Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2019-01-24, n. 201900589

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2019-01-24, n. 201900589
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201900589
Data del deposito : 24 gennaio 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 24/01/2019

N. 00589/2019REG.PROV.COLL.

N. 01470/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1470 del 2018, proposto da
Technital S.p.A, in proprio e nella qualità di capogruppo del costituendo RTI con Verona Infrastrutture Consorzio Stabile -VICS, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati C C e F M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Luigi Manzi in Roma, via F. Confalonieri 5;

contro

Comune di Verona, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati G R C, F S, domiciliato ex lege presso la Segreteria sezionale del Consiglio Di Stato in Roma, piazza Capo di Ferro n. 13;

nei confronti

Zanoni Giorgio, Bortolomasi Chiara, Finworld S.p.A, non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Prima) n. 1045/2017, resa tra le parti


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Verona;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 luglio 2018 il Cons. G G e uditi per le parti gli avvocati Carpani e Caineri;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1.- A seguito di avviso indicativo, pubblicato il 9 aprile 2008, secondo quanto previsto dall'art. 153 del d.lgs. n. 163/2006 nel testo al tempo vigente, pervenivano al Comune di Verona tre proposte di finanza di progetto per la concessione dei lavori per “ il completamento dell'anello

circonvallatorio a nord - Traforo delle Torricelle ”.

Con deliberazione della Giunta comunale n. 152 del 29 maggio 2009 veniva dichiarata di pubblico interesse la proposta presentata dal RTI costituito dalla mandataria Technital S.p.a. e dalle mandanti Girpa S.p.a. e Verona Infrastrutture Consorzio Stabile (VICS), costituito da Mazzi Impresa Generale Costruzioni S.p.A., Parolini Giannantonio S.p.A., Cordioli e C. S.p.A., SO.VE.CO. S.p.A. Il predetto raggruppamento veniva individuato quale promotore e, con la medesima deliberazione, venivano individuate lievi migliorie da far apportare al progetto da parte del promotore stesso.

Dopo ulteriori modifiche ed adeguamenti, la proposta del promotore veniva nuovamente approvata e dichiarata di pubblico interesse dalla Giunta comunale con deliberazione n. 1 del 13 gennaio 2010.

A seguito del sopravvenuto riconoscimento di un contributo pubblico della Società Autostrada Brescia-Padova di € 53.349.091,00, con deliberazione n. 104 del 20 aprile 2011, la Giunta comunale richiedeva l'introduzione di ulteriori integrazioni alla proposta del promotore, cui faceva seguito una nuova approvazione del progetto preliminare con deliberazione della Giunta comunale n. 148 del 7 giugno 2011.

Con propria determinazione n. 3627 del 10 agosto 2011, il RUP indiceva la procedura ristretta, ai sensi dell'art. 155 del d.lgs. n. 163/2006 nel testo in vigore, per l'individuazione, secondo il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, dei soggetti presentatori delle due migliori offerte da invitare alla successiva procedura negoziata con il promotore.

La procedura ristretta andava deserta, per cui, sulla base di quanto previsto nel bando stesso, la concessione poteva essere aggiudicata al promotore solo previa negoziazione di ulteriori migliorie.

Come previsto nei documenti di gara, per essere ammessa alla fase della negoziazione il RTI dimostrava di essere in possesso dei requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnica (requisiti speciali) di cui all'art. 95 D.P.R. 207/2010 avvalendosi delle ausiliarie Impresa di costruzioni Ing. E. Mantovani e Società per le Autostrade Serenissima S.p.a. (già Società Autostrade Venezia Padova). La mandante Girpa S.p.A. (in liquidazione) cedeva poi la propria partecipazione al project financing a favore di Technital S.p.A.;
a seguito di tale modifica il RTI manteneva, comunque, il possesso dei requisiti speciali.

Il RTI dimostrava il possesso dei requisiti di concessionario, previsti dall'art. 95, comma 1, lett. a) e b), D.P.R. 207/2010, nei seguenti termini: 1) fatturato medio relativo alle attività svolte negli ultimi cinque anni per l'importo non inferiore ad € 44.519,900,00 (10% dell'investimento previsto per l'intervento);
2) capitale sociale non inferiore ad € 22.259.950,00 (1/20 dell'investimento previsto per l'intervento).

Per i requisiti di cui alle lettere c) e d) il RTI, non possedendo gli stessi, ricorreva all'avvalimento da parte dell'ausiliaria Autostrade Serenissima S.p.A. (già Società Autostrade Venezia Padova);
in particolare: 1) svolgimento negli ultimi cinque anni di servizi affini a quello dell'intervento per importo medio non inferiore ad € 22.259.950,00 (5% dell'investimento previsto per l'intervento);
2) svolgimento negli ultimi cinque anni di un servizio affine a quello previsto dall'intervento per un importo pari ad almeno € 8.903.980,00 (2% dell'investimento previsto per l'intervento).

Per i lavori VICS si era impegnata ad eseguirli direttamente dimostrando all'uopo il possesso di attestazione SOA e cifra d'affari per le categorie 0G4, 0G1, 0G3, 0S18 e, in parte, per le categorie 0G11 e 0S12;
si doveva, invece, avvalere dell'ausiliaria Impresa di Costruzioni Ing. E. Mantovani per i requisiti per la categoria 0S11 non avendone il possesso.

Per la progettazione Technital S.p.A. dimostrava il possesso dei requisiti necessari per lo svolgimento della progettazione.

Conclusa la fase di negoziazione con la presentazione di ulteriori migliorie, recepite nel PEF e nella bozza di convenzione, con determinazione dirigenziale n. 728 del 21 febbraio 2013 la concessione in project financing veniva aggiudicata provvisoriamente al raggruppamento d'imprese come sopra descritto, il quale provvedeva nel contempo alla trasmissione del PEF asseverato e del

cronoprogramma aggiornato.

Infine, con determinazione dirigenziale n. 978 del 6 marzo 2013, la concessione, il cui valore ammontava ad € 805.194.748,87 oltre IVA, veniva aggiudicata in via definitiva.

L'erogazione del contributo economico di € 53.349.091,00, da parte della Società Autostrada Brescia Padova, rimaneva subordinata alla stipula di una convenzione tra il Comune di Verona e la società autostradale, a sua volta condizionata dalla stipula della convenzione tra la Società Autostrada Brescia Padova e ANAS S.p.A., il cui schema era stato approvato con delibere CIPE n. 94 del 18 novembre 2010 e n. 14 del 5 maggio 2011. Pertanto, ai sensi dell'art. 14 della bozza di convenzione approvata, gli interventi direttamente correlati al predetto contributo, inseriti nel progetto preliminare a seguito della delibera di Giunta n. 104 del 20 aprile 2011, venivano sottoposti a condizione sospensiva pur restando invece i progetti definitivo ed esecutivo redatti tenendo conto di tali interventi.

L'efficacia dell'aggiudicazione sarebbe dovuta intervenire, con apposito provvedimento, al termine dei controlli di cui all'art. 38 del D.Lgs. 163/2006 (controllo dei c.d requisiti generali).

