Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2013-02-11, n. 201300758

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2013-02-11, n. 201300758
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201300758
Data del deposito : 11 febbraio 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00384/2013 REG.RIC.

N. 00758/2013REG.PROV.COLL.

N. 00384/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 384 del 2013, proposto dal:
Ministero dell'Interno, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

contro

M S;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. EMILIA-ROMAGNA - Sez. Staccata di Parma, Sezione I n. 287 del 2012, resa tra le parti, concernente l’accertamento dell'illegittimità del silenzio sulla richiesta di concessione della cittadinanza italiana.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 29 gennaio 2013 il Cons. Dante D'Alessio e udito per le parti l’avvocato dello Stato Vessichelli;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

RITENUTO:

- che l’attuale appellato ha proposto in primo grado un ricorso ai sensi dell’art. 117 c.p.a. per far dichiarare l’illegittimità del silenzio della p.a. e l’obbligo di provvedere sulla sua istanza di concessione della cittadinanza italiana;

- che il T.A.R. ha accolto il ricorso, preliminarmente affermando la propria competenza per territorio;

- che l’Amministrazione dell’Interno propone appello contro detta sentenza, unicamente per il profilo della competenza, affermando che il ricorso doveva essere proposto davanti al T.A.R. del Lazio, sede di Roma, in quanto la concessione della cittadinanza italiana è atto dell’amministrazione centrale dello Stato e produce effetti non territorialmente limitati (cfr. art 13, commi 1 e 3, c.p.a.);

- che il T.A.R., con la sentenza impugnata, ha ritenuto che tale regola deve ritenersi applicabile qualora venga impugnato un provvedimento espresso di diniego, ma non quando venga proposta un’azione contro il silenzio della p.a.;

- che questa Sezione ha già ritenuto, in numerosi recenti decisioni (n. 6648 e segg. del 21 dicembre 2012), non condivisibile tale tesi perché, se è vero che il provvedimento espresso (non importa se di accoglimento o di diniego) è di competenza dell’amministrazione centrale e produce effetti non territorialmente limitati, identiche (per quanto qui interessa) sono le caratteristiche del comportamento omissivo (c.d. silenzio-rifiuto o silenzio-inadempimento);

- che anche dal punto di vista logico sembra inevitabile ritenere che il giudice territorialmente competente a sindacare la legittimità del silenzio e a dichiarare, se del caso, l’obbligo di provvedere, sia lo stesso che è territorialmente competente a sindacare il provvedimento una volta che esso sia stato emanato;

- che non rileva in senso contrario la circostanza che la prima fase istruttoria del procedimento di concessione della cittadinanza italiana si svolga in sede locale (Prefettura), giacché non sempre e non necessariamente il ritardo che dà motivo al ricorso si manifesta in quella fase (ed invero anche in sede centrale si svolgono attività istruttorie di notevole importanza e che possono richiedere un certo tempo, come ad es. le verifiche circa l’inesistenza di gravi ragioni ostative, attinenti agli interessi politici ed alla sicurezza dello Stato) e comunque l’inadempimento è sempre imputabile all’autorità cui spetta emanare l’atto conclusivo, l’unico di rilevanza esterna;

- che, in conclusione, l’appello va accolto, annullandosi la sentenza impugnata e indicandosi come giudice competente il T.A.R. del Lazio, sede di Roma, davanti al quale il giudizio dovrà essere riassunto nei modi e nel termine di cui all’art. 16, comma 2, c.p.a.;

- che la presente decisione assume la forma e la natura della sentenza, in quanto l’indicazione della forma dell’ordinanza, di cui all’art. 15, comma 3, c.p.a., si riferisce all’ipotesi che il Consiglio di Stato decida in sede di regolamento (preventivo) di competenza, ossia mentre il giudizio di primo grado è ancora pendente, mentre in questo caso si è in sede di appello contro una sentenza, che ha definito la controversia nel merito;

- che le spese della presente fase del giudizio possono essere compensate per entrambi i gradi;

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi