Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2023-05-25, n. 202305159
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Pubblicato il 25/05/2023
N. 05159/2023REG.PROV.COLL.
N. 09437/2022 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Settima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9437 del 2022, proposto dai signori G M G G, M G, S N, A N, A M P, S R, S S, A S, A T, S G T, rappresentati e difesi dall'avvocato D N, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero dell'Istruzione e del Merito, in persona del Ministro
pro tempore
, rappresentato e difeso
ex lege
dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti
Signore Domenica Portoghese, Alessandra Pinna, non costituite in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Consiglio di Stato, Sezione VI, n.1012/2021, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Istruzione e del Merito;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 marzo 2023 il Cons. Raffaello Sestini e udito per le parti l’avvocato D N
Viste le conclusioni delle parti come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1 – I ricorrenti partecipavano al concorso pubblico per il reclutamento dei dirigenti scolastici, indetto con DDG 23 novembre 2017 n. 1259, ma, a seguito del superamento della prova preselettiva e dell’espletamento della prova scritta computerizzata, non venivano ammesse agli orali, non avendo conseguito nella suddetta prova scritta il punteggio minimo (70 pt.) previsto dalla lex specialis quale soglia di idoneità.
2 - Pertanto, gli stessi impugnavano dinanzi al TAR per il Lazio l’elenco dei candidati ammessi a sostenere la prova orale, approvato con decreto direttoriale del Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione del Ministero, insieme ai verbali della commissione esaminatrice, agli atti concorsuali e ad ogni provvedimento presupposto, deducendo plurimi motivi di censura.
3 - Con propria sentenza il TAR del Lazio si pronunciava sul ricorso promosso dagli odierni ricorrenti, rigettando il ricorso nel merito.
4 - Avverso la predetta sentenza i medesimi proponevano appello davanti al Consiglio di Stato, chiedendo l’accoglimento del ricorso azionato in primo grado, del quale riproponevano le relative censure, e formulando altresì istanza istruttoria di consulenza tecnica d’ufficio volta ad accertare le anomalie del sistema informatico utilizzato in sede di svolgimento della prova scritta del concorso in oggetto.
5 - Con la sentenza n. n. 1016/2021, della quale si chiede la revocazione, il Consiglio di Stato, Sezione Sesta, respingeva l’appello.
6 - L’odierno giudizio ha ad oggetto la domanda di revocazione della suddetta sentenza, ai sensi degli artt. 106, c.p.a. e 395, comma 1, n. 3, c.p.c..
7 - In sintesi, i ricorrenti sostengono che se il giudice di appello avesse potuto porre a base delle sue valutazioni taluni documenti informatici, fra cui, in particolare, il cd. Codice Sorgente, non potuti produrre prima perché gli stessi ne sarebbero venuti a conoscenza soltanto di recente, l’esito decisionale al quale si è pervenuti sarebbe stato diverso e a loro favorevole, perché con ogni evidenza, ancora a loro dire, sarebbero stati accolti il terzo e il quarto motivo di appello, che censuravano le disfunzioni e l’inidoneità tecnica del software.
8 - Nel costituirsi in giudizio, il Ministero intimato ha insistito sulla inammissibilità del ricorso per revocazione e, comunque, per la sua infondatezza nel merito rescissorio.
9 – Nelle more, il difensore dei ricorrenti ha depositato istanza di rinvio della discussione, sul rilievo che in data 27 febbraio 2023 è stata promulgata la Legge 24 febbraio 2023, n. 14 di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 29 dicembre 2022, n. 198, recante disposizioni urgenti in materia di termini legislativi e proroga di termini per l’esercizio di deleghe legislative, il cui articolo 11-quinquies, applicabile al caso all’esame, e che tale sopravvenienza normativa sarebbe rilevante ai fini della decisione della causa.
10 - All’udienza del 28 marzo 2023, la causa è stata tuttavia discussa, avendo parte ricorrente aderito alla prospettazione effettuata dal Collegio ai sensi dell’art. 73, comma 3, c.p.a. circa la possibile improcedibilità dell’appello, con conseguente sopravvenuta carenza di interesse alla coltivazione del ricorso per revocazione, in ragione della applicabilità della nuova disciplina alla propria situazione giuridica.
11 – Al riguardo, il Collegio rileva che con l’art. 5, comma 11-quinquies del predetto decreto legge – introdotto in sede di conversione ed entrato in vigore il giorno successivo alla pubblicazione e, dunque, a decorrere dal 28 febbraio 2023 –, il legislatore, al dichiarato fine “di coprire i posti vacanti di dirigente scolastico”, nonché di “prevenire le ripercussioni sull'Amministrazione dei possibili esiti dei contenziosi pendenti” in relazione al concorso indetto con decreto del direttore generale del Ministero dell'istruzione, dell’università e della ricerca n. 1259 del 23 novembre 2017 – oggetto del presente giudizio – ha previsto l’organizzazione di un corso intensivo di formazione con espletamento di una prova finale, le cui modalità di partecipazione dovranno essere definite con decreto del Ministro dell’istruzione e del merito da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge n. 198 del 2022, al quale sono ammessi a partecipare, ai fini che in questa sede rilevano, i candidati al concorso indetto con DDG 23 novembre 2017 n. 1259, che “abbiano proposto ricorso entro i termini di legge e abbiano pendente un contenzioso giurisdizionale per mancato superamento della prova scritta del predetto concorso”.