Tuttavia, in un primo periodo, le modifiche intervenute a più riprese nella compagine della mandante Verona Infrastrutture Consorzio Stabile (VICS) determinavano il prolungamento dei tempi delle verifiche.

Successivamente, con nota Prot. VR/6152 del 21/11/2013 il RTI aggiudicatario inoltrava formale proposta al Comune di modificare l'organizzazione temporale dei lavori prima di addivenire alla stipula della convenzione, chiedendo di realizzare l'intervento infrastrutturale in due fasi temporali successive, senza modificare nessuna caratteristica qualitativa/quantitativa dell'opera, bensì variando unicamente le modalità attuative del progetto, al fine di garantirne la sostenibilità economico-finanziaria. In particolare, gli interventi della prima fase sarebbero stati realizzati a partire dall'avvio della concessione (stipula del contratto) e sarebbero consistiti, principalmente, nella realizzazione di una prima carreggiata, con una corsia per senso di marcia, e di un unico fornice bidirezionale per il traforo delle Torricelle. Nella seconda fase, invece, sarebbe stato ampliato il collegamento stradale, realizzando la seconda carreggiata in affiancamento a quella già in esercizio, e sarebbe stato realizzato il secondo fornice in affiancamento al primo già in

esercizio, come da progetto e senza alcuna variante.

Tale modalità esecutiva era imposta - come evidenziato dalla Techinital nella suddetta nota - dalle “ sfavorevoli condizioni dei mercati finanziari che impon [evano] leve finanziarie e tassi incompatibili con i presupposti sui quali era stato costruito il percorso attuativo dell’intervento ”. Tali cause avrebbero reso “di fatto impraticabile l’accesso a finanziamenti rilevanti come quelli previsti nel PEF presentato ”. Oltre a ciò, la Technital rilevava come fosse da riscontrare una “ forte riduzione del traffico sulle reti autostradale e stradale, conseguenza della attuale crisi dell’economia nazionale ”.

Con ulteriore nota Prot. VR/6921 del 24/12/2013 (PG 356085 del 27/12/2013) il RTI comunicava al Comune che il Consiglio direttivo di VICS in data 17/12/2013 aveva deliberato l'ingresso di nuovi consorziati.

L'Amministrazione avviava nuovamente la fase dei controlli sui requisiti generali nei confronti dei nuovi consorziati;
per quanto concerne i requisiti speciali rimaneva in attesa della SOA del VICS.

Nelle more delle ulteriori necessarie verifiche relative ai requisiti, ai fine di valutare la legittimità, alla stregua delle norme del Codice dei contratti, della rimodulazione in fasi separate dell’esecuzione del progetto e della modifica del PEF, con nota in data 8/04/2014 PG 98650, integrata con nota in data 14/10/2014 PG 279076, il Comune di Verona presentava richiesta di parere ad ANAC.

L'Autorità, con parere, Prot. 128486 in data 17/11/2014, assunto al PG 342230 del

9/12/2014, ritenendo non lievi le modifiche proposte, affermava la necessità di procedere con un nuovo esperimento di gara (escludendo il ricorso all'art. 57 Codice appalti) per consentire l'introduzione in procedura della proposta incidente sull’articolazione temporale dell'intervento.

L'Autorità nel proprio parere, tra l’altro, in ordine all’incidenza sulla procedura dei fattori esterni connessi alla crisi economica sopravvenuta, osservava che “[…] sia al momento dell'avviso indicativo nel 2008 sia alla data della procedura ristretta, nel 2011, di una crisi di proporzioni globali erano già noti quantomeno i primi sintomi. E di questi sintomi non si [era] tenuto conto alcuno nella stesura del piano economico pluriennale in cui non [erano] stati affatto contemplati meccanismi volti al riassorbimento di oscillazioni, che, per quanto si è detto, erano da considerarsi tutt'altro che inattese dal mercato ”.

Con nota in data 5/12/2014 PG 340934, nel comunicare il parere dell'Autorità, il RTI veniva invitato a confermare la volontà di sottoscrivere la convenzione e il relativo piano economico-finanziario, risultante a valle della procedura negoziata, conclusasi con la determina di aggiudicazione definitiva n. 978 del 6/03/2013.

Il RTI rispondeva con nota Prot. VR/715 del 13/02/2015, PG 48170 del 13/02/2015, dichiarandosi disponibile a sottoscrivere la convenzione a condizione che venissero individuate, anche tenendo conto delle previsioni di cui all'art. 143, comma 8 bis , del D.Lgs. 163/2006 e s.m.i. (norma sopravvenuta), condizioni contrattuali idonee a garantire il mantenimento delle condizioni di equilibrio economico finanziario del progetto, riservandosi di verificare al momento del closing finanziario le condizioni di bancabilità dello stesso rispetto al tempo trascorso;
in detta nota indicava quindi le modifiche da introdurre in convenzione.

Ritenuto di non poter procedere nel senso indicato dall'aggiudicatario, avendo lo stesso proposto modifiche sostanziali incidenti anche sull’allocazione del rischio economico dell’operazione, con nota del 25/02/2015 (n. 424/2015 del 26/02/2015), la Giunta Comunale dava indirizzo agli uffici amministrativi di richiedere al RTI di presentare una proposta con le modifiche idonee a riportare in condizioni di equilibrio il PEF, al fine di esperire una procedura di gara secondo le indicazioni dell'Autorità.

L'aggiudicatario veniva quindi invitato, con nota in data 13/03/2015, PG 77086, a fornire la necessaria documentazione che individuasse le “ condizioni contrattuali idonee a garantire il mantenimento delle condizioni di equilibrio economico finanziario del progetto ” nel rispetto della normativa relativa al project financing ;
inoltre, considerato che il contributo di 53 milioni di euro da parte della Società Autostrada Brescia Padova non era ancora erogabile, veniva indicato all'aggiudicatario di non tenerne conto, ai sensi del paragrafo 5 - Finanziamento - punto V1.2 del bando di gara 56/2011. Nel contempo il RTI veniva informato che erano in corso approfondimenti in ordine all'avvio del procedimento di escussione della garanzia.

Con nota Prot. VR/1756 del 1/04/2015, PG 96845 del 2/04/2015, il RTI comunicava che avrebbe provveduto “ a rimodulare la proposta allo scopo di consentire la rinnovazione dei segmenti procedimentali ” al fine di “ rimuovere le criticità rappresentate dall'ANAC ”, avvertendo di ritenere “ non sussistere le condizioni per l'escussione della cauzione ” permanendo il ruolo di promotore e “ quindi ferma restando la continuità della procedura ”.

Con successiva nota Prot. VR/2344 del 11/05/2015, PG 136961 dell’11/05/2015, il RTI presentava il piano economico finanziario e la relazione illustrativa, il cronoprogramma, la bozza di convenzione, lo studio del traffico e la corografia generale su fotopiano con individuazione delle fasi realizzative.

