Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2024-01-02, n. 202400008

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2024-01-02, n. 202400008
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202400008
Data del deposito : 2 gennaio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 02/01/2024

N. 00008/2024REG.PROV.COLL.

N. 03362/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3362 del 2023, proposto da
Agea - Agenzia per le erogazioni in agricoltura, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro

C D e G S A, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'avvocato R M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda) n. 00908/2022.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di C D e Giuliano Societa' Agricola;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 30 novembre 2023 il Cons. Oreste Mario Caputo;

Nessuno è presente per le parti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1.È appellata la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia, (Sezione Seconda) n. 00908/2022, d’accoglimento del ricorso proposto da C D e G S A avverso l’intimazione di pagamento n. 022 2021 90002420 44/000 di Euro 188.116,86, nonché l’atto di accertamento del debito imputato a titolo di prelievo supplementare sulle consegne di latte vaccino relative alle campagne casearie dal

1998 al 2001, l’atto di iscrizione di detto debito nel Registro Nazionale dei Debiti tenuto da Agea ex art. 8 ter L. n. 33/2009 ed, infine, la cartella di pagamento n. 300 2018 000000 883 7000 di € 188.116,86, notificata alla ricorrente dall’Agenzia delle Entrate Riscossione di Brescia il 30.04.2018.

2. A sostegno del gravame cumulativo, parte ricorrente ha dedotto la nullità dell’atto impugnato e degli atti presupposti per inosservanza di diritto eurounionale.

3. Il T ha accolto in parte il ricorso limitatamente all’annullamento dell’intimazione di pagamento.

I profili di contrasto della normativa italiana con il diritto europeo, ad avviso dei giudici di prime cure, “ sono stati oramai accertati per gradi dalla Corte di Giustizia, fino alla campagna 2006-2007. In un primo momento, la pronuncia di C.Giust. Sez. VII 27 giugno 2019 C-348/18 (Barausse) ha dichiarato l’incompatibilità della compensazione nazionale ex art. 1 comma 8 del DL 1 marzo 1999 n. 43, nonché ex art. 1 comma 5 del DL 4 febbraio 2000 n. 8, in vigore fino alla campagna 2002-2003, con l’art. 2 par. 1, comma 2, del Reg. CEE 28 dicembre 1992 n. 3950/92 ”.

Il T, dopo aver premesso che intimazione di pagamento impugnata è stata preceduta da cartella di pagamento, ritualmente notificata e non impugnata dal privato, aderendo alla prospettazione di parte ricorrente, ha scrutinato nel merito la pretesa creditoria di AGEA sul presupposto che la violazione del diritto dell’UE imporrebbe al giudice domestico di disapplicare anche i provvedimenti inoppugnabili, con l’unico limite – continua il TAR – del giudicato di merito.

4. Appella la sentenza Agea - Agenzia per le erogazioni in agricoltura. Resiste C D e G S A.

5. Alla pubblica udienza del 30 novembre 2023 la causa, su richiesta delle parti, è stata trattenuta in decisione.

6. In limine sull’eccezione sollevata da parte resistente fondata sulla circostanza di fatto che la cartella prodromica all’atto oggetto del presente processo non sarebbe stata notificata.

L’eccezione è inammissibile.

Il T ha ritenuto in modo univoco che la cartella prodromica all’atto oggetto del presente processo è stata notificata: tant’è che il Collegio ha affrontato la questione giuridica del se si possano o meno disapplicare i provvedimenti inoppugnabili, contrastanti col diritto UE.

Conseguentemente, parte resistente avrebbe dovuto impugnare, almeno in via incidentale, il capo di pronuncia relativo all’affermazione che cartella “è stata correttamente notificata”.

7. Nell’unico articolato motivo d’appello, parte appellante lamenta l’errore di giudizio in cui sarebbe incorso il T laddove, pur affermando che la cartella di pagamento che ha preceduto l’intimazione di pagamento oggetto del presente processo non è stata impugnata divenendo inoppugnabile, ha proceduto alla disapplicazione della normativa nazionale, ritenuta in violazione del diritto UE per poi annullare l’intimazione di pagamento.

La sentenza, ad avviso dell’Agenzia per le erogazioni in agricoltura contrasterebbe con principi di diritto sanciti dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato e della Corte di Cassazione;
pregiudicando la certezza dei traffici giuridici, il cui portato giuridico si manifesta nella perentorietà dei termini di impugnazione dei provvedimenti amministrativi.

7.1 L’appello è fondato.

Va data continuità all’indirizzo consolidato della giurisprudenza amministrativa, da cui non sussistono giustificati motivi per qui discostarsi, a mente del quale la violazione del diritto eurounionale, al pari della violazione di legge nazionale, si risolve in un motivo di annullabilità dell’atto, non di sua nullità.

Con l’assorbente conseguenza che se il (primo) provvedimento lesivo non è tempestivamente impugnato, il vizio non è più contestabile oltre termine;
né supplisce l’omessa tempestiva impugnazione, il gravame proposto avverso atti a valle rispetto a quelli nei confronti del quale si sarebbe potuto e dovuto dedurre il vizio di legittimità che inficia l’atto.

Il principio processuale amministrativo che, come sottolineato dall’appellante, ha immediate ricadute sul piano sostanziale della certezza delle situazioni giuridiche, trova ordinariamente applicazione anche nel caso in cui si disputi della contrarietà del provvedimento amministrativo al diritto unionale.

Eccettuato il caso – che qui non ricorre – della contrarietà della norma attributiva del potere al diritto unionale, l’antinomia normativa dà luogo alla violazione di legge ed al conseguente annullamento del provvedimento: annullabilità che può esser fatta valere soltanto se il provvedimento è tempestivamente impugnato (cfr., specificamente, Cons. Stato, sez. III, n. 6335 del 2022, ove s’afferma: “… vanno respinte le deduzioni secondo cui gli atti impugnati risulterebbero nulli alla luce dei principi enunciati dalla Corte di Giustizia ..”).

Nel caso in esame, lungi dall’essere dichiarata comunitariamente incompatibile con le sentenze rese dalla Corte di Giustizia UE (nelle cause C 46 e 348/2018) la norma attributiva del potere conferito allo Stato d’applicare il prelievo supplementare, sono le disposizioni nazionali disciplinanti le modalità di esercizio di tale potere – più in particolare il calcolo del prelievo – a non essere conformi alla disciplina UE.

Sicché, alla stregua della consolidata giurisprudenza di questo Consiglio (cfr., Cons. Stato, sez. V, n. 3072/2009;
Id., sez. VI, n. 1983/2011), anche la contrarietà del provvedimento amministrativo al diritto dell'Unione, sia essa "diretta" – laddove il contenuto del provvedimento contrasti in sé con tale diritto –, sia essa "indiretta" come nella presente fattispecie – in cui il provvedimento è conforme alla norma nazionale incompatibile con il diritto dell'Unione –, si risolve nel vizio di violazione di legge che determina l’annullabilità del provvedimento amministrativo, da far valere entro il termine di decadenza con una ordinaria azione di annullamento.

8. Conclusivamente l’appello deve essere accolto e, per l’effetto, in riforma dell’appellata sentenza, deve essere respinto il ricorso di prime cure.

9. Le spese del doppio grado di giudizio, come liquidate in motivazione, seguono la soccombenza.

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