Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2019-10-22, n. 201907192

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2019-10-22, n. 201907192
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201907192
Data del deposito : 22 ottobre 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 22/10/2019

N. 07192/2019REG.PROV.COLL.

N. 02985/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2985 del 2015, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati R A, G P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dell’Interno, U.T.G. - Prefettura di Caserta, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi 12;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (Sezione Prima) n. -OMISSIS-.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero intimato in cui si incardina, quale organo periferico, l’U.T.G. - Prefettura di Caserta;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 ottobre 2019 il Cons. Umberto Maiello e uditi per le parti l’avvocato Michela De Benedetto su delega dichiarata dell’avv. G P e l'avvocato dello Stato Angelo Vitale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con il ricorso di primo grado, il ricorrente -OMISSIS-, socio lavoratore della Cooperativa -OMISSIS-, ha chiesto l’annullamento del provvedimento della Prefettura di Caserta - Ufficio Territoriale del Governo prot. -OMISSIS- del 18 novembre 2013, reso nei confronti del rag. -OMISSIS-, quale legale rappresentante dell’Istituto di Vigilanza -OMISSIS-, con sede in Caserta, -OMISSIS-, ed avente ad oggetto “Autorizzazione ex art. 134 del TULPS n. -OMISSIS- del 13.11.2013”.

1.1. Segnatamente nella suddetta nota la Prefettura di Caserta aveva rappresentato che nella nuova autorizzazione, rilasciata ai sensi del D.M. n. 269/2010, non era stato inserito il nominativo di esso ricorrente quale direttore tecnico atteso che, “alla luce degli specifici procedimenti penali pendenti a suo carico, per reati presumibilmente commessi nella sua qualità di titolare della licenza in questione, non è in possesso dei prescritti requisiti soggettivi, cosi come ritenuto anche dal Gruppo di Lavoro, appositamente istituito da questa Prefettura e formato dai rappresentanti degli Enti interessati competenti in materia.”;
alla luce di quanto sopra, aveva chiesto “di voler comunicare se il sig. -OMISSIS- risulti ancora rivestire la qualifica in questione;” in caso positivo, aveva invitato lo stesso rag. -OMISSIS-, quale legale rappresentante dell’Istituto di Vigilanza “a voler procedere a revocare, nei confronti del predetto, il suddetto incarico”.

1.2. Ne conseguiva la revoca dell’incarico di Direttore Tecnico da parte del Consiglio di Amministrazione della Cooperativa - Istituto di Vigilanza -OMISSIS-, disposta nella seduta del 22 novembre 2013.

1.3. Da qui la spiegata impugnazione avverso la suindicata nota prefettizia corredata anche da richiesta di condanna dell’Amministrazione intimata al risarcimento danni.

2. il Tribunale amministrativo regionale per la Campania, dopo aver disposto incombenti istruttori con ordinanza n. -OMISSIS- a carico della U.T.G. Prefettura di Caserta e dell’Istituto privato Società cooperativa di vigilanza a responsabilità limitata -OMISSIS-, ha accolto con ordinanza n. -OMISSIS- la domanda di sospensione dell’efficacia del provvedimento impugnato, presentata in via incidentale dal ricorrente, al solo fine di consentirne all’Amministrazione il riesame delle determinazioni adottate.

2.1. Di poi, con la successiva sentenza n.-OMISSIS-, depositata il 2 settembre 2014, e qui fatta oggetto di gravame, il giudice di prime cure, dopo aver osservato come l’Amministrazione resistente non avesse provveduto al riesame, ha accolto la domanda impugnatoria rilevando, anzitutto, che l’Amministrazione resistente avrebbe dovuto comunicare l’avvio del procedimento nei confronti del ricorrente onde consentirgli di partecipare al procedimento stesso, incidendo il relativo provvedimento conclusivo, oggetto di impugnazione, direttamente nella sua sfera giuridica.

2.2. Inoltre, il giudice ha, altresì, censurato la motivazione generica, insufficiente ed ipotetica, del provvedimento in questione essendosi l’Autorità procedente limitata a rappresentare che “alla luce degli specifici procedimenti penali pendenti a suo carico, per reati presumibilmente commessi nella sua qualità di titolare della licenza in questione”, il ricorrente non fosse in possesso dei prescritti requisiti soggettivi. La Prefettura, inoltre, pur non avendo provveduto all’adozione di un nuovo provvedimento, nella relazione prodotta in giudizio in ottemperanza agli incombenti istruttori sollecitati, avrebbe inopinatamente confezionato un giudizio di sostanziale inaffidabilità a carico del ricorrente mai esplicitato in precedenza con un’integrazione postuma del provvedimento non consentita.