In ordine a tali ultime produzioni, nella relazione tecnica del Comune del 17 giugno 2015, richiamata dalla deliberazione di Giunta del 24 giugno 2015 (n. 1321/2017 del 7/07/2015), veniva osservato che “ da una prima analisi, in particolare della bozza di convenzione, appar [iva] evidente il capovolgimento dei rischi propri della concessione dal concessionario al concedente ” e che “ in particolare, con la proposta da ultimo presentata, [aveva] luogo il trasferimento (indiretto, attraverso la modifica tariffaria che riequilibra [va] il piano economico-finanziario) in capo al concedente di tutti i rischi connessi alla realizzazione delle opere, al verificarsi dei volumi di traffico previsti e da ultimo anche dei rischi relativi al mancato assolvimento delle covenants bancarie connesse all’ottenimento del credito ”.

Nella medesima deliberazione del 24 giugno 2015, la Giunta, confermando il proprio interesse all’opera, chiedeva altresì al promotore di introdurre alcune migliorie al progetto, quali: l’utilizzo gratuito del tunnel durante le serate della stagione del Teatro Romano, la possibilità per i mezzi pesanti delle sole ditte della Valpantena e della Valpolicella di poter transitare attraverso il tunnel negli orari non di punta, nonché l’introduzione degli abbonamenti ridotti per i pendolari.

Le rilevanti e sostanziali modifiche introdotte dal Concessionario nella bozza di convenzione, appellandosi all'art. 143, comma 8 bis , del D. Lgs. 163/2006 nel frattempo introdotto, inducevano comunque l'Amministrazione Comunale a presentare nuovamente istanza di parere per la soluzione delle controversie ex art. 6, comma 7, lettera n) del D. Lgs. 163/2006 all'ANAC, con nota in data 27/07/2015 PG 219450.

L’ ANAC, con il parere n. 206 del 25/11/2015, nel rimandare all'Amministrazione gli opportuni accertamenti e valutazioni, individuava due possibili alternative procedurali:

1) “ qualora l'amministrazione pur ritenendo sussistere il permanere dell'interesse pubblico alla realizzazione dell'opera, [avesse accertato] , tuttavia, che le modifiche apportate alla proposta e alle condizioni contrattuali [fossero] tali da incidere significativamente sulla natura dell'opera, alterandola nelle sue caratteristiche essenziali, ovvero che le stesse non garantis [sero] la corretta allocazione dei rischi secondo le prescrizioni normative in materia di concessioni, allora l' iter procedimentale [fino ad allora] percorso [avrebbe dovuto] concludersi e [sarebbe stato] necessario indire una nuova procedura di gara per l'affidamento della concessione in project financing , secondo le regole dell'attuale disciplina di cui all'art. 153 del Codice, [trattandosi] in tal caso di una nuova gara, inevitabilmente distinta da quella del 2008, che necessita [va] di tutte le fasi prescritte dalla normativa vigente ”;

2) “ qualora, invece, in esito alle valutazioni che gli compet [evano], il Comune [avesse ritenuto] sussistente l'interesse pubblico all'opera ed accertare che le modifiche contrattuali proposte dall'amministrazione e dal promotore non alter [assero] in maniera sostanziale la natura dell'opera e le sue caratteristiche intrinseche e non infici [assero] la corretta allocazione dei rischi tra le parti contrattuali, [avrebbe potuto] ritenersi percorribile la soluzione prospettata dall’amministrazione nell’istanza di parere: procedere in autotutela al ritiro dell’aggiudicazione disposta e, successivamente, alla riedizione della seconda fase dell’iter procedimentale, mettendo a gara la proposta del promotore, così come modificata […] fermo restando, in ogni caso, il necessario esito negativo delle verifiche preliminari di competenza del Comune in ordine alla essenzialità delle modifiche sulla natura dell'opera ed all'eventuale capovolgimento del rischio dal concessionario al concedente, [con il che] , in tale ipotesi, la nuova procedura che l'amministrazione intende [va] bandire [...] sembra [va] potersi incardinare nell' iter procedimentale avviato nel 2008, applicando ad essa la normativa all'epoca vigente, anche per quanto concerne [va] la non riconoscibilità del diritto di prelazione al promotore ”.

Analogamente, per quanto riguardava l'eventuale escussione della fidejussione prestata a garanzia della serietà dell'offerta, l’ANAC specificava che “[sarebbe stata] l'amministrazione, prima di procedere all'escussione della cauzione, a dover valutare, sulla base delle circostanze di fatto e di diritto verificatesi ed a lei note, se il fatto che il promotore non [avesse] confermato la possibilità di eseguire l'opera secondo le modalità tecniche e le condizioni contrattuali di cui alla proposta oggetto di aggiudicazione, [dipendesse] da circostanze a lui imputabili in via esclusiva, ovvero se invece il verificarsi delle circostanze impeditive dipend [esse] da eventi sopravvenuti e non prevedibili, pur adottando la diligenza professionale e qualificata di un operatore economico del settore. In tale valutazione l'amministrazione [avrebbe dovuto] distintamente tener conto delle richieste dalla stessa avanzate al promotore tendenti alla modifica della proposta presentata. Infatti, solo nel caso in cui si [fosse accertata] l'imputabilità all'aggiudicatario della mancata stipulazione del contratto, [avrebbe potuto] essere legittimamente escussa la cauzione provvisoria di cui all'articolo 75 ”.

Con nota VR/4703 del 29/12/2016, PG 384489 in data 30/12/2016, perveniva al Comune ulteriore proposta di RTI, ritenuta dal Comune priva dei contenuti minimi definiti dalla normativa per le procedure di project financing (comma 15 art. 183 D. Lgs. 50/2016).

Nel frattempo, dopo varia corrispondenza con RTI finalizzata alla corretta individuazione della compagine, con nota in data 6/09/2016, PG 255599, di accoglimento della proroga richiesta fino al 5/10/2016, veniva richiesto al raggruppamento di rinnovare la documentazione necessaria alla verifica dei requisiti di cui all'art. 80 del D. Lgs. 50/2016 ( ex art. 38 del D. Lgs. 163/2006) al fine di pervenire alla chiara definizione della composizione di RTI.

A seguito di ripetuti solleciti, pervenivano all'Amministrazione le sole dichiarazioni di Technital S.p.A., di Verona Infrastrutture Consorzio Stabile, di Parolini Giannantonio S.p.A., di Segnaletica Modenese S.r.l. e di ITI S.p.A.. La ditta Cordiali e C. S.p.A. risultava essere in liquidazione, mentre, nonostante non fosse pervenuta alcuna segnalazione dal RTI, risultava agli uffici comunali in corso un procedimento fallimentare nei confronti di Vidoni S.p.A.;
nessuna delle ausiliarie (Impresa Mantovani e Autostrade Brescia Padova) riscontrava la richiesta.

La Prefettura, con nota in data 9/1/2017 Doc.U725/2017, PG 5227 in data 10/1/2017, confermava che “ da una verifica in Banca Dati lnfocamere [era] emerso che tra le consorziate facenti parte di Verona Infrastrutture Consorzio Stabile [erano al momento] presenti una società in liquidazione (Cordioli e C. in liquidazione) e due società in stato di fallimento (SO.VE.CO S.p.A. e Vidoni S.P.A.) ”.

