nella pianta di piano scantinato dello stato autorizzato in sanatoria. ”
13.3 Sulle modifiche alle sistemazioni esterne del piazzale.
“ Solamente comparando i rilievi fotografici allegati al rapporto tecnico e le fotografie allegate all’istanza di sanatoria, ai fini dell’espletamento dell’incarico affidato con l’ordinanza n. 2404/2022 del 1° aprile 2022, sarebbe possibile, comunque, con un grado di incertezza notevole, rilevare delle differenze. Peraltro, in considerazione della mancata indicazione di queste sistemazioni del piazzale nello stato attuale del titolo in sanatoria sia a livello descrittivo che grafico, laddove nel 2014 sia stata riscontrata l’esistenza di opere rilevanti sotto il profilo urbanistico - edilizio, le stesse sono da considerarsi non ricomprese nello stato di sanatoria e quindi non autorizzate attraverso la concessione ad edificare in sanatoria n. 411/c del 1990 .”
14. Sulla base degli accertamenti appena riportati, sulla cui esattezza e completezza non vi sono ragioni di dubbio, risulta l’infondatezza delle censure dedotte con il primo e secondo motivo, ed invece la correttezza dell’accertamento del TRGA in merito all’abusività delle rispettive opere. La verificazione conferma, dunque, che la rampa oggetto dell’ordinanza di demolizione non è mai stata assentita da parte del Comune né a regime (con la concessione del 23.9.1970) né con la sanatoria (del 21.11.1990). Il verificatore, attraverso un esame puntuale della documentazione in atti ha potuto escludere che negli elaborati della licenza del 1970 fosse raffigurata una rampa di raccordo tra la sovrastante strada comunale ed il piazzale sul quale oggi si trovano i locali in relazione ai quali è stato contestato il cambio di destinazione d’uso. Il dott. S ha precisato che negli elaborati della licenza di costruire del 1970 il terreno mostrato nel prospetto sud rappresenta un andamento lievemente declive caratterizzato da una pendenza sempre più accentuata da ovest verso est. Tale configurazione del terreno non corrisponde a quella rappresentata nello stato di sanatoria in quanto in quella sede venne autorizzato proprio uno stato di fatto del terreno diverso da quello autorizzato nel 1970 (e quindi un maggiore sbancamento). Inoltre, una siffatta rampa non avrebbe avuto alcun significato posto che il progetto del 1970 non prevedeva alcun locale in corrispondenza al prospetto sud dell’edificio. La realizzazione di nuovi locali veniva, come conclude il dirigente verificatore, sanata soltanto con la sanatoria del novembre del 1990 e si trattava di locali che, come risulta dalla prescrizione speciale apposta alla predetta sanatoria, presentando un’altezza di 1,73 metri in luogo di 2,30 metri imposti dal regolamento, non potevano avere alcun utilizzo accessorio all’abitazione e tantomeno autonomo. Gli stessi – così emerge chiaramente dalla relazione – dovevano essere considerati come locali ispezione, intercapedine come da correzione (verde) operata dall’ufficio tecnico nel rilascio del titolo sanante. Con la pacifica circostanza che gli elaborati di sanatoria del 1990 rappresentavano un maggiore sbancamento effettuato sul prospetto sud, al fine di consentire la realizzazione di quei locali che si prevedeva negli originari elaborati, i manufatti dovevano essere destinati a cantina e avvolto. Al contrario, non emerge che fossero stati sanati come locali di ispezione intercapedine, e non risulta che fossero utilizzabili né in forma autonoma né al servizio della sovrastante abitazione. Inoltre il verificatore non ha potuto confermare in quella sede l’esistenza di una rampa di raccordo tra il nuovo livello sistemato del piazzale esistente sul prospetto sud e la strada comunale. La verificazione fa comprendere senza ulteriori dubbi che non rileva che la rampa fosse (o meno) esistente all’epoca di presentazione della sanatoria del 1990, ma invece è fondamentale che la rampa non è mai stata rappresentata (negli elaborati della sanatoria o nella relazione tecnica): per effetto non può ritenersi autorizzata. Per quanto riguarda il cambio di destinazione dei locali di piano scantinato, la verificazione ricorda che essi venivano sanati come intercapedine, per come specificamente prescritto dall’ente pubblico con dovuto richiamo al regolamento edilizio comunale ed alle altezze minime dei locali. Inconferente risulta al Collegio anche la censura sulla contraddittorietà dell’azione amministrativa laddove aveva emesso il parere preventivo favorevole del 1996 per la realizzazione di un nuovo edificio limitrofo e quindi avrebbe riconosciuto implicitamente la legittimità della rampa, essendo sufficiente rilevare che l’istruttoria sul parere preventivo si doveva sviluppare solo in relazione alla proposta progettuale specifica che era stata sottoposta al Comune, ma non aveva mai ad oggetto la rampa. Infine, per quanto riguarda le modifiche esterne, anche se il verificatore riesce ad accertare (in base alla documentazione prodotta) l’abusività delle opere “solo” nella misura in cui dette opere non trovino corrispondenza nella pianta di piano scantinato dello stato autorizzato in sanatoria, questo è sufficiente per confermare la correttezza dell’operato del Comune, non avendo potuto invece il privato, che ne aveva l’onere, dimostrare il contrario.