12 – I ricorrenti versano proprio nelle condizioni descritte dalla suddetta previsione, sicché potranno essere tutti ammessi a partecipare al corso intensivo, come stabilito dal successivo comma 11-sexies del citato articolo 5, a seguito del superamento, “con un punteggio pari ad almeno 6/10, di una prova scritta, basata su sistemi informatizzati, a risposta chiusa”. Ne deriva, quindi, che, per effetto della richiamata sopravvenienza normativa, i ricorrenti hanno conseguito l’anelato bene della vita sotteso alla proposizione del giudizio in trattazione, come, del resto, dichiarato dal loro difensore in udienza in adesione alla prospettata improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse.
13 - Alla luce di quanto sopra esposto, non resta al Collegio che dichiarare l’appello improcedibile ai sensi dell’art. 35, comma 1, lett. c), c.p.a.. Infatti, in caso di espressa dichiarazione della parte di non aver più alcun interesse alla decisione del ricorso, il giudice non può decidere la controversia nel merito, né procedere di ufficio, né sostituirsi al ricorrente nella valutazione dell'interesse ad agire, ma solo adottare una pronuncia in conformità alla dichiarazione resa, poiché nel processo amministrativo, in assenza di repliche o diverse richieste ex adverso, vige il principio dispositivo in senso ampio, nel senso che parte ricorrente, sino al momento in cui la causa viene trattenuta in decisione, ha la piena disponibilità dell'azione e può dichiarare di non avere interesse alla decisione, in tal modo provocando la presa d'atto del giudice, il quale, non avendo il potere di procedere di ufficio, né quello di sostituirsi al ricorrente nella valutazione dell'interesse ad agire, non può che dichiarare l'improcedibilità del ricorso (Consiglio di Stato sez. V, 22 giugno 2021, n. 4789).
Peraltro, nel caso all’esame, la dichiarazione della parte corrisponde alla valutazione prospettata dal Collegio ai sensi dell’art. 73, comma 3, c.p.a. (la Sezione si è già pronunciata in questi termini con la sentenza n. 2265 del 6 marzo 2023).
14 - In considerazione della natura della sopravvenienza alla base della declaratoria di improcedibilità del ricorso e del tenore della costituzione del Ministero intimato, si ritiene che la regolazione delle spese del giudizio vada effettuata alla luce del principio della soccombenza virtuale (cfr. in termini, Consiglio di Stato, Sezione VII, sentenza n. 8515 del 4 ottobre 2022, che ha dichiarato inammissibile analogo ricorso per revocazione proposto da altri ricorrenti aspiranti alla medesima procedura concorsuale).
15 - In particolare, il Collegio ritiene che, laddove la causa non fosse stata decisa nel senso dianzi prospettato in ragione della succitata sopravvenienza legislativa, il ricorso per revocazione sarebbe stato dichiarato inammissibile, sia sotto il profilo della tempestività del rilievo dell’asserito vizio, sia sotto il profilo della decisività del vizio medesimo ai fini della decisione. Infatti, l’errore vizio-revocatorio lamentato presuppone, ai sensi del citato art. 395, comma 1, n. 3, c.p.c., il ritrovamento di “uno o più documenti decisivi che la parte non aveva potuto produrre in giudizio per causa di forza maggiore o per fatto dell’avversario”. A propria volta parte ricorrente, come eccepito dalla difesa dell’Amministrazione, non ha fornito alcuna prova certa in ordine alla data del rinvenimento della nuova documentazione, limitandosi a comunicare di averne avuto la disponibilità solo in epoca successiva alla pronuncia della sentenza del Consiglio di Stato in questa sede impugnata. Inoltre, l’esistenza dei documenti de quibus (elaborati della procedura di concorso e relativi giudizi e codice sorgente del programma utilizzato per lo svolgimento della prova scritta e cd “metadati”) non costituiva una circostanza sconosciuta, bensì un fatto ben noto alla parte ricorrente, che ha invece sostenuto di non aver potuto immediatamente disporre di tali atti poiché la procedura era ancora in corso e di essere venuta in possesso di una parte di essi in modo fortuito e casuale, beneficiando dell’esercizio da parte di altri concorrenti dei rimedi avverso il diniego di accesso, ottenendone altri (come il codice sorgente) solo in via parziale e non ancora in misura integrale. Infine, parte ricorrente ha omesso di attivare i rimedi autonomi approntati dall’ordinamento a garanzia dell’accesso agli atti.
16 - Sulla base di quanto appena esposto, in definitiva, il Collegio ritiene che la rilevata preclusione, laddove fosse stata esaminata nel merito, sarebbe stata ricondotta ad una scelta processuale della parte e non, invece, a impedimenti oggettivi estranei alla propria sfera, così imponendo la declaratoria di inammissibilità dell’azione medesima. In ragione di ciò, le spese del giudizio sono liquidate come in dispositivo, secondo la prospettata soccombenza virtuale.