Con nota del Comune in data 20/01/2017 PG 19982, si rilevava che: “[allo stato], RTI non defini [va] in maniera chiara ed univoca quali [fossero] i soggetti tuttora coinvolti nella procedura;
in particolare, anche accreditando le ditte che
[avevano] inviato le dichiarazioni e verificando in capo alle stesse se quantomeno il capitale sociale risult [asse] confermato, si perv [eniva] alla conclusione che il raggruppamento non [era] in possesso del requisito di cui alla lett. b);
non avendo avuto riscontro dalla società Autostrade Venezia Padova, non perman
[evano] nemmeno i requisiti di cui alle lett. c) e d);
la verifica triennale dell'attestazione SOA rilasciata a VICS
[era] scaduta il 15 luglio 2016; […] il Consorzio non [aveva] provveduto a stipulare il contratto per la verifica e il mantenimento dei requisiti quale esecutore di ll.pp.;
la documentazione inoltrata da RTI con la già citata nota VR/4703 del 29/12/2016 risulta
[va] essere priva dei contenuti minimi definiti dalla normativa per le procedure di project financing”.

Veniva quindi dato avvio al procedimento di decadenza dell'aggiudicazione definitiva e alla conseguente escussione della cauzione provvisoria, sull’assunto che il RTI concessionario risultasse carente dei requisiti di cui alle lettere b), c) e d) del comma 1, dell'art. 95 del D.P.R. 207/2010;
che la mandante Verona Infrastrutture Consorzio Stabile risultasse priva di attestazione SOA in corso di validità;
che la documentazione trasmessa con nota VR/4703 del 29/12/2016 non presentasse i requisiti minimi previsti dalla legge per poter formare proposta oggetto di valutazione.

Infine, con determina n. 2024 del 07/04/2017, il RUP, a conclusione del procedimento avviato con nota del 20/01/2017, acquisite le controdeduzioni del RTI, con riferimento a quest’ultime motivava in ordine: all’esclusiva imputabilità al Concessionario dei fatti successivi all'aggiudicazione definitiva;
all’inconfigurabilità della revoca tacita dell’aggiudicazione;
all’impossibilità di adottare un provvedimento di efficacia dell’aggiudicazione per carenza di requisiti e su proposta diversa da quella aggiudicata. Il RUP confermava quindi come il RTI risultasse carente dei requisiti di cui alle lettere b), c), d) dell'art. 95 del D.P.R. 207/2010;
la mandante VICS risultasse priva di attestazione SOA in corso di validità;
la documentazione allegata alla nota del RTI del 29/12/2016 non presentasse i requisiti minimi previsti dalla legge per poter formare proposta oggetto di valutazione.

Pertanto il RUP dichiarava la decadenza dell'aggiudicazione definitiva del RTI - costituito dalla Technital S.p.A. mandataria e da VICS mandante - di cui alla determina n. 978 del 6/03/2013 per inefficacia della stessa;
disponendo di procedere all'escussione della cauzione provvisoria prestata, e di dare comunicazione del provvedimento all'Autorità Nazionale Anticorruzione.

Il RTI ricorrente inoltrava al Comune di Verona una istanza di annullamento in autotutela del provvedimento di decadenza, a cui il Comune di Verona dava riscontro negativo con nota del 26 aprile 2017.

2.- Con rituale ricorso dinanzi al TAR per il Veneto, la Techinital, in proprio e quale capogruppo mandataria del RTI con VICS, impugnava il suddetto provvedimento di decadenza e i successivi atti, sulla base di quattro motivi.

Con il primo motivo - muovendo dalla tesi secondo cui gli atti adottati dall’Amministrazione comunale successivamente alla intervenuta aggiudicazione (in particolare le “deliberazioni” della Giunta comunale del 25 febbraio 2015 e del 24 giugno 2015 sulla base delle quali gli uffici amministrativi del Comune di Verona avevano chiesto al RTI ricorrente di presentare una nuova proposta ai fini della reiterazione delle fasi di gara successive alla selezione del promotore), rappresentassero una “revoca tacita” del provvedimento di aggiudicazione

definitiva - deduceva l’illegittimità del provvedimento di decadenza dell’aggiudicazione (adottato sul presupposto che il RTI ricorrente avesse perso i requisiti dell’aggiudicatario).

In particolare, evidenziava che nella fattispecie in questione, una volta revocata (implicitamente) l’aggiudicazione definitiva, si ci si sarebbe trovati nella fase di rideterminazione della proposta del promotore, ai fini dell’esperimento di una nuova fase di gara. Con il che, per poter assumere e conservare il ruolo di promotore, sarebbe stato sufficiente che l’operatore economico fosse in possesso dei requisiti (richiesti al promotore) di cui all’art. 99 del d.P.R. n. 554/1999, applicabile ratione temporis : requisiti esaurentisi nell’avere il promotore concorso professionalmente alla realizzazione di opere pubbliche nel triennio antecedente a quello di pubblicazione dell’avviso preordinato alla propria individuazione (di cui il RTI ricorrente era sicuramente in possesso).

Di qui l’illegittimità della verifica preordinata a valutare la sussistenza in capo al

RTI Technital dei requisiti propri del concessionario previsti dall’art. 95 del D.P.R.

n. 207/2010.

Sotto distinto e concorrente profilo critico, anche le carenze relative agli elaborati da ultimo inoltrati dal RTI non avrebbero potuto assumere alcun rilievo ai fini della pronuncia di decadenza dell’aggiudicazione definitiva, nei fatti ormai asseritamente revocata, posto che la presentazione di una nuova proposta non avrebbe afferito al ruolo di aggiudicatario. Al contrario, la reiterazione in parte qua del procedimento avrebbe potuto semmai abilitare l’Amministrazione comunale ad assumere comportamenti coerenti proprio ed esclusivamente con riferimento alla fase del procedimento caratterizzata dall’acquisizione di una nuova proposta, ai fini dell’esperimento di un’ulteriore procedura concorsuale.

Con ulteriore motivo, lamentava la violazione dell’art. 75 del d.lgs. n. 163/2006, il travisamento dei fatti e l’erroneità della motivazione, con riferimento alla connessa determinazione inerente l’escussione della garanzia provvisoria, in quanto, a suo dire, la stessa non sarebbe stata assistita dal presupposto costituito dall’imputabilità all’aggiudicatario della mancata sottoscrizione del contratto.

Con un terzo motivo, contestava la legittimità della segnalazione della intervenuta decadenza dell’aggiudicazione, inoltrata dal Comune di Verona all’ANAC, ritenendola del tutto ultronea e non assistita da alcun presupposto normativo.

Infine contestava - sotto il profilo del dedotto difetto di motivazione - la legittimità della nota del 26 aprile 2017 di riscontro del Comune di Verona all’istanza di annullamento in autotutela della determinazione impugnata.

Concludeva, quindi, per l’annullamento dei provvedimenti impugnati, l’accertamento dell’arbitrarietà della condotta tenuta dal RUP e la condanna del Comune di Verona alla restituzione dell’importo eventualmente escusso nelle more del giudizio a titolo di garanzia provvisoria, nonché al risarcimento dell’ulteriore danno subito.

