Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2021-10-27, n. 202107198

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2021-10-27, n. 202107198
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202107198
Data del deposito : 27 ottobre 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 27/10/2021

N. 07198/2021REG.PROV.COLL.

N. 08583/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8583 del 2014, proposto dalla società Wind Energy Racalmuto S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato A G, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via di Villa Patrizi n.13,

contro

- la società Gse S.p.A. -Gestore dei Servizi Energetici Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati G N e A Z, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato A Z in Roma, piazza di Spagna, n. 15;
- il Ministero dello sviluppo economico, il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, in persona dei rispettivi Ministri pro tempore , rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
- la Presidenza del Consiglio dei ministri, in persona del Presidente pro tempore , non costituito in giudizio;

nei confronti

Eurowind Lacedonia S.r.l., Finpower Wind S.r.l., Clean Energy 1 S.r.l., Cred.It Società Finanziaria Spa, Mait Spa, Ese Apricena S.r.l., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , non costituiti in giudizio;
Gamesa Energia Italia Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’avvocato Marcello Cardi, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale Bruno Buozzi n.53;

per la riforma

della sentenza del T.a.r. per il Lazio (Sezione Terza) n. 2470/2014, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Gse S.p.A. -Gestore dei Servizi Energetici Spa, del Ministero dello sviluppo economico, del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, e della società Gamesa Energia Italia Spa;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 19 ottobre 2021 il consigliere M M e uditi, per le parti, l’avvocato Volanti Antonio, in sostituzione dell’avvocato Gemma Andrea, l’avvocato Giorgio Vercillo, in sostituzione dell’avvocato A Z, l’avvocato G N, l’avvocato Marcello Ciardi e l’avvocato Simone Abrate;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con la sentenza appellata è stato respinto il ricorso proposto da Wind Energy Racalmuto Srl, società di gestione di impianti eolici.

Tale società aveva impugnato gli atti della procedura d’asta indetta dal GSE in data 13 marzo 2013, ai sensi del D.M. 6 luglio 2012 per l’assegnazione di incentivi per impianti eolici on shore per l’anno 2014;
da tale procedura infatti la ricorrente è stata esclusa per aver presentato una fidejussione rilasciata da società finanziaria iscritta nell’elenco di cui all’art. 106 del Testo Unico Bancario (indicato di seguito TUB) approvato con decreto legislativo 1 settembre 1993 n.385, invece che da società finanziaria iscritta nell’elenco speciale di cui all’art. 107 TUB, come richiesto dal bando.

La motivazione della sentenza appellata fa riferimento alle seguenti circostanze.

La disciplina dei due albi era assai diversa in ragione, sostanzialmente, dei maggiori rischi che presentavano le attività degli iscritti all’albo speciale, per i quali erano previsti controlli più stringenti e che quindi davano maggiori garanzie di affidabilità.

Tale disciplina risulta modificata dal d. lgs n. 141/2010, entrato in vigore il 17 ottobre 2012, il quale ha sostanzialmente unificato i due elenchi abolendo quello speciale.

Tuttavia l’art. 10 commi 1-4 dello stesso decreto legislativo ha dettato una normativa transitoria, la quale tiene sostanzialmente in vigore la distinzione tra i due elenchi fino all’entrata in vigore delle disposizioni di attuazione della nuova disciplina, dettate dal comma 4.

Non è contestato che nel periodo relativo alla procedura d’asta in questione siano rimasti vigenti i due elenchi, talché non può ritenersi illegittima o comunque superata la disposizione dell’allegato 3 al D.M. 6 luglio 2012 e quella contenuta nel bando, che fanno riferimento agli intermediari finanziari iscritti nell’elenco speciale di cui all’art. 107 TUB.

Anche il nuovo “schema di garanzia”, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, richiamando i requisiti di cui all’allegato 3 al D.M. cit, pur cambiando dicitura, richiama comunque chiaramente l’elenco speciale ex art. 107 TUB;
escluso quindi anche il legittimo affidamento.

Richiedere una garanzia rilasciata da intermediario finanziario ritenuto più affidabile appare ragionevole e comunque rimesso alla discrezionalità dell’amministrazione, nel presupposto normativo che la differenziazione tra i due elenchi, come detto, rimaneva in vigore.

La prestazione della garanzia fideiussoria rilasciata da intermediario iscritto nell’elenco di cui all’art. 107 TUB era considerata dalle norme di gara requisito minimo per la partecipazione alla procedura (art. 13 del D.M. 2012);
il punto 2.3.7 delle “Procedure applicative” prevede poi che la mancanza della fidejussione rilasciata secondo le disposizioni del D.M. e della stessa procedura, è causa di esclusione.