15. Per quanto riguarda il terzo motivo del ricorso, ovvero l’asserito errore del primo giudice nella sua statuizione in ordine all’estraneità della signora G agli abusi, si osserva che tale censura non coglie nel segno in quanto irrilevante per la valutazione della legittimità dell’ordinanza di demolizione. Come correttamente concluso dal TRGA, il dettato legislativo (art. 129 della legge provinciale trentina del 4 marzo 2008, n.1, analoga disposizione alla norma contenuta nell’art. 31 del DPR 380/2001) impone chiaramente che entrambi il proprietario e l’autore dell’abuso sono soggetti della repressione dell’abuso. Il presupposto per l’adozione di un’ordinanza di ripristino è correlato solamente all’esistenza di una situazione di abuso, indipendentemente da ogni aspetto relativo alla responsabilità dello stesso, sicché la norma pone a carico, non solo dell’autore dell’illecito, ma anche del proprietario del bene e dei suoi aventi causa, l’ordine ripristinatorio, in virtù del suo diritto dominicale sulla res che gli consente di intervenire per porre fine all’abuso (da ultimo Cons. Stato, sez. VI, n. 9513/2022).
16. Manifestamente infondata è la quarta doglianza d’appello sull’asserita vis ultrapetativa della pronuncia, laddove ha rigettato il quarto motivo del ricorso in primo grado. Il TRGA ha accertato che il motivo “ è infondato alla luce delle considerazioni che precedono, dalle quali discende anche che la nota in esame è un mero atto consequenziale e necessitato poiché le costruzioni abusive non sono suscettibili di indennizzo, a meno che alla data dell'evento ablativo non risulti già rilasciata la concessione in sanatoria;per esse, quindi, la liquidazione può avvenire sulla scorta del valore della sola area “per evitare che l'abusività dell’opera possa concorrere, anche in via indiretta, ad accrescere il valore del bene. ” Ad avviso di questo Collegio tale conclusione non può essere considerata fuori dalla richiesta dell’attore, ma il primo giudice ha accertato, in modo succinto, ma chiaro, che nessuna pretesa poteva discendere alla signora G dal rigetto dell’amministrazione di un indennizzo in forza dell’abusività del manufatto. Tale decisione è pienamente condivisibile.
17. Destituito di fondamento è anche il quinto motivo, con il quale si censura la reiezione del ricorso per motivi aggiunti e vertente sul silenzio rigetto della sanatoria. Il giudice amministrativo trentino ha condiviso le argomentazioni del Comune che l’istante abbia solo formalmente utilizzato la modulistica della sanatoria, senza però integrare i contenuti di un progetto in sanatoria, avendo solo depositato una perizia/relazione che conteneva dettagli sull’asserita inclusione delle opere nella sanatoria del 1990, ma mancava la rappresentazione dello stato attuale delle opere da sanare. Il Collegio giudica pertinente l’assunto della difesa comunale sul fatto che la domanda della signora G è da qualificare piuttosto come un’istanza a revocare il precedente provvedimento in autotutela. La Sezione deve, da un lato, accertare la mancanza di elementi progettuali essenziali (tipici della sanatoria), dall’altro lato invece rilevare la presenza di elementi che invitavano l’amministrazione a rivedere solo la configurazione giuridica dell’abusività dei manufatti. Una volta però che l’amministrazione aveva ritenuto mancante di specifico titolo tali interventi edilizi, il richiedente, se si fosse trattato di una domanda in sanatoria, avrebbe dovuto seguire l’iter delineato dal legislatore, ovvero dimostrare con altri elementi la “doppia conformità” urbanistico-edilizia, e chiedere il risanamento formale. Essendo l’obbligo della Pubblica Amministrazione di esprimersi (e il potere del Giudice Amministrativo a sindacare l’eventuale violazione) solo in merito a tali istanze, correttamente il TRGA ha escluso l’illegittimità del silenzio del Comune. Da ciò discende anche che l’ente locale non era obbligato a comunicare all’istante eventuali motivi ostativi.
18. Non si può neanche rilevare alcun errore del TRGA nella statuizione sulle spese: risultando la ricorrente in primo grado soccombente, il primo giudice ha fatto uso corretto del principio (art. 26 cod. proc. amm.) che la condanna alle spese segue la soccombenza (in virtù del rinvio all’art. 91, comma 1 c.p.c.).
19. In ragione di quanto si è sopra illustrato l’appello va rigettato, con conseguente conferma della sentenza di primo grado.
20. Le spese del grado di appello seguono la soccombenza, in virtù del principio di cui all’art. 91 c.p.c., per come espressamente richiamato dall’art. 26, comma 1, c.p.a., dovendosi imputare le stesse a carico dell’appellante e in favore al Comune di Pergine Valsugana, potendosi liquidarle nella misura complessiva di € 4.000,00 (euro quattromila/00). A carico dell’appellante deve poi disporsi anche il pagamento del compenso per la verificazione, il cui ammontare sarà individuato con separato provvedimento all’indomani del deposito della relativa notula a cura del verificatore.