3.- Nel rituale contraddittorio delle parti, l’adito Tribunale, con sentenza n. 1045/2017, previa declaratoria di difetto di giurisdizione in relazione alla evocazione in giudizio dei due dirigenti comunali intimati, respingeva integralmente il gravame.

4.- Avverso la ridetta statuizione Technical insorge con l’epigrafato appello, lamentandone l’erroneità ed invocandone l’integrale riforma.

Si è costituito in giudizio il Comune di Verona per argomentare la complessiva infondatezza del gravame.

Alla pubblica udienza del 19 luglio 2018, sulle reiterate conclusioni dei difensori delle parti costituite, la causa veniva riservata per la decisione.

DIRITTO

1.- L’appello è fondato nei sensi e nei limiti delle considerazioni che seguono.

2.- La vicenda procedimentale in esame, articolata giusta la narrativa in fatto che precede, concerne la procedura di project financing indetta dal Comune di Verona per la progettazione, realizzazione e gestione del collegamento stradale per il completamento dell’anello circonvallatorio a nord della città.

All’esito dell’aggiudicazione a favore del RTI appellante, la stessa ha visto, in sintesi, attivare un serrato confronto con l’Amministrazione, preordinato a verificare la sussistenza delle condizioni di equilibrio economico-finanziario del progetto, in considerazione della prospettata incidenza della crisi economica sulla sua concreta fattibilità e delle conseguenti istanze di rimodulazione.

Il Comune si determinava, in forza delle richiamate determinazioni, a rinnovare la fase successiva alla individuazione del promotore dell’iniziativa, sulla base di una ridefinizione del progetto preliminare, del PEF e della primigenia convenzione. Nondimeno – riformulata la proposta – dichiarava (all’uopo valorizzando le indicazioni prospetticamente rinvenienti dal sollecitato ed articolato parere dell’ANAC) la decadenza dall’aggiudicazione definitiva, posto che il RTI aggiudicatario non avrebbe comprovato la sussistenza (e la permanenza) dei requisiti.

A dispetto di successiva e vana interlocuzione (che portava alla formulazione di nuova proposta, accompagnata dal rinnovo della garanzia provvisoria), si addiveniva all’impugnazione della sancita decadenza, che l’appellante contestava sul plurimo assunto: a ) che non fosse vera la rappresentazione dei fatti per cui, dopo l’aggiudicazione, il RTI avesse rifiutato la stipula del contratto, pur mirando alla modifica delle relative condizioni; b ) che neppure fosse esatto il rilievo che la successiva fase di interlocuzione fosse risultata contra legem ; c ) che, per tal via, l’Amministrazione avrebbe – sostanzialmente – operato una revoca tacita della prima aggiudicazione: ciò che giustificava e legittimava, per ciò solo, la nuova interlocuzione (e, insieme, la contestata soprassessoria sulla stipula del contratto); d ) che, in ogni caso, sussistevano i requisiti per la partecipazione alla gara.

In buona sostanza, nel ribadito assunto dell’appellante: a ) la mancata sottoscrizione del contratto non era, di fatto, imputabile al RTI; b ) la prima aggiudicazione sarebbe stata implicitamente revocata (col che non si giustificava la decadenza); c ) i requisiti per l’accesso alla procedura avrebbero potuto, di fatto, essere senz’altro “ricostituiti” nelle forme legalmente prescritte.

3.- Ciò posto, a fronte del difforme avviso espresso dai primi giudici, con il primo motivo di gravame, l’appellante censura la sentenza impugnata, ribadendo il proprio assunto secondo cui gli atti adottati dall’Amministrazione successivamente all’intervenuta aggiudicazione rappresenterebbero “revoca implicita” di tale provvedimento.

Più in dettaglio – sulla reiterata premessa per cui gli atti adottati dall’Amministrazione comunale successivamente alla intervenuta aggiudicazione (in particolare le “deliberazioni” della Giunta comunale del 25 febbraio 2015 e del 24 giugno 2015, sulla base delle quali gli uffici amministrativi del Comune di Verona avevano chiesto di presentare una nuova proposta ai fini della reiterazione delle fasi di gara successive alla selezione del promotore), rappresenterebbero, per l’appunto, implicito ritiro del provvedimento di aggiudicazione definitiva – assume l’illegittimità del provvedimento di decadenza dell’aggiudicazione (adottato sul presupposto che il RTI ricorrente avesse perso i requisiti dell’aggiudicatario), segnatamente evidenziando che – una volta revocata (implicitamente) l’aggiudicazione definitiva – si ci sarebbe trovati nella fase di rideterminazione della proposta del promotore, ai fini dell’esperimento di una nuova fase di gara, nella quale, per poter assumere e conservare il ruolo di promotore, sarebbe stato sufficiente il possesso dei requisiti di cui all’art. 99 del d.P.R. n. 554/1999, applicabile ratione temporis, di fatto posseduti.

Di qui, per un verso, la prospettata illegittimità della verifica preordinata a valutare la sussistenza in capo al RTI Technital dei requisiti propri del concessionario previsti dall’art. 95 del D.P.R. n. 207/2010: di fatto, la (postulata) reiterazione in parte qua del procedimento avrebbe dovuto indurre l’Amministrazione ad assumere comportamenti coerenti proprio ed esclusivamente con riferimento alla fase del procedimento caratterizzata dall’acquisizione di una nuova proposta, ai fini dell’esperimento di un’ulteriore procedura concorsuale.

3.1.- L’assunto non può essere condiviso.

3.2.- Importa premettere, in termini generali e preliminari, che la configurabilità di un provvedimento amministrativo implicito oggetto, nel complessivo quadro delle regole imposte all’azione amministrativa dalla l. n. 241/1990, di dubbi interpretativi.

Invero, secondo un diffuso intendimento, i principi generali (e – segnatamente – l’obbligo di definizione di ogni procedimento con provvedimento “ espresso” ex art. 2 l. cit. e quello di accompagnare ogni determinazione amministrativa da articolato supporto giustificativo ex art. 3) testimonierebbero quanto meno della necessità di superare il tradizionale orientamento (elaborato sulla scorta della teoria negoziale, fondata sul parallelismo tra la formazione della volontà amministrativa in forma procedimentale e quella propria delle manifestazioni di autonomia privata) che ammette manifestazioni di volontà tacite o per comportamento concludente : ciò che, sotto concorrente profilo, troverebbe conferma, per un verso, nella previsione generale di nullità dell’atto amministrativo per difetto di elementi “essenziali”, tra i quali non potrebbe non annoverarsi la forma dichiarativa esplicita (cfr. art. 21 septies l. cit.) e, per altro verso, nella regola che impone, ai fini dell’adozione di misure a contenuto reiettivo, la formalizzazione di apposito e strumentale preavviso, preordinato alla attivazione del contraddittorio, che la decisione è vincolata a prendere in motivata considerazione (art. 10 bis ).