3. Con la medesima sentenza, il giudice di primo grado ha tuttavia respinto la domanda di risarcimento rilevando come la statuizione di accoglimento riposasse su ragioni prettamente formali, nulla potendo evincersi riguardo alla fondatezza della pretesa fatta valere dall'interessato ed al nesso di causalità tra il danno e la condotta dell'amministrazione.

4. Vale soggiungere, in punto di fatto, che, a seguito del giudizio di primo grado, la Prefettura di Caserta ha riconsiderato la posizione del ricorrente, comunicando che, ad esito della ulteriore istruttoria espletata, alla data del 16 ottobre 2014, non sussistessero ulteriori ragioni ostative allo svolgimento dell’incarico di direttore tecnico e delle funzioni di guardia particolare giurata per conto dell’Istituto di vigilanza privata -OMISSIS-.

4.1. All’esito di tale riscontro, l’Istituto di vigilanza ha reintegrato l’odierno appellante nei propri ruoli, ancorchè con incarico diverso.

5. Con il mezzo qui in rilievo, l’appellante, oltre a dolersi della compensazione delle spese disposta dal Tar a cagione della reciproca soccombenza, ha inteso riproporre la domanda risarcitoria, a suo dire, illegittimamente respinta, articolando all’uopo un unico motivo di gravame affidato agli argomenti di seguito sintetizzati:

a) se risponde a criteri di ragionevolezza negare il risarcimento del danno laddove l’oggetto del contendere è limitato a contestare all’Amministrazione la regolarità formale dell’atto, non altrettanto può dirsi quando questo, indipendentemente dalla sua regolarità formale o meno, abbia negativamente inciso nella sfera giuridica del destinatario ledendo la dignità della persona e il suo diritto al lavoro;

b) nel caso in esame l’adozione del provvedimento illegittimo poi annullato integrerebbe tutti gli elementi costitutivi dell’illecito, anche sotto il profilo dell’elemento soggettivo, non conseguendo ad un errore scusabile.

5.1. Resiste in giudizio l’Amministrazione intimata.

5.2. In vista dell’udienza di trattazione del ricorso l’appellante ha depositato memoria con cui ha insistito per l’accoglimento delle conclusioni già rassegnate. All’udienza del 10.10.2019 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

6. L’appello è parzialmente fondato e, pertanto, va accolto nei limiti di quanto di seguito indicato.

6.1. Occorre da subito evidenziare, in linea con le più recenti acquisizioni giurisprudenziali in materia, che il risarcimento del danno non è una conseguenza diretta e costante dell'annullamento giurisdizionale di un atto amministrativo, in quanto richiede la positiva verifica, oltre che della lesione della situazione giuridica soggettiva di interesse tutelata dall'ordinamento, anche del nesso causale tra l'illecito e il danno subito, nonché della sussistenza della colpa dell'amministrazione.

Anzitutto, va qui ribadito che la possibilità di pervenire al risarcimento del danno da lesione dell'interesse legittimo può concretarsi solo se l'attività illegittima della pubblica amministrazione abbia determinato la lesione del bene della vita al quale l'interesse legittimo effettivamente si collega, e che risulta meritevole di protezione alla stregua dell'ordinamento (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 14 gennaio 2019, n. 137).

6.2. Nel caso qui in rilievo è pur vero, come già sopra evidenziato, che l’annullamento dell’atto è dipeso da ragioni prettamente formali.

In siffatte evenienze, la giurisprudenza amministrativa ha ripetutamente affermato che l’annullamento giurisdizionale del provvedimento amministrativo per vizi formali (tra i quali si può annoverare non solo il difetto di motivazione, ma anche e soprattutto i vizi del procedimento), non reca di per sé alcun accertamento in ordine alla spettanza del bene della vita coinvolto dal provvedimento caducato ope iudicis e non può pertanto costituire il presupposto per l’accoglimento della domanda di risarcimento del danno (cfr. da ultimo Cons. St., sez. V, 23 marzo 2018 n. 1859 ma anche la giurisprudenza ivi richiamata Cons. Stato, Ad. plen., 3 dicembre 2008, n. 13;
III, 23 gennaio 2015, n. 302;
IV, 8 febbraio 2018, n. 827, 4 luglio 2017, n. 3255, 6 febbraio 2017, n. 489;
V, 27 novembre 2017, n. 5546, 17 luglio 2017, n. 3505, 6 marzo 2017, n. 1037, 15 novembre 2016, n. 4718, 23 agosto 2016, n. 3674, 10 febbraio 2015, n. 675, 14 ottobre 2014, n. 5115;
VI, 30 novembre 2016, n. 5042).