E’ quindi indiscutibile che in base alla normativa specifica della procedura d’asta l’ipotesi in esame comportava l’esclusione dalla procedura stessa.

Né si poteva ravvisare una disparità di trattamento perché questa può essere eccepita solo in ipotesi in cui la P.A. eserciti una discrezionalità amministrativa, ma non quando il suo comportamento sia vincolato da disposizioni primarie o secondarie;
eventuali illegittimità commesse in altre procedure non rendono legittimo un comportamento adottato in “violazione di legge”.

Parimenti è stata respinta la domanda risarcitoria, in quanto il “danno” causato alla ricorrente non è conseguenza di attività illegittima dell’Amministrazione e quindi non si configura come danno ingiusto ex art. 2043 c.c..

2. Il collegio prescinde dall’esame delle eccezioni preliminari, essendo l’appello comunque infondato nel merito.

L'appellante lamenta violazione del d. lgs. 13 agosto 2010, n. 14, violazione dell'art. 106 e dell'art. 107 dei d. Igs. 385/1993, violazione degli art. 3 e 41 Cost., violazione del principio di ragionevolezza, violazione del principio di proporzionalità, violazione del legittimo affidamento, eccesso di potere per disparità di trattamento, violazione dell'art. 6 della L. 241/1990.

Contesta in particolare che all’entrata in vigore delle disposizioni di attuazione del d.lgs. 141/2010 dovesse ritenersi ancora non operativa l'unificazione degli elenchi previsti dagli artt. 106 e 107 TUB, potendo l'amministrazione ancora fare riferimento all'elenco speciale.

Sul punto l'appellante ritiene invece che il d.lgs. 141/2010, che ha previsto l'unificazione degli elenchi di cui agli artt. 106 e 107 TUB, è entrato in vigore in data 17 ottobre 2012 e, dunque, in data antecedente la pubblicazione del bando per la procedura d'asta in discorso, avvenuta solo il successivo 13 marzo 2013.

L'amministrazione, dunque, in alcun modo avrebbe potuto né dovuto fare applicazione di una disciplina legislativa non più in vigore.

Nelle more della procedura il GSE ha modificato il contenuto dello schema di garanzia, sostituendo la dicitura "intermediario finanziario iscritto nell'elenco di cui all'art. 107 del d.lgs. 385/1993 presso la Banca d'Italia" con quella di "intermediario finanziario avente i requisiti dell'allegato 3 del DM 6.7.2012".

Quanto precede, unitamente alla lettera della legge, ha ingenerato nell'appellante — così come nelle altre ditte escluse sulla scorta delle medesime motivazioni - la ferma e legittima convinzione di ammissibilità della garanzia rilasciata dagli intermediari ex art. 106 del d. lgs. n° 385/1993.

2 - bis. La censura è infondata.

Sino all’approvazione del d.lgs. n. 141/2010, il Titolo V del d. lgs. n° 385/1993 (TUB):

- prendeva in considerazione quattro tipi di attività finanziarie (l’assunzione di partecipazioni;
la concessione di finanziamenti, ivi compreso il rilascio di garanzie;
la prestazione di servizi di pagamento;
l’intermediazione in cambi);

- prevedeva tre livelli di disciplina progressivamente più incisivi in considerazione di determinate caratteristiche dell’attività:

a) il primo livello, riguardava i soggetti che esercitavano in via prevalente una o più delle suddette attività, ma non nei confronti del pubblico. L’esercizio in via prevalente di queste attività era riservato ai soggetti iscritti in un’apposita sezione dell’elenco generale degli intermediari finanziari tenuto dalla Banca d’Italia, prevista dall’art. 113 TUB. La disciplina di questi soggetti era di carattere minimale e comprendeva unicamente il rispetto di requisiti di onorabilità dei partecipanti al capitale sociale e il rispetto di requisiti di onorabilità e indipendenza degli esponenti aziendali;

b) il secondo livello, riguardava i soggetti che esercitavano una o più delle predette attività nei confronti del pubblico. Il loro esercizio era riservato agli intermediari finanziari iscritti in un apposito elenco generale tenuto dalla Banca d’Italia, previsto dall’art. 106 TUB. Per potersi iscrivere in tale elenco erano richieste particolari condizioni relative alla forma sociale, all’oggetto sociale, al capitale minimo, all’esistenza di requisiti di onorabilità dei partecipanti al capitale e di onorabilità, professionalità e indipendenza degli esponenti aziendali;

c) il terzo livello, riguardava gli intermediari finanziari che presentavano potenziali rischi sistemici, in considerazione dei volumi operativi dell’attività, oppure per la stessa natura dell’attività, i quali erano tenuti ad iscriversi in un apposito elenco speciale, previsto dall’art. 107 TUB, ed erano soggetti ad un regime di vigilanza di carattere prudenziale simile a quello bancario.