3.3.- Sul punto, vale peraltro ribadire – in conformità ad un orientamento consolidato (cfr. Cons. Stato, sez. V, 19 febbraio 2018, n. 1034;
Id., sez. IV, 24 aprile 2018, n. 2456;
Id., sez. V, 31 marzo 2017, n. 1499;
Id., sez. VI, 27 aprile 2015, n. 2112) – che l’astratta ammissibilità del provvedimento implicito non può essere negata, qualora l'Amministrazione, pur non adottando formalmente la propria determinazione, ne determini univocamente i contenuti sostanziali, o attraverso un contegno conseguente, ovvero determinandosi in una direzione, anche con riferimento a fasi istruttorie coerentemente svolte, a cui non può essere ricondotto altro volere che quello equivalente al contenuto del corrispondente provvedimento formale non adottato: le quante volte, cioè, emerga senza equivoco un collegamento biunivoco tra l'atto adottato o la condotta tenuta e la determinazione che da questi si pretende di ricavare, onde quest’ultima sia l'unica conseguenza possibile della presupposta manifestazione di volontà.

3.4.- Benvero, non osta alla ribadita conclusione:

a ) né l’art. 2 della l. n. 241/1990, il quale – avuto riguardo alla sua complessiva ratio , preordinata a precludere la facoltà di assumere e serbare comportamenti inerti all’esito della attivazione del procedimento – intende solo imporre una definitiva determinazione, ma non ne sancisce le necessarie modalità formali (onde “ espresso ”, nella semantica della disposizione, non deve ritenersi sinonimo di “ esplicito ”);

b ) né l’art. 21 septies , che – nella parte in cui evoca la nullità per l’ipotesi di assunzione in assenza dei requisiti formali – si riferisce esclusivamente, sotto un primo profilo, ai formalismi espressamente previsti dal paradigma normativo di riferimento (arg. etiam ex art. 11 l. cit., quanto agli accordi surrogatori di provvedimento) e, comunque, alle ipotesi in cui la carenza manifestativa incida, radicalmente, sull’insieme delle caratteristiche esteriori necessarie alla qualificazione dell’atto ( forma essenziale ): il che trova conferma non solo nel principio generale, valido anche in diritto amministrativo, della libertà delle forme, ma anche nel (correlativo e) generale canone antiformalistico positivamente scolpito all’art. 21 octies , comma 2, nella sua comprensiva attitudine a dequotare, a fini di invalidazione, i requisiti di “ forma degli atti ”;

c ) né l’art. 3, che – legittimando espressamente la motivazione per relationem – autorizza a prefigurare l’eventualità che il supporto giustificativo di contegni circostanziatamente concludenti risulti da atti amministrativi sottostanti, idonei a prefigurare una (necessaria) relazione di presupposizione;

d ) né l’art. 10 bis , il quale – di là da ogni altro rilievo – è diffusamente interpretato (ancora e di nuovo alla luce dell’art. 21 octies cit.) nel senso che la violazione dell’obbligo formale partecipativo non assume attitudine invalidante, in difetto di prospettica allegazione, ad infringendum , di fatti od elementi idonei ad inficiare le conclusioni assunte con il provvedimento impugnato.

3.5.- Alla luce delle esposte premesse, la problematica del provvedimento amministrativo implicito si riduce, allora, alla prefigurazione delle sue condizioni di ammissibilità (ovvero dei presupposti di fatto idonei alla ricostruzione, in via inferenziale, della volontà tacita dell’amministrazione).

La giurisprudenza elaborata in materia pretende, sul punto (cfr., da ultimo, Cons. Stato, sez. IV, n. 2456/2018 cit.):

a ) che debba pregiudizialmente esistere, a monte, una manifestazione espressa di volontà (affidata ad un atto amministrativo formale o anche ad un comportamento a sua volta concludente), da cui possa desumersi l’atto implicito: e ciò in quanto la rilevanza relazionale dei comportamenti amministrativi deve essere apprezzata, in termini necessariamente contestualizzati, nel complessivo quadro dell’azione amministrativa;

b ) che, per un verso, la manifestazione di volontà a monte provenga da un organo amministrativo competente e nell’esercizio delle sue attribuzioni e, per altro verso, nella stessa sfera di competenza rientri l’atto implicito a valle (non palesandosi, in difetto, lecita la valorizzazione del nesso di presupposizione);

c ) che non sia normativamente imposto il rispetto di una forma solenne, dovendo operare il generale principio di libertà delle forme ( arg. ex art. 21 septies cit.);

d ) che dal comportamento deve desumersi in modo non equivoco la volontà provvedimentale, dovendo esistere un collegamento esclusivo e bilaterale tra atto implicito e atto presupponente, nel senso che l’atto implicito deve essere l’unica conseguenza possibile di quello espresso (non potendo attivarsi, in difetto, il meccanismo inferenziale di necessaria implicazione);

e ) che, in ogni caso, emergano e factis (avuto riguardo al concreto andamento dell’ iter procedimentale e alle effettiva acquisizioni istruttorie: cfr. Cons. Stato, sez. V, n. 1034/2018 cit.) gli elementi necessari alla ricostruzione del potere esercitato.

3.6.- È, allora, alla luce dei riassunti principi che deve vagliarsi, avuto riguardo al contestato apprezzamento operato dal primo giudice, non tanto la astratta ammissibilità di una revoca tacita (nella specie, riferita alla primigenia aggiudicazione), ma la sua concreta prefigurazione e ricorrenza.

Sul punto, va confermata l’assenza dei necessari presupposti. Segnatamente: a ) manca il requisito della medesima competenza nell’autorità amministrativa emanante l’atto implicito e l’atto presupponente: l’appellante fa, invero, mostra di individuare gli atti incompatibili con l’aggiudicazione nelle “decisioni” (concretanti, in realtà, mere manifestazioni di indirizzo) assunte dalla Giunta Comunale, laddove gli atti presupposti rimontano a determinazioni dirigenziali; b ) non emergono, in concreto, gli elementi idonei a prefigurare (alla luce dell’art. 21 quinquies l. n. 241/1990) il concreto ed implicito intendimento rimotivo, nella prospettiva dell’esercizio di poteri di autotutela; c ) non sussistono elementi idonei ad individuare in modo univoco i contenuti del “nuovo atto”.

Merita, con ciò, di essere confermato il corretto apprezzamento del primo giudice, laddove ha ritenuto che l’Amministrazione, nello snodo fondamentale del procedimento – lungi dall’assumere hic et nunc la decisione di ritirare l’aggiudicazione definitiva, al fine di ripetere la seconda fase dell’ iter procedimentale, mettendo a gara una diversa proposta del promotore, trattandosi di una valutazione in quel frangente intempestiva – per non addivenire ex abrupto alla risoluzione di ogni legame con l’aggiudicatario (in ragione della non accettabilità delle ultime condizioni da quest’ultimo poste) e alla conseguente escussione della polizza, ebbe solo a prospettare al RTI, come ipotesi alternativa, la possibilità di presentare, appunto, una proposta rimodulata, da mettere a gara al fine della riedizione di parte dell’ iter procedimentale per l’affidamento della concessione in project financing .