6.3. Occorre, però, al contempo soggiungere che nel caso di procedimenti amministrativi coinvolgenti interessi di tipo oppositivo, la lesione dell'interesse implica ex se la lesione del bene della vita preesistente al provvedimento affetto da vizi di illegittimità, sicché l'accertamento della circostanza che la P.A. ha agito non iure di per se stesso implica, almeno in via ordinaria, la consolidazione di un danno ingiusto nella sfera giuridica del privato. Viene cioè in rilievo una ipotesi tipica di "danno da disturbo", che, quale lesione di un interesse legittimo di tipo oppositivo, consiste nell'illegittima compressione delle facoltà di cui il privato cittadino era già titolare (cfr. Consiglio di Stato sez. V, 30/06/2009, n.4237;
Cons Stato, sez. VI, 12 marzo 2004, n. 1261).

6.4. Nel caso qui in rilievo non può essere revocato in dubbio l’impatto pregiudizievole che la nota prefettizia gravata ha generato nella sfera giuridica del ricorrente, costituendo la ragione assorbente della revoca dell’incarico di direttore tecnico di cui al tempo egli godeva.

7. Né risulta acquisita agli atti la prova che l’interesse alla conservazione del suddetto incarico, in disparte i profili di illegittimità formale dell’atto, non fosse meritevole di tutela e, dunque, tutelato dall’ordinamento.

7.1. Ed, invero, le uniche ragioni ostative opposte dall’Autorità procedente, all’epoca di adozione della nota gravata, si esaurivano nella mera pendenza di due procedimenti penali per violazioni fiscali, elevati con inaccettabile pretesa di automaticità, ed in assenza di qualsivoglia vaglio critico che approfondisse le implicazioni rinvenienti dalle contestazioni elevate in sede penale, a fattore giustificativo della pretesa inaffidabilità dell’appellante allo svolgimento della specifica attività di direttore tecnico svolta all’interno dell’Istituto di Vigilanza.

7.2. E ciò vieppiù in considerazione del fatto che il D.M. n. 269/2010 ed, in genere, la disciplina di settore non annovera le suddette evenienze tra le specifiche cause ostative che si frappongono all’esercizio della suddetta attività rivelandosi, dunque, essenziale la mediazione costitutiva di una ponderata valutazione dell’Amministrazione che desse contezza attraverso un’approfondita analisi di tutte le circostanze del caso concreto delle ragioni, obiettivamente apprezzabili, che imponevano la cessazione dell’incarico in questione per effetto della negativa ricaduta delle suindicate pendenze sull'attuale attitudine ed affidabilità del -OMISSIS- ad esercitare le specifiche funzioni di direttore tecnico.

7.3. Tale contributo non è rinvenibile nella nota impugnata in prime cure né nei relativi atti istruttori (il verbale del gruppo di lavoro) né, infine, dalle argomentazioni difensive spese dall’Amministrazione in primo grado che, pur riferendo ad ulteriori circostanze acquisite e valutate nel corso del successivo procedimento di riesame, ha, comunque, favorevolmente riconsiderato la posizione del ricorrente, comunicando, all’esito della ulteriore istruttoria espletata, che, alla data del 16 ottobre 2014, non sussistevano ulteriori ragioni ostative allo svolgimento dell’incarico di direttore tecnico e delle funzioni di guardia particolare giurata per conto dell’Istituto di vigilanza privata -OMISSIS-.

7.4. Va, dunque, ribadita da, un lato, la portata lesiva dell’atto illegittimo annullato in prime cure e la mancanza di conferenti elementi di prova che consentano di ritenere che, pur in presenza di un comportamento non iure dell’Amministrazione, la pretesa dell’appellante alla conservazione dell’incarico di direttore tecnico non fosse meritevole di tutela da parte dell’ordinamento.

8. In siffatte evenienze, la riscontrata illegittimità dell'atto rappresenta, nella normalità dei casi, l'indice della colpa dell'amministrazione, indice tanto più grave, preciso e concordante quanto più intensa e non spiegata sia l'illegittimità in cui l'apparato amministrativo sia incorso. In tale eventualità spetta all'amministrazione fornire elementi istruttori o anche meramente assertori volti a dimostrare l'assenza di colpa. Si afferma cioè che la riscontrata illegittimità dell'atto rappresenta, nella normalità dei casi, un elemento idoneo a presumere la colpa della P.A, spettando poi a quest'ultima l'onere di provare il contrario (Consiglio di Stato sez. V, 30/06/2009, n.4237;
Consiglio di Stato, sez. IV, 6 aprile 2016, n. 1356).