Il regime normativo sopradescritto è stato innovato dal d.lgs. n. 141/2010, che ha integralmente novellato il Titolo V del TUB. La nuova disciplina in materia di intermediari finanziari ha istituito un nuovo regime di regolamentazione dell’attività di concessione di finanziamenti nei confronti del pubblico. Questa attività è stata riservata agli intermediari finanziari iscritti in un apposito albo unico previsto dal nuovo testo dell’art. 106 TUB, con conseguente abrogazione, tanto dell’elenco speciale dell’articolo 107 del TUB, quanto della sezione speciale dell’elenco generale di cui all’articolo 113 del TUB.

In considerazione della rivisitazione del quadro normativo relativo agli intermediari finanziari il d.lgs. n. 141/2010 ha altresì definito una disciplina transitoria volta a regolare il passaggio dalla “vecchia” alla “nuova” normativa.

Il regime transitorio previsto dall’art. 10, commi 1 - 4 del d.lgs. 141/2010 ruota attorno al principio secondo cui, fino all’entrata in vigore delle disposizioni di attuazione della “nuova” disciplina demandate al Ministero dell’Economia e delle Finanze e alla Banca d’Italia, hanno continuato ad applicarsi, con talune variazioni, le disposizioni primarie e secondarie previgenti.

In particolare, la disciplina transitoria ha mantenuto in vigore il previgente regime concernente la riserva di attività in materia di concessione di finanziamenti, ivi compresa la distinzione tra intermediari di cui all’art. 106 TUB e intermediari di cui all’art. 107 TUB, soggetti i secondi a regimi di vigilanza e vincoli di patrimonializzazione più incisivi dei primi.

Le disposizioni di attuazione del d.lgs. n. 141/2010 sono state infatti adottate solo nell’aprile del 2015 (D.M. MEF 2 aprile 2015 n.53 e circolare della Banca d’Italia 3 aprile 2015 n. 288). Pertanto solo dopo l’entrata in vigore delle disposizioni di attuazione, le norme facenti riferimento agli intermediari finanziari iscritti negli elenchi di cui agli artt. 106 o 107 del TUB possono essere considerate riferite a quelli iscritti nell’albo di cui all’art. 106 nel nuovo testo (così Cons. Stato VI, n. 8017/2019;
Id., 2826/2019;
III, n. 1380/2017).

Correttamente con la sentenza appellata è stato pertanto osservato che la prestazione della garanzia fideiussoria rilasciata da intermediario iscritto nell’elenco di cui all’art. 107 TUB era considerata dalle norme di gara requisito minimo per la partecipazione alla procedura (art. 13 del D.M. 2012);
il punto 2.3.7 delle “Procedure applicative” prevede poi che la mancanza della fidejussione rilasciata secondo le disposizioni del D.M. e della stessa procedura, è causa di esclusione.

Non è possibile pertanto condividere l'affermazione dell’appellante, secondo cui sarebbe stato leso il legittimo affidamento.

3. L’appellante lamenta violazione del principio di tassatività delle cause di esclusione come disposte nel D.M. 6 luglio 2012, violazione dell'art. 13 del decreto, violazione del principio del dovere di soccorso e di leale collaborazione, violazione dell'art. 6 della L. 241/1990, violazione del principio di ragionevolezza, violazione del principio di proporzionalità., violazione e falsa applicazione dei principi di imparzialità, libera concorrenza e favor partecipationis , nullità delle clausole imposte dal GSE anche ai sensi e per gli effetti dell'articolo 31 del codice del processo amministrativo.

Ritiene che nessuna previsione sanciva chiaramente la necessità che la cauzione provvisoria venisse rilasciata da intermediario iscritto nell'elenco di cui all'art. 107 TUB, anziché nell'elenco di cui all'art. 106 TUB.

Osserva quanto segue.

Il DM 06.07.2012 quanto ai "Requisiti minimi dei soggetti e dei progetti" prevede, poi, che "I soggetti di cui al comma 1, a garanzia della reale qualità del progetto, sono tenuti a presentare una cauzione provvisoria in fase di iscrizione alle procedure d'asta e una definitiva ín seguito alla comunicazione di esito positivo della procedura d'asta con le modalità specificate nell'allegato 3".