Per tal via, solo qualora tale proposta fosse stata presentata e fosse stata valutata positivamente dall’Amministrazione in ordine ai profili critici della non essenzialità delle modifiche (che altrimenti avrebbero richiesto la riedizione della procedura dal principio) e della corretta assunzione del rischio imprenditoriale da parte del concessionario, l’Amministrazione avrebbe disposto la rinnovazione di tale segmento della procedura, imprimendo, solo in tale momento, alla propria attività una inequivoca direzione, incompatibile con l’esistenza del provvedimento di aggiudicazione definitiva, che anche se non espressamente revocato, sarebbe stato da considerarsi implicitamente superato.

Tuttavia, non avendo, per l’appunto, la ricorrente presentato nei termini assegnati un progetto valutabile dall’Amministrazione, per le ragioni indicate dal R.U.P. nel provvedimento del 7 aprile 2017, e non oggetto di specifiche contestazioni (in concreto: mancanza di un PEF asseverato;
mancata allegazione di una bozza di convenzione;
mancato coinvolgimento dell’istituto bancario finanziatore), la possibilità alternativa concessa al R.T.I. doveva ritenersi definitivamente sfumata, per cui l’Amministrazione non poteva far altro che riprendere il procedimento di gara da dove si era arrestato e, dunque, verificato il mancato possesso dei requisiti del concessionario (di cui all’art. 95 D.P.R. 2017/2010) in capo al R.T.I. – per le ragioni esposte nel provvedimento del R.U.P. – doveva necessariamente dichiarare la decadenza dell’aggiudicazione definitiva.

In diverso senso, non appare plausibile il tentativo di valorizzare, nei pretesi termini di un implicito actus contrarius , le determinazioni assunte dal RUP in sede procedimentale. E ciò sen non altro perché, in fatto, a fronte della richiesta in data 21.11.2013, con la quale il RTI – appena 8 mesi dopo l’aggiudicazione – aveva richiesto di realizzare l’intervento in due fasi temporali successive, il Dirigente si era limitato a rispondere che “ per una corretta valutazione tecnico-giuridico-amministrativa-economica-finanziaria della modifica proposta, la richiesta [avrebbe dovuto essere] adeguatamente motivata e dimostrata attraverso dati e analisi oggettive e documentali ”. Il tenore di siffatto riscontro smentisce, obiettivamente, l’assunto in ordine alla asserita titolarità dell’impulso all’adeguamento della proposta, attribuita al Comune: nessuna iniziativa, risulta, invero, aver assunto l’Amministrazione, che ha unicamente seguito mere ipotesi del R.T.I., richiedendo due pareri ad A.N.A.C..

Né appare persuasivo l’assunto secondo cui – successivamente al primo parere A.N.A.C., in data 17.11.2014 – l’Amministrazione avrebbe deciso di propriamente “rinnovare” il segmento procedimentale preordinato all’individuazione del concessionario (ciò che testimonierebbe, appunto, dell’implicito intento rimotivo della primigenia aggiudicazione). Invero, con nota in data 5.12.2014 il dirigente, nel comunicare il parere dell’Autorità, invitava formalmente R.T.I. a confermare la volontà di sottoscrivere la convenzione ed il relativo piano economico-finanziario, risultante a valle della procedura negoziata, conclusasi con la determinazione di aggiudicazione definitiva n. 978 del 6/3/2013.

Anche la relazione – interna – degli Uffici datata 25.2.2015 alla Giunta Comunale non assume il significato attribuito da parte appellante: i Dirigenti – dopo articolate premesse – rilevavano semplicemente che “ le condizioni imposte dall’A.T.I. per la sottoscrizione della convenzione [fossero] inaccettabili per la Stazione Appaltante in quanto costitui [vano] varianti sostanziali alle condizioni poste a base di gara ”.

E, infine, come chiarito, la valutazione espressa dalla Giunta Comunale nella seduta del 24 giugno 2015 può assumere la pretesa valenza decisoria, trattandosi di mero atto di indirizzo, privo di consistenza provvedimentale.

3.6.- Le considerazioni che precedono vanno solo integrate dal rilievo che la carenza dei requisiti per l’aggiudicazione, nei termini della originaria formulazione, del contratto risulta confermata per tabulas , relativamente al conclamato difetto dei presupposti di bancabilità dell’operazione, discendendone – anche sotto il profilo in questione – l’infondatezza delle articolate doglianze.

4.- Con il secondo motivo d’impugnazione l’appellante censura il capo della sentenza relativo all’escussione della cauzione provvisoria per violazione dell’art. 75 D. Lgs. 163/2006: la perdita dei requisiti, causa della decadenza dell’aggiudicazione, non sarebbe imputabile a R.T.I. Technital. Più in particolare, la crisi economica e finanziaria, che ha notoriamente colpito l’Italia a partire dal 2011, non poteva ritenersi prevedibile da un operatore professionale nella sua intensità e durata: non sarebbero state disponibili reali alternative per sopperire alla drammatica contrazione del credito bancario, specie per interventi della complessità e del rischio tipici del project financing .

Per giunta, sotto distinto e concorrente profilo critico, la perdita dei requisiti non avrebbe potuto essere imputata al RTI, essendo, in tesi, del tutto plausibile che, nell’arco temporale considerato, potessero verificarsi eventi suscettibili di incidere sulla capacità degli operatori economici.

In sostanza, la mancata sottoscrizione del contratto non sarebbe stata imputabile a fatto – doloso o colposo – dell’aggiudicatario, che avrebbe tenuto una condotta non inosservante del dovere di diligenza.

4.1.- Il motivo è fondato.

Importa premettere, in termini generali, che, per consolidato intendimento, nelle procedure evidenziali l'incameramento della cauzione costituisce misura a carattere latamente sanzionatorio, conseguenza ex lege dell’esclusione per riscontrato difetto dei requisiti da dichiarare ai sensi dell'art. 38 d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, senza che sia necessaria la prova di colpa nella formazione delle dichiarazioni presentate (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 19 novembre 2015, n. 5280;
Id., 9 giugno 2015, n. 2829;
Id., sez. V, 10 settembre 2012, n. 4778).

L'escussione costituisce dunque conseguenza automatica della violazione dell'obbligo di diligenza gravante sull'offerente, considerato anche che gli operatori economici, con la domanda di partecipazione, impegnano ad osservare le regole della procedura delle quali hanno piena contezza.

Si tratta, come tale, di una misura autonoma e ulteriore rispetto all’esclusione dalla gara ed alla segnalazione all'Autorità di vigilanza, che si riferisce, mediante l'anticipata liquidazione dei danni subiti dall'Amministrazione, a un distinto per quanto connesso rapporto giuridico fra quest'ultima e l'imprenditore (tanto che si ammette l'impugnabilità della sola escussione se ritenuta realmente ed esclusivamente lesiva dell'interesse dell'impresa).

In definitiva, l’incameramento della cauzione provvisoria è una misura di carattere strettamente patrimoniale, senza un carattere sanzionatorio amministrativo nel senso proprio: non ha, infatti, né carattere reintegrativo o ripristinatorio di un ordine violato, né di punizione per un illecito amministrativo previsto a tutela di un interesse generale. Essa ha il suo titolo e la sua causa nella violazione di regole e doveri contrattuali già espressamente accettati negli stretti confronti dell’amministrazione appaltante. La lata funzione sanzionatoria che sopra si è detta, dunque, inerisce al solo rapporto che si è costituito inter partes con l’amministrazione appaltante per effetto della domanda di partecipazione alla gara: si riferisce perciò all’interesse pubblico della stazione appaltante e non all’interesse generale.