8.1. La colpa della pubblica amministrazione va, invero, individuata nella violazione dei canoni di imparzialità, correttezza e buona amministrazione, ovvero in negligenza, omissioni o errori interpretativi di norme, ritenuti non scusabili (cfr. Cons. Stato, sez. III, Consiglio di Stato, sez. III, 15/05/2018, n. 2882;
30/07/2013, n. 4020). Pertanto, la responsabilità deve essere negata quando l'indagine conduce al riconoscimento dell'errore scusabile per la sussistenza di contrasti giudiziari, per l'incertezza del quadro normativo di riferimento o per la complessità della situazione di fatto (cfr., ex plurimis, Cons. Stato, Sez. IV, 7 gennaio 2013, n. 23;
Sez. V, 31 luglio 2012, n. 4337).

Orbene, anche nella detta prospettiva è di tutta evidenza la superficialità che ha connotato la gestione del procedimento in argomento né risulta provato da parte dell’Amministrazione un errore scusabile che valga ad escludere il requisito della colpa.

9. Del pari, questo collegio ritiene sussistere, nei limiti di seguito evidenziati, il nesso eziologico tra la fattispecie di illecito e i danni cd. conseguenza dallo stesso lamentati.

Segnatamente, quanto al danno patrimoniale, risulta evidente come la revoca dell’incarico costituisca conseguenza diretta della cogente prescrizione imposta dalla Prefettura di Caserta, senza la quale il sig. -OMISSIS- avrebbe continuato a svolgere la propria attività di direttore tecnico.

Ha, dunque, fondamento la pretesa qui azionata dal -OMISSIS- al risarcimento del danno patrimoniale dato dalla mancata percezione dell’indennità, di importo pari a € 1.075,13, per il periodo dall’1.12.2013 al 2.9.2014, data di deposito della sentenza di primo grado che, disponendo l’annullamento della nota prefettizia, ha fatto venir meno ogni impedimento al ripristino del pregresso incarico. I successivi sviluppi del rapporto tra il -OMISSIS- e la Cooperativa -OMISSIS- restano, di contro, estranei alla res iudicanda siccome non più condizionati, a partire dalla suddetta data, da prescrizioni conformative dell’Autorità di pubblica sicurezza.

Viceversa, non può essere riconosciuta l’ulteriore voce di danno rivendicata e riferita al danno non patrimoniale siccome non supportata da conferenti elementi di prova. Per la giurisprudenza, il danno non patrimoniale, anche nel caso di lesione di diritti inviolabili, non può mai ritenersi in re ipsa , ma va debitamente allegato e provato da chi lo invoca, anche attraverso il ricorso a presunzioni semplici (Cons. Stato, III, 3 novembre 2016, n. 4615;
Cass. civ., Sez. lav., 14 maggio 2012, n. 7471).

Alla luce di tali considerazioni, in applicazione dell’art. 34, comma 4, c.p.a. vengono di seguito esposti i criteri in base ai quali l’Amministrazione è tenuta a proporre, entro 60 giorni dalla comunicazione o dalla notificazione, se anteriore, della presente decisione, il pagamento di una somma per il ristoro del danno qui accertato:

- l’intervento riparatorio dovrà reintegrare il patrimonio dell’appellante mediante la corresponsione di una somma pari all’indennità già in godimento al -OMISSIS- quale direttore tecnico, per il periodo dall’1.12.2013 al 2.9.2014, nonché promuovendo la regolarizzazione anche della posizione contributiva e previdenziale;

- l’importo così individuato dovrà essere fatto oggetto di rivalutazione monetaria (secondo l’indice medio dei prezzi al consumo elaborato dall’Istat) che attualizza al momento della liquidazione il danno subito;

- dovranno essere separatamente calcolati gli interessi compensativi (determinati in via equitativa assumendo come parametro il tasso di interesse legale), volti a compensare la mancata disponibilità di tale somma, sulla sorta capitale, rivalutata anno per anno, fino alla data di liquidazione (segnante la trasformazione dell'obbligazione risarcitoria da debito di valore in debito di valuta: cfr. Cass. n. 24896/05;
Cass. n. 8214/04), ferma restando la corresponsione degli interessi sull'intero importo dovuto (residuo capitale maggiorato di rivalutazione monetaria e danno da ritardo) dalla data di liquidazione al soddisfo (cfr. Sez. Un. 10/7/17 n. 16990;
conf. Cass. 10/10/14).

Quanto al governo delle spese del doppio grado di giudizio si ritiene che i relativi oneri vadano compensati sia in ragione della peculiarità della vicenda qui in rilievo sia della parziale reciproca soccombenza;
resta, però, fermo l’onere dell’Amministrazione soccombente di rimborsare il contributo unificato versato dal -OMISSIS- per ciascun grado di giudizio.

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