Il cennato allegato 3, tuttavia, nulla dice con specifico riferimento alla cauzione provvisoria, limitandosi a disciplinare l'ipotesi di prestazione della cauzione definitiva dopo la comunicazione di esito positivo dell'asta.

Nessuna traccia, dunque, secondo parte appellante, della chiarezza cui fa riferimento il Tribunale di prime cure.

Né, secondo l'appellante, a specificare quanto precede può valere - diversamente da quanto sostenuto dai Giudici di prima istanza - lo schema di garanzia predisposto da GSE. Invero, da una parte, detto schema è stato modificato nelle more della procedura eliminando il riferimento all'art. 107 TUB, così ingenerando il legittimo affidamento sulla bontà della cauzione rilasciata da intermediari ex art. 106 TUB;
in ogni caso, ad esso non può certamente essere attribuita rilevanza precettiva in ordine alla prescrizione di requisiti ulteriori non previsti né dal bando né dal Decreto.

Risulterebbe dunque evidente che la lex specialis della procedura non era in alcun modo chiara ed immediata nell'imporre un requisito talmente stringente qual è la prestazione di una cauzione da parte intermediari iscritti in uno specifico elenco.

L'appellante censura, pertanto, la sentenza di primo grado laddove —sull’errato presupposto della chiarezza della prescrizione concernente la cauzione - conclude per l’inapplicabilità del soccorso istruttorio e per la legittimità dell’esclusione.

Fa riferimento al quarto comma dell'art. 13 del bando, secondo cui sono esclusi dalle procedure d’asta i soggetti per i quali ricorre una delle cause di esclusione di cui all'art. 38 del d.lgs. 163/2006.

Ne consegue, secondo l'appellante, che l'esclusione è espressamente prevista, per volontà del legislatore, per i soli casi di mancato possesso dei requisiti di cui all'art. 38 del d.lgs. 163/2006.

Invoca il principio del soccorso istruttorio e la nullità delle clausole di esclusione ai sensi dell'art. 46 comma 1 - bis del d. lgs. n° 163 del 2006, secondo cui i bandi non possono contenere prescrizioni a pena di esclusione ulteriori rispetto a quelle previste nello stesso comma 1 - bis dell'art. 46 del d. lgs. n° 163 del 2006.

3 - bis. La censura è infondata.

L'appellante non può invocare il legittimo affidamento, considerando che in primo grado ha impugnato l’art. 13 del D.M. 2012 e l’allegato 3 al medesimo decreto, «nella parte in cui richiede che la cauzione, da presentarsi ai fini della partecipazione all’asta, sia rilasciata dagli intermediari finanziari iscritti nell’elenco speciale di cui all’art. 107 del d.lgs. 395/1993» (così, testualmente, a pagina 2 del ricorso di primo grado) e ritenuto «illegittimi l’art 13, comma 3, del decreto e l’allegato 3 al medesimo nella parte in cui prevedono che sia allegata in sede di procedura una cauzione provvisoria predisposta, quanto alle condizioni, secondo le modalità indicate nel paragrafo relativo alla documentazione da trasmettere dopo la comunicazione di esito positivo dell’asta […] da intermediari finanziari iscritti nell’elenco speciale di cui all’art. 107 del [TUB]» (pagina 12 del ricorso di primo grado).

Quanto allo schema di garanzia provvisoria che doveva essere utilizzato nella procedura, l’Allegato 9 alle Procedure Applicative (i.e. lo schema di garanzia riformulato dal GSE in sostituzione di quello originario) rinvia all’Allegato 3 del D.M. 2012 che imponeva agli operatori di corredare la domanda di partecipazione alla procedura d’asta di una cauzione provvisoria rilasciata nelle modalità indicate nel paragrafo «Documentazione da trasmettere dopo la comunicazione di esito positivo dell’asta» e, quindi, da un intermediario iscritto nell’elenco di cui all’art. 107 del TUB.

L'amministrazione appellata ha altresì evidenziato di avere depositato nel fascicolo di primo grado (doc. 13 fasc. 1°) il nuovo schema di garanzia recante la seguente dizione: «l’art. 13 del D.M. 6 luglio 2012 prevede la costituzione di una garanzia provvisoria per l’iscrizione alla Procedura d’Asta rilasciata da istituti bancari o assicurativi o da intermediari finanziari aventi i requisiti richiamati dall’Allegato 3 del D.M. 6 luglio 2012, di importo determinato nella misura pari al 5% del costo dell’investimento previsto per la realizzazione dell’impianto per il quale si partecipa alla Procedura d’Asta (di seguito, la “Garanzia”)».