Nondimeno, la formula linguistica che nell’art. 75 del Codice dei contratti previgente evoca, quale suo presupposto, il “fatto dell’affidatario” (che, con modifica da riguardarsi come non sostanziale, l’art. 93 del vigente d. lgs. n. 50/2016, puntualizza dover essere ad esso “ riconducibile ”), va acquisita (cfr., ex multis , Cons. Stato, sez. V, 13 giugno 2016, n. 2531) nei sensi della necessaria “ imputazione ” all’affidatario inadempiente: il che si desume dalla ratio della previsione, preordinata alla garanzia della complessiva serietà (oltre che solidità e conformità ) dell’offerta.

Così inteso, il criterio di imputazione opera non solo in termini obiettivi (cioè a dire di imputabilità causale ), ma – più intensamente – in termini subiettivi , che postulano la violazione dei canoni di buona fede, di correttezza e di diligenza che gravano sulle imprese che, con la necessaria serietà ed affidabilità, concorrano all’aggiudicazione di commesse pubbliche.

Occorre, per tal via, che il rifiuto di stipulare il contratto non solo rimonti a circostanze di fatto riconducibili alla sfera dell’impresa, ma sia complessivamente “rimproverabile”, in quanto la vanificazione della procedura sia dipesa dalla apprezzabile scorrettezza e dalla conseguente inaffidabilità della stessa.

4.2.- Ciò posto, nel caso di specie, le valutazioni operate dalla stazione appaltante (peraltro all’esito di apposita sollecitazione rinveniente dal parere reso dall’ANAC) e validate dal primo giudice fanno complessivamente leva sulla (obiettiva e, in effetti, non negabile) riconducibilità a scelte organizzative elaborate (o subite) in itinere da parte appellante (riguardate nella loro complessiva attitudine – in quanto incidenti sul possesso dei requisiti alla utile partecipazione alla procedura – a fondare il rifiuto di stipulare il contratto, una volta aggiudicato);
trascurano, peraltro, di apprezzare idoneamente l’imputabilità delle ridette circostanze, alla luce degli elementi indiziari e prospetticamente giustificativi all’uopo forniti, dai quali avrebbe dovuto desumersi (in considerazione della particolarità della vicenda, preordinata alla strutturazione di un complessa ipotesi di finanza di progetto) la concreta incidenza, sui profili di bancabilità, degli effetti della notoria crisi economica della prima decade degli anni 2000 (che il primo giudice ha, in concreto, ritenuto insuscettibili di incidere, per la loro non imprevedibilità, sulle scelte finanziarie di un imprenditore di idonea dimensione organizzativa e adeguatamente informato).

Osserva il Collegio che, in realtà, la stessa disponibilità concretamente manifestata dall’Amministrazione ad attivare una interlocuzione finalizzata a tenere in adeguata considerazione le possibilità di rimodulazione dell’offerta vale a testimoniare, a tacer d’altro, della consapevolezza, da parte di quest’ultima, dei presupposti per una prospettica modifica delle relative condizioni economiche, una volta allegata la emergente difficoltà di finanziare l’originaria proposta progettuale.

Peraltro, appare apodittico – in difetto di ulteriore e più concreto apprezzamento – l’assunto secondo cui la “situazione di incertezza economica e finanziaria del Paese” e la “conseguente indisponibilità da parte degli istituti di credito ad assumere impegni finanziari a lungo termine” rappresenterebbero di per sé circostanze inidonee ad assurgere al rango di eventi eventi straordinari ed imprevedibili, la cui verificazione non fosse contemplabile da parte di un operatore professionale mediamente avveduto.

In definitiva, l’apprezzamento della “ diligenza professionale e qualificata di un operatore economico del settore ” (sollecitata anche dal parere reso dall’ANAC) avrebbe dovuto essere effettuato alla luce delle effettive circostanze concrete, della consistenza dell’originario progetto, dell’effetto impatto del mutamento generale (sopravvenuto a distanza di tempo) del quadro economico. In difetto di che, l’automatico incameramento della cauzione provvisoria deve, in definitiva, ritenersi non congruamente motivato.

5.- Con ulteriore motivo di gravame, l’appellante censura la sentenza impugnata con riferimento alla segnalazione inoltrata ad ANAC dal Comune di Verona in data 27.4.2017 del provvedimento di decadenza dall’aggiudicazione, confermando il proprio interesse all’annullamento sull’assunto che l’informativa de qua contemplerebbe una rappresentazione dei fatti carente.

5.1.- Il motivo è infondato.

Come correttamente rilevato dal primo giudice, la trasmissione all’Ufficio Precontenzioso di ANAC aveva il solo scopo di rispondere istituzionalmente all’invito espresso dalla stessa Autorità – contenuto nella nota di trasmissione del pregresso parere – di voler far conoscere i provvedimenti assunti a seguito di tale pronuncia.

Il R.U.P. ha inviato – unitamente alla nota – la determinazione adottata, poi

Impugnata: non viene, pertanto, ravvisato alcun interesse all’annullamento della nota di trasmissione, che non costituisce atto provvedimentale impugnabile (tanto che la relativa ragione di doglianza è stata correttamente riguardata quale inammissibile).

6.- Con ulteriore motivo, l’appellante il ricorrente impugna la sentenza di primo grado nella parte relativa alla nota del R.U.P. datata 26.4.2017 di riscontro all’istanza di autotutela: sulla premessa della condivisa inesistenza di un obbligo per l’Amministrazione di pronunciarsi, ribadisce la asserita necessità che il riscontro – ove sussistente – avrebbe, peraltro, dovuto essere congruamente motivato.

6.1.- La doglianza non persuade.

La nota in questione non aveva, invero, come tale, valenza provvedimentale, in quanto volta espressamente “ al fine di ricostruire correttamente i fatti ”, quali risultanti “ per tabulas ” da tutta la documentazione: non trattandosi di determinazione volitiva (intesa al rifiuto di autotutela), non appare corretto desumerne l’obbligo di corredarla (di là dalla libera facoltà di contestazione delle circostanze di fatto allegata) di idoneo supporto motivazionale.

7.- Dalle considerazioni che precedono discende la correttezza del capo di sentenza reiettivo della articolata istanza risarcitoria, in ordine alla quale (ivi compreso, secondo vale puntualizzare, il profilo attinente alla riscossione della cauzione, in ordine alla quale – ancorché debba disporsene la restituzione, per le ragioni diffusamente chiarite – non ricorrono i presupposti di responsabilità, alla luce del complessivo comportamento della stazione appaltante).

8.- Per quanto precede, l’appello va accolto, limitatamente alla misura di riscossione della garanzia.

Appare giustificata, alla luce degli esiti della controversia, l’integrale compensazione delle spese di lite tra le parti costituite.

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