Il collegio ritiene pertanto che non potevano sussistere dubbi riguardo la necessaria iscrizione dell'intermediario nell’elenco di cui all’art. 107 del TUB.

Né può essere invocato il soccorso istruttorio disciplinato dalle norme sull'affidamento dei contratti pubblici, trattandosi nel caso di specie di procedura concorsuale per l’assegnazione di incentivi alle imprese.

Nemmeno può essere invocato l'art. 46, comma 1-bis del d.lgs. n. 163/2006, aventi ad oggetto l'individuazione di specifiche cause di esclusione, essendo tale disposizione applicabile esclusivamente nell’ambito di procedure di affidamento di contratti di lavori, di servizi e di forniture.

Nel caso di specie invece le cause di esclusione sono disciplinate dal d. m. del 2012 con cui è stata indetta la procedura.

Così la costituzione e la presentazione di una polizza fideiussoria rilasciata da intermediari iscritti nell’elenco di cui all’art. 107 TUB costituiva un «requisito minimo» per la partecipazione alle procedure disciplinate dagli artt. 12 e ss. del D.M. 2012.

È inconferente il richiamo all'art. 13, co. 4 del D.M. 6 luglio 2012, nella parte in cui dispone che «sono esclusi dalle procedure d’asta i soggetti per i quali ricorre una delle cause di esclusione di cui all’articolo 38 del decreto legislativo n. 163 del 2006», nel senso che sarebbero sanzionati con l’esclusione dalla procedura in questione i soli casi di mancato possesso dei requisiti di cui all’art. 38 del d.lgs. 163/2006.

Il collegio osserva in contrario che l’art. 13, co. 4 del D.M. 2012 non limita l’esclusione dalle procedure d’asta ai soli casi di mancato possesso dei requisiti di cui all’art. 38 del d.lgs. 163/2006.

L’esclusione per l’ipotesi di mancata costituzione e/o presentazione di una polizza fideiussoria rilasciata da intermediari iscritti nell’elenco di cui all’art. 107 TUB era espressamente prevista dalla disciplina applicabile ed è stata correttamente applicata dall'amministrazione appellata.

4. L'appellante lamenta violazione del principio di ragionevolezza, violazione del principio di proporzionalità. Eccesso di potere per illogicità manifesta e contraddittorietà, sviamento dalla causa tipica.

Lamenta in particolare che meritevole di censura è la pronuncia oggetto di gravame in questa sede nella parte in cui rigetta il terzo motivo ricorso sul presupposto che la disparità di trattamento possa essere eccepita solo nelle ipotesi in cui la PA eserciti una discrezionalità amministrativa e non quando il suo comportamento sia vincolato da disposizioni primarie o secondarie.

Contesta l'affermazione secondo cui le garanzie rilasciate da intermediari ex art. 106 e 107 TUB non potrebbero dirsi equivalenti.

4 - bis. La censura è infondata.

Infatti l’esclusione è stata disposta perché la ricorrente, a differenza degli altri operatori, non era in possesso di garanzia sottoscritta da intermediario iscritto nell'albo di cui all'art. 107 del testo unico bancario che, per quanto sopra precisato, era necessaria.

Non vi è stata dunque alcuna discriminazione

5. L'appellante lamenta che la sentenza appellata ha respinto anche i motivi aggiunti di ricorso proposti in primo grado (che avevano ad oggetto l’art. 15 c.2 del bando nella parte in cui esclude l’integrazione documentale, le “Procedure applicative” che escludono il soccorso istruttorio ed i verbali della Commissione di gara) e ritiene che i motivi di appello sopra prospettati condurrebbero a riformare sul punto la sentenza appellata.

La censura è inammissibile perché generica ed è anche infondata perché i motivi di appello sopra prospettati sono infondati.

6. La censura della sentenza appellata per il profilo del rigetto della domanda risarcitoria è infondata perché è infondata la censura della sentenza appellata per il profilo del rigetto dell'azione impugnatoria.

L'appello deve essere in conclusione essere respinto.

La soccombenza comporta la condanna alle spese del solo grado d’appello a favore delle sole Amministrazioni intimate, avendo queste adottato gli atti impugnati in primo grado, nella misura equitativamente determinata, di cui al dispositivo.

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